7-𝓘𝓷 𝓮𝓯𝓯𝓮𝓽𝓽𝓲... 𝓼𝓮𝓲 𝓹𝓪𝔃𝔃𝓪.
Cercai di scostarmi mentre il mondo mi cadeva addosso.
Raith! Quel lurido bastardo aveva preso la mia fiducia tra le mani per poi sgretolarla come sabbia tra le dita, trasformandola in misero pulviscolo.
«Tu? Insignificante essere disgustoso, sei stato tu ad inventare fandonie su di me? Non è possibile, non ci credo!» dissi allibita con le mani in viso per tentare di capire se stessi sognando.
«Non ho inventato niente, Aledis! Io ti ho vista con questi stessi occhi» continuò con la sua bugia.
«Era la tua quella figura che ho visto sparire nella foresta? Sì che lo era! Che scema che sono stata. Non posso credere di essere così ingenua da pensare che tu potessi diventare mio amico. Sei un ignobile traditore!» gridai, prima di scaraventarmi su di lui e prenderlo a pugni sul petto, all'altezza del cuore, come un'isterica pazza.
Neanche lo conoscevo, ma la delusione fu così potente da spezzarmi il cuore, in parte. Era riuscito, in così poco tempo, a farsi voler bene. I suoi occhi mi avevano ingannata. Quegli stessi che reputavo, fino a quell'istante, buoni sopra ogni misura, sapevano essere falsi, invece. Così ingannatori da lasciarmi un vuoto dentro l'anima che difficilmente avrei potuto colmare.
«Ascoltami, capretta, lascia che ti spieghi» pregò senza neanche provare ad arrestare la mia furia manesca.
«No, non hai alcun diritto di spiegare niente» dissi, poggiandomi sui miei pugni distesi sul petto di quella Bestia. «E un'altra cosa...» continuai distaccandomi dal suo corpo. «Non permetterti più di chiamarmi capretta.» L'ordine che gli diedi, il tono che utilizzai, la rabbia che sentivo crescere, fece rabbrividire anche me.
«Lasciami parl-»
«Esci dalla mia vista, fuori di qui... ora!» urlai con tutto il fiato che avevo in gola, mostrando l'uscita dell'infermeria.
Non gli diedi il tempo di continuare con il suo sproloquio, ero un fuoco che divampava dalle viscere e... dalle mani. Le mie mani.
Queste avevano preso ad ardere, senza scottarmi. Guardai attonita cosa stava succedendo, ma allo stesso modo in cui mi calmai, il fuoco si spense.
Rimasi paralizzata per ciò che era appena successo. Sentivo gli occhi di Raith puntati su di me, i miei rimasero fissi sulle dita, a scrutarle.
«Cosa diamine è stato?» Mi domandai alle prese con la realizzazione.
«Sto cercando di spiegartelo, ma non vuoi ascoltarmi.»
«Sei ancora qua?» Alzai la testa per far comprendere la minaccia.
«Ok, fa' come vuoi. Saprai dove trovarmi, quando e se ti calmerai, anzi no, non lo sai!» disse prima di voltare le spalle e allontanarsi, lasciandomi sola a cercare di comprendere.
Realizzai che avevo del lavoro da sbrigare e anche alla svelta. Non potevo perdermi nella mia immaginazione. Sì, perché quello che era appena successo, non poteva essere altro che frutto della mia fantasia.
«Non lo è!» rimbombò una voce che non sapevo da dove provenisse.
«Dove sei? Chi ha parlato?» chiesi al vento, cercando di capire da dove diavolo arrivasse quel suono.
«Sono qui, dietro di te. Se solo ti degnassi di aiutarmi, potrei anche non fare la fine del pollo, sai?»
Mi sentivo spaesata, in qualunque direzione mi voltassi non riuscivo a vedere nessuno, se non quella povera bestia agonizzante lasciata sulla barella.
«Ehi, di qua. Ti prego, inizia a fare ciò che devi, non perdere altro tempo. Sono pieno di dolori. Dalle unghie delle zampe fino alla punta della coda.»
«Ok, Aledis, stai decisamente delirando. Prima il fuoco, ora credi che il lupo morente ti stia parlando... Hai bisogno di riposare» dissi a me stessa.
«No, hai bisogno di curarmi. Ne senti proprio la necessità. Ho anche sete... e fame. Solo che non so se riuscirei a cacciare in queste condizioni, anzi direi proprio di no. Non so se tu te ne sia accorta, ma sono distrutto» blaterò con tono ironico e soffocato come fosse febbricitante.
Mi toccai la fronte. Pensai che, magari, i giorni e le ore che avevano preceduto quel momento e che mi avevano portato a non provare emozioni, si fossero modificati in altro. Le sensazioni che, man mano, stavano riaffiorando, sovrastandomi, avevano preso il posto della mia sensibilità al dolore. Sì, doveva essere così, e io di sicuro ero in preda al delirio a causa della febbre alta.
Mi avvicinai, con molta cautela, alla bestia agonizzante. Lo osservai con tenerezza mista a incredulità.
«Sei tu che stai parlando con me?» chiesi, dandomi anche dell'idiota per averlo fatto.
«No, tuo padre! Certo che sono io, vedi qualcun altro qua dentro?» rispose tossendo, incastrando i suoi occhi color del cielo nei miei.
Ammutolii e, come un automa, iniziai a raccogliere le stoffe pulite lasciate su di un bancone in legno e a riempire secchi d'acqua per pulire le ferite. "Meglio agire in fretta prima che perda il resto delle mie rotelle" pensai.
Mi estraniai dalla scena, non avevo intenzione di dare modo alla follia di prendere il sopravvento.
Cercai con lo sguardo il pozzo per prelevare dell'acqua pulita ma, nelle vicinanze, non riuscii a vedere altro che una minuscola vasca in pietra con attaccato un aggeggio metallico provvisto di leva.
«Se te lo stessi chiedendo, è un lavandino. Se alzi quella leva in alto, esce acqua, giuro!» Mi schernì la voce nella mia testa. Tentai di ignorarla, ma la curiosità ebbe il sopravvento.
Alzai la leva e, come per magia, l'acqua uscì per davvero.
Bagnai le pezze bianche prima di accostarmi di nuovo alla bestiola per pulire il sangue incrostato dal suo manto.
«Così non risolvi nulla, serve acqua calda.»
Una voce familiare e sconosciuta, proveniente da dietro le mie spalle, fece il suo ingresso.
Mi voltai di scatto, spaventata, per accertarmi della presenza. Volevano ancora farmi passare per pazza? Non ci sarebbero riusciti, o forse sì.
La figura c'era, eccome se c'era. Importante, fiera, perfetta, bellissima, arrogante e... odiosa.
«L'acqua calda? Non ho i mezzi per riscaldarla. Non ho un fuoco, né un contenitore adatto, né tantomeno legna da ardere, se proprio dobbiamo dirla tutta, Killian» ribattei innervosita dal suo atteggiamento spocchioso.
«Signore!» rispose.
«Signore cosa?»
«Devi chiamarmi, Signore!» ripeté con un ghigno che non seppi decifrare.
Mi avvicinai a lui, con la pezza bagnata in mano, puntandogliela contro per schizzargli, di proposito, gocce d'acqua sul volto.
«Sì, col cavolo.» Risi della sua impertinenza. «Non sarebbe meglio: Signore mio padrone o Altissima Eccellenza? "Signore" mi sembra un termine così scarno» ironizzai con sarcasmo.
Non la prese affatto bene.
Accorciò, ancora di più, la poca distanza che rimaneva afferrandomi il braccio che animava la pezza bagnata, insinuò i suoi splendidi occhi nei miei per poi appoggiare la sua fronte alla mia, senza distogliere lo sguardo.
«Signore mio padrone, potrebbe andare bene ma, sono sicuro, saprai trovare di meglio» soffiò digrignando i denti.
Quella vicinanza m'incastrò nelle sue meravigliose iridi. Finalmente riuscii a vederle nella loro particolarità. Erano di un blu profondo con sfumature dell'ametista che contornavano la pupilla per poi allargarsi come fulmini viola in un cielo notturno rischiarato dagli stessi. Splendidi, incantevoli, sorprendenti.
Saltai un battito per quella vicinanza e, la sua voce calda mi provocò un brivido lungo tutta la schiena, mentre le sue parole m'incendiavano i nervi.
«Non azzardare questi toni con me, sai!?» replicai alzando la voce di un decibel e fissandolo in cagnesco.
Riuscì ad avvicinarsi più di quanto già non fosse, dandomi l'impressione di volermi stampare un bacio. Chiusi gli occhi, attendendo un gesto che non avrei neanche voluto, non mi spiegai i motivi che mi portarono a farlo ma, quel bacio, non restò in attesa, glielo diedi io stessa, d'istinto.
Sgranai gli occhi, pentendomi di ciò che avevo fatto, portai le mani alla bocca. Lui mi guardò, malizioso. Senza scostarsi dal mio corpo, allungò il braccio in direzione della leva posizionata sopra quella vasca che loro chiamavano lavandino, la girò a sinistra e...
«Acqua calda, Cappuccetto» disse mentre continuava a fissarmi con un sorriso sfacciato, immorale... illegale. «Attendi qualche secondo e sarà tutta tua, l'acqua. Forse miravi ad altro ma, mi spiace, non sono uno che si concede alla plebe» affermò canzonatorio.
«Io... io sono inciampata, ecco.» Diventai paonazza, avvampai all'istante. Lo stesso in cui mi lasciò andare facendo un paio di passi indietro.
Non avevo idea di cosa fare o dire.
«Io credo che tu volessi fare proprio ciò che hai fatto!» Affermò con sicurezza portandosi le dita a sfiorare le labbra seducenti. «Capisco, sono un bel ragazzo d'altronde, ma tu devi stare al tuo posto e pensare solo a ciò per cui sei venuta. Cura Lantus, salvagli la vita e, tra un anno, potrai tornare a casa dalla tua famiglia, sarai libera.»
La mia famiglia...
Lantus...
Riuscii, finalmente, a riconnettermi con la realtà e recuperare il battito perso. Trovai il modo per togliermi dall'imbarazzo, o almeno ci provai, e capire qualcosa in più su ciò che stava accadendo.
«Non avrei voluto baciarti, mi spiace, ma stanno succedendo cose strane che mi stanno facendo perdere la ragione, credo.» Tentai di giustificarmi.
«Quello non era un bacio, potrei dartene una dimostrazione pratica, ma non ci sarebbe divertimento. Anche perché, mi stai dicendo che lo hai fatto per pura follia, ho capito bene?» domandò senza mostrare offesa, ma solo scherno.
«Esatto!» risposi portando avanti le mie mani. «Da queste, prima, è uscito del fuoco. Lantus invece, mi ha parlato. Capisci? Sento le voci e vedo cose del genere e poi, ciliegina sulla torta, ti bacio. Sì, sto impazzendo, è ovvio!»
«Del fuoco? Bene!» disse entusiasta.
«Come bene? Mi hai sentita? Sto andando fuori di testa in questo posto. Niente bene, no, è male. Malissimo!» specificai sentendomi sempre più incompresa.
«No, è bene. Questo significa che controlli la natura e i suoi elementi, o almeno alcuni. Cioè, più che altro, potresti imparare a farlo. Ancora ti lasci sopraffare dai sentimenti. Come vedi...» blaterò, indicando Lantus dolorante, sulla barella. «A Lantus hai lanciato un fulmine, avevi paura, vero?» annuii con la testa. «Ora, dovevi essere arrabbiata se volevi incendiare qualcosa o qualcuno... Mhm... Cosa ha acceso i tuoi nervi?»
«Raith, quel disonesto. Vedi, io credevo, ecco, credevo stessimo diventando amici e invece, è stato lui a dire bugie sul mio conto.»
«Raith non mente, Cappuccetto, mai. Omette, quello sì, ma mentire non è nel suo stile. È leale, lo è sempre stato e in molti si fidano ciecamente di lui.»
«Ma io sono un essere umano, non ho alcun tipo di potere.»
«Vivi ancora nel mondo delle favole, ragazzina. Quante altre cose dovrai vedere per comprendere che hai dei poteri? No, davvero! Non ti basta aver colpito Lantus con un fulmine? No, quello non lo hai visto e posso anche comprendere che tu non voglia credere a una Bestia appena conosciuta, ma hai avuto altre prove. Il fuoco dalle mani e la voce di Lantus non ti mettono in allarme? Certo che no, Cappuccetto. Grida alla pazzia piuttosto che ammettere che forse, e sottolineo forse, non sei propriamente ciò che hai creduto per tutta la vita. È più semplice, no?»
«Ha ragione il mio padrone.» sussurrò Lantus.
«Sì, è più semplice e allora? Dovrei ammettere e accettare di non essere figlia di coloro che ho sempre creduto essere i miei genitori? Oppure, altra bellissima ipotesi, che abbiano mentito a me e alle mie sorelle per tutta la vita, nascondendoci dei poteri che avrebbero fatto sì che non patissimo la fame per giorni, mesi, anni? Sì, Signore delle mie brame, preferisco credermi pazza!» urlai nella disperazione che aveva pervaso ogni fibra del mio essere. Il sorriso beffardo di Killian sparì, lasciando il posto alla pietà.
«Sì, in effetti sei pazza!» continuò a sbeffeggiarmi il lupo.
«Tu fa' silenzio» ordinai pur sapendo che non mi avrebbe ascoltata. «Come si spegne?» chiesi sottovoce all'uomo che avevo davanti.
«Lo dovrai sopportare, prima guarirà, prima potrai non ascoltarlo più.» Sorrise guardandolo con affetto. «Dovrai allenarti!» affermò perentorio.
«Scusa? In che senso?»
«Devi prendere consapevolezza del tuo potere e imparare a gestirlo. Non sappiamo quanto sia grande, ma intanto, proviamo a vedere cosa riusciamo a tirare fuori.»
«E dovrei farlo... con te?»
Rise di gusto alla mia domanda, come avessi appena detto un'eresia.
«Non esiste, Cappuccetto. Non perdo tempo con te, troverò qualcuno che abbia voglia di annoiarsi nel darti una mano. Non sarà facile, ma ci proverò lo stesso.»
«Non devi trovare nessuno, eccomi. Allenerò Aledis, ogni giorno. Anche io devo riprendere dimestichezza, come ben sai, con il mio potere. Sarà un allenamento per entrambi.»
Il vocione di Raith si fece spazio tra le mura della stalla fino ad arrivare nell'infermeria. Aveva sentito tutto? Era rimasto nascosto tutto quel tempo? E, domanda più importante...
Avrei dovuto chiedergli scusa?
Parentesi autrice
Buon lunedì, piccoli bradipi assonnati (io lo sono di sicuro).
La reazione di Al non è stata esagerata, di più.
Aledis, dopo aver perso i sensi nella foresta, non riusciva più a provare sentimenti. Ora invece, stanno tornando, e non la toccano neanche piano.
Ha un carattere leggermente fumantino, ma dovrà fare pace con il cervello se vorrà avere la meglio sugli elementi, altrimenti, saranno loro a prendere il controllo.
Anche Raith e Killian avranno delle belle gatte da pelare, anzi, bellissime.
Lantus, nel suo stato semi vegetivo, l'ho trovato adorabile. Guarirà? Lo farà presto? Ma la domanda che mi sorge più spontanea di tutti è: la farà impazzire nel frattempo?
La risposta può essere una soltanto.
Alla prossima, cuZzoli!
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