CAPITOLO 17
Osservo l'ammasso di muscoli accanto a me scuotendo la testa.
«Non se ne parla» protesto voltandomi verso mio marito.
«Sì ragionevole, è per la tua sicurezza» spiega calmo. Quando l'ho visto entrare in ufficio con quest'uomo non avevo ancora compreso cosa avesse in mente.
«Fammi capire. Dovrei andare in giro con questo armadio? Senza offesa Tom».
«Nessun offesa signora» risponde in modo composto l'uomo che ho soprannominato armadio.
«Non ho intenzione di continuare questa discussione. Tom sarà la tua ombra e tu lo devi accettare. Almeno finché non avranno scoperto chi vuole farci del male» risponde spazientito.
Picchietto il tacco sul pavimento ripetutamente mentre sposto lo sguardo da Erik a Tom. So che lo fa per il mio bene, ma l'idea di andare in giro con una guardia del corpo non mi fa impazzire. Non credo di avere molta scelta, mi farò piacere questa cosa. Non voglio remargli sempre contro, soprattutto in questo momento dobbiamo essere uniti.
«Tanto si fa sempre come vuoi tu» borbotto. Sì avvicina posando le sue labbra sulle mie incurante della presenza di Tom.
«Neanche a me piace questa situazione, ma voglio essere certo che tu sia al sicuro piccola» sussurra. Ecco il momento dove la mia mente si annebbia e esiste solo lui. Porto le mani intorno al suo collo e strofino il naso con il suo.
«Ti amo».
«Io di più» replica. A volte abbiamo avuto da ridire anche su queste parole. Come può dire di amarmi più di quanto io ami lui.
«Ehm, scusate il disturbo».
In ufficio entra un Lukas alquanto mortificato seguito da Jason con la sua solita faccia da giullare. Entrambi non sembrano sorpresi dalla presenza di Tom, come se già sapessero. Jason si avvicina alla mia guardia e lo squadra dalla testa ai piedi per poi uscire con una domanda che lui può fare in questo momento: «quanto sei alto Tom?» chiede. Sul volto di Tom appare una smorfia e dice:
«1,90 signore.»
«Tom che ne dici se ci chiami tutti per nome? Non mi piacciono le formalità» dico.
L'uomo non risponde ma si volta verso Erik come per chiedere una conferma. Incredibile.
«Oh avanti. Ha bisogno del tuo permesso anche per questo?» chiedo.
Sento alle mie spalle le risate soffocate di Lukas e Jason mentre Erik e Tom continuano a rimanere seri e composti.
Mi chiedo cosa abbia fatto di male per meritarmi questo. Non bastava uno, adesso sono in quattro. Di cui due sembrano dei bambini e gli altri due becchini. Forse è il caso di mandarli tutti fuori, di questo passo la mia giornata lavorativa non finirà mai e io voglio tornare a casa il prima possibile.
«Lukas mi hai portato i bilanci che ti ho chiesto?» chiedo. Sì avvicina porgendomi i fogli e in quel momento mi accorgo di avere gli occhi di tutti puntati addosso. Che ho fatto? Li guardo perplessa.
«Wow. A furia di stare con Erik, sei diventata come lui» commenta Jason.
«Molto divertente. Adesso se volete scusarmi, avrei del lavoro da finire. Tutti fuori».
«Vedo che ci hai preso gusto nel fare la parte del capo» un sussurro arriva al mio orecchio. Erik mi sta provocando.
«Ora capisco cosa si prova a comandare tutti» ribatto acida.
«Appena torni a casa ti dimostrerò chi è il vero Boss»
«Questo è tutto da vedere. Adesso se non ti dispiace, dovresti uscire dal “mio” ufficio» dico calcando il mio. Oh si, lo sto sfidando di proposito, so che lo fa impazzire. Sicuramente il lupo andrà a caccia stasera.
«Momentaneamente» precisa soffiando sul mio collo. Lo guardo stupita del suo gesto e come risposta ottengo un sorriso malizioso.
I tre uomini alfa escono dall'ufficio bisbigliando qualcosa che non riesco a capire. Mi volto per andare verso la scrivania ma la presenza di Tom mi blocca sul posto.
«Anche tu Tom» dico indicando la porta.
«Non posso signora. Ho ordine di starle sempre accanto».
«Chiamami Elisa per favore. Non credo che qui dentro ci sia qualche pericolo, non credi? Ed è impossibile che tu stia accanto a me sempre. Vediamo come posso spiegarmi. Diciamo che sono un essere umano e può capitare che abbia delle emergenze fisiche, non credo che saresti disposto a seguirmi fino ai servizi. Perciò ora ti spiego cosa farai. Puoi starmi accanto sempre ma fuori dalle mura di questo ufficio. Accontenterò mio marito per quello che mi è possibile, ma non ho intenzione di passare le mie giornate con te accanto tutto il tempo. Perciò adesso vai a prenderti un caffè e rilassati finché non ho finito di lavorare»
«Mi dispiace, ma eseguo solo gli ordini. L'aspetterò fuori dal suo ufficio» risponde per poi uscire.
Un respiro profondo, mi carico di buona volontà e studio i bilanci dell’azienda. Ho molto da imparare e non importa se sarò in carica per poco tempo, voglio essere preparata e rendermi utile.
Passate le dieci ore in cui non ho fatto altro che studiare e memorizzare varie procedure finalmente posso entrare in casa, lasciarmi andare sul divano e non fare niente. Non avrei mai pensato che sarei tornata a vivere nella casa dei miei. Erik aveva insistito per prendere un loft, considerando che nel suo si è trasferito Lukas, ma io ho insistito. La casa dei miei era libera e l’idea di viverci per un po’ non mi dispiace.
«Sono a casa» dico una volta entrata. Mi volto e con la mano saluto Tom che mi tiene d’occhio a pochi metri. È un brav’uomo non posso dire nulla su di lui, il problema è il mio adorato maritino che ha avuto l’idea.
«Ehi piccola».
Ecco la mia luce. Lui mi viene incontro, mi bacia e io mi sciolgo, la tensione accumulata in giornata svanisce e finalmente mi lascio andare rimanendo semplicemente me stessa.
«Com'è andata la giornata?» chiede.
«Dovrei parlarti dei bilanci, ma sinceramente non ho voglia di parlare di lavoro adesso».
Le sue dita giocano con una ciocca dei miei capelli mentre mi guarda in quel modo che amo.
«Facciamo così, stasera non parleremo di niente se non di noi due».
«Affare fatto» dico mentre mi lascio andare sul divano. Nell'ultimo periodo la nostra vita è cambiata radicalmente. Spero sempre di svegliarmi e trovare tutto in ordine com’era una volta e non il caos. Le indagini, lui che è obbligato a stare lontano dalla sua azienda, io che ne sono diventata l’amministratore delegato e come se non bastasse qualcuno vuole farci del male. Inutile negare che vivo con la paura, ma non tanto per quanto per lui. Vorrei piangere, urlare, rompere tutto, ho mille emozioni contrastanti dentro di me. Non posso farmi vedere fragile, lui deve avere una spalla su cui appoggiarsi e voglio essere io. Voglio fare per lui almeno un po' di quello che lui ha fatto per me. É la prima volta che lui ha bisogno di me e io voglio esserci.
«Non farlo» mi riprende. So cosa sta per dire. Per lui sono un libro aperto. «Non mi piace quando ti chiudi in te stessa. I tuoi occhi perdono luce e tu sembri spenta in quel momento».
Mi lascio cullare dalle sue braccia. Ecco il momento dove io mi sento in pace e amata. E pensare che la prima volta che eravamo seduti su questo divano, lui era il mio capo. Il mio capo sexy.
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