Capitolo 5
Newt schiuse le labbra osservando attentamente Alby, «No.» Si mise davanti a me, spostandomi per farmi indietreggiare.
Alby sembrò sorpreso da quella risposta, « "No"? Come sarebbe a dire "No"? Hai letto anche tu cosa c'è scritto nel biglietto!».
«Semplice: No. Non me ne frega un caspio del biglietto, Alby. Ha detto che potremo avere delle complicazioni, non che le avremo per certo. E poi come vorresti liberartene scusa? La butti nella Scatola quando non c'è? Giù dalla Scarpata o nel Labirinto di notte?»
Mi si gelò il sangue nelle vene più di quanto già non lo fosse.
Alby mi fissò, sospirando, «Si potrebbe effettivamente...»
«Ti si è rincaspiato il cervello a furia di fare il capo?!», sbottò Newt, «Aspettiamo e vediamo cosa succede. Sono abbastanza sicuro che non cambierà un fico secco».
«Stavo per proporlo io, se solo mi avessi fatto finire», brontolò Alby, tenendo lo sguardo su di me e portandolo poco dopo su Newt, «E se questo fosse collegato col fatto del Labirinto?».
«Sono altrettanto sicuro che i Dolenti non stanno gironzolando prima per colpa sua e tanto meno le Porte si chiudono più velocemente.»
«Lo spero», scosse la testa, «Facciamo finta di nulla. Non diciamo niente a nessuno». Prese il biglietto dalle mie mani e lo accartocciò, andando a buttarlo in un cestino rudimentale.
Mi sentivo confusa, ma allo stesso tempo sollevata dal fatto che Newt mi avesse difesa.
Speravo anche io che avesse ragione, anche se avevo una pessima sensazione allo stomaco.
«Tutto okay?», sussurrò Newt. Mi limitai ad annuire. Temevo che se avessi risposto a voce, il mio tono avrebbe tradito il mio "sì", lasciando vedere quanto invece fossi dannatamente preoccupata.
«Sei sicura, Liz?»
Fissai i suoi occhi. Un velo di preoccupazione faceva da Re nel suo sguardo.
«Sì», mormorai, «Grazie». Guardai il cestino, sperando che nessuno notasse quella pallina di carta.
«Non preoccuparti, nessuno ti farà nulla.» girai di nuovo lo sguardo verso di lui. «Te lo prometto.»
Le giornate successive passarono senza intoppi. Ormai il mio ritmo quotidiano l'avevo trovato, ma a quanto pareva le Porte continuavano a chiudersi sempre più velocemente e Minho e i suoi avevano capito di dover tornare prima di quanto sperassero.
Era passata una settimana dall'arrivo di quello strano biglietto e nessuno aveva fatto domande, ma sopratutto nessuno l'aveva tirato fuori dal cestino e questa era la cosa più importante.
Newt era diventato super vigile nei miei confronti e al momento gli unici a sapere del biglietto eravamo io, Alby, Newt e Minho che aveva punzecchiato Newt (nel verso senso della parola: aveva rubato una forchetta e l'aveva punzecchiato sul braccio per quasi due ore) per farsi dire il contenuto del bigliettino "misterioso", ma sapevo di potermi fidare di lui.
George continuava a guardarmi in modo strano ogni volta che mi vedeva, anche se non ne capivo il motivo visto che non gli avevo fatto nulla.
Non lo conoscevo, non ci avevo mai parlato, e onestamente non rientrava nei miei interessi.
Andai da Gally mentre lavorava dietro il Casolare per cambiare alcune travi troppo inclinate per i suoi gusti.
Gli passai dei panini preparati da Frypan, perché quel mezzogiorno lui ed altri Radurai non si erano presentati alla mensa, probabilmente proprio perché stavano ancora cambiando le travi.
Non sapevo che George lavorasse con lui, e onestamente non avrei voluto nemmeno scoprirlo.
Gally prese i panini e mi ringraziò, rivolgendomi un sorrisetto strano.
Non era poi così insopportabile come sembrava, anche se era sempre per le sue.
In quei giorni avevo imparato a conoscerlo, e nonostante il suo caratteraccio, avevo capito che in lui, in fondo, non c'era nulla di male.
Chiacchierando con Frypan, mi aveva spiegato che Gally aveva subito quella che i Radurai chiamavano "la Mutazione", ovvero, era stato punto da un Dolente e questo gli aveva restituito qualche ricordo. Da allora si comportava in modo un diverso: era più serio e chiuso in sé stesso, e questo lo portava spesso a fare la "testa puzzona" della situazione.
Mi chinai sulle ginocchia per allacciarmi la scarpa e notai che George si era avvicinato a Gally.
Gli disse qualcosa a bassa voce, ma poi lui lo spintonò via, poggiandosi l'indice sulle labbra.
Trovai quel gesto strano, ma poi ci pensai bene, e decisi di ignorarlo.
Sapevo che i Radurai avevano ancora dei segreti tra loro, in fondo ero ancora una Fagiolina, ed ero comunque l'unica ragazza della Radura. Per molti (se non tutti) la cosa era molto strana.
Non avevo visto nessuno di quelli che erano i miei unici amici nella Radura. Era come se tutti si fossero volatilizzati.
Ero appoggiata alla finestra della cucina e osservavo le mura che stavano già cominciando a chiudersi, e in pochi minuti Minho e gli altri attraversarono le Porte del Labirinto e corsero verso la Stanza delle Mappe.
Avrei voluto andare a salutare almeno lui, dato che non sapevo dove fossero gli altri, così mi affrettai ad uscire ma non ebbi nemmeno il tempo di andarmene dalla cucina che qualcuno si affiancò a Minho, e lui cambiò la direzione della sua corsa.
Mi appoggiai alla porta, seguendo Minho con lo sguardo mentre correva via, «Ma cosa...»
«Stanno facendo un'Adunanza tra Intendenti.» Sobbalzai sentendo una voce alle mie spalle.
Mi girai a guardare chi fosse. Justin. Gonfiai le guance e mi rigirai, cercando Minho, ma era sparito.
«Un'Adunanza? E perché mai?».
Justin scosse le spalle. «Probabilmente per le mura. Non saprei, Fagio.»
«Mi chiamo Elizabeth e-»
«O forse per colpa del bigliettino che c'era nella scatola l'ultima volta che sei salita», sbottò George a pochi passi da noi, interrompendo le mie parole. « "C'è stato un errore, per cui sembrerà strano avere una ragazza tra voi. Potrebbe essere divertente. Ma se non volete complicazioni, liberatevene"», pronunciò quelle parole con enfasi, quasi recitandole.
Sbiancai. Come faceva a sapere di quel biglietto?
Come se mi avesse letto nel pensiero, si frugò in tasca, tirando fuori una pallina di carta e aprendola per mostrarmela, «Quando Alby l'ha buttata, sono andato a recuperarla. Ero appoggiato ad un albero e ho visto tutta la scena. Ho recuperato il bigliettino, l'ho letto e caspio, perché sei ancora qui?».
Justin corrugò la fronte, osservando il bigliettino nella mano di George.
Deglutii, facendo un respiro profondo. Non dovevo farmi prendere dal panico.
Il mio sguardo scattava dal volto di Justin a quello di George, nemmeno fosse una molla.
«Io... Non lo so. Il bigliettino non significa nulla.»
«E che ne sai? Non possiamo esserne certi, no? Che caspio stai facendo a questo posto, Fagiolina?»
«Come scusa?» Corrugai la fronte.
«Pensaci un attimo. Il biglietto dice che potremo avere dei problemi, e il Labirinto si chiude prima. Chiunque sano di mente capirebbe che è tutto collegato!»
«Il Labirinto si stava chiudendo già da prima d-»
«Chiudi quella caspio di bocca!» Fece pochi passi, acchiappandomi per il bordo della maglietta.
«Ehi, George, vacci piano!», Justin fece per separarci, ma George lo spinse via.
«Stanne fuori e vattene! È una questione tra me e lei!» Justin ammutolì, diventando rosso, poi si allontanò lentamente.
«Grandioso!», pensai, «poteva anche darmi una mano».
«E poi, cosa sei tu? La protetta degli Intendenti?» Mi spinse a terra con forza, facendomi sbattere la testa a terra. «La protetta di Newt? Perché sei sempre con lui?»
«Cos-»
«Rispondimi!» Era sopra di me. Le mani legate attorno al mio collo che si stringevano lentamente in una presa forte, solida, sembravano tenaglie metalliche.
Avrei voluto rispondergli, ma più provavo a respirare più mi sembrava di sentire i polmoni vuoti.
Ogni respiro sembrava far prendere fuoco alla gola, la mia salivazione era accelerata, la sua presa era sempre più forte sul mio collo. Mi stava facendo malissimo, mi gridava contro cose a me incomprensibili, e uscivano schizzi di saliva dalla sua bocca, ma non sentivo una sola parola di ciò che diceva. L'unica cosa che sentivo era la voglia di liberarmi da quella presa.
Poi due frasi mi giunsero all'udito, forse per la vicinanza della sua bocca al mio volto (il suo alito puzzolente mi dava il voltastomaco): "Dimmi cosa ci fai qui!" e "Vattene via di qui.".
In quel momento, alzai gli occhi verso i suoi, prima di cominciare a sentire la mia testa farsi leggera. Nei suoi occhi vedevo solo follia. Era accecato dall'odio nei miei confronti, ma perché?
Solo per la storia del letto che Newt gli aveva rubato? A pensarci bene, lui non aveva alcun motivo per odiarmi, perché non avevo fatto assolutamente nulla per provocarlo e non era nemmeno nel mio interesse.
Sentii un urlo. Qualcuno aveva gridato "George!". Era una voce lontana al mio udito, poi il corpo di George fu scagliato lontano dal mio.
Presi una boccata d'aria così grossa che per un attimo pensai che i miei polmoni sarebbero esplosi da un momento all'altro.
Poggiai le mani sul mio collo, nel punto in cui George aveva stretto fino a pochi attimi prima.
Era bollente.
Mi girai, guardando la scena che avevo davanti.
Newt era chinato su George, colpendolo in faccia e tenendolo bloccato a terra.
Minho mi aiutò ad alzarmi, mentre Alby cercò in ogni modo di staccare Newt da George. Ma Newt puntualmente si liberava dalla sua presa e tornava a colpire George dove capitava.
«Newt! Basta! Così facendo lo ucciderai!», gli gridò Minho, legandosi il mio braccio attorno al suo collo e reggendomi in piedi. Stavo bene in fondo, non avevo bisogno di quel supporto, ma trovai piacevole il pensiero.
Newt sembrò non ascoltare, poi si fermò, fissando George negli occhi. Quest'ultimo aveva il volto gonfio per via dei pugni e gli sanguinava il naso. Newt si chinò di più, gli sussurrò qualcosa, poi si alzò.
Due Radurai aiutarono George ad alzarsi, che si passò il dorso della mano sotto il naso, dal quale usciva ancora del sangue.
Newt guardò Alby in cagnesco mentre quest'ultimo lo rimproverava per aver preso a pugni George, che nel frattempo si avvicinava di nuovo a Newt a grandi falcate, azzerando in poco tempo la breve distanza che c'era tra i due.
Gli picchiettò sulla spalla e, appena Newt si voltò, gli sferrò un pugno contro la guancia.
Newt girò il volto, chiaramente colto di sorpresa, sbatté velocemente le palpebre e spintonò via George e i due ripresero a colpirsi l'un l'altro.
Si schiantarono a terra insieme, prendendosi a pugni a vicenda dove capitava, finché Alby ed altri Radurai non riuscirono a separarli di nuovo.
Ero immobilizzata, i miei piedi erano puntati al suolo e sembravano aver messo radici.
Non riuscivo a spiccicare parola, e solo allora mi resi conto di avere effettivamente bisogno del sostegno di Minho.
Finalmente Alby riuscì a tenere fermo Newt e gli altri portarono via George, che era quello messo peggio. Il suo volto grondava di sangue, mentre invece Newt aveva solo un taglio sullo zigomo.
«Sei pazzo?!», sbraitò Alby, «Sembrava lo volessi morto!»
«Io sarei quello pazzo? Ti si è veramente rincaspiato il cervello?! Stava strozzando Elizabeth!»
Alby si girò, guardandomi, poi fece un respiro profondo, «Ne parliamo tra poco, in privato, Newt». E, detto questo, se ne andò insieme agli altri Radurai, che "scortarono" George verso il Casolare. Sicuramente dai Medicali, e sicuramente erano tutti curiosi di sapere perché si fosse comportato in quel modo. Cosa che effettivamente volevo sapere anche io.
«Bene così, caspio», brontolò Newt, «Puoi anche lasciarla a me, Minho, sto bene».
«Sei sicuro?», Minho corrugò la fronte, ridacchiando sotto i baffi, «Gliele hai suonate di santa ragione a quel pive».
«È stato fortunato che ci fosse Alby, o a quest'ora sarebbe solo un altra Facciamorta. Un Raduraio come lui è molto meglio non averlo.»
Minho abbassò lo sguardo verso di me, spostandomi il braccio, e per un attimo ebbi la sensazione che la terra sotto i miei piedi traballasse, ma riuscii a stabilizzare il mio equilibrio in poco tempo... Aggrappandomi al braccio di Minho.
«Visto, Fagiolina? Fai litigare i Radurai!»
«Ah-ah, molto divertente Minho.» Schioccai la lingua, ma il mio sarcasmo non lo sfiorò minimamente.
«Non prendertela, avanti, George è un tipo molto suscettibile. Se la prende anche se una lumaca va a destra invece che a sinistra! Non è un caso che vada d'accordo con Gally.»
«Oggi George ha sussurrato qualcosa a Gally e lui l'ha cacciato via facendogli cenno di fare silenzio», mi passai la mano sul collo, «ma non so cosa gli ha detto».
«Non importa, sicuramente gli ha detto del biglietto. Ma ormai non è più un segreto, visto che sicuramente il motivo di questa storia girerà più veloce di un Dolente incazzato nero.» Newt sospirò.
Mi avvicinai a lui con un passo traballante, mi sentivo un po' spaesata. Poggiai le mani sulle sue guance, passando il pollice lungo il taglio sullo zigomo mentre lui sollevava lentamente gli occhi verso i miei. Aveva un espressione leggermente stupita, quasi ingenua, come se non avesse mai provato la sensazione di avere delle mani sulle guance.
«Ti fa molto male?», domandai, arrossendo lievemente.
Lui chiuse gli occhi, scuotendo appena la testa, «Non molto».
«Ehi, voi due piccioncini, perché non vi appartate direttamente dietro il Casolare?», ridacchiò Minho, poggiando una mano sulla spalla di Newt.
Sgranai gli occhi, girandomi verso di lui e spostando velocemente le mani dal volto di Newt, mentre lui riapriva gli occhi.
«Il solito inappropriato!», sbottò lui, ridacchiando poco dopo.
«Naaah, sono semplicemente piacevolmente lungimirante», fece l'occhiolino. «E ora mi avvierò al casolare in modo molto teatrale, per fare un uscita ad effetto!» Cominciò a camminare verso il casolare, lentamente, guardandosi alle spalle per spiarci come se si aspettasse che io e Newt cominciassimo a baciarci fino a massacrarci le labbra a vicenda.
Newt sollevò un sopracciglio, facendo le spallucce, «Tu stai bene?».
«Sì, ho solo la sensazione che la terra ogni tanto vada a quel paese, ma sto bene.»
«Mh.» Inclinò la testa, spostandomi i capelli dal collo e fissandolo, «Hai qualche segno per come ti stava stringendo. Non mi piace, onestamente».
«E a me non piace il taglio sul tuo zigomo.»
«E a lui non piacerà la sua faccia di caspio piena zeppa di lividi. Ti ha dato una ragione valida per quello che ha fatto?»
Scossi la testa, «Ha cominciato a dire cose prive di senso, ma è partito col fatto del biglietto. Dice di averlo preso dal cestino quando Alby l'ha buttato.»
«Lo so, Chuck ce l'ha detto quando è venuto a chiamarci.»
«Chuck?»
«Sì, Chuck. Vi ha visti ed è corso da noi, interrompendo l'Adunanza... O meglio, io ho interrotto l'Adunanza correndo in vostra ricerca.» Diede un finto colpo di tosse, «Quel pivellino di Chuck ti vuole proprio bene. Aveva un fiatone assurdo, probabilmente ha rischiato un infarto per la corsa che si è fatto».
Sorrisi all'immagine di Chuck che correva per avvisare Newt. Effettivamente era una cosa buffa.
Anche io volevo molto bene a Chuck, era come un fratellino minore a cui badare. Ultimamente veniva spesso da me, e a volte nel casolare si sdraiava accanto a me.
In fondo, a detta sua, lì dentro ero praticamente l'unica persona che lo trattava bene, ed io volevo assicurarmi che stesse sempre al meglio. Era bello vederlo felice e pimpante.
«Grazie per prima», dissi, spezzando il silenzio che si era creato per via dei miei pensieri.
«Uhm?»
«Per aver allontanato – e quasi ammazzato di botte – George.»
«Te l'avevo detto che ti avrei protetta», rispose tranquillamente, ma nel suo tono spiccava una punta di dolcezza e premura.
Rimanemmo in silenzio per un attimo e mi limitai a guardarlo negli occhi mentre lui, con delicatezza, accarezzava il mio collo.
Scosse velocemente la testa, dandomi una pacca sulla spalla e girandosi verso il Casolare.
«Dai Liz, andiamo a dormire.»
L'indomani l'intera Radura sapeva quello che era successo.
I Radurai mi guardavano con un espressione strana, piena di confusione.
Ogni volta che incontravo qualcuno, partivano sussurri tra loro.
Mi sentivo strana, non mi piaceva quella situazione.
Non avevo pace nemmeno in cucina, e per di più non c'era nemmeno Justin.
Non c'era nessuno in cucina a dire il vero, tranne me e Frypan.
Lui mi rivolgeva ancora la parola, dichiarando apertamente che di quello che c'era scritto nel biglietto non gliene fregava un caspio, e che Newt aveva fatto benissimo a gonfiare di botte George, visto che aveva fatto l'idiota.
Mentre pulivamo le poche scodelle della colazione che avevamo distribuito ai Radurai, Chuck si era avvicinato alla porta della cucina per controllare come stavo.
Sembrava ancora più paccioccoso quella mattina, ma probabilmente era dovuto al fatto che, nonostante tutto, mi ero svegliata di buon umore.
Mi controllò il collo da parte a parte, mi sommerse di domande sulla mia salute, poi fuggì via.
«Sei stata fortunata, Eli», disse Frypan
«Lo so.»
«George è dannatamente pazzo! Pft, sarà per la brutta cotta che si è preso.»
Schioccai la lingua, avvicinandomi al lavello e finendo di lavare una scodella, «Che cotta? Per me?».
Frypan rise di gusto, «Ma no Fagio, mica per te! Per Newt! George ha una cotta per Newt sin dal primo momento che ha messo piede nella Radura!»
Okay. Per un attimo sentii la scodella scivolarmi giù dalle mani.
«Cos...»
«Non ti sei chiesta il perché Justin non c'è sta mattina? Probabilmente non è venuto perché ha capito che George è geloso di te, perché passi molto tempo con Newt e lui invece no.»
«Cosa c'entra Justin con George?», sollevai un sopracciglio, ma poi feci due più due era ebbi la risposta ancor prima che Frypan pronunciasse quelle parole.
«Justin e George si frequentano di nascosto. O almeno, loro credono di farlo di nascosto ma in verità lo sa tutta la Radura.»
«Quindi il biglietto era solo una scusa...»
«Diciamo che è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Magari ha visto che Newt non ha voluto prendere provvedimenti e avrà pensato che l'ha fatto solo perché sei tu, quindi si è ingelosito ancora di più.» Scrollò le spalle, «Non lo so Eli». Cominciò a passare lo straccio lungo il ripiano accanto ai fornelli, «So solo che quel pive è tutto matto!»
Annuii. Non potevo non essere più d'accordo.
In fondo che motivo aveva George per essere geloso di me e Newt? Eravamo solo amici, e probabilmente la cosa non sarebbe andata oltre quel rapporto.
Nella Radura non c'era tempo per i sentimentalismi.
Schioccai la lingua, sobbalzando quando sentii un grido provenire dall'esterno.
Non capii bene le parole, ma mi fece accapponare la pelle. E a giudicare dalla faccia stranita di Frypan, anche lui non aveva capito una sola parola.
Comunque, sperammo di capire male.
Ci affacciammo fuori dalla porta, Frypan teneva lo straccio in mano, pulendo anche lo stipite della porta (Dio, che maniaco della pulizia!), ma si fermò appena sentii bene le parole che uscivano dalla bocca Raduraio che gridava davanti alla Porta Orientale del Labirinto.
«George è entrato nel Labirinto! Qualcuno faccia qualcosa! Vi prego!»
Subito si scatenarono dei brusii di sottofondo che invasero la Radura come uno sciame di api e molti ovviamente portarono lo sguardo verso la cucina, dove c'ero io.
Ma io ora non c'entravo nulla!
Frypan mi sussurrò di entrare dentro, che era meglio così, ma ero curiosa quanto gli altri così non lo ascoltai.
Ormai conoscevo le regole della Radura e sapevo che nessuno poteva entrare nel Labirinto, anche se si trattava di dover recuperare un Raduraio che aveva infranto le regole. Tanto peggio per lui.
Infatti nell'arco di qualche minuto, tutti si allontanarono dalle porte del Labirinto.
Tutti, tranne uno. Justin. Si sedette davanti alle porte, fissandole in silenzio.
Nemmeno Alby che gli gridava di alzarsi e tornare a lavoro lo smosse minimamente.
Mi faceva tenerezza, ma non potevo farci nulla.
Probabilmente mi odiava a morte per quello che era successo il giorno prima.
Passarono due ore.
Due persone corsero fuori dal Labirinto urlando.
Ma perché avevano tutti questa mania di urlare?
Tutti i Radurai si voltarono verso la fonte di quelle urla.
Era Ben, e reggeva George che non faceva nemmeno un passo.
Chuck era accanto alle porte e Ben appena lo notò sembrò ringhiargli contro.
«Chuck! Piccola palla di lardo, vai a chiamare dei Medicali invece che stare lì in piedi senza fare niente!»
Chuck sobbalzò, correndo velocemente verso il Casolare.
Mi avvicinai a loro per vedere meglio la scena. Mi sentivo in colpa anche senza aver fatto nulla.
George si accasciò al terreno, aveva degli scossoni lungo tutto il corpo e tossiva leggermente.
Justin si chinò affianco a lui, alzando lo sguardo preoccupato verso di me.
Mi morsi il labbro. Speravo solo che i Medicali arrivassero il più in fretta possibile.
«Che gli è successo?», domandai.
Ben mi guardò come se avessi fatto la domanda più stupida del mondo, «È stato punto. Non ti sembra ovvio, Fagio? Sicuramente non ha incontrato delle farfalline lì dentro!».
«Vabbè, sta' calmino coso!», pensai, abbassando lo sguardo e schioccando la lingua.
Il corpo di George assumeva un colorito pessimo ad ogni secondo che passava.
Il suo volto era gonfissimo, pieno di lividi, i suoi occhi erano cerchiati di nero, il naso leggermente storto e con un piccolo taglio sul lato destro... Non era messo bene, insomma.
Per fortuna i Medicali non ci misero troppo tempo ad arrivare. Si caricarono George sulle spalle e lo trascinarono nel Casolare.
Justin si rimise in piedi, pulendosi le ginocchia «È andata», mormorò con un tono sconsolato.
«Justin, io...»
«È tutto okay Eli, tutto okay, sta tranquilla. Lo so che non è colpa tua. Ora gli daranno il Dolosiero e lui starà benissimo.»
Corrugai la fronte. Dovevo stare seriamente tranquilla? Dallo sguardo di Justin non si sarebbe detto.
Ma era chiaro che non era rivolto a me, ma alla persona alle mie spalle.
Mi girai, notando che c'erano Alby e Newt dietro di me.
Newt aveva lo zigomo gonfio e il taglio era più evidente, mentre Alby aveva le mani arrossate, gonfie, e le nocche erano piene di tagli microscopici.
Non feci domande, pensando che probabilmente avesse litigato con qualcuno ieri notte dopo tutto il casino di George e del famoso bigliettino.
Newt abbassò lo sguardo, toccandosi lo zigomo e guardandomi con la coda dell'occhio.
«Bel casino», sibilò Alby, guardando Newt che si limitò ad annuire.
«Sarai contento, mi auguro», sbottò Justin, riferendosi a Newt che si poggiò una mano sul mento.
«Io non c'entro, sicuramente non l'ho spinto all'interno del Labirinto. Se si sta comportando in un modo ambiguo, la colpa non è mia, ma sua. Io non voglio averci nulla a che fare.»
«Sai bene perché l'ha fatto.»
Alby assunse un espressione stranita.
«Non voglio averci nulla a che fare con questa storia, Justin. George lo sa bene, ed io non posso farci nulla», rispose Newt, girandosi di spalle ed allontanandosi.
Newt lo sapeva? Ma certo, che domanda stupida. Ovvio che lo sapeva!
Justin si voltò verso di me. I suoi occhi erano lucidi. Avevo voglia abbracciarlo da quanta tenerezza mi faceva. Potevo solo immaginare quanto male gli facesse quella situazione.
«Jus-»
«La sai anche tu questa storia, vero?», domandò. Quella domanda mi spiazzò completamente.
«Cosa intendi?»
«Oh, avanti, non fare la finta tonta. L'hanno detto anche a te?»
Sospirai. Avevo capito cosa intendeva.
«Sì, ma non mi interessa di quello che prova George verso Newt o tu verso George», aprii le braccia e sollevai le mani, «Scelte vostre, non mie, quindi è tutto okay. Forza, vieni in cucina, ti preparo qualcosa da mettere sotto i denti».
I Velocisti tornarono proprio durante la chiusura delle Porte. Erano stanchi morti, visibilmente spossati.
Minho trascinò le gambe verso la mensa, mi lecchinò per avere una bottiglia d'acqua e un panino prima ancora di mangiare, ed io mi lasciai abbindolare da quello che lui chiamava "il suo charme da Velocista" ma che io chiamavo "tenerezza da stanchezza".
In fondo lui si faceva il culo ogni giorno nel Labirinto per trovare una via d'uscita.
Entrammo in cucina e lui si poggiò al tavolo con i gomiti.
Era una fortuna che Frypan non fosse ancora in cucina, o sicuramente si sarebbe arrabbiato come un pazzo alla vista delle scarpe piene di terra di Minho nella sua cucina splendente.
Gli preparai il panino e gli passai una bottiglietta d'acqua.
«Grazie Beth.»
«Prego... "Min".»
Rise, mangiando velocemente il suo panino, «Queste caspio di Porte si chiudono sempre più velocemente», borbottò
«Non avete ancora capito il perché?»
«Magari è dovuto al fatto che ultimamente ci sono sempre più Dolenti in giro. Penso che quella testapuzzona di George si sia buttato nel Labirinto con quella consapevolezza. Magari voleva schiattare.»
«Ma come sei cattivo!»
«Hai una spiegazione migliore?»
«Effettivamente... no.»
Minho si mangiò il suo panino ad una velocità sorprendete, schioccando le dita mentre masticava.
Bofonchiò qualcosa, ma si rese conto da solo che non si era capito nulla, quindi batté delicatamente il pugno sulla superficie solida del tavolo.
Ingoiò il boccone del panino e mi guardò, boccheggiando leggermente. Sicuramente aveva ingoiato un pezzo più grosso di quanto pensasse.
Prese una boccata d'aria, arricciando il naso, «Dicevo, spero che stanotte riuscirete a dormire, George griderà per un po' di giorni. La Mutazione fa un male boia».
«Tu l'hai mai passata?», domandai, sedendomi sul tavolo
«Cielo, no! Per fortuna no! Posso immaginare però che fa male. Tutti i pive che l'hanno passata gridano come pazzi per tutto il periodo della Mutazione. Poi cambiano di carattere totalmente per via dei ricordi che hanno recuperato», sospirò, «ma non ne parlano mai. Ho la pessima sensazione che George abbia fatto ciò che ha fatto – oltre che perché è svitato – per fare qualche torto a te e a Newt».
Schioccai la lingua, balzando giù dal tavolo «Non lo metto in dubbio».
«Se George ti tocca di nuovo, Newt non lo lascerà rimanere qui. Ha già dato giù di matto sta mattina ripensandoci.»
Sorrisi tra me e me, abbassando la testa, pensando di essere ridicola a sorridere in quel modo per un motivo così stupido.
«Newt è un buon amico», risposi in tutta tranquillità, girandomi verso Minho.
Sorrise e annuì, indicando verso la porta. Mi girai, trovando, appunto, Newt, poggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate. Gli rivolsi un sorriso, ma il suo volto era totalmente serio.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro