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Capitolo 01 - William, la soffitta e il cassettone







Si  rigirava la lettera tra le mani osservandone ogni dettaglio. I bordi  stropicciati, l'inchiostro sbavato del timbro postale. Anche il lato  strappato dove l'incauto lettore l'aveva aperta con così poco garbo,  strappando malamente la povera busta che quasi gemeva tra le sue mani.
Era stata così felice quella mattina quando l'aveva ricevuta, così piena di aspettative.
Vuota... la lettera che aveva tanto atteso era stata lacerata, violata... rubata.
E ad attenderla nella cassetta della posta vi aveva trovato solamente un sofferente involucro vuoto che giaceva tra le sue mani.
Lei  lo sosteneva come fosse un delicato uccellino, si intravedeva a  malapena, vergato in uno sbiadito inchiostro verde, il suo indirizzo...  Niente mittente, nessuna parola. Solo una voragine di silenzio in una  busta giallastra, vuota.

________

Lo schermo  si spense e Micaela poggiò il telecomando sul letto. Perché si  prendesse la briga di sperare che lo schermo le mandasse un'immagine  diversa non se lo spiegava. Come poteva la trama cambiare, ormai era  tutto deciso, definito. Eppure, irrazionalmente sperava sempre che lui potesse  avere un finale migliore.
Quando era nervosa come in quel momento  cercava il conforto del suo personaggio preferito, ma ogni volta alla  fine del suo percorso doveva sopportare di vederlo morire.
La sua coinquilina scuoteva la testa, erano le sue aspettative il vero nemico.
Come fai ad affezionarti a un qualcuno che nemmeno esiste.
Cristina aveva ragione, solo che Micaela non lo avrebbe mai ammesso a voce alta.
Si comportava come una mamma certe volte invece che da amica, e la sua saggezza poteva essere estremamente irritante.
Micaela appoggiò il telecomando sul comodino e si alzò dal letto.
Inutile  rimuginare su un'impossibile salvezza, William era imprigionato in un  ciclo perenne duna prigione di celluloide , tanto valeva che desse un  senso a quella mattinata, prima di entrare a lavoro.
Salì le scale e si recò nella polverosa soffitta.
Da  quando lei e Cristina si erano trasferite in quella grande vecchia casa  gialla Cristina le aveva ripetuto ogni giorno di sistemare la soffitta,  ma lei l'aveva sempre ignorata.
Dopotutto non era giusto che  scaricasse quell'ingrato compito su di lei. Ok, Cristina lavorava molto  di più, e quindi? Questo non trasformava Micaela nella sua Cenerentola  di fiducia. Comunque, non andava  in soffitta per darle ragione ma  perché doveva sfogare la frustrazione.
La soffitta era come sempre  ricolma di vecchi mobili e scatoloni. Vecchie foto ingrigite, abiti di  un altro secolo, valige ricolme di vestiti abbandonati da precedenti  inquilini e tanta, tanta polvere. Ecco cosa l'avrebbe attesa in quelle  ore che la separavano dal suo turno di tirocinio ospedaliero.
Si era  fatta convincere da Cristina a lasciare gli studi d'arte e passare a  quella che sarebbe stata una carriera certa, sicura, l'infermiera. Ma le  mancavano molto le ore nelle aule di arte, passate a fissare delle  vecchie e scolorite diapositive. Purtroppo, Cristina aveva ragione,  l'amore per l'arte non l'avrebbe portata da nessuna parte. Un grosso  cassettone occupava parte della soffitta, accanto a un gigantesco  armadio guardaroba. Micaela l'aveva subito aperto, constatando con  delusione che quello fosse solo un armadio.
Cosa ti aspettavi? Di trovare l'accesso per Narnia?
In effetti sì, ci aveva davvero sperato.
Invece il grande cassettone non lo aveva mai degnato neanche di uno sguardo.
Probabilmente lo avrebbe scoperto ricolmo di stracci polverosi.
Ma quel giorno decise che era giunto il momento di scoprirlo.
Micaela  afferrò le maniglie e tirò senza successo, forse era incastrato, doveva  lascare perdere, quella era un'ottima scusa per passare ad altro. Ma  non voleva sentire la voce di Cristina cantilenare un'altra volta tutte scuse, dì invece che non avevi voglia...
Tirò di nuovo, perché aveva la forza di uno scoiattolo pelle e ossa? O di mollusco?
Inutile, quello stupido cassettone non voleva aprirsi, e Micaela era stanca di sprecare tempo a tentare.
Assurdo, ora che non poteva sapere cosa ci potesse essere contenuto, era impaziente di saperlo.
Era  come il suo personaggio prediletto... La storia ti invogliava a  conoscerlo e poi di sbatteva la porta in faccia uccidendolo malamente.  Il suo sguardo era come quel dannato cassettone, ti lasciava intravedere  un'infinità di possibilità ma come quel mobile anche il suo personaggio  restava chiuso, impenetrabile... William... chiuso in un altro mondo e  irraggiungibile.
Cristina avrebbe aggiunto "inesistente" ma a Micaela quello sguardo pareva così reale...
Alla  fine si decise ad abbandonare quell'ammasso di polvere e delusione,  tornò in camera, si gettò addosso le prime cose che trovò, afferrò il  suo fedele zaino e corse a prendere l'autobus.
Non aveva combinato nulla, ci mancava solo che arrivasse in ritardo.
Entrò in ospedale di corsa e arrivò a timbrare il cartellino con il fiatone, ma in tempo.
"Dovresti marcare in divisa... non con la tua felpa sporca di casa..."
OVVIO... Cristina non poteva non coglierla sul fatto per la milionesima volta.
"Scusa... stavo riordinando la soffitta... Me lo dicevi da una vita di farlo..."
Cristina  la squadrò con i suoi penetranti occhi blu e Micaela fu certa che la  sua bugia avesse delle gambe non corte... Assenti proprio... Ma non era  del tutto una bugia, un tentativo lo aveva fatto, se non fosse stato per  quello stupido cassettone...
"Certo... Certo... e scommetto che al  massimo avrai spostato un po' di polvere... Prima di tornare a  sprofondare nel mondo della fantasia in cui ti rintani sempre..."
Micaela alzò gli occhi al cielo e quando entrò nello spogliatoio femminile Cristina la seguì.
"Domani  sono libera e mi ci metto d'impegno... pro..." iniziò a giustificarsi  Micaela, incapace di negare il suo rifuggire alla ricerca di William nel  suo mondo di immaginazione.
"Tranquilla, non ha più importanza" la  interruppe Cristina "Sono venuta perché devo dirti una cosa... Ho  rimandato per molto... Ma..." Cristina si prese una pausa e distolse lo  sguardo da Micaela che attendeva con il fiato sospeso.
"Mi  trasferisco, cambio città... Mi spiace non aver avuto modo di dirtelo  prima ma... dovresti proprio iniziare a cercare una nuova coinquilina...  Magari possiamo iniziare adesso... abbiamo una camera libera se  sgomberi quella benedetta soffitta, ho visto che c'è un letto..."
Micaela inarcò un sopracciglio incredula...
Avrebbe voluto chiederle mille cose. Perché se ne andava, da quanto lo stava progettando...
Ma  il perché in fondo lo sapeva, conosceva Cristina, non sarebbe rimasta  là a lungo dove non le stavano dando alcuna possibilità di crescita.  Eppure, una piccola parte di lei sperava che quel momento non sarebbe  mai arrivato e invece...
Avrebbe potuto almeno chiederle per quanto  aveva atteso prima di svelarle la verità ma invece si stampò in volto un  sorrisetto falsamente divertito e sussurrò "E che dovrei scriverci  sull'annuncio? Cercasi topolino? O stiamo cercando Cenerentola?"

_____

Micaela si lasciò cadere sul letto. Era stata una giornata maledettamente anonima.
La fine arrivava sempre, lo sapeva bene, e non sempre vi era un degno addio.
Quella busta strappata ne era la prova.
Forse  perché cercava di distrarsi, ma non riusciva a togliersi di mente  quello stupido cassettone, come se fosse tutta colpa sua se Cristina  avesse deciso di andarsene.
Chiuse gli occhi e cercò di cercare il sonno.
Tlin Tlin
Micaela balzò a sedere, uno scampanellio?
Si dette della folle ma pareva provenire dall'alto...

La  soffitta era avvolta nella penombra, e quel debole scampanellio si era  fatto maledettamente più insistente. Micaela sì sentì alquanto ridicola  nel suo logoro pigiama stropicciato e scolorito, troppo corto sulle  caviglie, Si sentiva maledettamente una scema eppure, in quella noiosa e  silenziosa notte stava accadendo qualcosa di strano.
Il cassettone  la osservava sonnolento, chiuso come quel pomeriggio, Micaela gli si  sedette davanti con cipiglio di sfida. Quando ne afferrò le maniglie di  ottone e lo scampanellio aumentò.
Che diavolo, lo apro, deve  essersi acceso qualcosa qua dentro, mica si tratta della scatola di  JUMANJI, non rischio mica di finire in una giungla finché qualcuno  tirerà i dadi sperando nell'uscita di un 5 o di un 8...
Quando  il cassetto si mosse Micaela sorrise soddisfatta ma la felicità durò  solo un battito di ciglia, una luce accecante la colpì e cadde a terra.  Mentre si massaggiava il volto udì una voce squillante esclamare  "Finalmente mi hai sentito, temevo che non saresti più tornata quassù...  Dopo tutto quel tempo confinato in quel maledetto cassetto ero tutto  incriccato..."

Micaela aveva osservato quella strana  creatura dalle orecchie a punta e dai grandi occhi di cristallo saltare  felice per tutta casa seminando il panico tra i suoi poveri gatti  spaventati.
Lei lo osservava a bocca aperta, incapace di credere a quello che i suoi occhi avevano visto.
Magia...
Un folletto esuberante dalle orecchie a punta e nessuna spiegazione plausibile per giustificare quanto stesse vedendo.
"Io  ti sarò debitore in eterno, farò tutto quello che dovrai solamente  chiedere. Sarò in debito per il resto dei tuoi giorni, non sarei mai  riuscito ad uscire da quella maledetta prigione senza di te, quindi il  minimo che possa fare è far sì che ogni tuo desiderio sia... Ordine"
La  voce del folletto era tintinnante come lo scampanellio che Micaela  aveva udito e che l'aveva attratta in soffitta. La ragazza apriva e  chiudeva la porta incredula. "Tu... Sei... chi?" riuscì finalmente a  farfugliare.
Il folletto sorrise "Pixie, puoi chiamarmi così..."
Micaela inarcò un sopracciglio "Veramente?"
"No  Micaela, ma sento che mi stai chiamando così nella tua mente e non mi  spiace come suona... Il mio nome vero, purtroppo, non sarebbe  comprensibile per te quindi Pixie va davvero bene"
Micaela sbattè le  palpebre perplessa. Quella creatura conosceva il suo nome? Ma cosa più  importante... Le leggeva nella mente? Veramente?
"Allora questi desideri?"
Micaela  mosse le labbra senza riuscire a emettere una sola sillaba, cosa poteva  dire. Doveva trattarsi di un sogno assurdo, lei si era sdraiata a letto  e aveva iniziato a vaneggiare dalla stanchezza. Sognando di aver aperto  un magico cassetto da cui era uscito uno scintillante folletto che  aveva deciso di rendere ogni suo sogno realtà, non potevano esserci  altre spiegazioni. E poi desideri, che cosa desiderava? Nemmeno lei lo  sapeva più.
Pensò ai suoi libri, alle sue storie incompiute, ai suoi  sogni infranti e poi a William. Chiuso nella sua storia di celluloide,  con un inevitabile tristo epilogo, che lei non riusciva ad accettare.  Pensò a tutti i suoi personaggi, che aveva abbandonato come avevano  fatto gli autori di William, chiudendo frettolosamente la sua storia.  Tagliando la sua vita come se fosse semplicemente un filo di troppo che  sporgeva da una manica. Micaela pensò a quanto William avesse ancora da  dire e che mai sarebbe stato raccontato.
Sogni, Cristina le avrebbe chiamate illusioni, anzi forse vaneggiamenti.
Micaela  sbuffò, se soltanto anche lei avesse fatto parte di una di quelle  storie, magari come super eroina, con favolosi poteri. Allora sì che  avrebbe avuto tantissimi desideri da esprimere ma lei no. Lei, Micaela,  una quasi infermiera che viveva alla giornata, in ore sempre più grigie e  insapori. Lavorando da operatrice sottopagata in un grigio vecchio  ospedale, lei cosa mai avrebbe potuto desiderare?
"Perfetto" esclamò il folletto con un enorme sorriso stampato in volto.
Micaela si accigliò, lei non aveva detto nulla, a cosa poteva riferirsi mai?
I  denti appuntiti di Pixie scintillarono di nuovo in un sorriso, la luce  sfarfallò giusto un momento e la stanza parve svanire avvolta da una  stranissima nebbia. Il tempo di un battito di ciglia e tutto riapparve.  Micaela sospirò, non era successo nulla dopotutto, era quasi delusa.
Poi  un debole rumore attirò la sua attenzione, qualcosa di leggero e  metallico era caduto a terra. Micaela si voltò distrattamente e si  paralizzò.
Stretto nella sua felpa grigia con il cappuccio alzato,  quei jeans sgualciti e strappati, quegli anfibi scuri sporchi di fango. E  quei grandi occhi neri, ancora più smarriti dell'ultima volta in cui li  aveva intravisti al di là di uno schermo la fissavano increduli.  William era davanti a lei, in piedi, alto e rigido, così fuori posto  nella piccola stanza rosa e decorata con vecchia carta da pareti. Degli  occhiali da sole a specchio giacevano a terra accanto a lui, scivolati  probabilmente dalla sua mano lievemente tremante. Era esattamente come  era rimasto impresso nella sua mente nel fotogramma in cui lo aveva  messo in pausa prima di andare a lavoro quella mattina, anche le  cicatrici che segnavano il suo volto erano al loro posto. La bocca di  William era dischiusa in una silenziosa domanda, che non riusciva ad  esprimere a voce alta, la stessa che Micaela cercava di afferrare.
Come? Come poteva essere possibile?





(editato....[circa XD] in data 22 aprile 2021)

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