CAPITOLO 2
Non so quanti minuti siano passati, non ho smesso per un solo istante di tirare la catena.
«Maledetta catena staccati». Urlo frustrata e in un ultimo tentativo disperato tiro più forte. Appoggio un piede sulla testiera e tiro. Forza staccati. Non so come ma riesco nel mio intento. La catena si stacca facendomi cadere all'indietro. Ci sono riuscita, non ci posso credere. Mi rialzo con il respiro affannato raccogliendo la catena che mi devo portare con me. Esco dalla camera a passo svelto guardandomi intorno. Di lui ancora nessuna traccia. Arrivata alla porta d'ingresso, provo ad aprirla. Abbasso la maniglia e tiro, non si apre. Accidenti è chiusa a chiave. Mi guardo intorno in preda al panico e l'unica via d'uscita sembra la porta sul retro. Vedo la chiave nella serratura, si è dimenticato, Stefano non immaginava che sarei riuscita a liberarmi. Giro la chiave e la porta si apre. Una volta fuori mi rendo conto che non so proprio dove andare. Agendo d'istinto mi incammino verso l'unica strada sterrata. E' mai possibile che non abiti nessuno da queste parti? Non vedo niente se non campagne, il cottage dal quale sono uscita e in lontananza montagne. Devo correre e riuscire a raggiungere un luogo abitato il prima possibile. Stefan ha detto che andava in città a prendermi dei vestiti, chissà a quanto dista. Non so neanche quanto tempo ho prima che torni. Dopo diversi minuti che corro, sono sfinita. Non ce la faccio più. Respiro a fatica e mi fanno male le gambe. Devo resistere, non posso fermarmi. In lontananza vedo un auto che viene verso la mia direzione. Il cuore batte all'impazzata. Ti prego dimmi che non è lui. Più la vettura si avvicina più io rallento il passo fino a che non si ferma. Alla guida un uomo anziano mi guarda perplesso. Sicuramente si starà chiedendo cosa ci fa una sposa in stato pietoso in aperta campagna. Spero solo che mi possa aiutare e non se ne vada. Mi avvicino al finestrino dell'auto per chiedere aiuto ma mi blocco. Dalla stessa direzione in cui arrivava l'uomo sta arrivando un'altra auto. E' la limousine, Stefan. Si sta avvicinando a grande velocità. Non ho tempo. Devo fare qualcosa.
«So che tutto questo le sembra strano ma la prego mi ascolti» dico con il fiatone togliendomi il braccialetto che Erik mi ha regalato stamattina. «Avvisi la polizia, gli dica che sono stata rapita. Tenga questo e cerchi Erik Truston di New York». Gli porgo il bracciale mentre guardo l'auto di Stefan raggiungerci.
«Vada prima che questo pazzo uccida anche lei. La prego mi aiuti è la mia unica speranza» supplico allontanandomi dal veicolo.
L'uomo non è riuscito a dire nulla. E' partito a tutta velocità visibilmente spaventato. Spero che tutto questo sia servito a qualcosa. Guardo in direzione di Stefan spaventata. Dovrei darmela a gambe ma non so quanto servirebbe. Anche se fossi riuscita a salire sul veicolo insieme allo sconosciuto, non credo che sarei riuscita a liberarmi di lui. E' un pazzo, sarebbe capace di tutto.
«Cosa cazzo credi di fare?» urla scendendo come una furia dalla macchina. Si avvicina minaccioso afferrandomi per i capelli. Vengo trascinata fino alla sua auto mentre urlo dal dolore.
«Lasciami. Mi fai male» urlo a squarciagola cercando di liberarmi dalla sua presa. Vengo strattonata dentro l'auto per poi essere bloccata con la forza del suo corpo. Non riesco a respirare.
«Adesso farai la brava» dice in tono malefico mentre tira fuori dal portaoggetti una siringa. Oh mio dio, che vuole farmi? Spaventata come non mai cerco di liberarmi, ma senza ottenere nessun risultato. In un gesto feroce l'ago viene piantato nel mio braccio e urlo. Continua a tenermi bloccata senza permettermi nessun movimento. La testa inizia a girare ed io ho paura. Paura di quello che potrebbe ancora succedere. Mi sento strana, mi mancano le forze, sto per addormentarmi. Spero che Erik riceva il mio messaggio, non so per quanto resisterò con questo pazzo.
Mi sveglio con un forte dolore alle mani. Apro gli occhi di scatto ritrovandomi nella camera maledetta da dove sono scappare. Cerco di alzarmi ma non ci riesco, le mani sono legate alla testiera del letto di ferro. Come se non bastasse, ho anche le gambe legate. Il bastardo si è assicurato che non scappassi di nuovo. Che intenzioni avrà? Mille pensieri attraversano la mia mente. Penso al peggio. Mi ucciderà, ne sono sicura. Quest'uomo è matto da legare.
Comincio a muovermi freneticamente. Panico. Ansia. Paura. Rivoglio la mia vita. Non voglio finire così.
«Ben svegliata». La sua voce così irritante tuona nella camera. Appoggiato alla porta mi guarda sorridente. Io soffro mentre lui ride. Giurerei che è contento di vedermi ridotta in questo stato.
«Sei un uomo senza cuore. Spero tu marcisca all'inferno». Le parole mi escono senza pensare.
«Se io finirò all'inferno, tu verrai con me» ribatte convinto.
Si avvicina afferrandomi per il mento con forza e mi guarda. D'istinto cerco di liberarmi, ma la sua presa aumenta, costringendomi a guardarlo. Cerca di avvicinarsi ancora di più. So cosa sta cercando di fare, preferisco bruciare viva piuttosto che lasciarmi baciare. Agendo d'istinto gli sputo in faccia. La sua reazione è molto violenta. Ricevo un forte schiaffo. La guancia brucia come se stesse andando a fuoco. «Non ci provare mai più o la prossima volta ti andrà peggio» minaccia a pochi centimetri dal mio viso. Mi mette i brividi. Ho paura. Si avvicina così in fretta che non riesco a spostarmi. Le sue labbra si fiondano sulle mie, tengo le labbra serrate negandogli l'accesso. Mi viene da piangere. Tutto questo è uno schifo. Notando come sia restia decide di mettere fine a questa tortura staccandosi ma rimanendo sempre troppo vicino.
«Adesso, se non ti dispiace. Dimmi cosa hai detto a quell'uomo» ordina. Devo essere una brava attrice. Lui deve credermi. Prego mentalmente che mi creda.
«Niente. Non mi ha voluto ascoltare ed è scappato dandomi della pazza» mento.
Lo guardo negli occhi. Se vuoi mentire bene, guarda negli occhi, diceva sempre Claire scherzando. Spero che funzioni. Spero che avesse ragione. Mi guarda accigliato ma non dice niente. Sta pensando. Esce dalla camera senza dire nulla e io mi sento sollevata. Finalmente posso respirare. Spero che il mio tentativo di fuga sia servito a qualcosa.
Ho passato tutta la notte sveglia. Non riesco ad addormentarmi con quel mostro nei dintorni. Dalla finestra vedo sorgere il sole. Di Erik neanche l'ombra. Sospiro pesantemente mentre guardo il soffitto. Sono preoccupata. E se non avesse ricevuto il mio messaggio?
«Buongiorno dolcezza, ti ho portato la colazione». Osservo la sua figura con la coda dell'occhio mentre si avvicina. Posa il vassoio della colazione ai piedi del letto per poi avvicinarsi verso il mio viso. Istintivamente mi volto bruscamente dall'altra parte.
«Se fai la brava, ti faccio il bagno e ti metto dei vestiti puliti» sussurra sul mio viso.
«No grazie. Preferisco rimanere così» ribatto deglutendo.
«Potrei addormentarti e fare tutto ciò che voglio con te. Perciò smettila di fare capricci».
Mi bacia sulla guancia con foga mentre la sua mano mi tiene ferma la mascella.
«Sei un lurido bastardo» urlo muovendomi freneticamente. Non voglio essere toccata da lui, mi fa schifo. Avendo le mani e le gambe bloccate non riesco a fare molto, i miei tentativi non servono a nulla.
Sposta il mio viso verso di lui con forza «questo corpo ora è mio» fa scivolare la mano libera sul mio collo per poi scendere lentamente «devi fartene una ragione mia dolce Elisa» canticchia continuando a sfiorare.
Le lacrime si fanno strada sul mio viso e non ho intenzione di fermarle. Sentendomi singhiozzare i suoi movimenti si fermano.
«Shh, tranquilla. Mi prenderò cura di te se fai la brava. Non voglio farti del male» adesso la sua voce sembra così gentile, quando meno di due minuti fa sembrava il demonio «non voglio spaventarti. Sono una brava persona e te lo dimostro subito» sorride mentre prende il vassoio della colazione.
Slega una delle mie mani permettendomi così di poter mangiare. Vorrei sbattergli il vassoio in faccia ma non servirebbe a nulla, aggraverei la situazione ulteriormente. Prendo il bicchiere di succo e ne bevo un sorso. Non posso fare a meno di notare come siano malmessi i miei polsi. Lo guardo serrando la mascella e proseguo con la colazione. E' stato tutto il tempo in silenzio ad osservarmi. Psicopatico che non è altro.
«Adesso fai la brava, vai a farti una doccia e cambiati. Vedrai, ti sentirai meglio» la sua voce è calma.
Devo fare molta attenzione ai suoi cambi d'umore improvvisi. Lascio che mi liberi e senza farmelo ripetere faccio come dice. Arrivata in bagno mi stupisco nel trovare la chiave attaccata alla porta, ne approfitto e chiudo a chiave. Mi guardo intorno notando che non ci sono finestre, ora capisco perché il bastardo era così tranquillo a lasciarmi sola. Niente specchio, niente oggetti, aveva già pensato ad eliminare tutto. Sfilo il mio bellissimo abito da sposa e lo guardo con malinconia. Doveva essere il giorno più bello della mia vita, invece si è trasformato in un incubo. Passo la spugna ripetutamente sulla mia pelle con rabbia. Voglio pulirmi, mi sento sporca in tutti i sensi. Lui mi ha toccato, mi ha baciato. Le lacrime cercano accesso ma le ricaccio indietro. Non devo piangere, devo trovare un modo per uscire da qui. Devo essere forte. Una volta finito indosso l'abito che mi ha lasciato appeso alla parete. Il bastardo ha comprato un vestito blu che arriva sopra il ginocchio. Vorrei rifiutarmi ma non posso. Il mio vestito è ridotto uno schifo. Cerco di non soffermarmi su questo pensiero e lo indosso. Apro la porta trovandolo appoggiato al muro di fronte.
«Sei bellissima» commenta percorrendo con gli occhi tutto il mio corpo. Faccio qualche passo avanti guardandomi intorno. Non mi piacciono i suoi commenti e so dove vuole arrivare.
«Posso sedermi sul divano? Prometto che non ti creerò problemi» cerco di sembrare innocua.
«Vedo con piacere che impari in fretta. Sapevo che saresti diventata ubbidiente». Sembra soddisfatto di se stesso.
Illuso. Sto solo elaborando un piano. Mi accomodo sul divano mentre cerco di allungare il vestito fino alle ginocchia. Tengo lo sguardo basso, non oso guardarlo. Basterebbe una minima cosa per scatenare chissà quale altro inferno.
«Visto che ti senti meglio, ho bisogno che tu mi faccia un favore» si avvicina con un foglio e una penna le appoggia sul tavolino davanti a me e mi sorride «devi scrivere una lettera a Erik in cui gli comunichi che lo lasci. Che non tornerai mai da lui e che hai un altro».
Scuoto la testa bruscamente «non lo farò mai» non esiste. Non scriverò mai una cosa del genere.
«Non ci siamo», tuona scocciato,«scrivi subito quello che ti ho detto» ordina, prendendomi la mano bruscamente per poi avvicinarla al foglio.
Mi tremano le mani e il mio corpo si rifiuta di obbedire. Non voglio farlo. Senza pensarci strappo il foglio in mille pezzi con rabbia. Preferisco morire piuttosto che scrivere quelle parole. Vengo afferrata per i capelli con violenza e mi costringe a voltarmi verso di lui. Il suo sguardo è terrificante «non dovevi farlo» ringhia tra i denti. Trascina il mio corpo violentemente scaraventandomi a terra. Appoggio le mani sul pavimento e cerco di alzarmi. Basta, non gli permetterò di farmi ancora del male. Cerco di rialzarmi in fretta e correre verso la porta ma lui è veloce. Vengo raggiunta per poi essere spinta verso il muro dove batto la testa. Non si ferma, mi volta verso di lui per poi darmi uno schiaffo,«cosa credi di fare eh? Non hai ancora capito che da qui non uscirai mai?» urla sul mio viso. Sono terrorizzata e ho paura. Ma la mia parte coraggiosa ha deciso che in questo istante devo lottare.
Alzo il ginocchio colpendolo nelle parti basse. Uso tutto il mio corpo, le mani sbattono con violenza sulla sua testa mentre si piega urlando dal dolore e imprecando. Per un attimo mi illudo che tutto possa finire e liberarmi, ma lui torna subito all'attacco tirandomi uno schiaffo che mi scaraventa contro il tavolino.
«Puttana», urla mentre tutto si fa caotico. I suoi calci arrivano diritti all'addome, veloci, carichi d'odio. Urlo dolorante e perdo la ragione. Mi scaglio su di lui, la vista si offusca ma io non riesco a fermarmi. Cerco di stringere le mani intorno al suo collo e continuo a urlare. O io o lui, non posso permettergli di continuare, non gli permetterò di farmi ancora male . Lui mi spinge via con forza e io cado sbattendo la schiena sul muro. Non riesco a muovermi, il mio corpo scivola a terra e il dolore aumenta di intensità. Erik dove sei? Non so per quanto resisterò in questo inferno. Mi manca il respiro e la vista si annebbia. Stringo le mani intorno alla vita, ma non sento più il mio corpo. Tutto scompare. Rimango solo io il silenzio e il buio.
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