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CAPITOLO 16

ERIK

Arrivato davanti a ciò che resta della nostra casa, corro verso il primo pompiere che vedo.

«C'era qualcuno in casa?» chiedo in preda al panico.

«Non lo sappiamo ancora signore. Stiamo ancora cercando di spegnere il fuoco».

Non posso aspettare, devo saperlo. Mi guardo intorno alla ricerca dell'agente Silver e non ci metto molto ad individuarlo. Sta parlando con un pompiere. Mi avvicino ascoltando l'ultima parte del loro discorso. A quanto pare sembra sia un incendio doloso ma non ne sono sicuri. Non è questo che mi preoccupa, io voglio sapere dov'è mia moglie. Sto per chiedere informazioni ma in quell'istante il mio telefono comincia a suonare. Un numero sconosciuto.

«Pronto.»

«Ha chiamato Elisa, sta bene.» dice un Logan felice.

Le parole arrivano come un sollievo immediato. Dio ti ringrazio, sta bene.

«Ha provato a chiamarti ma non eri raggiungibile così ha chiamato qui. La trovi al distributore vicino alla caffetteria Just. Dice di aver bucato».

Non potevo ricevere notizia più bella. Almeno adesso so che sta bene.

«Grazie Logan, vado subito da lei». Infilo il telefono in tasca e vado verso la macchina, ma la voce di Silver mi blocca.

«Non ho tempo ora, devo andare a prendere mia moglie.»

«Sono felice che stia bene, ma ho bisogno che ritorniate qui.»

Annuisco e salgo in macchina.

Non vedo l'ora di riabbracciarla. Per un attimo ho pensato al peggio, ed è una sensazione che non vorrei provare mai più.

Arrivato al distributore la vedo in lontananza mentre parla con un uomo sui cinquant'anni, sempre socievole mia moglie. Sembra tranquilla. Ciò significa che non sa ancora della nostra casa. Chissà come la prenderà? Sicuramente non bene.

Scendo dalla macchina e le vado incontro.

«Ecco il mio cavaliere irraggiungibile» commenta divertita. Quel sorriso scomparirà molto presto, e ancora una volta la causa sono io. La stringo tra le mie braccia e annuso il suo dolce profumo. Vengo invaso da una sensazione di pace e tranquillità.

«Mi fa piacere sapere che ti sono mancata» commenta ridacchiando. La sua mano accarezza i miei capelli e in quel momento mi maledico per tutte le volte che l'ho fatta soffrire. Non la merito.

«Elisa, devo dirti una cosa».

Mi guarda con una smorfia, sa che quando la chiamo per nome è qualcosa di serio.

«Dimmi che non hai combinato guai in mia assenza».

La guardo mentre serra gli occhi e mi guarda in quel modo che mi fa impazzire ancora di più. Non ha ancora capito che anche quando cerca di fare la maestrina la trovo adorabile.

«La questione è seria. Dobbiamo andare a casa, è successo qualcosa che non avevo previsto» dico staccandomi da lei.

«Non capisco perché ogni volta devi fare mille giri di parole. Arriva al dunque, dimmi cosa è successo» protesta.

Prendo un respiro profondo consapevole che cambierà tutto.

«La nostra casa è andata a fuoco».

Spalanca la bocca mentre il suo viso diventa improvvisamente pallido. Mi guarda come se avesse il dubbio di aver sentito male. Sì muove lentamente sedendosi sul bordo del marciapiede. Guarda in avanti, ha lo sguardo perso. Ok, è ufficiale. É sotto shock. Rimane in questo stato per diversi minuti e non ho il coraggio di dirle niente. Non so come comportarmi, non l'ho mai vista così. Non si muove, non dice una parola, neanche il minimo rumore. Mi appoggio alla macchina con lo sguardo fisso su di lei. Ti prego dimmi qualcosa. Si alza di scatto e viene verso di me.

«É colpa mia? Ho dimenticato qualcosa acceso?» chiede allarmata.

«Non lo so. Dovremmo andare a casa e vedere cosa ci dicono. Quando sono andato via i pompieri stavano spegnendo il fuoco»

«Andiamo. Voglio capire cos'è successo» ordina.

Sicuramente pensa di essere lei la colpevole, ma la mia teoria è un'altra. Non so perché mi sembra tanto un avvertimento. Se i pompieri confermano che è stato un incendio doloso, vuol dire che qualcuno mi sta mandando un messaggio. Stringo le mani sul volante con forza mentre tengo lo sguardo fisso sulla strada. Lo sapevo che non era una buona idea dire la verità, cazzo. Se è come penso, siamo nei guai fino al collo. Devo proteggerla, non permetterò che succeda altro. Spero tanto di sbagliarmi altrimenti non ho idea di come finirà questa storia.

«Oh mio dio» esclama appena raggiungiamo il vialetto di casa. Mette le mani davanti alla bocca e il suo bellissimo viso si vela di lacrime. Mi spezza il cuore vederla così e sapere che potrebbe essere colpa mia non fa che peggiorare la situazione.

Scendiamo dalla macchina e in quel momento l'agente Silver viene verso di noi.

«Truston, Signora. É confermato, l'incendio è doloso»

Elisa mi guarda in modo glaciale. Lo sapevo, adesso inizia il vero inferno.

«Chi potrebbe fare una cosa del genere?» chiede voltandosi verso l'agente.

Silver la guarda per poi guardare me come se non sapesse cosa fare. Sospiro prendendo la sua mano. «Nessuno può sapere chi è stato. Sicuramente faremo delle indagini e appena sapremo qualcosa vi informeremo».

«Perché ho l'impressione che voi due sappiate benissimo chi possa essere stato?» dice acida con gli occhi fissi su di me. Sarà più dura di quanto pensassi. Credo che anche Silver come me abbia intuito chi potrebbe fare una cosa del genere, ma è solo un'ipotesi. Prima di accusare qualcuno servono le prove. Non credo che sarebbe la cosa giusta informare Elisa, si preoccuperebbe ancora di più e non voglio.

«Penso che potrebbe essere qualcuno mandato da Stefan ma non ne sono sicuro» mento.

«Quell'uomo non ci lascerà mai in pace» borbotta «tutte le nostre cose sono andate distrutte. I nostri ricordi. Tutta la nostra vita sta andando in pezzi» continua guardando ciò che resta della casa, macerie.

«Non dire così. Vedrai che si risolverà tutto. Ricostruiremo la nostra casa, te lo prometto» cerco di rassicurarla.

«Sì risolverà tutto? Ti senti? Niente tornerà come prima. La nostra casa, noi, la nostra vita. Si sta sgretolando tutto. Non c'è niente che vada bene. Guardati intorno, regna solo il caos» urla disperata.

Cammina verso le macerie ma un pompiere cerca di bloccare il passaggio.

«Sì sposti» dice fredda. Il pompiere la guarda di sbieco ma Silver gli fa cenno di lasciar passare.

Continua a camminare guardando per terra come se fosse alla ricerca di qualcosa. La vedo mentre asciuga le lacrime e in quel momento non resisto e decido di avvicinarmi.

«Stai tranquilla, sistemerò tutto» sussurro abbracciandola.

«Lo sai anche tu che non è vero» ribatte singhiozzando.

É vero, niente tornerà come prima, ma cercherò di sistemare quello che si può. Sono l'unico colpevole di tutto ciò. Queste sono le conseguenze dei miei errori. Devo tenerla al sicuro finché tutta questa storia non sarà finita. Per colpa mia abbiamo perso il nostro bambino, sempre per colpa mia la nostra casa.


 

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