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Non che sia mai capitato, ma se qualcuno proprio glielo chiedesse, Manuel risponderebbe subito che è l'estate la sua stagione preferita.

La leggerezza che quel periodo porta con sé, le giornate trascorse in spiaggia senza neppure un pensiero a turbarlo, il deja-vu confortante delle tante piccole cose ripetute uguali anno dopo anno – dal solito racconto fatto al telegiornale di automobili incolonnate per l'esodo delle vacanze fino alla lavagnetta in metallo con gli stessi gelati di sempre appesa fuori da ogni bar – tutto per lui contribuisce ad avvalorare la sua tesi.

E poi l'estate non deve preoccuparsi della scuola, o meglio, con un terribile quattro in matematica svettante sul registro fino a fine maggio, certo che avrebbe dovuto, ma poi, come in tutte le situazioni all'apparenza irrisolvibili in cui precipitava, era arrivato Simone, i suoi modi gentili, la pazienza infinita, i pomeriggi trascorsi tra lunghe ripetizioni e canne smezzate, e il debito si era trasformato, con sommo stupore tanto suo che della Girolami, in una sufficienza piena.

Quindi, di nuovo, nessuno gliel'ha chiesto, ma se proprio la domanda dovesse arrivare, Manuel non si farebbe problemi a rispondere che la sua stagione preferita potrebbe essere quella che sta vivendo sul momento, steso su una sdraio scricchiolante nel giardino di Villa Balestra, le braccia lungo i fianchi e gli occhiali da sole al naso, mentre osserva i suoi compagni nuotare spensierati in piscina.

Anche la radio abbandonata da qualche parte sul prato decide di adeguarsi alla situazione e rinuncia infatti ai chiassosi tormentoni in favore di un brano più lento, nostalgico, uno che Manuel prende a canticchiare prima ancora di rendersene conto e pur senza riuscire a ricordare se sia di recente uscita o meno.

Ne ascolta il ritmo, ne ripete le parole a bassa voce e gli pare che racconti della sua gioventù, quella che sta finalmente vivendo e alla quale non credeva sarebbe mai arrivato come invece vedeva capitare agli altri attorno a sé.

Ha iniziato tardi ad avere la sua età Manuel.
Quando i compagni si struggevano per la ragazzetta di turno, piangevano per dei brutti voti e scappavano di casa dopo una litigata con i genitori, lui il tempo per queste cose non lo aveva, troppo preso magari ad inventarsi un lavoro, legale o no che fosse, fra scheletri di auto scassate giusto per portare qualche soldo a casa e non dover più vedere la madre nascondergli le lettere e il tormento dell'ennesimo avviso di sfratto.

Ci era voluto un po' affinché tutto si sistemasse e nel frattempo aveva vissuto dei giorni nei quali si era sentito il triplo dei suoi anni addosso, volendo però averne la metà o magari non averne per niente, non essere mai nato, forse scomparire del tutto.
Se lo ripeteva spesso, poi lo esternava pure al di fuori con domande inquiete che sottoponeva ad Anita, o a chi gli stava vicino, ad esempio a Simone, da cui si aspettava prima o poi che no, avrebbe risposto, non me ne frega niente se sparisci.

E invece quello non lo diceva mai, anzi si allarmava, trasaliva, era evidente negli occhi il terrore che succedesse qualcosa, nelle parole che pronunciava veloci, ma senza vergogna, ad un centimetro dal suo viso stupito.
"Certo che mi dispiace e pure parecchio" replicava e lui allora rimetteva in discussione ogni cosa, cacciava via i pensieri cupi, la rabbia così difficile da controllare, le angosce esistenziali di cui nemmeno conosceva l'origine, voleva fare spazio a cose migliori.

L'adolescenza allora non si era fatta attendere più e gli era caduta addosso tutta insieme qualche giorno dopo a scuola, la fine dell'intervallo ormai suonata e una strana assenza nel banco accanto al suo che lo spingeva ad uscire dalla classe per cercare il compagno mancante e trovarlo a ridere nei corridoi con un ragazzo di quinta.

Quanto aveva saputo rendersi ridicolo in quel periodo, quanto era stato capace di inanellare una serie di cazzate tremende in fila, ha quasi difficoltà a pensarci.
Non riusciva a capirsi da solo e pretendeva che fossero gli altri a farlo per lui, che fosse Simone a non stargli troppo appresso perché già a vederlo si confondeva, ma anche a schiarirgli le idee, ad acquietarlo, con la sua semplice presenza della quale non sapeva in ogni caso fare a meno.

Alle scenate di gelosia senza motivo e senza diritto che gli aveva riservato, alle attestazioni di possesso assolutamente non richieste – e consumate pure con gesti innocui come le dita strette sui fianchi morbidi nelle corse in moto – riesce a dare un'identità più nitida solo da poco, ad esempio anche sul momento mentre, nel poco spazio tra il suo corpo e la sdraio, avverte un peso improvviso accompagnato dalla sensazione fastidiosa di acqua clorata a bagnargli le gambe.

Mostra un tedio enorme per tale gesto Manuel, addirittura emette uno sbuffo d'aria che però Simone pare non recepire, a giudicare dal modo in cui, continuando a dargli le spalle, strizza meglio i capelli con una mano e fa scivolare le goccioline che gli illuminavano la testa in un percorso impertinente che dalla nuca, scende poi al solco della schiena, per infine andare a morire nel sottile spacco tra la pelle e il bordo posteriore del costume.

A pensarci bene, averlo così vicino, non gli dà poi tanto fastidio, anzi ritiene che dovrebbe accostarsi meglio e un arto alla volta magari stendersi sopra di lui, fregarsene del caldo che li squaglierebbe e pure dei compagni dietro che un po' fingono di non notare le loro pratiche di corteggiamento a cui ormai sono abituati, un po' sogghignano come dei cretini.

Pure Simone, che pareva all'oscuro di tutto, invece forse qualcosa l'ha capita visto che, nel girarsi con lentezza tremenda nella sua direzione, piazza un palmo ghiacciato nel punto più sensibile del suo stomaco, proprio dove una lieve peluria lo colora, e gli rivolge un sorriso innocente, capace di aumentare i battiti cardiaci di Manuel e obbligarlo a stringere discretamente le gambe.

Cerca allora di rispondere come può alla chiara provocazione ricevuta e, con le labbra quasi immobili, "se non ci fosse nessuno ti toglierei sto sorrisetto del cazzo dalla faccia in un attimo" sussurra forse un po' troppo feroce "ti bacerei piano, pianissimo come piace a te" aggiunge pure sollevando gli occhiali per fissarlo intensamente "te lo ricordi come ti piaceva quella sera? La casa vuota, la piscina appena riempita e noi a scopare dentro... io a scopare te amore mio, mh?"

Simone sgrana gli occhi, avvampa e "Manu!" lo ammonisce a ritmo con una leggera sberla nel punto ancora sfiorato.
Manu allora mette su quell'espressione mascalzona che pare sottintendere un divertito quanto serio non puoi vincere a sto gioco con me Simo', ma al contempo si placa a sua volta, il desiderio costante di prendere in giro l'altro soppresso dal bisogno di vederlo tranquillo, di sapere che, più di tutto, accanto a lui non si senta né messo in ridicolo né mortificato.

E per quanto sappia che quelle conversazioni sottovoce non sconvolgerebbero nessuno dei presenti, è piuttosto certo infatti che la segretezza del loro rapporto sia alla fine la barzelletta del gruppo, neppure vuole dare spettacolo in un modo tanto grezzo e cafone, grazie tante.

Se proprio anzi dovesse rendere noti i fatti suoi – mettere da parte le solite paturnie e accontentare il più piccolo che promette sempre di non volere più di quello che vuoi tu Manu, a me va bene così, te lo giuro, ma lui lo sa che alle mani strette sotto il telo mare mentre si accerta di non essere visto dagli altri preferirebbe qualche gesto anche più delicato, però fatto senza vergogna o timore di un rifiuto – forse sceglierebbe proprio quel momento, la brezza estiva ad alleggerirgli i pensieri, la stessa canzone romantica che ancora rimbomba nelle orecchie e i suoi amici più cari pronti ad assistere a qualsiasi cosa decida di fare e a, magari, fingere pure di stupirsene.

Non ne vede più di motivi per trattenersi allora, per non battere un ginocchio sulla spalla di Simone che però fraintende e nel movimento ci legge dispiaciuto un invito ad allontanarsi, costringendo così Manuel a doverlo tirare per il braccio e "'ndo vai amo'?" richiamarlo prima di aprire meglio le gambe e fargli segno di accomodarsi in mezzo con il viso e il corpo rivolto nella sua direzione.

Accarezza piano la schiena coperta di brividi dell'altro, ne bacia via lo stupore dalla bocca e si accorge che, mentre dalla piscina sono partiti in ordine degli oh concitati, qualche fischio greve e persino un applauso sufficiente a far imbarazzare entrambi, per lui in realtà non è cambiato molto, non fosse altro perché da qualche parte fra testa e cuore ha sempre saputo che con Simone sarebbe finita così.

"Che guardi Manu?" si sente chiedere e nemmeno lui sa come spiegare che negli occhi spalancati di sorpresa vede non solo ogni secondo delle cose che hanno condiviso fino ad allora – le volte che il più piccolo ha messo mano alla sua vita confusionaria e se ne è preso cura, lo spazio che non gli ha mai tolto e il tempo che gli ha lasciato per venire fuori da quel se stesso che credeva fatto e compiuto e che invece con il Manuel di ora, con il ragazzino alleggerito da pesi non suoi, aveva ben poco in comune – ma anche tutto quello che il futuro può riservargli.

Pensa al diploma che li attende il prossimo anno, a come quella successiva sarà la loro ultima estate davvero libera e a quanto vorrà godersela al massimo sempre avendo Simone accanto, anche se con il pensiero che magari finiranno per studiare in posti diversi, perché a lui basta laurearsi in filosofia e diventare un giorno per qualcuno quello che Dante è stato per la sua classe, mentre il compagno vuole sicuramente l'ateneo migliore per realizzarsi, forse andando a Milano o addirittura all'estero.

E Manuel si immagina gia stare male all'idea, ma sostenerlo comunque, accompagnarlo al test di ingresso ed esultare assieme per il prevedibile posto altissimo in graduatoria, andare anche alla stazione il trentuno agosto, no forse l'uno di settembre, adesso non se lo ricorda, baciarlo forte sulle labbra e dirgli di non piangere, ma poi essere il primo a farlo appena il treno è fuori dal suo campo visivo.

Andremo avanti così per un po', riflette, una volta salgo io da lui, una volta torna lui da me, ma poi lo sa che gli impegni, le nuove amicizie, la vita velocissima che scorre, prendono il sopravvento sulle promesse e ci mette in crisi proprio quando Simone sta per laurearsi e mi dice che forse è il caso di prendere una pausa anche se alla proclamazione mi vuole lo stesso e non fa niente che la notte successiva abbiamo scopato come dei pazzi, le foto vicino alla torta le facciamo comunque un po' distanti così se davvero ci lasciamo, spiego mentre disegno una linea verticale dietro l'immagine, almeno puoi tagliarmi via.

Non ci crede manco lui a quelle parole e fa bene perché è già sicuro che alla sua di laurea, presumendo avverrà qualche tempo, saranno sempre appiccicati, un po' per colmare la mancanza accumulata nei mesi precedenti, un po' perché tanto noi non ci lasciamo più, confiderà Simone all'orecchio prima che qualcuno li inviti a sorridere per un'altra foto.

Se si concentra, se per un attimo chiude gli occhi e fa uno sforzo, gli pare pure di vedere sia quella sia tutte le altre diapositive che scatteranno negli anni: il suo primo giorno di lavoro sulle scale del Da Vinci, poi quello del compagno nello stesso punto, ancora le serate con la famiglia e gli amici, Dante steso sul prato a ridere mentre cerca prospettive inedite da cui fotografare, nonna Virginia imbellettata dalla testa ai piedi anche se è luglio e fanno 40 gradi, la prima vacanza a Parigi, il rientro appena in tempo per il matrimonio di Giulio e Monica a fine agosto, il loro neanche due anni dopo, sempre d'estate anche se il compagno si mostra titubante, ma Manuel alla fine lo convince perché il giardino della Villa è più bello a giugno tutto in fiore e poi noi è d'estate che ci siamo innamorati, ha più senso così.

Sono solo pensieri che non sta nemmeno esternando, eppure Simone ancora stretto tra le sue braccia deve averli intercettati o magari, guardandolo a sua volta, sogna di una vita identica mentre comincia a canticchiare proprio la canzone che aveva in testa anche lui, sempre quella passata per radio, sia sul momento, sia durante il loro primo ballo, quando nessuno dei due butta un passo coordinato, ma entrambi ridono sguaiati per quanto sono goffi.

Chissà se sta immaginando pure la stessa casa che immagino io – si chiede – una cucina di quelle moderne, magari ad induzione, il terrazzino al fresco, le maioliche nel bagno, la camera da letto dei bambini.

Quanti ne avremo Simo'?, mille domande affollano di colpo la mente, tu che sai tutto, tu che sei tutta la mia vita, me lo dici quanti? Come li chiameremo? Saranno un maschio e una femmina? Oh, io la femminuccia la vorrei e  pure tu, che me l'hai detto tante volte che la bimba di Palmieri è bellissima e ti ho dato ragione, ma solo perché è uguale alla mamma.

Si stringe meglio a Simone, lo guarda di nuovo come se potesse trapassarlo e sente pure che gli dice di calmarsi, "Manu ti batte fortissimo il cuore amore mio, che hai? Ti fa troppo caldo?"
Lui prima dice sì, dopo però nega, poi ancora fa per parlare, come te lo spiego che i miei figli li voglio uguali a te?, pensa nervoso, come te lo dico che ho sempre sognato di avere 17 anni, ma con te vorrei scoprire di averne 30 o 40 già domani, noi due sposati, l'estate in spiaggia o qui in piscina e i bimbi che non ci lasciano soli un momento, ma a noi va bene così perché che bello è quando ci chiamano–

"Papà!"

Oh?

"Papà guardate come nuotiamo, papà!"

Spalanca gli occhi in fretta Manuel e, con Simone ancora addosso, quasi fa saltare pure lui dalla sdraio per lo spavento.

Non crede di essersi addormentato, quanto più di aver avuto un'esperienza fuori dal proprio corpo, una voragine di ricordi e nostalgia che l'ha assorto così tanto da rendergli difficile mettere in fila due parole per replicare ai continui richiami che riceve.

Il compagno invece non sembra scosso, piuttosto ridacchia per la sua reazione, poi gli lascia un bacio sulla bocca e rivolge finalmente le attenzioni ai bambini che, avvolti tra braccioli e salvagente, salutano Monica e Chicca a un bordo della piscina per precipitarsi verso quello opposto dove Giulio e Matteo sono pronti a prenderli con le braccia aperte.

Simone applaude entusiasta "amore hai visto come sono bravi?" domanda girandosi appena e solo allora, con il sole a sfiorarne il viso, Manuel nota le piccole pieghe attorno agli occhi e quel paio di capelli bianchi sulle tempie che, ora se lo ricorda, il marito cerca sempre di nascondere ogni mattina davanti allo specchio.

Annuisce piano allora, solleva pure un po' il capo per guardare meglio la scena dei suoi figli e quelli dei suoi amici che giocano insieme e si preoccupa pure di chiedere se alla piccola Anita sia stata messa la protezione più alta.
"Lo sai che lei si arrossa subito Simo'" insiste "vedi che ha la pelle delicata come te? La fotocopia tua, amore mio."

Simone prova a replicare, ad assicurargli che certamente non si può dimenticare mai di una cosa così importante – e pure che tutta sta somiglianza lui non la nota, almeno non come avviene invece per il piccolo Dante con il suo nasino pronunciato e l'espressione da furbetto che proprio da me non può averla presa, direbbe – ma l'altro non gli lascia nemmeno tempo di aprire bocca che già se lo sta tirando di nuovo addosso, le mani sul viso per carezzarlo e le labbra schiuse alla ricerca di un ennesimo contatto che il più piccolo concede senza troppe storie.

Qualcuno, forse quell'imbecille di Matteo, grida un divertito "ao! Me parete du ragazzini!" e Manuel non può fare a meno di sorridere e essere d'accordo mentre Simone "che c'hai oggi che sei così contento, Manu?" chiede con gli occhi illuminati.
"E' estate, amore" spiega prima di baciarlo ancora "la mia stagione preferita."





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nota dell'autrice:

non lo so regaz, veramente non lo so.
Prima ho ascoltato troppe volte la canzone di Mango, poi mi sono distratta con A groovy kind of love di Phil Collins e, alla fine, mentre scrivevo sto schifo in 4 ore contate mi è venuto in mente uno dei miei quadri preferiti nell'universo, Portrait of an Artist (Pool with two figures) di David Hockney e ovviamente al posto di quel povero cristo ci ho immaginato Manuel Ferro.

Vorrei anche dire che per me l'estate, l'adolescenza e gli anni '80 sono un po' la stessa cosa così come l'inverno, gli anni di piombo e l'età adulta, ma è un discorso strano che renderebbe le note più lunghe della ff, quindi sorvolo e mi limito a ringraziare come al solito le mie paffute per la pazienza e voi per tutto l'affetto.

P.s: in copertina un'opera (un'altra) di David Hockney.

Ciao!🧚‍♀️

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