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Capitolo 14 - Parallel Universe

La penna si ruppe e Samuel sputacchiò inchiostro imprecando contro se stesso.
L'aveva rosicchiata così tanto da romperla ritrovandosi la lingua blu piena di inchiostro.
Sentì la sua collega fare un commento che ignorò, alzò lo sguardo nervoso.
Ecco adesso ti stai comportando come mamma chioccia si disse osservando William da sotto il bancone. Aveva detto a Samuel di non dire niente, che per lui stava bene. Allo sguardo critico di Samuel William aveva ingoiato un analgesico e si era tolto gli abiti insanguinati per poi riprendere il lavoro. Adesso stava parlando con Hans come nulla fosse. Ma a Samuel non sfuggiva che si massaggiasse spesso la spalla e con la mano si toccava spesso il fianco.
Samuel era certo di aver fatto un ottimo lavoro, ma William avrebbe dovuto stare a riposo, non muoversi e agitarsi. Samuel non riusciva a togliersi dalla testa l'idea che avrebbe potuto far saltare tutti i punti e dissanguarsi in un attimo. Ok, forse quello era esagerato, non gli aveva mica suturato un'arteria vitale per la sopravvivenza. Ma gli appariva comunque troppo pallido, troppo affaticato, troppo... sfibrato. Come se delle creature da incubo avessero cercato di divorarlo, ecco come lo vedeva e William se ne stava impettito e sorridente come nulla fosse. Poteva ingannare Hans ma Samuel sapeva, e non lo avrebbe perso di vista. Così si era ritrovato a fare il camaleonte, osservandolo in tralice.
"Ehi Samu mi passi del ghiaccio, su in reparto da noi si è rotta di nuovo la macchina ed il Bos è nel panico sono arrivati due ragazzi stanotte vittime di un incidente assurdo e lui pare incandescente... Seriamente temo che prenda fuoco da un momento all'altro se non gli porto un quintale di ghiaccio pretenderanno la mia testa..."
Samuel alzò lo sguardo stordito da quel fiume di parole incrociando lo sguardo di Jualian, il suo vecchio compagno di corso che lavorava in terapia intensiva al piano sopra al suo.
"Eh?"
Julian alzò gli occhi al cielo e si passò la mano tra i corti capelli castani.
"Samu, sei connesso? Che hai fatto?"
In quel momento William si appoggiò alla parete con una smorfia appena percepibile per poi tornare alla sua consueta maschera sorridente. Samuel in un attimo balzò in piedi per poi paralizzarsi quando William si voltò verso di lui.
Lo salutò sforzandosi di sorridere, William ricambiò ma il suo sguardo gli urlava Ti prego smettila di fissarmi.
Samuel si lasciò cadere sulla sedia.
"Samu... Ci sono problemi in paradiso?"
Julian lo osservava perplesso.
"Ehi Juls... che mi stavi dicendo scusa non ti ascoltavo..."
Julian si sedette paziente accanto all'amico "Ti stavo chiedendo un camion carico di ghiaccio... Hai presente quei due ragazzi arrivati in nottata al pronto soccorso mezzi morti? Ecco... Mi piacerebbe moltissimo che fossero ancora tra noi alla fine del mio turno e magari trovarli anche domani mattina quando tornerò, ma lui sta per evaporare quindi per piacere puoi darmi del ghiaccio? Poi prometto di interessarmi a tutte le tue paranoie lo giuro..."
Samuel si riscosse, doveva essere presente, stava lavorando, non era in sala giochi.
Mentre la macchina del ghiaccio riempiva il contenitore che Julian si era portato appresso Samuel sfogliò svogliatamente la cartella informatizzata dei due ragazzi. A quando dicevano i documenti lei era una volontaria del servizio di soccorso, faceva parte dei soccorritori che erano accorsi ad assistere il ragazzo. Lo avevano trovato incosciente nella sua macchina ribaltata. Lo avevano caricato sull'ambulanza e mentre stavano correndo verso l'ospedale lui si era risvegliato in stato di grande agitazione. A quanto risultava nel rapporto era andato in escandescenza al minimo tocco. Samuel sbuffò, non gli avevano certo aperto la maglia per cattive intenzioni. A quanto pareva cercando di fuggire dall'ambulanza in movimento aveva trascinato fuori la ragazza.
Erano stati soccorsi dai compagni di lei. Tra di loro c'era il suo amico Ivan, ora che ci pensava conosceva di vista anche lei. Erano arrivati in pessime condizioni, ma mentre loro lottavano tra la vita e la morte anche lui aveva avuto il suo bel da fare con spettri famelici, folletti infami e amici incoscienti.
Incoscienti.
Samuel osservò la foto del ragazzo. "Buffo..." si disse tra sé e sé.
"Buffo cosa?" Chiese Julian prendendo il contenitore del ghiaccio.
"Lui... la sua faccia mi è familiare..."
Quei capelli neri e quelle cicatrici sul volto, quel piccolo neo sotto all'occhio, somigliava tantissimo a William... O all'attore che nella sua realtà lo aveva interpretato. Ma assolutamente non era lui, però... Anzi quell'espressione contratta nonostante lo stato di incoscienza era così vicino a William.
Samuel si chiese dove fosse la mente di quel ragazzo in quel momento, forse era imprigionata in una gabbia, quanto quella di William. Magari se l'era costruita da solo anche lui, magari si sentiva spaventato e prendeva decisioni stupide tanto quanto William. Julian gli diede una pacca "Samu io devo scappare, ma se dopo il turno vuoi parlare e berti una cosa ci sono, ok?"
Samuel gli fece un sorriso sornione, si scompigliò i riccioli scuri e scosse la testa "Scusa, sarà per un'altra volta, ho preso un impegno, un amico non si sente troppo bene e devo riaccompagnarlo a casa..."
Julian annuì "ok, quando vuoi non farti problemi"
Prima di andare gettò uno sguardo a William poggiato a braccia conserte contro la parete. "È grande e grosso, penso che ce la farebbe anche da solo a tornare a casa sai?"
Samuel dette una scrollata di spalle e lo salutò.
Sì, era grande grosso e stupido, si disse Samuel tornado alla sua postazione di controllo.
Il lavoro lo aveva riassorbito senza che se ne rendesse conto e in un attimo Samuel si era ritrovato travolto dalla routine del reparto.
Era in ambulatorio, detestava stare là, lui si era sempre sentito un animale da pronto intervento. Ma doveva fare la sua parte negli ambulatori per i pazienti meno gravi. Un sacco di reazioni allergiche, turisti con piccole fratture o distorsioni e se c'era la luna piena o ogni santo venerdì o sabato sera interi battaglioni di ubriachi da rimettere in sesto e rispedire a casa.
Alle volte gli arrivava qualche incauto guidatore colto sul fatto dalla polizia, che aveva avuto l'ardire di contestare l'esito dell'esame alcolemico. Come quel signore dai capelli grigio paglia che gli sedeva davanti, paonazzo in volto e ammantato da un alone rancido.
Il poliziotto che lo aveva scordato si era defilato con la scusa del bagno lasciandoli soli.
Samuel si era sorpreso dal suo nervosismo, quell'uomo non gli piaceva affatto. Era più teso di quanto volesse dare a vedere e soltanto per una multa, non era certo qualcosa per cu essere eccessivamente tesi. Lo fissava senza battere le palpebre. Quando Samuel si avvicinò per metterli il laccio emostatico al braccio in un attimo si ritrovò le sue mani alla gola. Era forte, molto più di quanto apparisse. Samuel annaspò sentendosi sollevare da terra, i suoi occhi sembravano cambiare divenire vitrei, serpentini. La stretta si faceva più forte e Samuel iniziava a percepire il mondo sempre più opaco, mentre una moltitudine di ombre iniziavano ad emergere dalle lattescenti pareti. Mentre la fame d'aria diveniva insopportabile e il dolore alla gola serrata da quelle mani che Samuel tentava invano di allontanare da sé. Samuel sentì uno strattone e lo straniero lo lasciò andare. Samuel crollò a terra ansimando, tossendo. L'aria pungeva ma ogni respiro era vita che tornava da lui.
Percepì delle voci sopra di sé e degli urti. Infine, un grido animale lacerò l'aria mentre una manciata di cenere esplodeva nell'aria. Poi delle mani lo sfiorarono, si vergognò di se stesso di essersi raggomitolato a terra, come un pulcino tremante.
"Samu... Stai bene?" William lo aiutò ad alzarsi.
Samuel avrebbe voluto annuire ma scosse con forza la testa. William gli disse che avrebbe pensato a tutto lui, parlò con il poliziotto, si inventò che il misterioso uomo che aveva aggredito Samuel fosse scappato da una porta di servizio, nessuno fece caso al cumulo di cenere sul pavimento ne dubitarono di quanto detto da William.
Come dal nulla apparve anche Micaela, ignorò William e si diresse da Samuel, ma lui non la ascoltava, la sua voce era un brusio lontano che cercava di farsi strada in un groviglio di dubbi. Continuava a massaggiarsi la gola, mentre nella sua mente si stagliava quel volto, quegli occhi improvvisamente serpentini. Era una creatura strappata da Pixie? Perché lo aveva aggredito? Aveva paura di essere scoperto? O lo aveva attaccato deliberatamente e si era fatto portare lì appositamente per attaccare lui? Perché? Non aveva alcun senso eppure, quella lucida determinazione insinuava in lui mille dubbi.
Pixie voleva usare William per dimostrare qualcosa. A se stesso? Al mondo? Lo vedeva come un tramite, aveva senso per il suo piano lasciarlo solo?
Il Cacciatore lo vedeva come uno strumento, un mero oggetto per quello che voleva. Aveva già cercato di allontanarlo da Micaela e forse ci era riuscito, malgrado Samuel sperasse ancora il contrario.
Ma soprattutto il Cacciatore voleva colpirlo, dai racconti di William Samuel vedeva il freddo distacco, divertimento anche? Voleva che William si sentisse solo magari, così sarebbe stato più malleabile, più fragile, gestibile?
Samuel si riscosse e con orrore sollevando lo sguardo sull'amico notò una macchia di sangue si stava rapidamente allargando sul fianco di William, inzuppando la felpa che invano cercava di nascondere. Quando il poliziotto gli era passato accanto sfiorandolo appena William si era tradito con una smorfia di inequivocabile dolore. Samuel stava per balzare in piedi quando Micaela afferrò William per una manica, era pallida e il suo volto tradiva preoccupazione. "Stai sanguinando..." sussurrò lei con un filo di voce.
Una lacrima solcò il volto di William. "Patetico vero?" sussurrò prima di crollarle addosso privo di sensi.


Il cacciatore incombeva su di lui, il suo occhio morto trasudava oscurità e le sue lunghe dita pallide gli sfioravano il volto. "Questo gioco è durato anche troppo..." sibilò facendo schioccare la lingua. William si sentiva bloccato, paralizzato nel suo stesso corpo.
"Sto arrivando... Topolino..."
Il battito di Micaela lo raggiunse e William vi sia aggrappò con forza lasciandosi trascinare via e prima di aprire gli occhi percepì il grido furioso del Cacciatore.
Il mondo riprese ad avere consistenza, era steso su un letto. Sentiva il bip di un monitor, gli elettrodi attaccati al suo torace. Poi percepì la mano di Micaela poggiata sul suo petto all'altezza del cuore. E poi il suo respiro, doveva essere così vicina. Il suo sospiro rotto dai singhiozzi. Lacrime scorrevano sul suo volto scivolargli sulle labbra. "Credevo che saresti morto..." gli sussurrò a fior di labbra. "Quando ho cercato il tuo cuore era così lontano... Scusami... è tutta colpa mia. Ti ho trascinato qua e poi ti ho caricato di aspettative, di... Tu sei tutto questo ed è ok. Non ci sono parti di te che voglio perdermi, anche quelle che mi fanno incazzare. Anche quelle parti che fanno male, sono... Te... Io..."
William le prese il volto e premette con forza le sue labbra su quelle di lei. Voleva respirare e vivere di lei. Aggrapparsi a quell' esistenza e restarvi impresso per sempre.


William scoppiò a ridere "Non conoscevo questo tuo lato mamma..."
Micaela lo fulminò con lo sguardo prima di rannicchiarsi contro di lui. Percepiva il cuore rimbombare contro il suo orecchio e nella sua mente e batteva forte assieme al suo.
"Come potevo non preoccuparmi... Ti hanno dovuto ricucire due volte... E non ho intenzione di chiamare in causa Pixie... Non dopo quello che ha fatto... Non l'ho ancora visto..."
"Sai che non ho paura del dolore...anzi..."
"Sai che giocare con delle cicatrici e eviscerarsi durante il sesso non è propriamente la stressa cosa vero?"
William rise di nuovo "Ok mamma..."
"Se solo agguanto Pixie... io..."
William si pose su di lei e la baciò con foga "Non voglio parlare di lui... non voglio pensarci, ne a lui ne al cacciatore" le disse distaccandosi.
"Mi sta bene... però stai attento...Ti stai agitando..."
Ma le parole di Micaela furono divorate dalle labbra di William.
Erano di nuovo nella loro bolla sicura. Avevano chiuso tutto fuori ancora una volta.
"Ehi Micky, quindi vuoi ancora tenermi con te?"
Micaela sollevò lo sguardo, l'aveva sentita quella sera?
Lui le sorrise confermando i suoi dubbi.
"Sì topolino..."
Lui squittì prima di stringersi di nuovo a lei per un altro bacio. Tra le sue braccia trovava la sua casa, avrebbe lottato per proteggerla.


Era di nuovo davanti a lui, un'ombra evanescente.
Il cacciatore lo osservava. "Tranquillo, sei nel tuo piccolo letto, siamo nei tuoi sogni"
William si sollevò a sedere e si guardò attorno. Non era in ospedale era... un luogo fittizio, di quel mondo che gli avevano costruito per diletto. Per farlo danzare come un animale ammaestrato. Il suo volto, i capelli... Tutto era diverso. Era il vecchio sé... Quello che aveva tentato di costruirsi qualcosa sgomitando in quel mondo che lo odiava.
Quello che aveva fallito ancora e ancora fino a morire.
"Pensavo che in un luogo familiare sarebbe stato più...facile..."
William chiuse gli occhi. Non gli era familiare, ormai la sua casa era un'altra.
Era vecchia e malconcia, odorava di umido, la mattina poteva sentire il cinguettio degli uccelli e quando pioveva l'odore del bosco entrava nella sua stanza con prepotenza. Ma no... Nemmeno quello. Ricordò il respiro di Micaela, le sue lacrime sulle sue palpebre e quel tocco gentile sulla sua testa. Il suo cuore che vibrava all'unisono con il proprio. Era rinato in lei, come poteva essere? Quando si perdeva in lei sentiva come se un'energia defluir da lei.
Come quando Pixie esaudiva i desideri, plasmando la realtà.
"Io so a quale luogo sento di appartenere e lotterò per esso. Il nostro patto è annullato, anche se so già che non avevi intenzione sin dall'inizio di mantenerlo. Ci siamo... Usati a vicenda e adesso sono saturo. Se manderai di nuovo qualcuno. A ferire lei o Samuel o me capirai che non sono solo un pupazzo..."
Il cacciatore sorrise "Sai trovo quasi tenero che vi difendiate a vicenda nonostante tutto... Lei ha persino cercato di farmi uccidere da uno dei suoi personaggi fuggiaschi... Peccato che non sappia bene come funzioni il gioco. Ci ha provato e le si è ritorto contro... Ben presto non avrai ben molto da proteggere se non te stesso, per quanto valga..."
Per quanto in parte fosse felicemente sorpreso William percepiva le minacce del cacciatore incombere.
"Sei qui a dirmelo, immagino che possa fare qualcosa, che tu abbia un nuovo accordo da propormi..."
L'occhio morto del cacciatore scintillò e un ghigno gli deformò il volto.



Samuel imprecò quando sentì il campanello suonare per l'ennesima volta, si sorprese quando vide William dietro la porta.
Quando gli aprì lui entrò di fretta e si appoggiò alla parete.
"Temo di aver fatto una cazzata"
"Sarebbe nuova..." borbottò Samuel ancora assonnato buttandosi sul divano.
William si sedette accanto all'amico "touché..."
William si piegò prendendosi il volto tra le mani "Il Cacciatore mi ha proposto un patto... Micaela ha cercato di proteggermi e... Per quanto lo trovi dolce è stato rischioso. Il cacciatore lo ha rivolto contro di lei e mi ha detto che se non prendo le distanze la farà uccidere... Io..."
William si interruppe.
"Tu che hai fatto?"
William si massaggiò la testa "Io gli ho detto di andare al diavolo, che avrei lottato per lei... che non avrebbe dovuto sottovalutarla... Ne sottovalutare me..."
Samuel gli sorrise sornione "Finalmente un passo avanti, non dubitare, Micaela sarà orgogliosa di te. Non è una principessina che vuole essere protetta e non tiene così poco a te, al vostro rapporto da non lottare come una furia per esso. Ti ama lo sai?"
William distolse lo sguardo. Lo sapeva? Sospirò chiudendo gli occhi "So per certo che io amo lei, e che non la deluderò di nuovo"

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