62.
Emma non aveva accennato al fatto che Regina fosse presente nel suo incubo. Le emozioni le avevano già travolte abbastanza, dovevano scaricare la tensione.
La sovrana dai capelli biondi mangiava una delle mele che si era portata, mentre Regina si godeva il rumore dell'acqua.
"È una giornata stupenda non trovi?"
Regina annuì avvicinandosi alla riva del laghetto.
Era davvero il caso di farlo? Si era chiesta.
Erano talmente vulnerabili, entrambe in quel periodo ed evasive quando si trattava di parlare di punti critici.
Le bastò guardare Emma per avere la risposta: sorrideva esattamente come tanti anni prima, la camicia sbottonata in due punti, i capelli leggermente spettinati.
Quella donna era sua moglie, il suo tesoro più prezioso e sarebbe stata l'unica che avrebbe potuto riportare la luce nella loro vita.
Così aveva seguito l'istinto e si era spogliata davanti ad Emma, mentre fissava il laghetto.
"Mi mangi con gli occhi adesso?" commentò Regina, sentendosi decisamente osservata.
"Impazzisco per te, lo sai" affermò Emma entusiasta.
Sua moglie aveva ripreso il suo fare malizioso e provocatorio, quella scintilla nei suoi occhi era tornata.
Regina si tuffò decisa, con ancora la sua sottoveste bianca addosso.
Il tessuto si attaccava alla sua pelle, rendendo più visibili le sue curve.
Il sole splendeva sulle loro teste, mentre Emma osservava la moglie.
"L'acqua è stupenda" commentò Regina, appoggiandosi alla riva.
Emma aveva appena sognato il più orribile dei suoi rapporti.
Aveva appena ricordato un abuso, una violenza, non era troppo dell' umore di fare l'amore con sua moglie.
Eppure era passato un bel po' di tempo che avessero un po' d' intimità o che sua moglie fosse così spontanea.
Poi capì che quello che volesse fare Regina era il modo che lei conosceva per affrontare qualcosa di brutto e che stesse provando ad aiutarla in quel modo, come se il suo amore potesse guarirla, che le sue mani amorevoli con le sue carezze potessero lenire le ferite che mani forti e maligne avevano fatto.
Emma sorrise e la seguì a ruota avvicinandosi velocemente a lei.
Potevano senza dubbio provare. Killian come non lo aveva fatto prima, non avrebbe di certo ora condizionato i rapporti futuri.
"Hai ancora i capelli asciutti" commentò Regina mettendole la testa sott'acqua, mentre Emma la prese per le gambe.
Regina scoppiò a ridere, mentre Emma tornava sù stringendola a sé.
"Lasciami nuotare" protestò Regina ridendo, mentre Emma scuoteva la testa, per poi far scontrare i loro nasi.
Erano ancora come due adolescenti, nonostante fossero sposate da ormai cinque anni.
Regina guardò le sue labbra piene, per poi divorarle con un solo e appassionato bacio.
Forse potevano davvero dimenticare tutto insieme.
A loro in fondo non erano mai servite le parole.
Emma lasciò che una mano sfiorasse il corpo che conosceva piuttosto bene, mentre Regina abbassava lo sguardo su quello di Emma.
Le sue dita sapevano esattamente dove toccare, le sue labbra sapevano dove baciare.
Emma la conosceva davvero, completamente.
Regina gemeva leggermente sulle sue labbra, mentre Emma accarezzava il suo corpo che fremeva al suo tocco.
Bastò poco per accendere l'interesse della strega.
Emma la spinse leggermente verso la riva del laghetto, volendola privare della sottoveste ancora attaccata al suo corpo e non smettendo di baciarla: il leggero rumore dell'acqua, dei loro baci, i loro corpi accaldati.
I loro vestiti erano decisamente di troppo.
Tutto sembrava tornare alla normalità, quando Regina sentì uno strano fruscio che la fece sobbalzare.
"Chi c'è?" chiese decisa, mentre Emma non ci fece troppa attenzione, presa solo da sua moglie.
"Sarà solo qualche animale selvatico. Rilassati" commentò riavvicinandosi a lei.
Regina scosse la testa, cercando di capire dove provenisse quel suono, quando Einar uscì fuori facendo sobbalzare anche Emma.
"Mio Dio" sbuffò, seppur leggermente spaventata.
Chi altri, se non l'uomo che le stava dando il tormento da giorni.
"Oh... Siete voi." realizzò.
"Perdonatemi, pensavo..."
"Va tutto bene"
Einar guardò Regina riuscendo ad intravedere la sua figura quasi completamente: era chiaro che se Emma si fosse spostata avrebbe potuto vedere in modo eccellente le sue curve, le sue vesti ormai attaccate al suo corpo.
"Ho interrotto qualcosa?" chiese divertito.
Emma si mise maggiormente davanti a lei, coprendola dal suo sguardo che aveva decisamente iniziato a detestare.
"In effetti si. Questo è il nostro posto e sei entrato nel... come lo chiami tu.... Nostro territorio ecco, in un momento privato"
"Emma" commentò Regina a bassa voce, vergognandosi del suo comportamento scortese.
"No, ha ragione. Mi scuso nuovamente" affermò Einar mettendosi una mano dietro la testa imbarazzato.
"È che stavo seguendo una pista, ma forse ho solo seguito le vostre tracce"
"Molto probabile, forse il tuo istinto non è così infallibile" commentò.
Regina alzò gli occhi al cielo per il suo comportamento infantile per poi rivolgere lo sguardo ad Einar.
Emma fece un sorriso tirato, come ad invitarlo ad andarsene.
"Allora ci..."
Einar sentì nuovamente quello strano rumore, quando anche Regina si voltò.
Questa volta non era stato Einar e nemmeno loro due.
Bastò loro uno sguardo per capirsi.
Regina uscì velocemente fuori dall'acqua, aiutandosi con le braccia, fortunatamente aveva ancora la sottoveste addosso.
Einar bloccò con una sola mano uno dei predatori che cercava di attaccare Regina.
Enormi esseri dagli occhi vuoti, una lunga coda, pelle squamosa, denti come rasoi.
La sovrana si trasformò velocemente mentre quei rettili giganteschi si facevano avanti.
Erano solo tre e fu facile per loro ucciderli uno per uno.
Emma uscì velocemente fuori dall'acqua, con ancora la camicia addosso e i pantaloni, seppur tutti bagnati.
"Che diavolo erano?" chiese.
"Predatori." commentò Einar sicuro.
"Non si erano mai spinti fuori dalla caverna" affermò Regina preoccupata, guardandosi intorno.
"Ne ho visto uno da vicino solo una volta da bambina, mentre giocavo con mia sorella vicino alla caverna"
Emma sapeva poco su quelle strane creature : vivevano al buio, nascoste sotto le caverne rocciose, oltre la caverna delle nascite.
Erano pericolosi anche per le streghe, creature magiche completamente incontrollabili, ma presenti solo in una zona precisa, divorando carcasse.
"E come mai si sono spinti fuori?"
"Non ne ho idea. Ma deve essere assolutamente risolto" affermò Regina, scostandosi le ciocche bagnate dal viso.
"È pericoloso per i cuccioli soprattutto. Dobbiamo avvertire immediatamente gli altri" propose Einar.
Regina cambiò Emma con un gesto della mano, dandole dei vestiti asciutti, così come sé stessa.
"Io porto Emma. Tu resta di pattuglia qui per poi spostarti verso il nord. Ci ritroviamo presso la dimora della sciamana" ordinò Regina.
Einar acconsentì, mentre Regina si trasformava.
OGGI
Politea consultava i libri insieme ad Ivy, mentre l'aiutava con una pozione quando lo strano terzetto fece capolino nel suo antro.
"Predatori alla luce del sole? Impossibile." affermò distrattamente.
Einar mostrò il graffio sul suo braccio, regalo di uno del gruppo quando aveva difeso Regina.
"Eccome se possibile." Affermò.
Politea ricordava bene quel marchio. Sua madre se lo sarebbe ricordato bene se fosse stata presente.
Un prezzo non pagato, anime promesse. Tutto le tornò in mente nonostante a quel tempo fosse solo una bambina. Era un avvertimento.
"Sono solo sciocchezze" commentò Politea.
"Lasciateci lavorare. La mia apprendista deve imparare. Sono certa che vi state sbagliando" commentò, mentre Ivy continuava a mescolare senza rivolgere uno sguardo ai suoi visitatori.
"Riconosco un predatore quando lo vedo" affermò sicura Regina.
"È un pericolo per i cuccioli." le fece notare.
"Il pericolo per i cuccioli è ben altro e questo lo sappiamo tutti" commentò la sciamana.
Regina la guardò con rabbia. "Nonna ti stiamo parlando di una cosa altamente pericolosa"
La sciamana batté con forza il libro che stava esaminando.
"Vi ho detto che stiamo lavorando. E non permetterti mai più a chiamarmi in quel modo ragazzina" commentò decisa.
"Io sono la tua sovrana e devi obbedirmi." commentò Regina, togliendo la dolcezza dal suo tono vedendo la sua ritrosia.
Politea scoppiò a ridere senza rispetto, alzando gli occhi dal libro e mettendo le mani sui fianchi.
"Quindi ti basta battere le ciglia e tornare nei tuoi ruoli? Chi è stato a gestire il tuo regno mentre tu giocavi a fare L'umana nel castello della tua cara moglie? Chi ha gestito ciò che è seguito dall'incidente causato dalla tua prole?" la provocò avvicinandosi.
Si era macchiata di tradimento, aveva voltato le spalle al suo popolo, aveva scelto chi seguire. Li aveva abbandonati e Politea non dimenticava facilmente.
La strega più anziana a testa alta si alzò affrontandola.
"Sono stata io a prendere il comando. Nessun oscuro mi avrà mai scelta, ma sono stata molto più brava di te, molto più brava di tua madre che ha deciso di addormentarsi, utile solo quando la corona è poco pesante e fatta di diamanti. Le piace il potere, ma quando ci sono i problemi la piccola principessa scappa via come la lepre che è." disse con fare superbo, rinfacciandole tutto il rancore che provava.
Ancora prima di Cora il sogno di essere al fianco dell'Oscuro era il suo.
Regina avrebbe voluto gridare di non insultare sua madre, la donna che nonostante tutto l'aveva protetta dalla sua ira, l'aveva salvata quando Politea aveva deciso di ucciderla perché figlio di un umano, quando l'aveva esiliata. Eppure non disse nulla perché le parole della nonna, per la quale non provava alcun sentimento che la rendesse degna di quel nome, la facevano sentire piccola, fragile, una regina non giusta per il suo popolo, a confronto dell'esperienza della donna più anziana.
Politea era quello che Regina sarebbe diventata se avesse perso Emma: i lineamenti decisi, ma esuberanti della donna con l'avanzare dell'età si erano fatti duri, ingoiando delusione dopo delusione, che, dopo la perdita della sua Eleanor, la donna che amava più di chiunque altro al mondo, si erano fatte dieci volte più pesanti.
La sua bellezza seducente era ora un covo di rabbia e quella poca tenerezza che in quegli anni aveva tirato fuori, dopo l'incidente della piccola l'odio per la "razza" così simile alla sua, ma così pericolosa, era tornato.
Una beffa del destino, suppose. Non poteva esserci amore per quegli esseri, evidentemente si era sbagliata, questi erano i pensieri che avevano inondato la mente di Politea.
C'era un motivo se a quel tempo si erano evoluti e Regina era stata macchiata di nuovo da quella maledizione.
C'era un motivo se quel cucciolo era stata punito e così la sua prole e non l'avrebbe più dimenticato a causa dell'affetto.
Lei era la più anziana, forse avrebbe potuto proteggere quel cucciolo che ora era una vittima, insieme agli altri quattro umani, sulle mani di Eleanor.
Un cucciolo del loro popolo morto per opera di sua nipote. Una vergogna per lei, una macchia per la sua famiglia.
Regina poteva sentire il disprezzo negli occhi della sciamana, perché la piccola lucina che si era accesa nei suoi occhi quando l'aveva aiutata a dare alla luce la piccola, quando avevano deciso insieme ad Emma di darle il nome della sua amata era definitivamente scomparso.
"Perciò non legarti ad alcun diritto inesistente, perché tu hai abbandonato il tuo popolo dopo averlo ferito con le tue stesse mani" commentò guardandola dall'alto in basso.
"Non ti permettere" replicò Regina.
"O cosa? Mi ucciderai? Darai spettacolo del mostro che sei? Fa pure, non ho davvero nulla da perdere" commentò disinteressata.
Regina strinse i pugni, poi scosse la testa.
"Sei solo una vecchia bisbetica" commentò, mentre la donna più anziana dedicava le sue attenzioni ad Ivy.
Regina uscì velocemente fuori, seguita da Emma ed Einar, mentre lo strascico del suo vestito muoveva le foglie.
"Torniamo a casa?" chiese Emma.
"Io credo invece che sia il momento perfetto per fare un po' di lezione. I predatori ci sono eccome e se dovessero farci un altro brutto scherzo dobbiamo essere più veloci nella difesa ed in ogni caso ho come la sensazione che Regina sia un po' arrabbiata"
Tutte le foglie dell'albero di colpo caddero con un orrendo suono, mentre Emma poteva avvertire la forte energia proveniente dal corpo di Regina.
Einar si avvicinò alla strega amichevolmente, per poi proporre: "Qualche lezione per gestire la rabbia?"
Regina annuì distrattamente. "Si credo proprio che sia il caso" commentò.
Emma la guardò un po' delusa. "Potevamo continuare la gita qui"
"Mi si è rovinato l'umore" replicò distrattamente, per poi avvicinarsi ad Emma.
"Ci vediamo più tardi" affermò addolcendo leggermente il tono per poi baciarla.
Regina si trasformò seguendo Einar.
Emma la osservava allontanarsi, mentre sconfitta tornava verso la sua dimora.
Si sentiva patetica nel lasciare andare sua moglie così, senza nemmeno chiederle il perché preferisse trascorrere così tanto tempo con quest'uomo che stava prendendo la loro vita pezzettino dopo pezzettino con quei discorsi che Emma non poteva capire e che mai avrebbe compreso.
Einar si avvicinava a Regina sempre di più. Lezione dopo lezione aveva imparato diversi aneddoti sulla sua vita e condiviso alcuni della propria con lei.
Avevano molte cose in comune, entrambi impulsivi, curiosi del nuovo e legati alle persone che amavano.
Eppure non conosceva ancora bene la sua simile, abbastanza da poterla aiutare davvero, così spesso durante le sue lezioni la incalzava mettendola sotto pressione, cercando di cogliere dettagli, particolarità che Regina non aveva mai rivelato a nessuno, puntando sulle sue vulnerabilità.
Così quel giorno dal voler controllare la rabbia, Einar si era preso maggior confidenza cercando di ottenere l'informazione che voleva.
"Di cosa hai paura? C'è ancora molto altro e tu non me lo stai dicendo. Perché ti allontani?" affermò sicuro.
Questa era la domanda che da un mese rivolgeva a Regina, domanda che la strega evitava come la peste.
Allontanarsi per lei era sempre stata la soluzione: chiudere i problemi in una scatola, archiviarli in un angolo remoto del suo cuore, alzare dei muri per proteggersi e per proteggere gli altri da lei.
Era come se staccasse il suo cuore: non sentiva più niente.
Quando credeva che Emma fosse morta, era questo ciò che aveva fatto.
Il risultato era un grande, gigantesco vuoto nel suo cuore che le toglieva ogni giorno, gocce di linfa vitale, fino a lasciare solo un bel guscio vuoto, o meglio colmo di rabbia, l'unica cosa che perdurava.
"Perché sono pericolosa, come Eleanor è pericolosa"
"Cosa vorresti poter fare?" chiese l'uomo.
La strega sembrava fare dei leggeri progressi, mentre l'aura attorno a sé diventava più luminosa e si innalzava maggiormente da terra.
Regina sospirò. "Essere libera"
"Sei generica" la incalzò Einar. "Riguarda tua moglie?"
"Dannazione smettila" commentò Regina, sentendosi violata e scendendo da terra.
Aveva toccato il suo punto debole, ora Einar ne era più che certo.
La donna si alzò riprendendo con i suoi esercizi, cercando di ritrovare la sua concentrazione.
"Ho toccato un nervo scoperto vero?" affermò camminando intorno a lei.
"È importante per te."
"È tutto per me" lo corresse Regina.
"Saresti disposta a tutto per lei, eppure... sei fredda, rifiuti le sue attenzioni, perché?"
Regina cercava di proteggersi da quelle domande taglienti ed invadenti, ma la voce di Einar sembrava esserle entrata nelle orecchie.
Se ne era accorto anche lui. Aveva notato quando Emma cercava di prenderle la mano, stringerla forte a sé mentre ballavano e la sua espressione tesa, come se volesse scappare da un momento all'altro.
Provò a trasformarsi cercando di fuggire da quella brutta situazione, la cosa che le riusciva meglio e ci riuscì, fino a quando l'uomo riprese a parlare.
"Ti da fastidio se nomino il fatto che sia umana. Ti manda in bestia vero? Ti vergogni di te stessa forse?"
Regina cercava di cambiare forma, ma con quel continuo parlare non ci riusciva.
"Hai perso interesse... non la ami più?" azzardò.
"Io amo Emma " affermò Regina, scattando.
"Solo non ho voglia di toccare mia moglie va bene?" sbottò, cambiando velocemente forma, per poi portarsi una mano alla bocca.
Che diavolo aveva appena detto?
Einar scoppiò a ridere non riuscendo davvero a trattenersi.
Non era decisamente l'informazione che voleva.
"Questa non me l'aspettavo come confessione"
Regina era decisamente più che imbarazzata. Come le era saltato in mente?
"In compenso ci sei...riuscita..."
La strega si mise le mani nei capelli, mentre Einar teneva quel sorrisetto sul viso divertito.
A differenza delle altri tristi confessioni, questa era davvero bizzarra.
"Sai quando ci si sposa credo che sia..."
"Einar smettila" affermò sicura.
Il demone si fece più serio, capendo quanto la situazione fosse per lei delicata.
"Non è che non mi piaccia, solo... ho paura di farle del male. Dopo l'incidente io sono terrorizzata e a lei non sembra minimamente importare" spiegò.
Einar scosse la testa.
"Non devi privartene. Che cosa potresti mai farle?"
"Hai mai fatto l'amore con un'umana?" chiese Regina incrociando le braccia.
"Fortunatamente no..."
"È incredibilmente fragile" affermò Regina.
"Quando ero ancora inesperta mi è capitato una volta di farle del male ed ora... non faccio che pensare a quando ho perso totalmente il controllo"
Regina scosse la testa frustrata.
"Sono anni che faccio attenzione e trattengo i miei istinti. Adesso che sono particolarmente... fuori di me... non credo proprio sia il caso fino a che non comprendo la situazione, nonostante sia parecchio tentata" raccontò.
Einar l'ascoltava attento, per poi sospirare.
"Per quanto io ritenga sia una cosa estremamente noiosa e limitante... se per te è soddisfacente l'unica cosa che posso consigliarti è di canalizzare l'istinto esattamente come facevi prima. Non pensare, non avere paura di ferirla... ti preoccupi troppo" spiegò Einar, massaggiandole le spalle.
"Prima ero completamente sprovveduta e l'ho messa in pericolo"
"Ti divertivi?" chiese Einar curioso.
Regina fece un piccolo sorriso malizioso annuendo.
"Si è visto. Guarda cosa avete fatto insieme, è una cucciola stupenda. Torna a farlo, non limitarti. Sarà lei a fermarti se qualcosa non va."
Regina non sembrava troppo convinta.
"Va bene, facciamo così..."
Einar prese il suo medaglione mettendoglielo al collo ed incantandolo.
"Se dovessi superare il limite inizierà a brillare. Per i primi tempi magari ti può essere utile" propose.
Regina sorrise grata, baciandogli la guancia.
"Potevi darmelo subito." Ragionò poi.
"Ho fatto un tentativo, invece di usare sempre scappatoie"
Regina scosse la testa, mettendolo sotto i vestiti.
"Torniamo ai predatori?" commentò come se nulla fosse successo.
Einar accennò un sorriso annuendo.
Emma si pettinava i capelli davanti allo specchio, cercando un po' di quotidianità.
Il palazzo era diventato la sua casa da anni e ritrovarsi tutt'un tratto a vivere in un luogo che non le apparteneva la faceva sentire spaesata.
Regina doveva essersi sentita così per anni.
Avrebbe voluto passare più tempo con la donna, aveva cercato in quella giornata al lago di fare un passo verso di lei, ma a causa di Einar e di quelle creature tutto si era rovinato, come se il destino non fosse dalla loro parte.
A questo pensava, quando una famigliare voce la fece rabbrividire.
"Hai appena fatto il bagno vero?" commentò alle sue spalle, abbracciandola da dietro.
Emma sobbalzò leggermente per poi voltarsi verso la moglie.
"Non ti ho sentita arrivare"
Regina ridacchiò baciandola dolcemente con fare affettuoso.
"Hai un buon profumo" commentò sicura.
Emma la guardò attentamente vedendola decisamente diversa.
"Stai bene?" chiese.
"Benissimo, perché?" commentò Regina sorridendo.
Emma abbassò lo sguardo. "Sai è solo che... in questi mesi noi..."
Emma si voltò cercandola per poi vederla nel loro letto ad aspettarla.
"Non vuoi... riposare un po'... che ne dici?" propose chiamandola con l'indice.
Emma la guardò spalancando gli occhi.
Indossava la sua camicia da notte che la fasciava completamente.
Era nera di pizzo, con un lungo strascico, ma con uno spacco sul davanti.
Era così spontanea, come aveva fatto al lago, come non succedeva da tempo.
"Non avevamo un conto in sospeso noi due dopo il lago? Qualcuno aveva... interrotto qualcosa?"
Emma gattonò verso Regina non facendoselo ripetere due volte.
Regina l'attirò su di sé, baciandola ripetutamente.
Emma la spogliò, facendo per toglierle la collana.
Non l'aveva mai vista prima, ma era troppo prese per accorgersene.
Regina iniziò a distrarla immediatamente e fu davvero facile.
Finalmente avrebbe goduto del premio che aveva atteso per tutto quel tempo.
Emma ansimò gemendo in estasi, mentre Regina scendeva da lei.
Tutto come lo ricordava, forse anche meglio.
Le emozioni si erano fatte più vive, reali, mentre i loro corpi si univano con le loro anime.
"Era passato davvero troppo tempo" commentò accarezzandola.
Regina controllò il medaglione e tutto sembrava andare bene.
"Ti ho trascurata un po'... sono stata distratta e non ne sono felice." affermò Regina, mentre si riprendeva da quella valanga di emozioni.
"Ma adesso sono qui" precisò sorridendo.
Emma la baciò dolcemente, giocando con i suoi capelli.
"Cos'è quella?" chiese poi, notando la sua collana.
"Un regalo" affermò, sistemandole i capelli completamente scompigliati.
"Di Einar?" chiese.
Regina inarcò un sopracciglio. "Si, come fai a saperlo?"
"Ho solo tirato ad indovinare" commentò Emma cambiando espressione.
"Si tratta sempre di lui da un po'..." precisò poi.
"È appena arrivato, è normale sia la notizia del momento" disse distrattamente Regina concentrandosi sulla moglie.
Non era decisamente ad Einar al quale voleva pensare in quel momento.
Finalmente era di nuovo tra le braccia di sua moglie.
"Mi sei mancata tanto" sospirò Regina, abbracciandola, godendosi il suo profumo.
"Eri tu che non volevi avvicinarti a me..." commentò Emma improvvisamente infastidita.
Regina capì che era arrivato il momento di dirglielo.
Non faceva bene al loro rapporto avere segreti ed essere distanti.
"Emma, cara, io..."
"Poi arriva questo nuovo amico e all'improvviso hai di nuovo voglia di toccarmi con la sua collana addosso"
Regina si fermò immediatamente. "Cosa vorresti insinuare?" commentò iniziando ad alterarsi.
Decisamente aveva detto la cosa sbagliata.
"Dico soltanto che mi sembra alquanto strano"
"Vuoi dire che penso a lui?" disse allontanandosi immediatamente da lei per quella sporca insinuazione.
"Non l'ho mai detto. Sei tu a dirmelo" affermò la bionda freddamente.
"Sei incredibile davvero. Ti comporti come una bambina" commentò Regina disgustata ed alzandosi.
"Vai da lui?" disse quasi con fare infantile.
Regina inarcò un sopracciglio stanca, mentre si rivestiva con la magia.
"Non è un banale regalo la collana, era per aiutarci"
"Ora abbiamo bisogno di aiuto per..."
La realizzazione colpì Emma come uno schiaffo.
"Hai parlato ad Einar della nostra vita sessuale?" chiese sconvolta.
"Mi è scappato... mi stava aiutando con la magia" commentò superficialmente.
"Sei impazzita? E che diavolo gli avresti detto?" chiese sempre più furiosa.
"Che non avevo più voglia di toccarti" sbottò Regina, sentendosi sotto pressione.
Emma spalancò gli occhi. "E tu lo hai detto ad Einar?" ripeté scandendo bene ogni parola, mentre sembrava sull'orlo di una crisi isterica.
"Lo hai detto ad Einar, uno sconosciuto e non a tua moglie! Te ne rendi conto?"
"Forse non avevo voglia di confidarmi con te" ribatté.
"Certo... ultimamente è sempre così. Evidentemente ti sei stancata di me" commentò Emma.
Regina sbiancò, mentre il vento che infuriava fuori si bloccò immediatamente, come se il tempo si fosse fermato.
"Come ti permetti anche solo di pensare di accusarmi di una cosa del genere?" disse quasi in un sussurro.
"Hai idea della gravità delle parole che hai detto?" commentò.
Emma sembrava irremovibile.
"Vuoi sapere perché non volevo fare l'amore con te? Era perché ripensavo all'incidente" sputò con rabbia, ma mantenendo un tono di voce fermo.
Emma improvvisamente si fece seria solo a sentir nominare quell'episodio.
"Mi sono confrontata con lui per aiuto. Non volevo farti del male, avevo paura di fare qualcosa di sbagliato e di non riuscire a fermarmi. Non potevo permettermi di sbagliare di nuovo così io... io mi sono allontanata, per proteggerti, nonostante facesse malissimo al nostro rapporto, a me." spiegò cercando di mantenere un tono saldo.
Emma comprese immediatamente di aver decisamente sbagliato di grosso.
"E... tu ora mi accusi di questo, con un uomo che ho appena conosciuto e di cui non mi importa assolutamente nulla in confronto a mia moglie, la donna per la quale ho rinunciato a tutto, per la quale ho rischiato ogni cosa, sempre." esclamò poi con gli occhi lucidi.
"Pensavo che il nostro rapporto valesse molto più di così" disse solo, mentre Emma si alzò immediatamente tirandosi il lenzuolo per coprirsi.
Decisamente la rabbia aveva giocato un brutto scherzo.
"Regina ti prego aspetta, mi dispiace. Non avrei dovuto" disse sicura, prendendole il braccio.
"No, non avresti dovuto" commentò delusa Regina, lasciando la sua presa e volando via.
Emma si avvicinò al laghetto, il loro punto di ritrovo quando erano piccole.
Spesso passavano le ore a farsi i capelli a vicenda dopo lunghe cavalcate, a prendersi cura l'una dell'altra in dolci gesti, anche piccoli per dimostrare il loro sentimento.
Trovò la moglie a giocare distrattamente con l'acqua, cercando di smaltire la rabbia.
"Mi dispiace" commentò Emma, sedendosi accanto a lei.
"Emma non ho voglia di parlare"
"Non serve. Vorrei solo che tu mi ascoltassi" disse la bionda calma.
Regina annuì distrattamente.
"So di averti delusa con quell'uscita infelice oggi. Credo solo di essere un po' gelosa..."
Regina alzò leggermente gli occhi al cielo, mentre Emma accennò un sorriso.
"Sai sin da quando siamo piccole non ho mai avuto concorrenza, tu hai sempre voluto solo me e viceversa. Ma ora arriva questo... belloccio che è come te e questo mi spaventa. Dico davvero sono terrorizzata"
Regina si voltò verso di lei, mentre Emma continuava il suo monologo.
Non la interruppe però, ascoltando attentamente le sue parole.
Si portò una ciocca dietro l'orecchio, osservando Emma, solitamente di così poche parole, che provava ad esprimersi.
"Lui è come se conoscesse una parte di te in cui io non posso entrare. L'ho sempre rispettato, sul serio, ti ho sempre lasciato i tuoi spazi, ma ora che hai dato la chiave a qualcun altro... io mi sento esclusa e mi comporto in maniera infantile" spiegò Emma guardandola negli occhi.
Le prese le mani, tracciando con i pollici il dorso.
"E poi ancor prima... dopo l'incidente tu hai costruito un muro gigantesco, così alto e minaccioso e mi hai tagliata fuori. Io e te non abbiamo mai avuto segreti, ci siamo sempre confidate l'una con l'altra e il nostro rapporto andava alla grande."
Regina abbassò lo sguardo con fare colpevole.
Sincerità era la loro parola chiave.
"Ed ora ti sei confidata con lui e questo mi irrita a dir poco... ma non è neanche questo il punto... sono quasi contenta che abbiamo litigato oggi, perché finalmente mi hai confidato le tue paure e possiamo riuscire ad uscirne"
Emma le prese il viso tra le mani, riportando il suo sguardo verso i suoi occhi.
"Smettila di darti la colpa per quel giorno. Se proprio dobbiamo trovare dei colpevoli, ti assicuro che abbiamo sbagliato alla grande entrambe. Non torturarti più, non cercare di proteggermi sotto le tue gigantesche ali perché non sono un cucciolo spaventato, sono tua moglie, la tua compagna di vita ed intendo starti accanto" cercò di dire.
Una lacrima solcò il viso di Regina.
"So che è difficile per te parlarmi di cosa tu abbia provato quel giorno, quella notte che ha cambiato le nostre vite.... Ma tenerti tutto dentro non farà altro che logorarti"
Regina scoppiò a piangere, mentre Emma la strinse forte a sé.
Era così vulnerabile davanti alla sovrana dai capelli d'oro, mentre si apriva completamente.
"Piangi tesoro" affermò baciandole la testa e non lasciandola uscire dal suo abbraccio.
Regina singhiozzò con forza, aumentando la stretta.
"Non volevo farti del male" disse affrontando il suo dolore.
"Lo so" affermò Emma baciandole la testa.
Politea non aveva dimenticato le parole di Regina, non aveva sottovalutato il pericolo.
Così aveva passato tutto il pomeriggio, tutta la notte ad indagare a fondo sulla faccenda, fino a trovare l'oggetto della sua ricerca.
Spalancò gli occhi ormai avendone la certezza.
"Devo parlare con la sovrana immediatamente" affermò facendo il suo ingresso nella loro dimora.
Le parole sulla carta ingiallita non mentivano e ben presto avrebbero affrontato le conseguenze dei loro accordi.
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