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4. 𝐂𝐨𝐫𝐭𝐨𝐜𝐢𝐫𝐜𝐮𝐢𝐭𝐨 𝐧𝐞𝐥 𝐒𝐢𝐬𝐭𝐞𝐦𝐚. (2/2)

Inutile dire che ci ritroviamo tutti e quattro nella stessa macchina.

Alle cinque del mattino con una fame che mi crogiola l'intestino e quattro sguardi arrabbiati gl'iuni con gli altri.

Non so cosa abbiano in mente i miei amici, ma un comportamento così in un posto di lavoro è inaccettabile.

Non importa che io sia una spogliarellista ma, se do l'impressione che i miei clienti si azzuffano tra di loro non potrò mai dare l'impressione di una persona sana.

Intanto avvicino la mia mano dalle unghie pitturate di nero sulla coscia di Nathan, concentrato sulla guida notturna.

Milioni di stelle stanno per scomparire dando vita ad un paesaggio degno di un alba splendente di un nuovo giorno, illuminando le case di un azzurro che sta diventando arancione e i negozi che stanno accendendo le proprie insegne.

Le piante di magnolia che contornano la strada sono bagnate dell'acqua piovana che ha contornato la giornata prima.

Degli sguardi indiscreti si posano su questa mano, il biondo non mi dà modo di sembrare interessato al mio gesto.

Lo sapevo quanto era difficile calmare la rabbia, era un periodo davvero delicato per lui.

Tra il college e il tempo prima di conoscermi aveva affrontato dei veri e propri incontri clandestini, oltre al suo umile lavoro, ci partecipava insieme a Tradis.

Entrambi ritiravano dei bei soldi che venivano messi da parte per le prove, le registrazioni dei nuovi strumenti e nuovi microfoni.

Erano piccoli ed inesperti, gli servivano dei soldi facili e veloci anche se la mamma di Nate era attenta ai lividi con cui tornava il figlio e denunciò tutto anche a quella di Tradis, di nascosto fecero andare i loro mariti a controllarli scoprendo che tutto ciò, era realtà.

E se il padre di Nathan, lo menò fino a farlo svenire, l'uomo che aveva scoperto Tradis era il compagno della madre, motivo per cui era scappato quasi subito.

Il padre di Nate picchiava frequentemente il figlio e, a volte la madre.

Fino a quando lui, non ebbe il coraggio di scappare via portando con sé la madre ed Alaska, il suo gattino.

Alaska ora mai è parte importante della nostra vita, vive con noi da quando ne ho ricordo, ed è un vecchietto pieno di energie nel fare il "bambinone".

Quando Nate mi conobbe mi disse poco più tardi che potevo essere la strega che avrebbe risolto anche i suoi più grandi problemi.

E, da una parte poteva avere ragione.

Tradis non era così aperto con me al contrario di Nate, a cui come me piaceva sparlare su ogni fattaccio successo tra le amicizie che avevamo in comune.

Nate pareva quello un po' più problematico, appena qualcosa non gli andava, faceva un macello.

Anche se era più propenso a parlarne, poteva anche mandare in ospedale una persona, se qualcuno con lui non era presente.

E quando gli avevo chiesto a quante persone aveva fatto male, la lista era lunga...

«Allora Jackson Tilbar, quello lì che mi ha messo una "C" al college, Dio... l'ho odiato quello stronzo» diceva elencando.

Nel frattempo io ero incantata da quel suo aver affrontato almeno trenta o quaranta risse e sembrare andarne fiero.

«Ma era un professore?» chiesi.

Lui si aggiustò meglio sul divano del salone della sua ormai vecchia casa.

«No, ci mancherebbe, era l'aiuto del professore»

Tradis si mise a ridere così fragorosamente che cascai anch'io in quella trappola.

Purtroppo erano ricordi del quale potevo essere solo amareggiata.

I primi tempi Nathan sapeva essere davvero violento e nel suo esserlo a volte si faceva male anche a sé stesso.

Una volta, per una litigata che avevamo fatto io e lui, spaccò lo specchio presente all'ingresso del nostro appartamento, che ora abbiamo rimesso, una corsa in ospedale per mettere diciassette punti lungo tutto il palmo e le nocche.

«Ed era anche più cattivo prima di conoscerti» mi disse Tradis mentre aspettavamo notizie di vederlo.

Mi volto verso il mio amico mentre sento dietro gli altri due borbottare qualcosa sottovoce, ma ignorando mi concentro su di lui e sulla sua attenta guida.

Lo vedo con la coda dell'occhio darmi un occhiata poco interessata.

Vorrei dire qualcosa ma le parole non mi escono dalla bocca.

Forse perché mi sento in colpa, forse perché lo potrei aver fatto sentire una femminuccia per non aver reagito ma in poco tempo.

Mi affaccio al finestrino per vedere il nostro maestoso palazzo prendere forma.

La macchina si spegne e le chiavi, si posano raffazzonamente nella tasca del bomber nero del mio inquilino che scende come faccio io.

Dietro intanto mentre i due si affacciano al freddo mattutino di Loomore.

Mi vedono allungare il passo verso il bar affianco a casa nostra.

Nate mi raggiunge con una camminata più lenta mentre gli altri due ragazzi fanno lo stesso.

L'edificio non è alto ma si presenta quasi lussuoso dai colori caldi del giallo contrapposti al blu freddo dell'esterno.

Appena entriamo, molti clienti stanno ordinando una colazione prima di recarsi al lavoro.

Incontrando gli occhi blu di Nate per un'ultima volta prima che la mia mente viene trasportata subito al nostro primo incontro.

Il cuore perde un battito ritornanddo a quella sera, le luci del locale erano soffuse.

Il pub di Thirty-three Street era abbastanza colmo quella sera, sotto consiglio dell'allora ragazzo che Natalia stava frequentando andammo tutti insieme per un'uscita a quattro, al Quinn, uno dei più famosi al centro di Loomore.

A quel tempo erano mesi che avevo conosciuto Natalia, aveva i miei stessi corsi, era stata il mio tutor nei miei primi passi in accademia e stava iniziando ad essere la mia migliore amica.

Nella mia vita purtroppo avevo avuto poche amiche femmine, ero un po' il maschiaccio della situazione, quando mi ritrovavo in mezzo alle ragazze.

E, fortunatamente le poche che avevo me le tenevo buone.

Tra le mani stringevo una birra passata sotto banco dal amico di Natalia, il barista del Quinn, Austin, non avevo ancora compiuto vent'un anni.

Ci aveva invitato lui a quella serata, insieme a Jake e Blue, i ragazzi che ci avevano accompagnato al pub.

Il Quinn era il pub giusto per una serata tranquilla non troppo affollata nei giorni feriali.

Al contrario se si andava nelle notti del sabato e il venerdì che erano a tema, venivano invitati gli artisti più emergenti da tutto lo stato.

Il locale diciamo che aveva assistito a una bella fama in quel periodo, tutti lo conoscevano.

Non era grande e serviva tanta fortuna per entrarci nei mesi più freddi, era accogliente e servito da persone che parevano essere gentili e disponibili nel loro lavoro.

Seduta sulle sedie da bancone, io e Blue avevamo inziato a fare quattro chiacchiere prima che la band entrasse.

Austin annunciò a grande voce, avvicinandosi al microfono i "Sucker Punch", la sua voce colpì ogni persona presente nel pubblico: chi era seduto nei divanetti dinanzi al palco, chi come me era al bancone, chi era più lontano ma anche chi era fuori per fumare o fare qualche parola al vento gelido di settembre lo aveva sentito.

I ragazzi entrarono salutando con una mano, le due figure scure si fecero più chiare solo quando giunsero sotto la luce. Facendomi trovare davanti al mio sguardo un ragazzo dai toni delicatamente chiari, i capelli erano più lunghi di quelli del batterista dando la vita a due occhi color verdaceo intenso mentre delle mani affusolate si infilavano un basso tra la spalla e l'addome robusto.

Si avvicinò furtivamente al microfono mentre mi spostai a colui che si sedette nel seggiolino della batteria.

I suoi capelli erano rasati ed avevano una sfumatura diversa di biondo dal primo. Aveva uno sguardo concentrato sulle note da seguire che non mi dava luce ai suoi occhi. Le mani tozze partirono subito sui tamburi.

Dandomi modo di abbandonarmi completamente alla voce soave e graffiante di un angelo che cantava nel buio, mantenendo la posizione rigida che man mano si scioglieva con l'attenzione e la passione del pubblico.

Ad ogni frase pronunciata mi deconcentravo dalla voce di Blue che si faceva meno cristallina e presente.

Mi feci più vicina al palco abbandonando i miei amici.

Sentivo Natalia chiamarmi.

Qualche passo mi fece avvicinare al cantante che intanto si stava agitando vicino al batterista dall'aria misteriosa.

Quando il ritornello partì, il pubblico comincio ad andare a tempo della canzone, di cui non focalizzati subito le parole ma mi buttai a ballare il ritmo insieme alle altre persone che mi accompagnavano.

Appena questa finì, il vuoto e il buio mi strinsero in una morsa, ne avevo bisogno ancora.

Sentii una mano tirarmi via da quel brusio di persone, per arrivare alla vicinanza di un altro ragazzo: Blue.

Aveva i capelli neri, la barba leggermente lunga e i miei occhi scuri incontrarono i suoi, anche se, due altri sguardi mi bruciavano le spalle nude, quasi fosse stato il sole caldo di Boella, l'altro lato del viso.

Sia il cantante che il batterista avevano lo sguardo attento sulla mia figura, lo sentivo e lo percepivo.

Blue farfugliava di ritornare al bancone, a cui lanciando uno sguardo pareva che sia Nat che Jake si stavano divertendo. Ma purtroppo non riuscivo a trovare la stessa sensazione di leggerezza con il loro amico che, anzi, mi aveva dato quella musica dal genere rap misto rock che mi aveva infatuato le orecchie insieme al cuore.

Lo seguii abbandonando un ultimo accenno di sguardo al palco e, mi appoggiai al bancone.

Fino a che dopo uno scalino sceso del palco e mi sentii percuotere delicatamente la spalla con un dito.

«Ehi»

Una voce profonda mi richiamava dalla disattenzione che Blue mi stava fondendo.

Questo si allontana da me, guardando anch'esso il ragazzo alto che mi si presenta avanti alla mia figura di profilo al palco.

«Ciao» pronunciai con un fil di voce.

«Mi sei sembrata interessata, o... sbaglio?»

Il biondo indicò il palco con un dito che spostò dietro di sé, al quale solo in quel momento riuscii a vedere meglio le sfumature di verde che gli riempivano l'iride degli occhi a mandorla.

Le sue spalle ampie mi coprivano di poco la visuale ma era la sua maestosa altezza che lo fece abbassare al bancone per chiedere una bibita alcolica.

Abbandonai la serata di Natalia, con Blue e Jake che non capivano la motivazione di questo mio raptus.

Ero stata colpita da entrambi i ragazzi della sconosciuta band ed io, da loro.

Non sapevano nulla di me ed io nulla di loro.

Da cosa nasce cosa e la splendida amicizia che nacque rivelò solo più tardi i grandi uomini a cui mi stavo affezionando.

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