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Capitolo 3

La notte era passata terribilmente lenta, le parole di Newt mi rimbombavano in mente. Tutte. Le scene passavano e ripassavano nella testa. Si ripetevano sequenza per sequenza. Chiudevo gli occhi e la prima cosa che mi appariva davanti era il viso di Newt e sentivo le parole "Ho bisogno che ti fidi di me"e " Non dovrai mai, per nessuna ragione, cercare di entrare nel labirinto. Sopratutto da sola".

La mia nuova vita nella radura non era iniziata poi così male, a pensarci bene.

Ma la notte non la passai per niente bene.

Avevo la testa carica di quelle nuove informazioni e la curiosità per ciò che mi aspettava l'indomani era troppa.

Ma a parte questo, come avrei fatto a dormire sul pavimento, circondata da ragazzi che russavano a destra e a sinistra? Per mia sfortuna non avevo trovato nessun letto, e non avevo avuto voglia di prendermi la briga di salire al piano di sopra.

Newt mi aveva dato un sacco a pelo, dicendomi che avrebbe reso la mia nottata un po' più comoda e a calda.

Il che era vero, aveva reso il pavimento fortunatamente più comodo. Ed era un bene, non osavo immaginare come sarebbe stato altrimenti.

Chuck era nella mia stessa stanza, ma rivolto al muro e accoccolato tra due ragazzi, avvolto nel suo sacco a pelo scolorito. Era addormentato così beatamente che russava di gusto.

Invece io avevo trovato un angolino sotto la finestra. Il casolare era dannatamente affollato, ma per fortuna il mio olfatto era ormai abituato all'odore di quel posto.

Mi sentivo così spaesata che a momenti mi sembrava di avere un vuoto al cuore, e ormai la speranza lontana che quello fosse solo un incubo si era spenta da tempo. Non sapevo come reagire, cosa sperare o cosa fare. Alla fine, potevo solo sperare di adattarmi a quel posto e fare ciò che mi dicevano di fare, e qualcosa mi diceva che non sarebbe stato così facile. Nonostante la mia prima giornata non fosse andata per niente male, non mi ero abituata a quel posto. Avevo cercato di auto-convincermi che dal giorno dopo le cose sarebbero migliorate.

Chiusi gli occhi, cercando di mantenere quel pensiero positivo per provare ad addormentarmi.

Dormii sì e no 4 ore, sapevo benissimo che non bastavano per reggermi in piedi, ma una volta sveglia non riuscii più a chiudere occhio.

Mi alzai e andai in quelle che mi avevano detto essere le docce, e me ne feci una alla svelta prima che il resto dei Radurai si svegliasse.

Mi rivestii velocemente ed uscii da quella stanza piena di docce, sistemando i capelli umidi con le dita.

Sobbalzai quando vidi una figura poggiata al muro, accanto alla porta.

«Maledizione, Newt!»

«Buongiorno anche a te, Fagio.» Sollevò un sopracciglio, schioccando la lingua, «Dormito bene? O hanno cercato di stuprarti?».

«Non sei simpatico, accidenti. Mi hai fatto prendere un colpo! Che facevi qui fuori, mi spiavi sotto la doccia?», borbottai, sistemandomi i capelli.

Si spostò dal muro, schioccando nuovamente la lingua e cominciando a camminare, facendomi cenno di seguirlo, «Andiamo, Fagio, io e Alby finiamo di farti vedere la Radura e poi ti porteremo dal primo Intendente. E, per la cronaca, ero vicino alla porta perché quando sono andato nella stanza del Casolare dove hai dormito non c'eri, e ho dato per scontato che ti stessi facendo una doccia, che caspio. Non sono un pervertito! Ma non mi stupirei se qualche pive ti spiasse dalle finestre», ridacchiò sotto i baffi.

Feci ruotare gli occhi verso l'alto, accettando il fatto che effettivamente non mi sarei stupita nemmeno io.

Il tour della Radura non durò così tanto, mi fecero saltare una cosa che loro chiamavano "Faccemorte", e pensai subito che fosse un cimitero.

Dissero che mi risparmiavano volentieri quel posto, e che speravano di non dovermici mai portare.

Mi accompagnarono da Winston, l'Intendete del Macello.

«Okay, Fagio, qui non c'è bisogno che ti spieghiamo cosa dovrai fare, vero?», disse Alby, facendo un sorrisetto beffardo verso Newt, che si limitò ad annuire e si voltò verso di me.

«Nulla di più semplice, lo dice la parola stessa. "Macello"», fece un cenno con la testa verso il recinto alle mie spalle.

Gonfiai le guance, girandomi a guardare gli animali. Mi chinai a guardare un vitellino, sorridendo. Lo trovavo dolcissimo, anche se il recinto puzzava da morire.

«Fagio, non far incazzare Winston mentre noi non ci siamo. Fa tutto ciò che ti dice di fare, va bene? Non fare la femminuccia piagnucolona.»

«Va bene capo», borbottai, accarezzando il vitellino che si tirava via intimorito.

«Rispetta le regole», disse Alby, indicandomi.

«Certo. Le regole che io non conosco perché tu, leader dei miei stivali, hai dimenticato di dirmi», pensai, facendo ruotare gli occhi.

Newt rimase immobile, mentre Alby cominciò ad andare via. Non sembrava molto intenzionato a andarsene.

«Newt!», gli gridò Alby, e lui sbuffò, avvicinandosi a me e chinandosi alla mia altezza.

«Tornerò tra un ora, anche se quel puzzone di Alby vuole lasciarti qui un giorno intero. Scommetto tutto ciò che vuoi che non sopporterai questo posto per più di trenta minuti», mi diede una pacca sulla spalla.

Mi limitai a rivolgergli uno sguardo di consenso mentre lo guardavo andare via con Alby.

Winston era vicino a me, mentre continuavo ad accarezzare il vitellino, che finalmente non cercava più di fuggire.

«Quanto è carino», dissi con un sorriso stampato in faccia

«Chi? Il vitellino o Newt?», ridacchiò Winston.

Lo guardai con la coda dell'occhio, «... Il vitellino».

«Oh, beh, lo troverai ancora più carino quando Frypan l'avrà cucinato», ridacchiò ancora, e stavolta nella sua risata risuonò un non so che di crudele. Un tono forzato che sicuramente era volontario.

«Sei crudele, Winston!»

«Muoviti Fagio, e vieni a darmi una mano a macellare queste bestie!»

Newt aveva ragione. Volevo fuggire da quel posto, quel ruolo non faceva assolutamente per me.

Chuck ogni tanto si affacciava nella stanza, e quando mi vedeva rannicchiata in un angolino, scoppiava a ridere.

Cercai di non darci peso, anche se mi sentivo un po'... fuori posto.

Non sapevo quanto tempo fosse passato, ma fui contenta di vedere Newt appena arrivò, quindi diedi per scontato che la mia terribile ora di lavoro fosse terminata.

«Ehi Newt, sei venuto a controllare la tua Fagiolina?»

Newt lo lasciò perdere, avvicinandosi a me, «Andiamo Fagio, ti porto via da qui».

Non me lo lasciai ripetere una volta di più.

Mi levai lo stupido grembiule colmo di sangue che mi aveva dato Winston e i guanti altrettanto sporchi, li appesi ad un chiodo e seguii Newt, che mi portò da Frypan.

Sollevai un sopracciglio, girandomi verso il biondo.

«Solo perché sono una ragazza dai per scontato che il mio ruolo sia in cucina?»

«Possibile», rispose lui, senza voltarsi verso di me e fermandosi davanti alla porta della cucina.

«Fagio? Che ci fai qui?», mi voltai ed Alby era dietro di me, con le braccia incrociate, «Non dovresti essere da Winston?».

«L'ho portata via io. Come pensavo, quel luogo non è adatto a lei», rispose Newt, «Qui andrà meglio, ne sono sicuro».

Frypan si sporse dall'enorme tavolo al centro della sala, guardando i due Radurai mentre discutevano.

Mi fece cenno di avvicinarmi, e non esitai nemmeno per un istante.

Anche se ero io il motivo per cui discutevano, preferii restarne fuori.

«Vuoi provare ad aiutarmi in cucina, Fagiolina?», sussurrò Frypan, sperando di non interrompere i due leader.

Annuii, e Frypan mi passò un coltello.

«Bene così. Vieni, aiutami a preparare il pranzo per tutti questi pive.»

Dopo diversi minuti, i due smisero di discutere e si sedettero al tavolo, osservandomi mentre aiutavo Frypan.

Facevo tutto quello che mi diceva di fare, ed effettivamente mi riusciva tutto molto bene.

Forse avevo davvero trovato il mio posto.

Il pranzo non fu niente di eclatante. Una semplice zuppa, ma ci avevamo messo secoli a preparare quelle dosi enormi.

Andammo a servirle, e Chuck aveva ragione: quando arrivò il suo turno, Frypan ne mise di meno rispetto agli altri Radurai.

La sua espressione da cucciolo afflitto mi diede un colpo al cuore, così decisi di tenerne un po' da parte, così da dargliela più avanti, sperando che nessuno mi vedesse.

Mangiarono tutti e la stanza della mensa risuonava di espressioni volgari e diversi... diciamo, modi di apprezzamento. Complimenti e rutti, ecco.

Uscii dalla cucina, mi sentivo distrutta e sapevo che a breve sarei dovuta tornare per cominciare a preparare la cena, ma visto che tecnicamente non avevo ancora un vero e proprio ruolo, decisi di andare in giro per la Radura a vedere se qualcun altro avesse bisogno di una mano.

Gally mi raggiunse a grandi falcate, legandomi un braccio attorno alle spalle, «La Fagiolina ha trovato il suo posto?».

Diedi uno scossone di spalle, sperando di liberarmi del suo braccio, ma invece lo teneva ben saldo attorno ad esse.

«Sto cominciando ad odiare quando mi chiamate così...», borbottai, continuando a dimenarmi per liberarmi.

«Oh, ma tu non hai un nome, giusto?»

«Solo perché non me lo ricordo non significa che potete chiamarmi "Fagiolina" per tutto il tempo.»

«Ma è quello che sei. Sei una nuova arrivata, quindi sei una Fagiolina. Accettalo, come l'abbiamo accettato tutti prima di te. Comunque, hai trovato il tuo bel posticino in cucina con Frypan?»

Mi fermai e lui andò avanti, fermandosi davanti a me. Finalmente non avevo più il suo braccio attorno alle spalle e per me fu un grosso sollievo.

«Può darsi... Pive.»

«È il posto dove di norma stanno le femmine, no?»

Sollevai un sopracciglio. Battuta sessista di pessimo gusto.

«Ma a me piace stare in cucina. Sai, ci sono i coltelli.» Sentii ridacchiare dietro di me.

Gally serrò le labbra e notai che la sua faccia si era fatta paonazza, girò i tacchi e andò via.

Mi sentii quasi in colpa. Quasi. Non abbastanza da farmi pentire di avergli risposto così.

Girovagai per la Radura in cerca di Alby. Lo trovai seduto su un masso sotto un albero, mentre guardava le persone davanti a lui che raccoglievano le verdure da un campo coltivato.

Mi appoggiai all'albero, cercando di fare silenzio per non disturbarlo.

«Cosa c'è Fagiolina?», domandò, girando leggermente la testa verso di me

«Nulla, volevo sapere le regole. Prima, quando eravamo da Winston, hai detto "segui le regole" ma... non so se ricordi, ma non ne hai parlato fino a quel momento.»

Corrugò la fronte, «Non te le ho dette?», sembrava a disagio. Scossi la testa.

«Caspio... scusa. Sono il leader da poco, seguire tutte queste facce del caspio è un lavoraccio», borbottò, poi si mise in piedi.

«Sono semplici e poche, ma bastano. La prima, fai la tua parte. Ognuno di noi fa la propria mansione ogni caspio di giorno. Rende la vita qui un po' meno infernale, ti occupa la giornata e non ti fa pensare a quanto effettivamente questo posto faccia schifo.

La seconda, non attaccare mai un altro Raduraio. C'è bisogno di fiducia reciproca tra noi, anche se qualcuno lo odi a morte. Se dovessimo litigare tra noi, sarebbe la fine.

E l'ultima, ma non per questo è la meno importante. Non oltrepassare mai quelle mura», disse, indicando le enormi mura davanti a noi, «Solo, e ripeto, solo i Velocisti possono uscire di lì. Loro sanno quanto è rischioso e sanno cosa aspettarsi», poggiò una mano sulla mia spalla (ma che avevano di così affascinante le mie spalle?) e la strinse, «e poi sei una femmina. Non ci fai nulla lì fuori, credimi».

«Che due scatole con questa storia che sono una femmina!»

Alby mi rivolse uno sguardo gelido. «È quello che sei, Fagio. Ed è anche molto, molto strano, okay? Molti di noi – me compreso – devono ancora metabolizzare la cosa. In due anni che sono qui, non ho mai visto una Fagiolina. Neanche Newt, né Minho, né qualsiasi altro pive. La prima.››

Non avevo voglia di farlo arrabbiare, perché sapevo quanto per lui la cosa fosse effettivamente fuori luogo. Abbassai la testa, annuendo e basta. Era l'unica cosa che potessi effettivamente fare.

«Vedi di non far incazzare nessuno», concluse, «sarebbe un peccato se fossimo costretti ad esiliarti. Solo perché sei una ragazza, non aspettarti di essere trattata come una principessa. Sei una di noi, adesso. Okay Fagio?».

«Okay.»

«Alby ti ha dato una bella strigliata, eh?», ridacchiò Chuck, mentre trascinava di peso un sacco pieno di "ciò che non volevo veramente sapere" (così l'aveva definito).

«Già, dannazione», borbottai, mentre tenevo in mano il vassoio di cibo che gli avevo conservato.

Poco prima ero stata in cucina, avevo riscaldato il cibo ed ero andata a cercare Chuck.

Aprì la porta di una capanna e lanciò il sacco, che fece un rumore sordo e viscido come se ci avesse buttato dentro il fango denso.

Acchiappò il vassoio e cominciò a mangiare il cibo, emettendo versi di apprezzamento soffocati.

«Ti è andata bene, Fagio!», disse con la bocca piena, rischiando di sbrodolare ovunque.

«Tutto sommato, sì», guardai il terreno, «ma non ho mai preteso di essere trattata come una principessa. Figurati, non ci avevo nemmeno pensato. Speravo solamente che la smettessero di etichettarmi come "La femmina". Insomma... è fastidioso!»

«Ma è anche ciò che sei! Ehi, andiamo a vedere i Velocisti che tornano? Tra poco è l'ora della chiusura delle Porte, e non sono ancora tornati tutti. Forse facciamo in tempo!»

Annuii, tanto mancava ancora un po' prima di dover tornare in cucina.

Camminammo senza troppa fretta verso le mura occidentali, ci sedemmo e aspettammo.

Pochi attimi dopo, tornò un gruppo di quattro ragazzi, tutti accaldati e accalcati, come se si stessero tenendo in piedi a vicenda.

Rallentarono lentamente, si piegarono sulle ginocchia per riprendere fiato, poi corsero verso un piccolo capanno, mentre le Porte alle loro spalle cominciavano a chiudersi.

Corrugai la fronte, voltandomi verso Chuck che continuava a gustare le ultime gocce del suo pasto.

«Dove vanno ora?»

«Nella Stanza delle Mappe», rispose, poi alzò il volto, «È buona questa roba!».

Risi, «Grazie. La Stanza delle Mappe è dove... beh... mappano?».

«Perspicace. Sì comunque.»

«Fagio, dovresti già essere in cucina.»

Mi voltai sentendo una mano sulla mia spalla. Non avevo bisogno di voltarmi per sapere che era Newt. «Puoi dire a Frypan di preparare qualcosa di un po' più sostanzioso? I Velocisti sono così affamati che non mi stupirei se cominciassero a mangiarsi le loro gambette da pollo dopato. Deve essere successo qualcosa, e devo chiedere a Minho perché diavolo ultimamente stanno rientrando così tardi da quel caspio di Labirinto.»

«Sì, ora vado.»

«Bene così.» Stava per andare via, ma scattai in piedi e mi affrettai a raggiungerlo, piazzandomi davanti a lui.

«Newt?»

Sembrò sorpreso, e si fermò di colpo per non arrivarmi contro, «Sì?».

«Dopo cena possiamo parlare? Da soli, intendo.»

«Uhuhuh!», questo era Chuck, che aveva la faccia incollata al piatto e ne leccava il fondo come un cane abbandonato che assaporava il primo pasto dopo mesi.

Newt gli rivolse un occhiata che era un misto tra "chiudi quella bocca" e uno sguardo disgustato da quella scena, poi tornò a guardarmi, «Va bene. Ma prima andremo da Minho».

«Non so nemmeno chi è, Minho...»

«Bene, vorrà dire che sta sera lo conoscerai.»

Una volta che tutti i Radurai ebbero finito di mangiare, Newt entrò nella cucina, mentre Frypan stava pulendo per terra in modo più che perfetto.

Era dannatamente pignolo per la sua cucina e tutto doveva essere al suo posto in modo preciso e ordinato, cosa che mi faceva ridere.

Ero seduta al tavolo dove io e gli altri addetti alla cucina mangiavamo una volta finito il nostro compito, e con un altro ragazzo stavamo finendo di mangiare indisturbati, anche se Frypan muoveva tutti gli oggetti attorno a noi, minacciandoci che se avesse visto anche solo un "caspio" di pezzo di carne a terra o comunque qualcosa che potesse corrompere lo splendore del suo amato pavimento, ce l'avrebbe fatto pulire con la lingua.

Newt acchiappò uno sgabello e lo portò accanto a me, aspettando che finissi di mangiare. Incrociò le braccia sul tavolo e ci poggiò il mento sopra, fissando la parete davanti a noi.

Il ragazzo accanto a me finì velocemente la sua razione di carne, si alzò e mise a lavare il piatto.

«Domani sarai di nuovo qui con noi, Fagio?» domandò, rivolgendomi lo sguardo.

Guardai Newt, come per chiedergli cosa dovessi rispondere, e lui scosse le spalle.

«Credo di sì», risposi, sorridendo in modo anche troppo spavaldo per i miei gusti.

Il sorriso venne ricambiato, «Lo spero! C'è proprio bisogno di una mano femminile, qui in cucina. Te la cavi piuttosto bene».

«Lo spero anche io! E comunque, anche tu non sei male.»

Sentii un sospiro pesante alle mie spalle. «Muoviti a finire, Fagiolina», borbottò Newt, nascondendo il volto contro le braccia.

«A domani, Fagio», disse il ragazzo, uscendo dalla stanza, «Ciao Newt!».

«Ciao Justin», mugugnò Newt, strofinando il viso contro le braccia.

Tagliai un pezzo di carne dalla mia bistecca, poi diedi un colpetto a Newt sulle spalle, cercando di catturare la sua attenzione, ma l'unica cosa che ottenni in risposta fu un "mh".

«Ehi... Pive, alza la testa.»

«"Pive"? Fagiolina, stai crescendo in fretta!» Sollevò il volto, facendo un sorrisetto beffardo e voltandosi verso di me, «Che vuoi?».

Puntai la forchetta sul pezzo di carne appena tagliato e la sollevai, «Mancano solo questo pezzo e un altro. Di' "A".»

Arricciò il naso, «Non ho fame».

«E dai! Non ho voglia di mangiarla da sola.»

«Ma sono solo due pezzi! Non ti esploderà lo stomaco se li mangi da sola!»

«Se stiamo qui a discutere Minho andrà a dormire e dovremo rimandare tutto a domani, no?»

Fissò il pezzo di carne e sospirò, «Hai ragione».

«Avanti. Di' "A".»

«... Perché mi vuoi imboccare?»

Feci spallucce, «Perché questa è la mia forchetta. Ora taci e apri la bocca, facciamo così, limitati a quello e non dire "A".»

Sollevò un sopracciglio, rassegnandosi e aprendo la bocca. Avvicinai la forchetta, delicatamente, come si fa con i bambini, e la ritrassi appena chiuse le labbra attorno alla punta e prese il pezzo di carne.

A quel punto, presi l'ultimo pezzo di carne rimasto sul piatto e lo portai alla mia bocca con la forchetta, mangiandolo.

Una volta ingoiato il suo boccone, si alzò dallo sgabello e si avviò alla porta, aspettandomi.

«Muoviti Fagio, o Minho andrà a dormire. Con un po' di fortuna è ancora fuori dal Casolare.»

Ingoiai il mio boccone, balzando giù dallo sgabello e raggiungendolo.

Facemmo una mini corsetta fino al Casolare e vidi un ragazzo dai tratti orientali che era poggiato al muro e guardava nella nostra direzione.

«Minho!», gridò Newt.

«Newt!», rispose Minho. Trovai la cosa strana, ma cercai di fare finta di niente.

Arrivati davanti a lui, si poggiò le mani sui fianchi, «Dannazione, ce ne avete messo di tempo! Avete lucidato ogni singolo angolo della cucina di quel puzzone di Frypan?».

«No, miss "sono una Fagiolina e mangio lenta" se l'è presa comoda.»

«Ehi!» Corrugai la fronte.

«Comunque, Minho, lei è... Fagio. Fagio, lui è Minho, l'Intendente dei Velocisti.»

«Io sono Minho. Quello figo. Il più figo della Radura.»

Ebbi come una strana sensazione allo stomaco, mentre il ragazzo davanti a me, Minho, mi porgeva la mano. Gliela presi, ma non sentii nemmeno cosa mi disse.

Sentii che qualcosa mi rimbombava nella mente.

«Elizabeth», risposi automaticamente. «Io sono Elizabeth.»

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