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Capitolo 4

«Porco caspio, te lo sei ricordata così di botto?», esclamò Minho, sorprendendomi con quella reazione, mentre Newt si limitò a sgranare gli occhi.

Abbassai lo sguardo e arrossii, annuendo, «A quanto pare», mormorai.

«Beh, Eli, è stato un piacere conoscerti. Ma ora io e Newt dovremo parlare di cosa sta succedendo lì nel Labirinto.»

«Aspetta... Tu sapevi già che dovevate parlarvi e... E quindi ci stavi aspettando? Dannazione, Newt! Potevi anche dirmelo!»

Lui si girò e scosse le spalle, «Credevo l'avessi capito da sola, scusa Fagio».

Minho fece per portare via Newt, lontano da me.

«Ehi, no, un secondo. Non possono lasciarmi qui da sola!», pensai e feci per seguirli, ma Minho si girò e mi guardò come se fossi stata un'infiltrata. Mi fulminò con lo sguardo e per un attimo pensai che stessi per prendere fuoco.

«Questa è una conversazione privata, Fagiolina.»

«Ma... Io...», cercai sostegno nello sguardo di Newt, che scosse la testa.

Perché non potevo sentire cosa si stavano dicendo? Lo trovai un po'... Non so come definirlo. Forse scoraggiante.

Feci un respiro profondo, sedendomi a terra, «Va bene, ti aspetterò qui», mormorai. Newt annuì.

«Bene così», rispose Minho, tornando ad allontanarsi con Newt.

Rimasi lì diversi minuti, ma mi sembrava di aspettare da più di un ora.

Ma almeno ebbi il tempo di pensare.

Elizabeth. Finalmente ricordavo il mio nome, e pensai che non mi dispiaceva dopo tutto.

Ma ancora non riuscivo a sentirmi... tranquilla.

Pensai che quello forse potesse essere un primo passo per recuperare la memoria.

Magari col tempo avrei ricordato anche la mia famiglia, la mia vita. La mia casa.

Qualcosa del mio passato, insomma.

Quanti anni avevo? Quella era un domanda a cui proprio non sapevo rispondere.

Mi sdraiai sul terreno, facendo un respiro profondo e guardando il cielo.

Non volevo fare la nostalgica, ma... niente ma. Non volevo e basta.

Chiusi gli occhi e cominciai a pensare al fatto che ero lì solo da un giorno, che forse era normale non essermi ancora adattata.

Dopo tutto, ero anche solo l'unica ragazza nella Radura. Ma perché ero lì? Perché mi avevano spedita tra una marea di ragazzi? A quale scopo? Perché non avevo ricordo di nulla?

Mille domande e nemmeno una risposta. La cosa era tremendamente frustrante.

«Fagio? Ti stai addormentando qui fuori?» Riaprii gli occhi, vedendo Newt in piedi davanti a me.

Scossi la testa e mi misi seduta, notando che Newt fece lo stesso, esattamente accanto a me.

«Di cosa stavate parlando tu e Minho? E dov'è lui adesso?»

«Sta andando nel Casolare, è esattamente dietro di te. È andato dritto, mentre io mi sono fermato.

Te l'ho detto, gli ho chiesto perché caspio stanno tornando così tardi ultimamente.»

Mi voltai ed effettivamente vidi Minho allontanarsi, avviandosi verso il casolare facendo una corsetta lenta.

«Meno male che ti sei ricordato di me», mormorai, girandomi verso di lui.

«Hai detto che volevi parlare con me, no?», sorrise con disinvoltura. La luce della fiaccola non troppo distante da noi gli illuminava solo metà volto.

Sorrisi a mia volta, annuendo, «Sì, esatto».

«Spara, avanti. Cosa vuoi dirmi?»

«Volevo sapere... Cosa c'è nel Labirinto?»

Il suo sorriso si spense lentamente, tornando ad un espressione seria. «Fagio, io non sono sicuro che... che tu sia pronta, ecco.»

«Cosa mai potrà esserci di tanto orribile?»

«Qualcosa che va oltre l'orrore, credimi. Va oltre la tua immaginazione, secondo me.» Fece un respiro profondo. Sentii che forse, finalmente, avrebbe risposto alle mia curiosità.

«I Dolenti. Nel Labirinto ci sono i Dolenti. La chiusura delle Porte è un bene, o a quest'ora probabilmente saremo tutti morti.»

Corrugai la fronte, «Cosa sono i Dolenti?».

«Creature orribili e giganti, simili a ragni metallici appiccicosi e rivoltanti, pieni zeppi di vari aggeggi appesi a bracci di metallo. Aggeggi mortali, s'intende. Nulla con cui vorresti mai trovarti faccia a faccia. Se vuoi te ne faccio vedere qualcuno.» Indicò una parente, «In queste pareti si trovano mini finestre che danno sul Labirinto. Sono ben nascoste e – per fortuna – belle spesse».

Sgranai gli occhi, l'idea non mi piaceva per niente. «Ora no, grazie.»

«Meglio, non avevo voglia di alzarmi. Comunque, il Labirinto è veramente pericoloso», fece un respiro profondo, «Per questo non voglio che tu ci vada. Ecco perché ti ho chiesto di promettermelo».

Abbassai lo sguardo, «Cos'altro c'è nel Labirinto, oltre ai Dolenti?».

«Beh... la nostra unica via di fuga. Quella che i Velocisti cercano ogni giorno.»

«Quindi non l'hanno ancora trovata, giusto?»

«Già.»

«Siete sicuri che sia lì?»

«È la nostra unica speranza. Ci aggrappiamo ogni giorno a questa, da due anni che sono qui. Non voglio immaginare di dover passare l'intera vita rinchiuso qui dentro, circondato da delle caspio di mura enormi, impossibili da oltrepassare.» Scosse la testa.

«Nemmeno io voglio. Voglio andare via di qui.»

«Lo vogliamo tutti, credimi. Ci riusciremo. Tutti insieme, vedrai. Te lo prometto.»

Sollevai lo sguardo, incrociando il suo. «Com'è il Labirinto?»

«Nulla di troppo speciale. Mura e mura. I muri sono ricoperti di edera, la strada è fatta di pietra e... beh... ogni tanto si vede qualche Dolente, ma di norma escono di notte. E se si fa attenzione si può vedere di tanto in tanto qualche cartello con scritto "Catastrofe Attiva Totalmente: Test Indicizzato Violenza Ospiti". Oh, e le mura cambiano posizione ogni notte.»

«"Catastrofe Attiva Totalmente: Test Indicizzato Violenza Ospiti"? Cosa significa?»

«Nessuno lo sa, ma in verità a nessuno importa poi granché.»

«Come fai a sapere tutte queste cose sul Labirinto?», inclinai la testa, «Ci sei stato anche se non sei un Velocista? O magari lo eri?».

Si rabbuiò, abbassando lo sguardo, «Non ne voglio parlare», si toccò le caviglie. Spostò una mano, ma tenne l'altra ben stretta attorno ad una delle due. «Non mi piace tirar fuori quell'argomento.»

«Oh... scusa.»

«Non fa niente», mormorò con un tono un po' spento, poi scosse la testa e si girò verso di me, «Ti basti sapere che a nessuno piace stare qui, credimi. Lo odiamo tutti. Abbiamo perso un sacco di Radurai nei vari tentativi di fuggire da questo posto. C'è chi ha provato a star fuori nel Labirinto anche di notte, ma... Nessuno, e ripeto, nessuno è mai riuscito a sopravvivere anche una sola notte lì fuori». Si sdraiò sul terreno.

«E questo adesso cosa c'entra?»

Rimase in silenzio, limitandosi a fare un respiro profondo, poi schioccò la lingua, «Più avanti, forse, te lo spiegherò meglio». Fissò il cielo, girando lo sguardo verso di me e riportandolo pochi attimi dopo verso l'alto, «Ma c'entra sicuramente col fatto che non voglio che tu vada nel Labirinto».

«Pft. E se volessi tentare?»

«Non te lo permetterei.»

«E se ormai fossi nel Labirinto?»

«Allora verrei con te», fece una breve pausa, «Ti ho promesso che ti proteggerò, ed è ciò che farei se finissi nel Labirinto. Farei in modo di riportarti indietro sana e salva. Non voglio dovermi ricordare di te come un'altra Facciamorta e pentirmi di non aver nemmeno tentato di fermarti».

Rimasi in silenzio. Mi aveva completamente spiazzata con quella risposta.

Avevo scherzato dicendo quelle cose. Avevo voluto provocarlo un po' per vedere cosa avrebbe detto, ma non mi sarei aspettata tanta serietà nelle sue parole.

La sua espressione rimase seria tutto il tempo, anche se nel suo sguardo cominciavano a comparire tracce di stanchezza.

«Perché vuoi proteggermi?», spezzai il silenzio che si era creato all'improvviso.

«Perché...», fissò il cielo ancora un po', facendo un respiro profondo, come se stesse pensando a cosa rispondere. «Perché sin dal primo momento in cui ti abbiamo vista nella Scatola, in cui ti ho vista nella Scatola, abbiamo pensato che se tu se qui, evidentemente sei speciale. Io ho pensato che tu fossi speciale.»

«Quindi è stato un ordine di Alby quello di proteggermi?»

«No», si girò verso di me, «Né Alby né nessun altro sa di questa cosa. Sono io che voglio farlo».

«Perché? Insomma... Non te lo fa fare nessuno...»

Scosse le spalle, accennando un sorrisetto, ma non rispondendo veramente.

«E perché mi hai chiesto di fidarmi di te?», domandai di nuovo

«Perché... Non lo so. Sentivo semplicemente che volevo che ti fidassi di me. E sono contento che tu lo faccia.»

«Anche io.» Strinsi le ginocchia contro il petto, «Sei l'unica persona di cui sento di potermi fidare completamente.»

«Bene così.» Si alzò, stiracchiandosi, «Forse è il caso che entriamo nel Casolare, anche se probabilmente stanotte sarà pieno».

Alzai lo sguardo, annuendo. Cominciavo ad avere freddo lì fuori, e non avevo intenzione di congelarmi.

Entrammo nel Casolare, scavalcando un sacco di ragazzi che si erano sistemati praticamente davanti alla porta.

Quella sera erano veramente poche le persone che avevano deciso di dormire fuori, quindi, Newt aveva ragione. Forse il Casolare oggi era davvero pieno.

Recuperammo i nostri sacchi a pelo dagli scomparti e salimmo al piano superiore nella speranza di trovare anche un solo posticino libero.

Dopo diversi minuti di ricerca, trovai un angolino minuscolo tra due ragazzi. Almeno non avrei avuto freddo, questo era sicuro.

C'era un letto in quella stanza, ma era occupato.

Newt sembrò non curarsene e si avvicinò al letto a grandi falcate, schivando tutti i Radurai ammassati.

Si fermò davanti al letto. «Ehi, alza le chiappe dal letto», disse, picchiettando sulla spalla del Raduraio addormentato.

Questo emise un grugnito, alzando lo sguardo completamente assonnato, «Cosa?».

«Hai capito benissimo. Alza le chiappe dal letto, stanotte voglio dormirci io.»

In tutta risposta, Newt ricevette un grugnito contrariato alla cosa, e il Raduraio si girò sul letto, tornando a dormire.

Newt tirò su col naso, scrollando le spalle, «Okay». Gli prese un piede e cominciò a trascinarlo giù finché non lo fece cadere a terra... A dire il vero, su un povero Raduraio che non c'entrava nulla ma che – miracolosamente – non si svegliò, cosa che invece fece il ragazzo che pochi attimi prima stava sul letto.

Si massaggiò la testa e si mise in piedi, «Si può sapere perché l'hai fatto? Qual è il tuo problema?!», sbottò, cercando di tenere un tono basso.

«Ti ho detto che sta notte voglio dormirci io sul letto, George! Sturati le orecchie con uno degli sturalavandini di Frypan se di colpo sei diventato sordo!»

Il Raduraio, George, si girò verso di me, come se avesse voluto incolparmi di qualcosa. Istintivamente abbassai lo sguardo, stendendo il sacco a pelo nel punto dove avrei dovuto passare la notte, mi levai le scarpe e mi infilai dentro, voltando le spalle alla scena del litigio e sperando solo che finisse in fretta.

«Okay. Ma solo per sta notte», borbottò George.

«Si vedrà», rispose Newt, poi si sentii un rumore di molle che si piegavano, quindi supposi che si era coricato sul letto, mentre George lasciava la stanza facendo un caos allucinante con i passi.

Passarono un paio di ore, ma niente sonno. Ero dannatamente sveglia.

Probabilmente anche il russare pesante dei ragazzi accanto a me contribuiva alla mia insonnia.

Mi girai e mi rigirai nel sacco a pelo più e più volte, ottenendo solo un forte mal di schiena ed uno stress assurdo per via della mancanza di sonno.

Volevo disperatamente dormire, ma era come se tutto me lo impedisse.

«Maledizione!», sussurrai frustrata, passandomi le mani lungo il volto.

«Sei ancora sveglia?», mugugnò Newt da sopra il letto.

Mi sentii in colpa al pensiero che forse ero stata io a svegliarlo.

«Già», sussurrai nuovamente, cercando di affondare nel sacco a pelo assieme ai miei sensi di colpa.

Newt si girò, sbadigliando e cacciando a terra un lembo della coperta. «Vieni qui, Fagio», mormorò con la voce impastata, poi fece uno sbadiglio.

«Eh? Vuole che vada a dormire con lui?», pensai. Mi guardai attorno sperando che nessuno dei Radurai si fosse svegliato. Mi sembrava un po'... imbarazzante.

«Sei sicuro?», mormorai, torturando il bordo del mio sacco a pelo.

«Mh-mh.»

«O-okay.» Mi alzai lentamente, uscendo fuori dal sacco a pelo e tirandomelo dietro, avvicinandomi al letto.

Posizionai il sacco a pelo accanto a Newt, avvolto nella coperta. «Come faccio, entro nel sacco a pelo?»

Scosse la testa. «Aprilo e mettilo sopra la coperta come ho fatto io, ci scalderà di più.»

Mi infilai nel letto, cercando di occupare uno spazio minimo per non disturbare il suo sonno.

Si sollevò su un gomito, andando un po' indietro per farmi più spazio, poi tornò a sdraiarsi e legò un braccio attorno al mio busto. «Alza un po' la testa», sussurrò.

Deglutii, facendo ciò che mi disse, e sentii il suo gomito passare sotto la mia testa.

«Puoi poggiarla di nuovo.»

Lo feci, arrossendo leggermente quando capii di avere la testa poggiata sul suo bicipite. Mi domandai se gli pesassi, ma non sembrò nemmeno farci caso.

Mi strinse a lui... e a quel punto dovevo essere arrossita come uno di quei peperoni che Frypan teneva in frigorifero.

Sentii il suo braccio scivolarmi attorno alla vita, stringendomi di nuovo a lui, poi fece un respiro profondo.

Cominciai a chiedermi se Newt fosse sveglio o meno, e se sapesse che mi stava stringendo a lui in quel modo.

«Non che la cosa mi dispiaccia...», pensai, scuotendo leggermente la testa poco dopo per riprendermi. Però il dubbio effettivamente mi rimaneva e, se pochi attimi prima era sveglio, ormai era in procinto di addormentarsi di nuovo.

«Newt?», sussurrai. Volevo vedere se era sveglio o meno. E il modo meno invasivo per scoprirlo era... Una domanda. Ammisi a me stessa che ero una rompiscatole.

«Mh?»

«Noi siamo amici, vero?»

Lo sentii soffocare una risatina in gola. Che domanda idiota che era. «Certo Fagiolina.»

«Mi chiamo Elizabeth», borbottai.

«Scusa Liz», mormorò con la voce chiaramente impastata dal sonno, poggiando il mento dietro il mio collo.

Sentivo il suo respiro sfiorarmi la nuca e, al contrario di come credevo, non trovai per niente la cosa fastidiosa. Tutt'altro, mi rilassò.

La mattina dopo mi svegliai riposata come non mai. Comoda. Quasi non volevo più lasciare il letto che, in tutta onestà, sotto la luce del sole che entrava dalla finestra sporca del Casolare sembrava tutto meno che invitante.

Feci per stiracchiarmi, ma appena mossi un braccio sentii un mugolio contrariato accanto a me.

«Giusto,c'è Newt vicino a me», pensai, arrossendo leggermente.

Con una veloce occhiata in giro, notai che erano ancora tutti addormentati.

Mi ero svegliata per prima.

«Cosa ci fai già sveglia?», mormorò Newt alle mie spalle, la voce ancora impastata come la notte precedente, e il suo respiro leggero sul mio collo.

«Non lo so», sussurrai, abbassando lo sguardo sul suo braccio ancora legato attorno alla mia vita.

«Torna a dormire Fagi-Liz.»

«No, Newt, ne approfitto per poter fare la doccia», sussurrai, voltandomi completamente verso di lui, sperando di non svegliarlo completamente. Speranza infranta pochi attimi dopo.

Aprì lentamente gli occhi, e vidi che era ancora chiaro il velo del sonno.

Provai un leggero senso di colpa e non riuscii a reggere il suo sguardo, così abbassai il volto, «Scusa, non volevo svegliarti... per la seconda volta», mormorai imbarazzata.

Scosse la testa, «Mi sarei dovuto svegliare in ogni caso fra un oretta. Comunque hai ragione», sbadigliò, «Vai a fare la doccia ora, almeno nessuno di questi pive ingenui verrà a spiarti, visto che stanno tutti dormendo».

Mi alzai e presi il sacco a pelo, chiudendolo e piegandolo. «Tutti tranne te.»

Schioccò la lingua contro il palato, «Non è nei miei impegni principali quello di guardarti sotto la doccia», borbottò. «E comunque non sono così malato. Ora muoviti Liz, gli Intendenti si svegliano sempre prima degli altri e non manca molto. Non credo che ti farebbe piacere se qualcuno di loro entrasse nelle docce mentre ti stai lavando.»

«Agli ordini capo», sospirai.

Scesi le scale cercando di evitare nuovamente tutti i Radurai e misi il sacco a pelo al suo posto, poi uscii dal Casolare e andai velocemente alle docce.

Dopo aver finito di lavarmi, corsi verso la cucina.

Non trovai nessuno, quindi supposi che Frypan e gli altri stessero ancora dormendo.

Scrollai le spalle, qualcuno doveva pur iniziare a cucinare.

«A Frypan non dovrebbe dar alcun fastidio se inizio a cucinare prima», sussurrai tra me e me e andai a prendere il necessario per preparare la colazione ai Radurai.

Insomma... Anche loro dovranno fare la colazione, no? In caso contrario, beh, io avevo fame.

C'era solo un problema: cosa potevo preparare?

Forse cominciare a cucinare senza Frypan era una pessima idea.

Sbuffai, cominciando a rovistare nei vari mobili. Alla fine presi una bottiglia di latte e la misi a scaldare in un pentolino.

Magari non potevo cucinare per tutti, ma per me stessa sì.

Appena il latte fu caldo, spostai il pentolino e versai il latte in un bicchiere, visto che non trovai nessuna scodella in cucina.

Dovetti versarlo più volte visto che il bicchiere non era esattamente grande.

«Buongiorno Fagiolina! Caspio, da quanto tempo sei qui?», disse Frypan entrando in cucina, chiudendosi la porta alle spalle.

«Mezz'oretta direi», mi passai la lingua sulle labbra per pulirmi dal latte, poi misi il bicchiere a lavare, visto che non erano così tanti i bicchieri di vetro. Radurai utilizzavano perlopiù bicchieri di plastica.

«Dovremo imparare ad essere mattinieri come te», rise, scuotendo la testa e allungandosi a prendere delle altre bottiglie di latte e cominciando a versarle in un pentolone a parte.

«Ma come, tutta qui la colazione?»

«Fagio, non tutti hanno voglia di fare la prima colazione qui», scrollò le spalle, «Giusto quel puzzone di Chuck e qualche altro pive. Fai dei panini per i Velocisti, apprezzeranno sicuramente».

«Okay, sei tu il capo.» Presi diversi panini e cominciai a tagliarli in mezzo per imbottirli con pomodori e verdure. Non sapevo nemmeno se andasse bene.

Li preparai il più in fretta possibile, non volevo che Minho e i suoi si arrabbiassero.

Feci in tempo ad imbottire l'ultimo panino e lo avvolsi velocemente in una pellicola quando entrarono i Velocisti.

Frypan si portò le mani sui fianchi, indicandoli col mestolo, «Spero per voi facce di caspio che prima di mettere i piedi nella mia cucina splendente vi siate puliti quei piedi polverosi!».

«Cucina splendente? Pft, nemmeno fosse fatta d'oro», brontolò un Velocista, girandosi verso di me e facendomi l'occhiolino.

Corrugai la fronte e mi girai verso Frypan,che trattenne una risatina. Sicuramente l'aveva notato.

Minho prese i panini e li distribuì ai Velocisti, poi uscirono dopo averci ringraziato.

Avevano lasciato tracce di terra sul pavimento di legno.

Frypan lanciò le braccia verso l'alto, «Maledetti pive del caspio!». Acchiappò uno straccio e cominciò a pulire il pavimento. Soffocai una risata e mi appoggiai al tavolo.

«Hai acceso il fornello?», domandai.

«Sì Fag-dannazione, spegnilo o il latte si brucerà!»

Mi alzai di corsa e andai a spegnere il fornello, notando che accanto a questo c'erano delle scodelle.

«Ah... Allora le scodelle ci sono...» Scossi la testa, schioccando la lingua e versando del latte al loro interno.

Frypan si alzò e prese le scodelle piene di latte, andando dietro il bancone per cominciarle a passare ai vari Radurai che volevano fare colazione.

Sperai di vedere Newt quando andai ad aiutare Frypan. Invece no. Vidi solo Chuck, Gally ed altri Radurai di cui non avevo la minima idea di quale fosse il loro nome.

A parte George che appena mi vide mi sembrò rabbuiarsi.

«Quindi, Fagiolina, hai fatto breccia nel cuore di un Velocista?», disse Frypan, ridacchiando e passando la scodella a Gally, assieme a qualche biscotto dall'aspetto decisamente poco invitante (erano sicuramente fatti da lui).

«Ti riferisci a prima?», domandai, dando la scodella a Chuck, assieme ai biscotti.

«Sì. Oh, a questo ladruncolo dai meno biscotti. Così impara a rubare dalla mia cucina.»

lo ignorai, facendo cenno a Chuck di andarsene.

«Ha imparato la lezione, ne sono certa. Comunque non so nemmeno chi sia quello. Il Velocista intendo, e onestamente non lo voglio nemmeno sapere.» Passai la scodella all'altro Raduraio, così come fece anche Frypan.

«Perché mai? Sei rimasta abbagliata da me?», mi fece l'occhiolino, ridacchiando. Era chiaro che scherzava.

«Naah», ridacchiai anche io. Capii che Frypan mi stava simpatico, il che era un bene visto che probabilmente avrei dovuto passare il resto dei miei giorni a lavorare con lui.

«Come ti trovi a stare qui da tre giorni?», chiese, passando la scodella a George, che continuava a fissarmi in quel modo abbastanza... duro.

«In tutta onestà... spero davvero che i Velocisti trovino la via di fuga al più presto. Non mi piace non avere memoria di niente.»

«Non piace a nessuno, credimi.» passammo entrambi l'ultima scodella di latte agli ultimi due Radurai e tornammo in cucina, cominciando a pulire il piano cottura e il pentolone nel quale Frypan aveva scaldato il latte.

Era passata più di un ora, ormai i Radurai avevano finito la loro colazione e avevano riportato le loro scodelle. Mentre io e gli altri ragazzi addetti alla cucina cominciammo a lavarle, si sentii un rumore fortissimo provenire da fuori.

Guardai i miei "colleghi" con aria confusa, «Cos'è?».

«La Scatola», rispose Justin, «Spero che siano delle provviste, la Scatola non sale mai più di una volta al mese, quindi è molto probabile visto che quando sei arrivata non ci hanno dato praticamente nulla», disse tranquillamente mentre asciugava una scodella.

Frypan uscì dalla cucina. Decisi di seguirlo.

Appena arrivati vicino alla Scatola, notai che Newt era andata ad aprirla insieme ad Alby.

Gli Intendenti erano tutti lì, sicuramente tutti loro aspettavano le loro provviste.

Come aveva detto Justin, al suo interno c'erano diverse cose.

Uno ad uno, gli Intendenti balzavano dentro e tiravano fuori i vari scatoloni pieni zeppi di cose, mentre Alby e Newt davano loro una mano a portare fuori le varie scatole.

Quando ormai la Scatola fu vuota, Alby corrugò la fronte e acchiappò un foglietto, guardando Newt e facendogli cenno di avvicinarsi. Newt lesse il biglietto, guardò Alby, poi entrambi alzarono lo sguardo verso di me.

Corrugai la fronte, «Cosa c'è?». Alby si arrampicò e uscì dalla scatola, seguito da Newt.

Mi passò il biglietto, restando accanto a me.

Abbassai lo sguardo e lessi.

"C'è stato un errore, per cui sembrerà strano avere una ragazza tra voi. Potrebbe essere divertente. Ma se non volete complicazioni, liberatevene."

Sentii il sangue gelarsi nelle vene.

Alby alzò lo sguardo verso Newt. Gli lanciò uno sguardo d'intesa.

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