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33-𝓚𝓪𝔂...

Malakay

Odore di fragole?

Non ricordavo neanche come fosse.

Deve essere stata un'illusione olfattiva. Ho creduto di sentire il profumo di quella frutta succosa...

In realtà, stavo solo credendo di aver sentito. Odori e sapori erano le uniche cose che, in parte, mi mancavano, non tutti, solo quelli buoni. Cioè, non che pensassi in maniera costante ai vari aromi piacevoli, ma dovevo ammettere che assaporare, di nuovo, una bistecca, non sarebbe stato affatto male. Ricordo che amavo, in particolar modo, proprio le fragole ed era per quel motivo che non le avevo più mangiate.

Mi nutrivo solo per sopravvivenza, non avrebbe avuto senso masticare qualcosa che avrei dovuto gustare solo per puro piacere, non mi era più concesso.

Non provavo godimento neanche nel sesso, lo facevo e basta.

Ma lei...

Con lei, quella notte, avevo provato qualcosa di reale. Non ero eccitato a comando, avevo avuto un'erezione, senza controllo della mente, sentito pulsare una voglia incontrollata di essere soli in quella stanza di tortura, di averla solo per me, di non condividerla, come spesso capitava tra me Ares e Clelia.

Un dubbio, in particolare, mi stava logorando, mi rimbombava in testa, provocandomi l'emicrania.

L'unico che poteva darmi delle risposte era il mio adorato Killian.

Tornare da lui e lasciare la ragazza, senza alcuna protezione, non mi sembrò una buona idea.

Clelia avrebbe potuto mandare uno dei suoi per farle del male da un momento all'altro. La perfidia di quella donna spaventava anche me, mi divertiva, anche. L'avevo convinta a lasciare andare Aledis sotto la mia ala. Chi meglio di un ex fratello di scorribande avrebbe potuto far mangiare il fegato a un uomo innamorato. La regina era stata fin troppo accondiscendente, però.

Il lupo!

Potevo contattare la mente di quel cagnaccio, per far sapere alla Bestia che mi doveva delle risposte.

Essere inutile! Lo chiamai, senza ottenere riscontro, ma successe una cosa strana.

«Ho bisogno di vederti, Lantus. Di parlare con te.» Era la voce di Aledis.

«Piccolina, anche io ho bisogno che mi gratti nel solito posto, ho un prurito così fastidioso che tu non hai idea.»

Il lupo era in comunicazione con la ragazza, proprio in quel momento. Li sentii ridere e scherzare, ma la voce di Al era malinconica.

«Lantus...»

«Dimmi, Al.»

«Sei la cosa più vicina a una famiglia!»

Quelle parole mi colpirono, come un pugno al centro del petto. Non riuscivo a spiegarmene i motivi, ma sapevo di dover fare qualcosa.

Mi resi conto che, senza il volere di Lantus, non avrei mai potuto interferire in quella comunicazione, lui sapeva che stavo ascoltando.

«Vieni!» ordinai al lupo, prima di uscire fuori da quei discorsi melensi. «Fammi capire che mi hai sentito.»

La risposta del cagnaccio non tardò ad arrivare.

«Buona notte, piccolo uragano. Ti prometto che non aspetterai molto.» disse, rivolgendosi alla ragazza.

Cosa mi era preso? Stavo assecondando i capricci di una bambina viziata?

In fondo, mi avrebbe fatto comodo un guardiano attaccato al culo di quella ragazzina.

Non riuscivo a prendere sonno, avevo impedito a qualunque donna che frequentava il mio letto, fino alla sera prima, di mettere piede nel mio palazzo.

Non avevo voglia di esaudire i desideri di qualche puttana dei bassi fondi, solo che mi aiutavano a sfogare qualcosa di simile alla frustrazione che mi perseguitava da qualche tempo.

Dovevo aggiustarmi.

Anche le brevi sensazioni piacevoli non erano poi così tanto apprezzate.

Quello stato di confusione mi portò a non chiudere occhio. Vagavo, nella mia stanza, come un pesce fuor d'acqua.

Avevo bisogno di prendere una boccata d'ossigeno e uscii fuori il balcone per respirare l'aria pura e fresca della mia notte perfetta.

La vidi togliere la testolina bacata da quella baracchetta in legno. La osservai, con i gomiti poggiati alla ringhiera in ferro battuto.

Passeggiava verso la zona oscura, non avevo intenzione di raggiungerla, ma almeno non si era accomodata sulle mie panchine per osservare le stelle.

Scesi in fretta, come se qualcosa mi attirasse nel giardino. Non era lei, era la notte.

Non era lei... era la notte!

Continuare a ripeterlo lo rendeva più vero.

Arrivato sulla stradina che si allungava al centro del prato, abbassai le luci delle lanterne, staccai un filo d'erba e lo misi in bocca, lasciandolo sporgere fuori e mi stesi sul metallo freddo di una panchina.

Chiusi gli occhi, cercai la connessione con il vecchio me, quello che non voleva ricordare il motivo che mi aveva costretto a scegliere quella vita fatta di niente.

Niente per cui lottare, niente da amare, niente che mi facesse vivere per davvero.

Delle volte, quella condizione, mi faceva sentire ancora invincibile, ma più il tempo passava, più ero alla ricerca di risposte della quale non avrebbe dovuto importarmi niente.

Un rumore mi destò dal riposino che ero riuscito a conquistare. Fu uno di quelli inquietanti, tra l'oscuro e luce. La stessa che vidi non appena mi girai verso quel posto dove non arrivavano le lanterne.

Pensai al peggio, non persi tempo e, d'istinto, affrontatai il buio del teletrasporto.

Non appena poggiai i piedi in quel posto, altrettanto oscuro, vidi Aledis distesa sul prato, con il sospiro a bloccare il suo corpo sfinito.

Una forza incontrollabile s'impossessò di ogni parte del mio essere. Qualcosa di spaventoso si fece spazio in ogni fibra del corpo.

Rabbia e paura mi avvolsero. Paura che fosse morta, voglia di uccidere il suo assassino.

Mi scaraventai addosso al sospiro. La potenza che utilizzai, per colpirlo al petto, generò una luce dal mio palmo, che si trasformò in un boato non appena lo sfiorai.

Mi assicurati che Aledis respirasse ancora, e lo faceva. L'onda di energia che mi stava attraversando la mano, rischiarava il suo corpo distrutto. Vidi del sangue colarle dalle orecchie, graffi su viso e braccia che mi fecero perdere il controllo, ma lei aveva bisogno di me.

«Toccala di nuovo e l'inferno sarà l'ultima cosa che vedrai.»

Cercavo in tutti i modi di riacquisire la calma che mi contraddistingueva, senza riuscire a rendermi conto di quello che mi stava accadendo.

«Malakay, mi manda Clelia, non sarei venuto a disturbare il tuo sonno, altrimenti.» Il Sospiro fingeva di essere dispiaciuto per l'intromissione. «Sai che devo portarla con me.» disse, mentre guardava le sua dita con aria indifferente.

«Non erano questi i patti!» urlai, per scaricare la frustrazione.

«No?» domandò sarcastico. «Parliamo della nostra adorata regina, sai che i patti non servono a nulla, quando si tratta della sofferenza del Killiuk.»

«Non la sfiorerai, Lort!» Gridai quel nome, come a volerlo scacciare via da quel posto.

Mi piantai davanti alla figura ferita della ragazza, per evitare che quel maledetto mostro le facesse ancora del male.

«Oh, mio caro spietato assassino, il tuo cuore...» sospirò in un sussurro l'ultima parola, senza distogliere lo sguardo da me.

«Cosa vuoi dal mio cuore? È morto, non te ne faresti niente.»

«Il tuo cuore batte di nuovo.» La sua risata rimbombò tra gli alberi. «Sta battendo per questo fiorellino. Clelia sarà entusiasta di una notizia così affascinante.»

«Non potresti essere più lontano dalla verità.» risposi imbestialito

Stava vomitando una marea di stronzate.

«Certo, Drasoul, certo.»

In un alito di vento leggero, sparì, lasciando tracce del suo passaggio che non avrei mai più voluto vedere.

Mi avvicinai ad Aledis, mi abbassai, mi assicurai che fosse ancora viva. Respirava ancora ma, al mio richiamo, non rispose.

«Fiorellino, perdonami, ti prego.» Quella supplica uscì, senza alcun senso.

Cosa avrebbe dovuto perdonarmi, l'avevo salvata io.

La presi in braccio, con estrema delicatezza. La portai nel mio palazzo.

Quando Magda aprì la porta rimase pietrificata da quella scena.

«Signore, la ragazza è-»

Il suo corpo sembrava senza vita. Le mani penzolavano oltre le mie braccia e la testa era piegata all'indietro.

«Viva, la ragazza è viva, Magda.» sottolineai. «Portami subito dell'acqua calda, pezze pulite e le erbe mediche.»

«Volete che contatti un guaritore?»

«No, non posso fidarmi dei guaritori del regno della strega.» La fermai. «Portami quello che ti ho detto, senza perdere altro tempo.» comandai.

Salii le scale, facendo attenzione a ogni mio passo, per non farle male con qualche movimento brusco.

La mia camera aveva l'aria di una stanza che accoglieva la morte. Tutto era scuro. Pareti grigie con cornici nere, letto nero, lenzuola nere, armadi neri, lampadario... nero. Il pavimento era anche nero, ma lucido, però.

La stesi sulle lenzuola fresche, prima di accendere le candele.

Assorto nel silenzio, con la luce della fiamma a illuminarle il viso, mi persi nelle palpebre chiuse di quella ragazza che toglieva il fiato, anche da sfregiata.

«Sei bellissima, Aledis.» sussurai, sperando che quella notte portasse via con sé quel senso di beatitudine che avevo nello starle accanto.

«Scusate, Signore, la porta era aperta.» si giustificò la cameriera, alla soglia, schiarendosi la voce.

La sua aria goffa e imbarazzata non lasciava spazio ad alcuna incertezza: mi aveva sentito.

«Lascia quelle cose sul letto e sparisci, Magda.»

Nascose un sorriso dietro i lunghi capelli neri, sciolti per la notte, ma la ruga che si formò accanto alla bocca, tradì il suo maldestro tentativo di non essere scoperta.

Andò via in fretta dalla stanza, mi lasciò con quel tormento steso sulle mie coperte.

Presi le pezze da immergere nell'acqua e le bagnai. Strizzai per bene e iniziai a pulire le ferite che aveva in volto e il sangue dalle orecchie. Nel sonno, le sue smorfie di dolore mi impietosirono.

«Lo so...» disse in un sussurro dolorante.

"È sveglia o sta sognando?", mi chiesi.

Stava sicuramente sognando, teneva gli occhi ancora chiusi.

Mi venne l'idea di intromettermi nei suoi sogni, facendole qualche domanda sciocca.

«Cosa sai, Fiorellino?» soffiai dentro al suo orecchio spostando un ciocca di capelli.

«Che sono bellissima, Malakay, lo so.»

Era sveglia, lei era sveglia e avrei voluto fare una capriola.

Battiti.

Quel dannato Sospiro aveva ragione, aveva ripreso a battere quel maledetto cuore, ma io volevo fermarlo.

«Allora sei sveglia?» domandai.

Ripresi a pulire le ferite, feci finta di niente, ma il groppo in gola si sentiva nella voce roca.

«Sono sveglia e tu sei qui.» rispose in un flebile sospiro.

«Sto per disinfettati le ferite, brucerà un po'» L'avvisai, prima di inserire le erbe in un'altra pezza pulita e bagnarla con l'acqua.

Iniziai dalle braccia livide e graffiate. Per fortuna, non erano tagli profondi, provocati dalle unghie del mostro, ma solo graffi dovuti all'impatto.

«Ahi, brucia.»

«Lo so, te l'ho detto.»

«Ma non mi avevi detto che bruciava tanto.»

«Aledis, puoi stare zitta? Non stavi morendo, fino a qualche minuto fa?» chiesi in maniera del tutto sarcastica. «Continua a morire e fammi fare il mio lavoro, in silenzio, grazie.»

Cercò di sorridere, ma un colpo di tosse la frenò.

«Kay...» mi chiamò

«Dimmi.» Le risposi, sbuffando.

Ma non mi disse niente, doveva essersi addormentata di nuovo.

Finii di disinfettare le ferite e chiamai Magda per portare via tutto. Restai qualche altro momento a osservarla sotto la luce calda delle candele, prima di uscire dalla mia stanza.

«Dove vai?»

Si svegliò, di nuovo, aprì gli occhi, quel tanto che bastava per vedermi accanto la porta.

«Sarò fuori la camera, semmai avrai bisogno di qualcosa.» dissi, rimanendo di schiena, mentre poggiavo la mano allo stipite.

«Resta con me.»

Mi sorprese e, quel palpito che sentivo a stento, divenne un martello su un chiodo. Non fu solo per il tempo di un battito di ciglia, non si fermava e io ne ero terrorizzato.

«No.» risposi perentorio.

«Per favore.» La sua fu una piccola supplica gridata con un filo di voce che raccoglieva un malessere simile al mio.

Mi voltai, presi la poltrona in tessuto, rigorosamente nero, e la portai accanto al letto.

«Non farci l'abitudine, Fiorellino.» sottolineai, prima di accomodarmi.

Riuscì ad accennare un sorriso beffardo.

Cercai di mettermi comodo, ma rimasi con le braccia incrociate, stufo di non riuscire a trovare una posizione.

Non era proprio una serata che chiamava il sonno.

«Kay...» Mi richiamò e La guardai con un occhio aperto e uno chiuso.

«Dormi, Aledis.» ordinai annoiato.

«Puoi venire nel letto con me, se vuoi.»

Sì che voglio, ma non puoi chiedermelo, perché non saprei come dirti di no.

Non risposi, feci finta di dormire.

«Kay...»

«Oh Santi dei, che vuoi ancora, Al.» Cercai di tenere un tono infastidito, ma non lo ero per niente.

«Dai, vieni. Non ci proverò con te, giuro.» Mi prese in giro.

Aprii gli occhi e lei mi stava fissando, sembrava quasi pregarmi con i suoi.

Mi alzai dalla poltrona, girai intorno al letto per non farla muovere dal suo posto e mi infilai sotto il tessuto delle lenzuola, seccato.

«Kay...»

«Mh.» mugugnai.

«Non farci l'abitudine.»

Soffocai una risata con un leggero sorriso, prima di richiudere gli occhi e pensare a quanto era strano credere che fosse una bella situazione.

Io e quella ragazza in un letto a dormire, senza secondi fini.

Sto impazzendo, non c'è altra spiegazione.

«Kay...» Mi chiamò per l'ennesima volta.

«Davvero, Aledis? Passerai la notte a rompermi le scatole?»

«Vorrei, ma ho troppo sonno.»

«Allora che vuoi?» chiesi spazientito.

«Niente.» rispose, voltandosi verso di me.

Feci lo stesso, mi girai su di un fianco, a osservare i suoi grandi occhi stanchi e, il cuore che aveva ripreso a vivere, perse un battito.

«Lo voglio chiamare così.» blaterò, senza senso.

«Di cosa parli?»

«Il cigno bianco, voglio chiamarlo Kay.»

Kay e Naï...

Sento che ha un senso, uno di quelli che ho perso dietro ai ricordi che ho scelto di non vivere.

Naï, per Kay, è un vero e proprio tormento, come tu lo sei per me e il mio stupido cuore che ha ripreso a battere non appena ti ho vista, senza neanche avvisare...

💥Ciao, piccoli CuzZ.
Se siete stati/e attente, il nome Naï ha tanto a che fare con Aledis, molto più di quanto si possa pensare. Il cigno nero del capitolo precedente ha questo nome per un motivo ben preciso che vorrei svelare subito, ma che storia sarebbe se vi dicessi tutto in un solo capitolo?
Intanto, Malakay, oltre a combattere contro il Sospiro, fa a pugni con il suo cuore. Un cuore più forte di ogni scelta...













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