13. 𝑳𝒂 𝑺𝒂𝒍𝒂 𝑹𝒆𝒈𝒊𝒔𝒕𝒓𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒊. (1/2) 🔴
🔴!!𝘼𝙏𝙏𝙀𝙉𝙕𝙄𝙊𝙉𝙀!!🔴
𝙌𝙪𝙚𝙨𝙩𝙤 𝙘𝙖𝙥𝙞𝙩𝙤𝙡𝙤 𝙥𝙤𝙩𝙧𝙚𝙗𝙗𝙚 𝙪𝙧𝙩𝙖𝙧𝙚 𝙡𝙖 𝙫𝙤𝙨𝙩𝙧𝙖 𝙨𝙚𝙣𝙨𝙞𝙗𝙞𝙡𝙞𝙩𝙖', 𝙎𝙊𝙉𝙊 𝙋𝙍𝙀𝙎𝙀𝙉𝙏𝙄 𝙎𝘾𝙀𝙉𝙀 𝙁𝙊𝙍𝙏𝙄.
𝙍𝙄𝙘𝙤𝙧𝙙𝙖𝙣𝙙𝙤𝙫𝙞 𝙘𝙝𝙚 𝘽𝙚𝙨𝙞𝙙𝙚 𝙈𝙚, 𝙚 𝙩𝙪𝙩𝙩𝙖 𝙡𝙖 𝙨𝙪𝙖 𝙩𝙧𝙞𝙡𝙤𝙜𝙞𝙖, 𝙛𝙖𝙣𝙣𝙤 𝙥𝙖𝙧𝙩𝙚 𝙙𝙚𝙡 𝙜𝙚𝙣𝙚𝙧𝙚 𝘿𝙖𝙧𝙠 𝙍𝙤𝙢𝙖𝙣𝙘𝙚 𝙚 𝙙𝙞 𝙘𝙤𝙢𝙚 𝙥𝙧𝙞𝙢𝙖 𝙙𝙞 𝙦𝙪𝙚𝙨𝙩𝙤 𝙘𝙖𝙥𝙞𝙩𝙤𝙡𝙤 𝙫𝙞 𝙖𝙫𝙚𝙫𝙤 𝙖𝙫𝙫𝙚𝙧𝙩𝙞𝙩𝙤 𝙘𝙝𝙚 𝙘𝙞 𝙨𝙖𝙧𝙚𝙢𝙢𝙤 𝙖𝙙𝙙𝙚𝙣𝙩𝙧𝙖𝙩𝙞 𝙨𝙚𝙢𝙥𝙧𝙚 𝙥𝙞𝙪' 𝙣𝙚𝙡 𝙗𝙪𝙞𝙤.
Non voglio incitare a fare ciò che i personaggi in storia fanno ma al contrario, segnalare che purtroppo di questi tempi, esiste anche questo (senza farvi spoiler).
Le persone che non si sentono totalmente sicure, facilmente impressionabili, eccetera, sono pregate di passare oltre.
𝘽𝙪𝙤𝙣𝙖 𝙇𝙚𝙩𝙩𝙪𝙧𝙖!🩷
𝑨 casa di Elia si stava sempre bene, nonostante fosse ancora più piccola di casa mia, d'estate passava un aria strepitosamente fresca per la finestra della cucina.
Soprattutto quando con sua sorella stavamo a chiacchierare per ore.
I capelli lisci e neri come la pece di Marilena ricadevano sopra le spalle delicatamente, fino ad arrivare a metà schiena. I suoi orecchini a cerchio erano vistosi e argentati, la sua attenzione era rivolta verso al bambino avanti a lei. Una mano colma di anelli era spostata sulla tovaglia bianco panna, mentre con l'altra dava la possibilità al suo fratellino di poter giocare.
«Embé», rispose al fratello, «con la Deiana non vi piace stare?»
Elia alzò gli occhi al cielo. Conoscevo di vista quella ragazza, io ed Elia eravamo un anno più grandi di lei, girava voce che suo fratello fosse un po' pazzo e allo stesso tempo famoso.
Una specie di Van Gogh o Caravaggio dello sport del basket.
La conobbi per poco, poiché dopo nemmeno qualche mese dal suo arrivo io me ne andai, ci feci qualche serata, capii immediatamente di che tipo di persona si trattava.
Daniele mi aveva fatto una chiamata da poco, aveva chiesto di raggiungere lui e Stefano in sala registrazioni.
«Marlena», la chiamò Elia sembrando esasperato da quella domanda, «Alba non la conosciamo bene e, pure se la conoscessi non saprei cosa pensare».
Feci una smorfia di approvazione verso il moro.
Marlena era la più grande dei fratelli, dopo di lei veniva Stefano, Elia ed infine il piccolo Edoardo.
«Ha iniziato a bere a tipo dodici anni, da quello che so», continuai io guardando la mora che aveva spostato le mani delicate sul caffé, bagnandosi le labbra sottili come quelle del fratello.
Stavamo facendo chiacchiere di quartiere, Alba Deiana alla fine si era trasferita da poco.
E, il discorso era venuto fuori grazie al suo trasferimento, perché il suo nome ed il mio avevano qualcosa in comunque: Alba e Aurora.
A scuola ci avevano anche detto di sembrare sorelle, non negavo la somiglianza poiché anche io la potevo vedere. I capelli scuri e ricci, lunghi fino al di dietro, gli occhi altrettanto scuri...
Ma la sua carnagione era più tendente all'ambrato mentre la mia all'olivastro nonostante fossi bianca.
In più Alba era molto alta, mentre io ero nana a confronto suo.
Davvero sapevo poco di lei ed era più per i chiacchiericci di corridoio che sapevamo quelle cose.
Si sapeva suo fratello fosse veramente famoso, era un giocatore di basket che fino a prima dell' infortunio ha giocato in tutta Europa e anche fuori, magari persino a Loomore. Ettore Deiana aveva ospitato la sorella perché in realtà Alba, era una grande ballerina, Boella era famosa proprio per la scuola di ballo.
Dopo quella conversazione non tardammo né io, né Elia a diventarci amici anche se poi io abbandonai ogni situazione e scappai da Boella.
Mi dispiaceva così tanto per lei, la sua situazione era ancora più burrascosa delle nostre. Sperai comunque che Elia se ne sarebbe preso cura, non avrebbe dovuto fare più lo stronzo con nessuno, si era raccomandato.
Ma, io se gli credevo ero matta come il fratello di Alba Deiana.
«Una così piccola non dovrebbe bere così tanto...», aggiunse Elia, alzando le sopracciglia e guardando dritto verso la sorella maggiore.
La madre era giunta dietro di noi per prendere anche lei una tazza di caffé.
Elia si era raggelato, sapevo il perché...
Lei era una stronza.
«Voi avete un anno in più eh!» rispose Marlena ridendo.
Quando salutammo la famiglia, arrivammo ai piedi dell'edificio del condominio dove Elia abitava.
Era così caldo, che iniziai a sventolare la mia mano verso il viso.
Lo studio di registrazione era a settecento metri da noi, era un po' più isolato dall'alimentari e il tabacchi.
Quell'edificio non era stato mai uno studio di registrazione, ma ne era stato trasformato dai ragazzi.
La stanza dove Daniele avrebbe dovuto registrare era così ampia che avremmo potuto viverci all'interno. Quando entrai per la prima volta, Daniele era steso sul divanetto all'interno parlottavan con due ragazzi e una ragazza.
Riflettendoci bene e, schiarendo i volti nei meandri di quei ricordi.
Quella ragazza era proprio l'ex moglie di Alessio, Clarissa e, uno dei ragazzi era proprio lui.
Era buio all'interno illuminato da luci led che riempivano la piccola aula dove rideva e scherzava il gruppo, che si allargò grazie ad Nicolò e Stefano.
Loro era giunti da una porta esterna da dove venivo io, che entrai con Elia.
Daniele mi chiedeva di farmi avanti, di andare verso di lui, stava passando una canna fumante tra le dita del suo migliore amico Stefano mentre aveva gli occhi dritti verso la ragazza.
Lei stava parlando della canzone precedente prodotta da lei, sulla base però creata da lui. Insieme alla voce di Daniele, vi era incisa anche quella di Alessio.
Era più giovane, ma sempre con lo sguardo nascosto sotto un cappello dalla visiera dritta.
Non presi il tempo neanche di presentarmi, che dopo aver fatto qualche passo avanti la porta nera d'ingresso, Daniele mi fece sedere.
Era sdraiato con le gambe lungo i braccioli del divano di pelle nero con un basso tra il braccio e la spalla.
Sul cuscino, il dorso della sua mano riparava la testa mentre il suo sguardo si muoveva tra gli amici avanti a sé, presto, Nicolò tirò fuori una bustina di plastica così piccola da farmi stringere gli occhi in due fessure, per poi agitarla.
Tutti smisero di parlare, nell'aria sentii l'odore pungente del pericolo.
Stefano lo fulminò con lo sguardo mentre Daniele lasciò la sua mano stringersi alla mia per tirarmi verso di lui, spostando il basso.
Elia li guardava come fossero dei rincoglioniti e, sapevo che appena saremmo usciti da lì avrebbe sicuramente menzionato quella scena quasi Tarantiniana.
Scostò delle ciocche di capelli neri da davanti gli occhi grandi con l'aiuto delle sue dita affusolate.
A quel tempo metteva così tanto gel che a volte i suoi capelli diventavano così secchi. Era impossibile spostarli da quella posizione, erano duri ma allo stesso tempo splendeva così tanto da sembrare tinta.
Eravamo rimasti tutti quanti senza parole a quell'azione, persino Alessio aveva gli occhi sgranati.
Io alzai il mento più volte verso Elia, ero seduta attaccata al braccio possente di Daniele.
Era un periodo che sentivo di fidarmi del primo.
Neanche più del mio vicino di casa.
Si era allontanato troppo in quel periodo, in più, ero nel pieno della mia adolescenza, così come Elia.
Erano un po' tutti e due, strani...
Bevevamo la vodka sui tetti delle case popolari di Boella e, non solo avevamo creato un salotto all'aperto su uno di queste vecchie case abbandonate ma, una volta, eravamo riusciti anche a creare un piccolo festino esclusivo per gli abitanti del quartiere di Lausala.
Ci fumavamo una canna al tramonto e dopo, lui cadeva nel sonno più pesante mentre io rimanevo a guardare la luna fino all'alba quando spariva.
Comunque Daniele riteneva necessario arrabbiarsi così tanto con Nicolò da mandarlo verso un'altra stanza, dove un grande microfono faceva da appendino a un paio di grandi cuffie argentate.
Avrei dato dei soldi pur di fare registrare la mia voce da gallina a quel tempo.
E credo anche che ancora Daniele abbia qualche mio pezzo nelle sue canzoni.
Poiché a volte sono stata avvisata di ciò, io, mi son sempre rifiutata di ascoltarle dopo che è volato verso Londra.
Daniele aveva stretto i miei fianchi per poi farmi stendere accanto a lui per riprendere il basso.
Avrei voluto toccarlo e stavo per mettere le dita sulle corde pur di sfiorarlo ma Elia, ci interruppe.
«Auri, andiamo.», la sua voce era insicura.
Subito dopo che Nicolò era sparito con il fratello - che fino a quel momento non ci aveva neanche salutato - era rimasto scosso da qualcosa. Non sembrava avere il coraggio di parlarmi lì, Daniele lo squadrò da capo a piede, spostando il posa cenere da accanto a lui.
«Che c'è?» domandò al posto mio.
«Deve accompagnarmi da una parte...», non incontrò mai il suo sguardo al contrario vedevo i suoi occhi nocciola cercare di dirmi qualcosa come se volesse scampare.
Eravamo arrivati letteralmente da cinque minuti, come poteva essere già successo qualcosa di così grave.
Abbandonai quella situazione.
Se qualcosa non mancava ad Elia e, di quello ne ero sicura, era la sua intuizione.
Più volte ci aveva salvato da diverse situazioni alquanto pericolose e questa pareva essere una di quelle.
La luce sbatteva su quella casa abbandonata del quartiere di Lausala, il giorno stava facendo spazio alla notte buia e stellata mentre Elia non perse tempo ad annunciare le sue emozioni.
«Auri, stavano per pippare.»
Fu così schietto con quella frase che corrugai subito le sopracciglia.
«La bustina, il fatto che tutti stavano in silenzio, e... sono scappati, per non farsi vedere...» si spiegò poi iniziando a camminare e sfilando due sigarette dal pacchetto, in fondo alla tasca dei suoi pantaloni blu scuro.
«Elia stai parlando di tuo fratello, eh...» dissi prendendo la sigaretta che il moro mi stava porgendo, il naso rotto incrociava il mio profilo.
Ci eravamo allontanati abbastanza che avevamo smesso di parlare a voce bassa.
«E proprio per questo che ho capito che stavano pippando.» ripeté quella parola, che mi distanziava dal mondo senza neppure un apparente motivo.
Non sapevo associare la faccia di un mio amico a quella droga.
La smania li aveva costretti ad allontanarsi e, non farlo davanti a noi "piccoli".
Per qualche strano motivo mi ricordai subito dopo che prima di muoversi, ci fu un colppetino sui fianchi di Nicolò, da parte del Alessio prima di allontarsi.
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