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35-𝓛'𝓪𝓿𝓿𝓸𝓵𝓽𝓸𝓲𝓸

Non potevo credere ai miei occhi.
Vedere le mie sorelle attraversare il cancello sembrava quasi un miraggio. Cercai lo sguardo di Lantus, ma era impegnato a essere felice. Più di me, forse. Pensavo che, una volta distratta, avrebbe provato a raccogliere il cibo versato sul prato e, invece, la sua coda batteva veloce il vento. Le zampe fremevano. Non sapevano se stare ferme, andare altrove o incontro alle due ragazze. Si sedette, alla fine. Rimasi di pietra davanti a quella scena. Incredula.

Gli occhi di Yara e Myura erano tali e quali ai miei: disorientati, confusi e scettici.

I loro, anche assonnati, a dirla tutta. Più si avvicinavano e più realizzavamo, la confusione diveniva realtà.

Impaurite dalla presenza di Lantus, avevano timore di avvicinarsi ancora, ma lui era solo un'enorme bestia che non avrebbe mai fatto male a una mosca, se non provocato.

Mi avvicinai, accarezzandolo, per far capire alle mie sorelle che non dovevano averne terrore, ma restarono comunque sull'attenti.

Erano lì, lo erano per davvero. Ci bloccammo, scrutandoci per cercare di comprendere se fosse tutto un sogno. Bastò un abbraccio, colmo di quell'affetto che mi era mancato come l'aria, per appurarmi delle loro figure fatte di reale consistenza e non mera illusione.

«Voi due...» Tastai i loro corpi per essere più che sicura. «Voi due siete qui. Siete vere?» domandai, ancora confusa.

«Certo che siamo vere!» rispose Yara, scrollandosi di dosso qualcosa d'invisibile, mentre scrutava con aria diffidente il povero Lantus. «Quello lì, ci ha tirato giù dal letto.» sussurrò, mostrando Malakay alle sue spalle. «E non è stato gentile, affatto.»

Myura, al contrario di quella burbera di una ragazzina, mi strinse le braccia intorno alla vita, sollevandomi dal terreno. Le ferite facevano male, molto male, ma non m'importava. Preferivo sentire il dolore delle costole distrutte, piuttosto che rifiutare quell'abbraccio pieno d'amore.

«Mi sei mancata da morire, Aledis!» urlò, felice come una bambina piena di caramelle.

Yara avrebbe potuto dire quello che voleva, ma lo leggevo, dietro i suoi grandi occhi scuri e il viso pulito, senza neanche una di quelle luride lentiggini a sporcarle il volto, che aveva sentito anche lei la mia mancanza. I capelli biondi, ancora legati nella sua solita treccia pre-nanna, per cercare di formare onde mosse sui capelli lisci come seta, erano sfatti, disordinati. Le aveva svegliate sul serio.

Emisi un specie di grugnito, per il dolore che sentivo, mentre Myura mi stringeva. Tentai di nasconderlo, ma Malakay non fu della mia stessa idea.

«Lasciala subito.» ordinò perentorio, avvicinandosi con l'aria di uno che avrebbe potuto uccidere anche un'anima indifesa.

La maggiore, alleggerì la stretta, prima di lasciarmi andare sul prato soffice. «Cosa ti è successo? Tu sei ferita?» chiese Myura, allontanandosi per guardare Kay con un'occhiataccia. «Lui ti ha messo le mani addosso?» Sorrisi, negando con un cenno della testa.

«Siete ridicole, entrambe.» Il ragazzo sbuffò, contro le mie adorabili sorelle. «Vi ho solo chiesto di seguirmi e voi pensate subito che sia una bestia.» affermò, allargandosi in un sorriso di sbieco. «Non siete molto lontane dalla verità, ma non la toccherei, non come credete voi, almeno.»

Yara prese coraggio e la voce, che aveva tentennato a fare uscire, si fece sentire forte e chiara, mentre gli puntava il dito in piena faccia.

«Cosa dovremmo pensare?» chiese in una domanda che non voleva risposta. «Sei entrato in casa nostra, senza permesso. Ci hai buttate giù dal letto, tirandoci per le braccia, dopo aver scosso il materasso e hai detto testuali parole: "quanto cazzo ci vuole per svegliare due pesi morti. Alzate il culo da quel letto e venite con me, prima di subito"» Ne imitò il tono, facendogli il verso. «Quindi, sì, mio caro, sei un tipo di bestia che devo ancora capire.» disse, incrociando le braccia al petto.

Malakay si avvicinò minaccioso, soffiando nel suo orecchio:

«Io non mi farei incazzare, fossi in te.» ribattè, strizzando un occhio.

Vidi Yara deglutire della saliva e lasciare cadere le braccia giù per i fianchi. Mi guardò, sgranando gli occhi.

«Con chi cavolo vivi?» chiese, mostrando il labbiale, senza, però, emettere alcun suono, terrorizzata. «Mi piace!» continuò, dimostrando che mi sbagliavo.

Non aveva affatto paura, anzi, Malakay aveva fatto un centro perfetto con i suoi modi da sbruffone.

Il ragazzo si guardò intorno.

Prima rivolse lo sguardo su di me.

Su Myura.

Su Yara.

Poi, di nuovo su di me, prima di guardare Lantus, sconsolato e arreso.

«Non me ne bastava una?» domandò, rivolto verso il lupo. «Dovevo per forza prendere il pacchetto completo, vero?» continuò. «Sono un imbecille, un completo imbecille.»

«Non avevo dubbi.» risposi, per provocarlo.

Mi divertiva quella situazione.

Lui, il Drasoul senza cuore, aveva rinunciato alle sue cose per realizzare un mio desiderio. Dopo pochi giorni dall'arrivo a Ylion, non appena le mie emozioni si stabilizzarono, avevo espresso l'esigenza di rivedere la mia famiglia, ma nessuno pareva ascoltarmi.

A lui non lo avevo neanche detto, eppure...

«Come facevi a saperlo?» chiesi, con un dubbio che da tempo mi stava logorando.

Malakay sembrava restio a parlarmene, ma lo fece ugualmente.

«Ho ascoltato i vostri discorsi.» ammise, mostrando il lupo.

Sembrava non reggere il mio sguardo, ma non lo lasciò andare, mentre lo scrutavo con gli occhi stretti in due fessure.

«Quindi tu puoi leggermi nel pensiero? Mi avevi detto altro.»

Sentii le mie sorelle sussultare per quella rivelazione. Loro non erano al corrente della magia che regnava in quei luoghi. Non sapevano nulla. Non conoscevano alcuna verità, neanche quelle che riguardavano la nostra famiglia.

«Non ti ho mentito... io.» Allargò il petto, quasi come fosse orgoglioso di essere quello che era, ma lo sgonfiò subito dopo, quando iniziai ad avvicinarmi con aria di minaccia. «Non potevo, fino a qualche giorno fa. Comunicavo attraverso i pensieri del cagnaccio ma, da qualche giorno, sento qualcosa.» confessò, provocando anche la curiosità di Lantus, che si smosse dal prato e piegò la testa di lato nella direzione dell'uomo. «Sono dei bisbigli, piccoli frammenti che provengono da te, quando parli con questo coso.»

«Io non sono un coso.» rispose il lupo, prima di grattarsi l'orecchio con la zampa posteriore.

«Ha ragione! Lui non è un coso.» Lo difesi tra la confusione, sempre maggiore, delle mie sorelle.

«Che sta succedendo, Al?» chiese Yara preoccupata. «Cos'è questa storia della lettura del pensiero? Cosa sono quei graffi che hai sulle braccia?»

«Ti spiegherò tutto dopo. Resterete, vero?» chiesi, quasi in preghiera.

«Per qualche giorno, sì, se lui vorrà ospitarci.» disse Myura.

Guardammo tutte in direzione del Drasoul, che non esitò a dare conferma, ma era dannatamente scocciato, allo stesso tempo.

«Nostra madre è in viaggio. È andata a vendere il mio vestito da sposa.» continuò.

Ebbi un sussulto.

Il suo vestito da sposa? Venderlo?

«Ha annullato le nozze.» tenne a specificare Yara. «Ha trovato James, nel suo fienile, con la cameriera.»

Portai le mani alla bocca, ma non ero sconvolta realmente. Avevo sempre pensato che quei due non facessero l'una per l'altro. Non vedevo amore nei loro occhi, ma solo un'unione di convenienza, per lei, ma non per lui. Lui avrebbe potuto avere chiunque, ma si era accontentato della cameriera, a quanto pareva. Non avevo mai fatto distinzioni sociali. Ricordo molto bene, però, le grosse litigate con i suoi genitori per poter sposare mia sorella. Voleva fare credere a tutti che l'amore, quello vero, esisteva sul serio, ma io non me l'ero mai bevuta quella stronzata.

«Io vi lascio.» Ci informò il biondo. «Non voglio entrare in questi discorsi da femmine.» Puntualizzò. «Lantus, tienile d'occhio, io vado a fare una visitina a Killian.»

«E chi si schioda.» rispose lui, interessato ai nostri discorsi.

Malakay sparì, in una coltre di fumo nero, evitò le saette, quella volta. Le ragazze si spaventarono e fecero un passo indietro, tenendosi per le mani.

«Questa è stregoneria.» sussurrarono entrambe.

«No, questa è solo magia. Pura e semplice magia.»

Guardai quella nube, respirandone l'odore di zolfo che ne veniva fuori. Una strana sensazione mi colpì il petto. Una di quelle sensazioni difficili da comprendere.

Malakay era fuoco e acqua allo stesso tempo. Ti accoglieva nelle sue tenebre, ma da lì, non era difficile vedere la luce. Poteva bruciarti, disintegrarsi nelle fiamme del suo inferno personale, ma sapeva anche essere una carezza gentile, quando non se ne rendeva conto neanche lui.

Mi riscossi da quel pensiero e invitai le due ragazze a sedersi insieme a me al tavolino, per discutere di tutto. Chiamai Magda per farci versare una di quelle tisane che amavamo tanto e ci tenevano compagnia nelle nostre giornate ad Airsa, quando il gelo diventava insopportabile per poter mettere il naso fuori la porta.

Raccontai loro delle mie giornate trascorse a casa di Killian, di tutte le sue bugie. Raccontai di Lantus, del fatto che era stato proprio quel lupo a invadere la nostra casa e loro non riuscivano a spiegarsi come fossi riuscita a non averne più paura.

La risposta era una sola.

Noi ci eravamo innamorati, in un modo tutto nostro, come si può amare una famiglia e lo avevamo fatto entrambi.

E poi Raith, i sospiri che mi volevano morta, la magia. Raccontai proprio tutto. Passammo il giorno a raccontarci. A raccontare di ogni dettaglio, ma la cosa più difficile fu quando dovetti spiegare loro che anche io avevo la magia dentro di me.

«Tu? Tu hai dei poteri?» chiesero entrambe sconvolte.

«Cosa diamine ti hanno combinato in questo posto?» aggiunse Yara.

«Non mi hanno combinato proprio niente.» risposi, prendendo la mano di una e quella dell'altra. «Vedete, ho scoperto di esserci nata con questi poteri.»

Myura si fece indietro con la sedia spaventata, tirò via di scatto, il braccio, come se l'avessi scottata.

«Non ci credo.» disse, stringendosi nelle spalle.

Agitai il dito in aria, portando una leggera folata di vento a scompigliarle i capelli che amava tenere sciolti e ben in ordine.

«Cosa vorresti dimostrare?» domando Yara. «Un soffio di vento non è una prova.» sorrise sarcastica.

Aprii la mano e mi concentrai nel provare quella rabbia che sentivo nei confronti di tutte le bugie che mi erano state raccontate. Dal palmo venne fuori una piccola fiammella che non chiedeva altro che divampare, ma riuscii a tenerla a freno, pensando alle cose belle che avevo vissuto.

Le due ragazze si alzarono in piedi, le sedie si schiantarono sul prato per l'irruenza del loro gesto. Si allontanarono di qualche passo. Leggevo nei loro occhi un terrore che conoscevo. Lo stesso che vidi nei miei, quando mi guardai allo specchio la prima volta che capii che i miei poteri erano reali. Spensi subito la fiammella con l'altra mano, per far capire loro che potevo controllare tutto.

«Tu sei una strega.» Mi accusò la minore.

«No, sorelle. Non sono una strega. Non lo sono affatto.» tentai si spiegare. «Non conosco i sortilegi, non faccio incantesimi strani. Io controllo solo gli elementi attraverso le emozioni.»

Non capivano, non potevano capire. Per loro era tutto nuovo e anche io avevo avuto difficoltà nell'accettarlo.

«Quando Clelia mi ha imprigionata è riuscita a bloccarli con dei braccialetti costruiti da suo padre.»

«Scusa, cos'hai detto?» chiese Myura, avanzando di un passo verso di me.

«Sto cercando di farvi capire che non lancio maledizioni.»

«No, non intendevo questo.» Mi fermò. «Una certa Clelia che ti ha imprigionata. Ti riferisci alla regina Clelia?» Si avvicinò, sempre più confusa.

«Come la conosci?» chiesi stupita.

«Di fama.» Puntualizzò, per poi continuare. «Quando ho trovato James in quel fienile, si è giustificato, dicendo che lui non mi ha mai amata, ma che era stato costretto, da questa donna di cui parli, a sposarmi.»

«Che altro ti ha detto?» domandai, cercando di capirci qualcosa in più.

«Mi ha detto che la regina in persona lo aveva minacciato di portare con sé la donna che amava e che le avrebbe fatto conoscere l'inferno, se non avesse obbedito al suo ordine.» continuò. «Io non gli ho creduto. Ero convinta mi stesse mentendo. Non avevo mai sentito parlare di una regina di nome Clelia.»

«No, è probabile che sia tutto vero, invece.» rispondo. «La regina se la prende con me per fare del male a Killian, ma in realtà se la sta prendendo con tutta la mia famiglia.» espongo il pensiero a voce alta. «Cosa diavolo vuole davvero da noi?»

«Semplice, cara. Voglio solo distruggere tutti.»

Un brivido mi percorse la schiena. La sua voce familiare e graffiante arrivò come un pugnale che mirava dritto al cuore. Lantus si alzò dal prato e iniziò a ringhiare nella sua direzione. Il cielo si chiuse in nubi dense che circondarono il palazzo. Le mie sorelle si strinsero in un abbraccio di terrore. Un ondata di fulmini circondò il mio corpo. Fulmini che partirono dalla paura incontrollata che quella donna potesse fare del male alle persone che amavo.

«Cosa ci fai qui, Clelia?»

«Per te sono la Regina Clelia, non dimenticarlo.» disse, girando intorno a me, come un avvoltoio su un cadavere. «Ero venuta per te, visto che non ho più ricevuto tue notizie ma, a quanto vedo, hai ospiti.» Cercai di non perderla di vista. Un passo falso e avrei potuto fulminarla, ma si posizionò proprio davanti alle mie sorelle e avrei potuto mancare il bersaglio, se avessi scagliato quel fulmine. «Poco male, ragazzina. Verrete tutte con me, con le buone...» abbassò il tono della voce, facendo uscire un suono gutturale e terrificante, «... o con le cattive.»

💥Buonasera, CuzZ. Mi scuso per l'orario di pubblicazione, ma un questo periodo sballerò un po' i miei soliti modi. Sono concentrata sulla revisione di un'altra storia, ma sto cercando di non tralasciare le altre mie due creature.

E niente, Clelia la stronza è sempre in mezzo ai piedi. Io vorrei proprio sapere quale sia la verità e credo proprio che non siamo lontanissimi dallo scoprire tutte le carte.
Alla prossima, fanciullin, un baciuZ enorme

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