9. 𝐂𝐨𝐫𝐬𝐚 𝐝𝐞𝐢 𝐏𝐮𝐧𝐭𝐢. (1/3)
༒︎
ᴀᴜʀᴏʀᴀ
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«𝑪osa leggi?» sussultai a quella domanda, facendo volare per aria il libro che avevo tra le mie mani.
Perfetto! Ho perso la pagina! pensai.
Una volta leggevo ogni sera, ogni qualvolta avevo il tempo per rilassarmi.
Ero interessata già al cinema, mi mangiavo film e serie tv come se fossero pane, ma ero interessata tanto anche ai libri.
Soprattutto ciò che riguardava l'amore impossibile tra un ragazzo e una ragazza. Ero ingenua e sensibile e, volevo che arrivasse subito il principe azzurro a salvarmi da quella vita di quartiere che vivevo in Sardegna.
Desideravo di incontrare qualcuno che mi avrebbe rapito e portato con lui da qualunque altra parte non fosse stata casa mia. Solo dopo ho capito che il principe azzurro o gli uomini bellissimi e romanticissimi dei libri non esistevano e, dovevo scappare da sola con le mie forze.
Persi la passione per leggere libri in quel frangente che mi spostava dall'Italia agli Stati Uniti.
Anche se sapevo di avere un talento smisurato per scrivere le lettere o romanzare una qualsiasi mia fantasia.
Le lettere poi, non sono mai arrivate al lettore...
E le fantasie che romanzavo, rimanevano spesso chiuse in un cassetto aspettando di trovare il coraggio per farle leggere a qualcuno.
Daniele era entrato in camera mia disinvolto, a dodici anni nessuno sapeva cosa voleva dire la parola "privacy"?
No.
Era allo stipite della porta e sicuramente non avrebbe mai saputo, cosa stessi leggendo.
Avevo una vergogna tale...
Però a undici, dodici anni si sa... si vuole conoscere l'amore, il principe azzurro, invece di quei bambocci che incontri alle medie ed anche se sei tre metri di gambe e hai capelli biondi e lunghi fino ai piedi, ti prendono in giro.
Come se loro non fossero stati sgorbi che non si cagava nessuno.
Vabbé, io non posso parlare, ero cotta di uno sette anni più grande di me, aveva anche già superato la maggiore età.
Daniele stava finendo le superiori, io neanche sapevo cosa fossero praticamente.
«Niente, ormai...» sospirai riprendendo il libro caduto sotto il letto dal materasso comodo.
La finestra mezza aperta permetteva alla luce della luna di entrare e farmi godere alla vista delle sue stelle, di quella notte blu che circondava tutta Boella.
Sorridevo alla vista del mio amico.
«Stefano mi ha detto che tu e suo fratello andate molto d'accordo...» si avvicinò al mio letto, sedendosi sul bordo ma mantenendo il contatto visivo.
Ricordandomi quand'era piccolo, Daniele era un adolescente che stava iniziando a essere più uomo.
Nella mia immaginazione, ho sempre sperato di avere la sua età, di essere una di quelle ragazze che portava a casa o, che ci faceva serata tutta la notte in discoteca. Ma ero solo una bambina per lui, no?
Il fratello di Stefano aveva la mia stessa età, ma pareva più grande, un adolescente in piena fase di pubertà. Lui è il fratello erano totalmente diversi fisicamente, ma molto simili caratterialmente.
Stefano era biondo con gli occhi chiari, uguale alla loro mamma dai tratti quasi nordici e non sardi, scuri e ambrati come Elia.
Tutti odiavano però quando gli dicevano: "Sei proprio uguale a tua madre, tuo fratello, tuo padre, bla bla bla", grazie al cazzo!? Mi viene da dire.
Daniele non sembrava apprezzare Elia, sapeva già che io e lui uscivamo (a volte anche di nascosto) ma eravamo amici, Elia non poteva di certo essere Edward Cullen, purtroppo.
«Sì, sì...», sembravo distratta a quella conversazione come se non avessi davvero voglia di farla.
Anche perché, Elia era anche un po' sbandato caratterialmente, proprio come Stefano. Diciamo che ripensandoci ora, sarei dovuta stare a casa a giocare con le bambole.
«Ecco, la prossima volta che cerchi di tornare a casa fatta, almeno avvisami prima. Che tua madre non va di certo da quello stronzo di Elia a sgridarlo.», fece una pausa prima di continuare aspettando una mia risposta che però non arrivava.
Mi sentivo in colpa per aver fumato qualche canna con lui, non mi aspettavo di certo che si venisse a sapere in tutto il vicinato però, ero libera di provare come tutti i ragazzini. «Non puoi fare la ragazzina normale!? Avere amiche femmine e andare a fare una partita a pallavolo!? Piuttosto che avere come amico un coglione che si fa le canne dalla mattina alla sera e preferisce dormire sui tetti pur avendo una casa?»
«Perché Stefano cos'è?»
Credo fermamente che se Daniele ne avesse avuto la possibilità mi avrebbe sputato in un occhio.
Avevo un abilità innata nel provocarlo, mi divertivo così tanto che dopo un po' lui si arrendeva. Anzi, agli altri diceva che invece di aver preso il carattere dai miei famigliari, lo avevo ereditato direttamente da lui.
Il che in parte era vero.
«Quanto sei testarda.»
D'improvviso i miei occhi si aprono, incontrando una finestra che non ricorda affatto casa mia.
Sul davanzale è appoggiato un posacenere, ma con questo buio delle tapparelle abbassate faccio fatica vedere altro.
Ma che ora è? Non capisco.
Lo shock più grande arriva quando lentamente giro lo sguardo.
Sono mezza nuda in un letto sconosciuto. Affianco a me, poi capisco che qualcosa non è andato secondo i piani.
Aurora ma che cazzo hai fatto?
Daniele girato su un fianco, sembra essere addormentato.
Cosa ho combinato stavolta?
Mi alzo cercando di capire cosa devo fare, che ore siano e quanto tempo ho per andarmene.
Dirigendomi verso il bagno entro dalla porta vicino al letto disordinato. Un po' di vestiti sono lasciati sopra le coperte di questo.
Non so nemmeno dove sia il mio vestito, finché girandomi dopo un istante sento degli sguardi puntati sul mio corpo longilineo.
Alessio sulla soglia della porta la bocca mezza aperta mentre Daniele è girato già verso di me, a petto nudo.
Ora capisco cosa intendevo con il "mio" letto e le "coperte" che mi fasciavano il corpo.
Il letto era di Daniele, le coperte erano Daniele.
Mamma mia...
Attimi di confusione pura, la testa non smetteva di girare.
Mi dovevo stendere di nuovo.
Per questo, senza fare caso a quegli sguardi indiscreti, mi stendo nuovamente sul letto.
«Abbiamo dormito abbracciati almeno», pronuncia Daniele alzandosi e dileguandosi con Alessio nell'altra stanza.
Li sento per qualche minuto borbottare a bassa voce, non mi vogliono fare sentire e anche se fosse non udirei per la troppa musica che ieri mi ha otturato le orecchie.
Non potevo aspettare oggi che è sabato per fare casino?
Ho anche lezione in accademia...
Oh cazzo! L'Accademia!
Guardo l'orario sulla sveglia del comodino al mio fianco mentre sono distesa sul letto, segna le quattordici e cinque.
Mi metto una mano sul viso coprendomi completamente gli occhi e bocca, sono rassegnata.
Oggi non farò niente praticamente, stasera devo lavorare anche per forza.
Mi sono dimenticata poi tra l'altro di Tradis e Nathan, chissà cosa staranno a pensare.
E appena prendo il cellulare, che una bomba atomica fracassa la zona delle notifiche di questo.
"25 chiamate perse da Nate" e "25 chiamate perse da Trad" per prime, i miei occhi scendono "5 chiamate perse da Natalia", "2 chiamate perse da Seléne". Non poteva andare peggio. Per non parlare di iMessage.
Era intasata di messaggi da parte di tutti, come se fossi morta o scappata via per sempre ed in men che non si dica, qualcuno stava già attaccato al campanello per suonare alla porta di Alessio e Daniele.
Alternando bussare con suonare.
Mi rifugio sotto il miliardo di cuscini che ricoprono il bordo del letto.
Mi sono appena svegliata, vi prego!
Non aprite, non aprite.
«Ehi... Aurora-»
Hanno aperto. Sento il passo di Tradis rumoroso venire diretto verso la camera in cui sono come sapesse a memoria dove andare, mi alzo le coperte fin sopra al collo.
Non potevo farmi vedere mezza nuda. Non prima di farmi urlare in faccia. Cazzo, cazzo, cazzo.
La testa di Tradis arriva quasi a sbattere contro lo stipite per la sua altezza importante.
Il suo dito affusolato si punta subito verso la mia figura, abbastanza lontana per proteggermi da ogni urlo.
«Che cazzo ti dice il cervello me lo spieghi!?»
«Aurò, t'ho fatto il cappuccio», arriva Alessio con una tazza in mano, facendosi spazio e costringendo Tradis a spostarsi.
Si ignorano a vicenda come se il fatto che il ragazzo fosse lì a sgridarmi fosse una cosa da niente.
Prendo subito in mano la tazza, ne ho bisogno, mi calmo poi, magari parlo.
Mi alzo lievemente appoggiando il capo sulla testata del letto.
«Cosa sei malata? Perché non rispondi?», quasi scoppio a ridere, ma bevo prima un sorso di caffé-latte più che cappuccino.
Non è niente in confronto a quello di Max, il barista del Glaskin Café ma apprezzo il gesto almeno.
Alessio non si allontana, guarda la scena con interesse.
«Questi arrivano ora e, in due giorni, ti fregano: lavoro, amici e scuola?» provoca Tradis, tenendo lo sguardo puntato su di me mentre il mio sguardo vaga per la camera.
Sembra quella di Nate, tutta disordinata ma scommetto che al contrario di Trad, Alessio è come gli altri due.
Sulla scrivania attaccata alla porta sono appoggiati un centinaio di fogli, insieme ad una decida di penne blu e nere. Insieme ad un piatto piano bianco, nascosto da questi. Poi a vestiti e dischi, oltre ai poster appesi per il muro rettangolare.
La tapparella abbassata e i miei occhi appiccicati dal trucco non rimosso mi limitano la vista del viso di Tradis contorto dalla rabbia.
«Trad», gli prendo la mano delicatamente stringendo il dorso della pelle morbida, «calmati prima di tutto perché sto per diventare sorda. Seconda cosa, non capiterà più mi sono fatta prendere dalla nostalgia di avere una serata insieme ai miei vecchi amici», indico con una mano aperta l'area intorno a me.
Il biondo annuisce con una smorfia, i suoi occhi da gatto corrono sull'altra figura maschile.
Lo odio quando fa così.
«Credo sia arrivata l'ora di fare un discorso con questi due.» conclude, allontanandosi da me.
«Hai troppo 'sto vizio Tradis!», gli urlo.
Quando di spalle, subito si gira di scatto.
Nel frattempo Alessio si distende accanto al mio corpo godendosi lo spettacolo. Lui sembra pronto a parlare e confrontarsi.
«Quale? Sentiamo.» chiede volendo provocare, avvicinandosi con un solo passo per farmi intimorire da ciò che avrei detto un momento più tardi.
«Giudichi sempre!»
«Resta con loro, non mi interessa Aurora! Ciao.», abbandona la stanza chiudendo la porta rumorosamente e successivamente quella d'ingresso.
Il baccano arriva fino a questa camera, Tradis manda a quel paese anche Daniele che subito si precipita a riaprirla subito. Che nervoso!
Abbasso lo sguardo.
Alessio incrocia le gambe mentre Dani si avvicina al mio corpo accarezzandomi le cosce da sopra le coperte.
Questo atteggiamento così spontaneo mi solletica ancora di più il nervoso, si era scatenato già pochi secondi prima.
Non so perché ma il suo comportamento da una parte così premuroso, mi donava sempre sospetti, senza neanche apparenti motivi...
«Stai bene?» domanda Daniele dolcemente mentre io incrocio il suo sguardo premuroso, i suoi occhi sono pieni di vita al contrario dei miei che sento spenti e ancora piuttosto stanchi. I due sembrano svegli da ore.
A me bastava non dormire qui.
«Sì... mi dà solo fastidio che Tradis abbia sempre ragione.»
«Hai appena detto che giudica sempre!» dice Alessio corrugando le sopracciglia, i suoi capelli stamattina sono sbarazzini.
Mi strappa di mano la tazza.
«È la mia, son geloso, non la puoi avere se prima dici una cosa e poi ti contraddici...»
Sorrido a quella frase, lo dice come se stesse facendo finta di essere un bambino.
So che cosa intende, a nessuno piacciono i bugiardi ma purtroppo, le parole che avevo detto contro Tradis era solo perché ero disturbata da tutto il casino fatto subito dopo essermi svegliata.
Io non sono una persona mattiniera - delle quattordici e cinque - e non lo sarò mai.
Tradis aveva ragione: con loro non avevo quasi mai saltato un giorno di accademia, né un giorno di lavoro.
Ero sempre stata coerente e corretta in tutto ciò che per me nella vita era importante.
Ora, era arrivato Daniele ed aveva ribaltato tutto in pochi attimi, solo con il suo arrivo aveva scombussolato le cose.
Per non parlare di Alessio che sono con il suo atteggiamento mi voleva sempre di più fare interessare a lui.
Non faccio in tempo però a rispondere al mio amico che sento un sonoro rumore forte, quasi dei vetri cadere in mille pezzi.
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