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Capitolo 8 - Eve


Non riuscivo a crederci.

Avevo appena trascorso l'intera pausa pranzo con Jax Miller ed era stata ... non lo sapevo nemmeno io come era stata. Forse definirla un'esperienza particolare avrebbe potuto essere la scelta più calzante. Non mi ero mai presa la briga di trascorrere del tempo con lui e dovevo riconoscere che, a modo suo e in piccole dosi, sapeva essere un tipo divertente. Ovviamente tranne quando era impegnato a provarci con me, stuzzicare Connor oppure attaccare briga con qualcun altro dei ragazzi della palestra. D'accordo non erano molti i momenti in cui si comportava come un essere umano civile, ma ero giunta alla conclusione che Jax Miller non era male.

E che probabilmente le botte in testa che avevo preso nel corso degli anni avevano deciso di mostrare i loro effetti tutte insieme.

Tuttavia non ebbi tempo per interrogarmi a riguardo, perché appena ebbi varcato l'uscita della sala mensa Connor si materializzò al mio fianco alla velocità della luce.

- Mi spieghi perché eri a pranzo con quella testa di cazzo di Miller? –

Dritti al punto e tanti saluti ai preliminari.

Rallentai e mi voltai verso di lui.

Le iridi castane erano leggermente più scure, segno che era davvero arrabbiato, la mascella era serrata e teneva chiusi anche i pugni lungo i fianchi.

Se fosse stato in palestra si sarebbe sfogato fiondandosi addosso al sacco, ne ero certa.

- Mi ha chiesto di fargli una bozza per un tatuaggio. –

Connor emise un verso aspro di scherno e allungò il passo per oltrepassarmi e costringermi a fermarmi del tutto per fronteggiarlo.

- E te la sei davvero bevuta? È la scusa più patetica che abbia mai sentito in tutta la vita. –

Sentii la rabbia farsi rapidamente largo anche in me.

Ero stanca di sentirmi trattare come una bambina incapace di badare a se stessa; Dante pensava di dovermi controllare, mio padre chiedeva ai ragazzi della palestra di tenere gli occhi aperti, e adesso anche Connor mi trattava come se fossi una completa sprovveduta.

Lo fissai con aria di sfida.

- So cosa faccio. –

- Non mi sembra, a meno che il piano non sia quello di finire nella lunga lista di tizie che si è fatto Jax Miller. In quel caso stai facendo un gran lavoro nel sembrare una ... –

E quella fu la goccia che mi fece esplodere.

Al diavolo Dante, la sua richiesta di stare il più possibile vicino a Connor e tutto il resto.

- Una cosa con esattezza? – domandai, calcando su ogni parola con tono d'avvertimento.

Connor parve rendersi conto di quello che gli era quasi uscito di bocca, perché rimase in silenzio con l'aria da cane bastonato.

Confermando indirettamente che si era fermato poco prima di dire qualcosa d'irreparabile.

Eppure l'aveva pensato.

- Vaffanculo, Connor. –

Lo oltrepassai assestandogli una spallata e mi allontanai a passo di carica ignorando la sua voce che provava a richiamarmi. Raggiunsi la porta del più vicino bagno delle ragazze e mi chiusi in un cubicolo mentre cercavo di regolarizzare il respiro e tornare lucida.

Avevo pochi minuti all'inizio della lezione di storia e dovevo assolutamente calmarmi.

Mi appoggiai alla parete e presi dei profondi respiri finchè non fui sicura di essere pronta a stare nella stessa stanza di Connor senza provare il desiderio di tirargli la prima cosa che mi capitava tra le mani.

Afferrai lo zaino e uscii pregando silenziosamente di arrivare in aula in tempo per trovare un posto libero. Di solito sedevo accanto a Connor, ma quel giorno sarebbe stato sfidare la sorte. Perciò rimasi sulla soglia dell'aula e mi guardai attorno. Nell'ultima fila sulla destra, a pochi centimetri dalla finestra, era rimasto un banco libero e poi ce n'era un altro nella fila centrale. Era il posto accanto a Jax, quello a cui di solito sedeva Graham. Eppure quella volta il suo amico era seduto accanto a Kimberly e la intratteneva con una serie di quelle che dovevano essere frasi davvero divertenti a giudicare da come sbatteva le ciglia e ridacchiava lei.

Oltrepassai il mio solito banco, ignorando la sensazione dello sguardo bruciante di Connor che seguiva i miei passi, e puntai dritta verso Jax.

Tossicchiai spingendolo ad alzare gli occhi verso di me.

Era sorpreso, ma si riprese in fretta e mi abbagliò con un sorriso accattivante.

- Posso fare qualcosa per te? –

- Il posto accanto a te è libero? –

Afferrò lo zaino e scostò la sedia invitandomi ad accomodarmi.

- Per te ovviamente sì. –

Lo ringraziai con un cenno del capo e cominciai a sistemare le mie cose finchè non mi resi conto che Jax non avrebbe smesso di guardarmi finchè non gli avessi fornito una spiegazione per quell'inaspettata decisione.

- Ho discusso con Connor dopo il pranzo, non ho molta voglia di stargli vicino in questo momento. –

- Come la maggior parte delle persone sane di mente -, replicò ammiccando, - e posso chiederti perché tu e mr ossicodone avete discusso? –

In condizioni normali l'avrei guardato male e probabilmente gli avrei rifilato una gomitata ordinandogli di non chiamarlo mai più in quel modo, ma ero semplicemente troppo stanca per mettermi a discutere nuovamente. Volevo solo un po' di pace e tranquillità, non mi sembrava di chiedere troppo.

- Avevi ragione, non era molto contento del fatto che avessi passato la pausa pranzo con te -, replicai sforzandomi di mantenere un tono di voce neutrale anche se ripensare a quello che Connor aveva quasi detto mi provocava ancora una fitta dolorosa al petto, - e me l'ha fatto capire molto chiaramente insinuando che fossi una possibile candidata alla lunga serie di sgualdrine di Jax Miller. –

Ecco fatto, l'avevo detto a voce alta.

E faceva male.

Conoscevo Connor da sempre e non mi sarei mai aspettata di vedere il giorno in cui mi avrebbe rinfacciato una cosa simile. Quello che invece mi sorprese fu il tono furibondo di Jax.

- Lui ha detto cosa? –

Mi costrinsi a vincere l'imbarazzo e mi voltai verso di lui. Dovevo avere un'espressione molto meno impassibile di quanto pensassi, perché il suo sguardo si fece ancora più feroce mentre irrigidiva i muscoli e guardava Connor come se non chiedesse nulla di meglio che fargli rimangiare ogni singola parola avesse mai pronunciato in tutta la sua vita a suon di pugni.

- Non l'ha detto chiaramente, si è fermato prima di terminare la frase, ma il senso era quello – chiarii.

Sentii la mano di Jax adagiarsi sulla mia guancia, accarezzarmi lentamente e raccogliere qualcosa con il pollice poco sotto l'occhio. Sgranai gli occhi. Avevo pianto? Non mi sembrava, ma forse una o due lacrime erano sfuggite dal mio controllo. Rimasi in silenzio a fissarlo mentre continuava ad accarezzarmi lentamente, soffermandosi sotto il mento mentre continuava a osservarmi con una serietà che non gli avevo mai visto sfoggiare fuori dalla gabbia.

- Tu non sei una di loro, non permettere mai a nessuno di dire il contrario. –

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