14. 𝒍'𝑼𝒍𝒕𝒊𝒎𝒐 𝑪𝒐𝒏𝒄𝒆𝒓𝒕𝒐 𝒆 𝒊 𝑪𝒂𝒎𝒆𝒓𝒊𝒆𝒓𝒊. (1/2)
𝑰 miei occhi cominciano ad aprirsi incollati dal sonno, non sento più la presenza del giovane uomo accanto a me.
È sparito senza neanche salutarmi, come avessimo fatto sesso e fosse stato uno sconosciuto.
Davanti a me al contrario il suo coinquilino, mi osserva dalla soglia della porta con un le braccia conserte, appoggiato allo stipite.
In bocca a una di quelle liquirizie rosse, lunghe e zuccherate.
Riesco a notare le vene sulle sue braccia che sembrano esplodere sotto il mio sguardo, finché i suoi occhi scuri si abbassano su di me, ancora in dormiveglia tra le lenzuola e il piumone bianco di quel letto.
«Ehi bellona», si stacca Alessio venendo verso il letto, «vuoi il caffé, te lo porto a lett- cioé, non è caffè perché so che non ti piace... è cappuccino!».
Sorrido a quel buongiorno così armonioso, spero che nessuno possa rovinare questa mattina.
Il moro sparisce nella camera accanto ridendo, mentre io afferro il cellulare sopra il comodino allungando semplicemente il braccio.
"Vorrei parlarti..."
inviato alle 9.01 a.m.
dal contatto: Trad
Spalanco gli occhi passandomi una mano su tutto il viso.
Alessio torna con una tazza colma di liquido beige all'interno, mi vede così scioccata che mi prende in giro per almeno due minuti prima di cercare di capire cosa accade. Si stende accanto a me, mentre sorseggio la mia bevanda e accendendomi la prima sigaretta di giornata, Chesterfield donata gentilmente dall'amico al mio fianco.
«Tu lo vuoi vedere?» chiede il ragazzo con una voce sottile, quasi sussurrando.
Io facendo spallucce non so cosa dire, guardo solo l'armadio avanti ai nostri corpi superato il letto.
Poi, gli do un colpetto sulla spalla sorridendo, un sorriso senza motivo.
Le quali lui chiede corrugando le sopracciglia.
«Dimmi un po'... Alex!» esclamo imitando i suoi amici, allungando la "x" finale, «Mi stavi spiando?» chiedo ridendo, indico il letto con un dito mentre lui fa una smorfia.
«Non devi andare in Accademia, pidocchio?» si alza instaneamente cambiando discorso. Sempre a ricordare le cose negative.
Sbuffo, mentre un sonoro suono di una vibrazione mi disturba al mio fianco.
"Sono qui fuori, mi apri?" Leggo il messaggio ad alta voce, alzando in un secondo momento lo sguardo verso Alessio che da essere divertito il suo viso si tramuta in una smorfia dispiaciuto. Rifugio la testa subito sotto le coperte, non voglio né parlare né vedere nessuno. Sto bene qui. Lui subito mi raggiunge, sdraiandosi e scoprendomi la mia testa.
«Almeno vedi cosa vuole, Aurò...» mi guarda, forse ha anche ragione, ma non ho voglia di farmi rovinare la giornata.
Rimango minuti a fissarlo, in preda a non fare uscire già da appena sveglia le prime lacrime, lui si avvicina baciandomi sopra la testa.
Mi faccio convincere ad aprire la porta.
Tradis vede subito Alessio alle mie spalle, che è intento a guardare il biondo con uno sguardo annoiato e allo stesso tempo curioso. Ha le mani rivolte sull'isola della cucina e, il viso verso la porta.
Il mio inquilino entra e si chiude la porta alle spalle, senza dar peso alla presenza del ragazzo.
«Pensavo fossi felice che stessimo realizzando i nostri sogni...» comincia abbassando lo sguardo verso la mia altezza, io cerco di mantenermi schietta e dura all'interno quando pronuncio: «Lo sono».
Ma Tradis mi conosce. «Aurora, se vuoi che annulliamo il tour per te... sai che- che lo farei.»
Per un attimo ci penso, ma non posso essere così egoista da vietare i sogni di altre persone solo perché non so stare sola.
«Tradis, sto bene,» mento, «ho i ragazzi» dico, indicando la cucina dietro di me con una mano.
«Sei sicura?» mi prende le mani tra le sue, i suoi occhi sono direttamente rivolto verso i miei.
Vorrei crogiolare tra le sue braccia e piangere per due giorni interi, nel mentre che ci penso.
«Sì.» rispondo cinica.
«Se ti va, stasera, diamo il primo concerto. L'ultimo nella nostra città... vuoi venire?» chiede cercando di forzare un sorriso, mi stringe ancora le mani.
Voleva davvero che io fossi stata fiera dei due.
Ed in parte lo ero, ma non mi potevo più permettere di piangere e crogiolarmi nel dispiacere, avrei finito per odiarli.
«Devo lavorare, Trad... mi spiace»
«Ok, io ci ho provato», lascia le mie mani delicatamente prima allontanarsi, «allora ci vediamo...» salutandomi con una faccia dispiaciuta, lancia uno sguardo veloce ad Alessio per poi uscire dall'appartamento.
Mi lascia un così vuoto dentro che mi fa tremare istintivamente le gambe come se non riuscissi più a tenermi in piedi.
Mi giro verso Alessio che apre le braccia verso di me, stringendomi a sé così forte da farmi sentire finalmente protetta mentre le prime lacrime iniziano a versarsi sul volto.
Vorrei sparire pur di non soffrire così dannatamente tanto.
Quando finalmente il mio respiro si calma, il mio viso appoggiato al suo petto si rilassa e le sue mani grandi prendono le mie guance per guardarmi, i suoi pollici mi liberano dalle mie ultime lacrime.
«Perché non hai voluto?» domanda lasciandomi riposare ancora sul suo petto.
«Perché non posso spezzare le ali a dei bruchi che sono appena diventate farfalle, Ale...»
«Dovresti andare a quel concerto, amò.» continua allontanandomi da quell'abbraccio così caldo una seconda volta.
Seguo i suoi occhi scuri incontrare i miei, vuole che pianga ancora di più?
Non credo comunque sia sua intenzione, anche se è vago poi ritorna subito sull'argomento, appena vede il mio viso allontanarsi verso le scale che portano al piano di sopra di casa sua.
Una scalinata poco lunga che portava alle due camerate in più, insieme al bagno. In cui era presente la camera di Alessio e un'altra che da quello che avevo capito, non avevano ancora deciso che farne.
«Auri, pensaci bene. È un'ultima possibilità per vederli prima che passi quanto sei mesi?... Un anno? E se poi ottengono anche quello europeo?»
Pensandoci ha ragione.
Non mi aspettavo però per niente da lui un'analisi così definita del mio rapporto con Nate e Tradis.
Aveva totalmente ragione, era possibile che sarebbero anche spariti dimenticandosi di me, perché l'ultima volta non ero stata una buona amica a supportarli ma un'egoista del cazzo che pensava solo a sé stessa.
Dovevo andare la sera, anche se mi rendeva triste avrei potuto rendere almeno un po' più fieri di me i ragazzi.
Il tempo passa è le mie unghie hanno rovinato completamente le pellicine del mio labbro superiore divorandolo.
Purtroppo soffrendo molto di labbra screpolate d'inverno son costretta ad idratarle costantemente.
Non sono voluta ad andare in accademia e, ciò non ha fatto molto contento Alessio.
Avrebbe ragione anche a dirmi che dovrei pensare solamente al mio futuro ma, allo stesso tempo mi ha tenuto compagnia tutto il giorno.
Non si è mai staccato da me, anche dopo la maratone di Friends, che mi sono sparata per la seconda volta.
Anche con quella serie tv ho imparato l'inglese, sembra una cosa stupida che dicono tutti gli immigrati negli Stati Uniti ma in realtà è vero.
Imparando senza neanche accorgertene.
Ho cercato anche di dormire durante il pomeriggio, perché il mio pensiero non si stacca dalle parole di Tradis che si ripercorrono in continuazione.
Sento Alessio parlare al telefono, non focalizzo nessuna delle parole ma capisco solo che stia parlando con Daniele che non si è fatto sentire per tutta la giornata.
Ormai è sera e, sarebbe dovuto essere già a casa ma ancora non è apparso nessuno dalla porta principale dell'appartamento. E il suo amico, non sembra per niente essere preoccupato.
Non mi accorgo nemmeno delle laccette dell'orologio che segna il tempo, un tempo che non faccio caso nemmeno che stia trascorrendo abbastanza veloce. Ancora non mi sono mossa dal letto.
«Oh cazzo!» L'episodio di Friends viene interrotto dal telecomando che mette in pausa mentre guardo l'orario.
Salto giù dal letto di Daniele, ribaltando le coperte per terra. Devo correre a prepararmi.
«Auri-» mi raggiunge dall'altra camera il moro, sul volto ha uno sguardo compiaciuto, peccato che io lo interrompa immediatamente: «Non ho tempo, Ale, sono in ritardissimosimo!»
Corro verso il portone afferrando il giaccone appoggiato sul divano, apro la porta ed esco. Per poi ricordarmi di non aver salutato il mio amico, rientro e accenno una corsa veloce verso di lui.
«Ci sentiamo dopo», lo guardo stampandogli un piccolo bacio sulla guancia, «vieni al locale?» continuo ma non lo faccio finire che sono già per le scale mentre lui dopo solo alcuni secondi che sono sparita, interviene.
«Ci puoi scommettere».
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