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3- 𝒮ℯ𝒾 𝓊𝓃𝒶 𝒷ℯ𝓈𝓉𝒾𝒶!

Lungo il sentiero per tornare a casa, sentivo che qualcuno mi stava seguendo. I miei sensi sembravano essersi amplificati e le emozioni affievolite. Non avevo le mie armi e non avrei saputo come difendermi, ma poco m'importava. Continuai lungo la strada senza mai voltarmi, neanche per sbaglio.

Gli animali che incontravo durante il cammino sembravano inchinarsi al mio passaggio. Era ovvio che stavo impazzendo. Alla fine lo avevo capito anche io.

Nell'oscurità che avvolgeva la notte, non mi sentivo persa ma libera. Era come se, prima di allora, avessi avuto catene invisibili ai polsi che mi tenevano, stringevano, piegavano. Tutto ciò che mi faceva vedere il bicchiere mezzo vuoto, era sparito. Quel bicchiere era colmo di sfida. Sfidavo le tenebre, le bestie, la neve. Ero ancora più glaciale dello stesso manto che faceva da coperta alla terra scura.

Ero più me stessa di quanto non lo fossi mai stata.

Arrivai a casa e, aprendo la porta, trovai mia madre e le mie sorelle, in pena, ad attendermi.

«Dov'eri finita?» chiese mia madre non appena misi piede all'interno.

«Da nessuna parte. Ero andata a fare un giro per rinfrescare i pensieri.» Risposi atona, per non far percepire il mio nuovo stato d'animo.

Le tre donne cambiarono sguardo nello stesso momento in cui, un'ombra apparve alle mie spalle. La luce del fuoco che ardeva ancora nel cucinino, permetteva di vedere chiaramente quella presenza torreggiare sulla mia persona. La stessa chiuse la porta, terrorizzando la mia famiglia.

Mi voltai, pronta a sferrare un pugno, ma questo si bloccò in aria a causa di una forza invisibile.

«Non puoi farmi niente, bambina. Sei solo un cucciolo spaurito» disse la bestia davanti ai miei occhi con una voce rauca che sembrava ringhiare. «Hai ferito un nostro cane, vero? Sei stata tu. Ti hanno vista!» continuò.

«Avete capito, gente? Non sono pazza, è successo davvero!» risposi orgogliosa della mia verità, voltando il capo verso le tre donne. «Aspetta, cosa? Io non ho toccato nessun cane! È stato qualcun altro a farlo.» Mi giustificai sfidando la sorte, mentre mia madre e le mie sorelle tremavano inondate di paura. «Puoi liberarmi il braccio da questa cosa che mi stai facendo?» dissi, quando mi resi conto che la mano stretta a pugno, galleggiava ancora in aria.

«Prima di farlo, devo parlare con tua madre!» affermò perentorio avvicinandosi a lei.

«Non la toccare!» urlai in preda alla confusione.

Non mi ascoltò, non mi offrì nessuna attenzione.

«Rahel, tua figlia verrà con me. Li ho convinti a non prendere la sua vita per questo tentato omicidio. È stata assegnata a Killian, il principe detentore del lupo in questione. Dovrà attendere per conoscere il suo destino. Se la bestia morirà, non potremo fare molto per lei. Fino ad allora, vivrà nel castello dello stesso, preoccupandosi delle cure dell'animale. Sarà sua responsabilità. Se vivrà, la ragazza dovrà ambientarsi e accettare un anno di convivenza nella dimora delle Camelie. La città del sole è molto accogliente, non dovrai preoccuparti di nulla.»

«Ohi, scusa! Io sono qui, ti sento! Non sono d'accordo. Voi siete pazzi!» Si voltò, mostrando le zanne in una specie di... sorriso? I suoi occhi erano penetranti, come quelli del Killiuk incontrato nella foresta il giorno prima. «Tu! Eri tu l'altra notte. Quello che ha preso il povero cerbiatto! Cosa ne hai fatto? Assassino!»

«Sono venuto qua con le migliori intenzioni, ma ora mi stai facendo pentire di aver convinto Killian a risparmiarti la vita!» rispose alzando i toni e trasformando la sua voce in qualcosa di a dir poco demoniaco. Prese un respiro profondo, sbuffò per poi avvicinarsi all'orecchio di mia madre e sussurrarle qualcosa.

La donna scoppiò in lacrime copiose che sembrava non volessero fermarsi. Lo pregò, s'inginocchiò e io rimasi basita e stranita da tutto ciò che stava accadendo. Quello che più mi colpiva era il mio strano senso di vuoto. Non avevo il minimo timore di seguire quella bestiaccia orrenda, anzi ero quasi attratta da quell'idea. Mi bloccava solo, oltre al braccio, la reale presa di coscienza che dovevo avere, ma che non arrivò.

«Che cosa diavolo le hai detto? Io non verrò da nessuna parte!»

«Se non verrai, ti ritroverai un esercito dietro la porta a pretendere la vita di tutta la tua famiglia. Vuoi questo?»

«No che non lo voglio.»

«Come faremo senza Aledis?» chiese Myura in preda al panico. «Senza sapere se è viva, se sta bene, se è felice? Mi dici come potremo fare?»

«Vi farò avere sempre notizie, non abbiate timore. Penserò anche al vostro cibo. So bene che tua sorella è la cacciatrice della famiglia.»

«È inutile che spari stronzate. Non verrò da nessuna parte!» digrignai i denti decisa a non schiodarmi dalla mia casa, dai miei affetti. La mia volontà era poco credibile con il braccio ancora bloccato in alto a prendere aria.

«Forse non ci siamo capiti!» sbraitò di nuovo il Killiuk, voltandosi dalla mia parte con aria minacciosa. «Se non vuoi che il tuo mondo, la tua amata famiglia diventi polvere, tu verrai con me!»

Mi afferrò dal polso ancora inerme, sbloccandolo. Mi osservò con calma e i suoi occhi mi trafissero il petto. Quelle iridi dal colore indefinito, mi provocarono un fremito.

Compresi, da quello sguardo, di non avere altra scelta.

«Mi hai già rotto, te lo dico! Ok, verrò con te!»

«La tua resa mi sorprende, ma non avresti avuto comunque un'altra opzione» rise della mia accondiscendenza. «La tua famiglia starà bene, non posso essere sicuro di te, però.»

«Potrei almeno scegliere di non vederti più durante la mia permanenza nella dimora di questo... come hai detto che si chiama?»

«Killian. Non posso assicurarti neanche questo» sorrise malefico.

«Sei una bestia!» brontolai incrociando le braccia.

«Ma dai!?» mi rimboccò sarcastico. «Preparati. Ti dono il tempo di assicurarti di avere le cose a cui più tieni e di scegliere vestiti pesanti per il viaggio. Arriveremo domani mattina a destinazione.»

«Cosa? Non hai uno di quei poteri che ti teletrasportano da una parte all'altra o, che ne so, delle ali?»

Sorrise sornione, poggiò la sua testa alla mia, fissandomi con occhi gelidi e caldi allo stesso momento.

«Certo, ma vuoi mettere una bella camminata al freddo per schiarirsi le idee con la compagnia di una bella ragazza come te!? Sarà un viaggio che ricorderai per il resto della vita,» rispose soffocando in una grossa risata, mentre si scostava dal mio volto.

Avevo sempre pensato che, se i Killiuk fossero realmente esistiti, non potevano non essere delle bestie orribili, senza cuore, immonde, terrorizzanti. In questo specifico caso, davanti a me, avevo solo un grande stronzo.

Mi avvicinai a quella figura, lo voltai verso il mio sguardo stretto in due fessure, presi il suo mostruoso volto, ricoperto di peli, tra le mani.

«Spero tanto che per te sia il viaggio più lungo e devastante della tua vita. Ci metterò tutta me stessa per renderlo tale... Bestia.»

Il suo sguardo si incupì, si spense per un attimo. Lessi il terrore in quelle iridi indefinite. Paura di aver commesso un'enorme cazzata. Lo aveva appena fatto. Lo avrei costretto a pentirsi di avermi sfidata.

«Madre, sorelle... ci rivedremo prima di quanto possiate immaginare. Non accadrà nulla a quel lupo e, anche se fosse, farò di tutto per tornare da voi. Non mi fermeranno questi mostri.»

«Bambina mia, ti prego di non essere avventata. Non fare nulla che possa farti notare né farli arrabbiare. Non essere troppo... Aledis, ecco! Ricordati sempre che noi siamo qui ad attenderti, viva!» mi supplicò Rahel.

«Madre, non temere. Tornerò prima di un anno, senza neanche un graffio. La signora Agnes, ne avrà sempre più di me» sorrisi per tranquillizzarla e poi rivolgermi alle mie sorelle. «Myura, non ti sposare senza di me. Cerca di farmelo sapere in qualche modo. Non oso immaginare di non vederti percorrere la navata», mi voltai verso il Killiuk alla ricerca di una sua conferma.

«Farò il possibile per trovare qualcuno disposto ad accompagnarti. Non ti aspettare il permesso di venire da sola! Non ti potrebbe essere mai concesso.»

Non lo avrei mai pensato, lo avevo dato già per scontato.

«Yara, tranquilla. Il tuo sogno di vedermi fidanzata dovrà attendere ancora un po'» dissi, scatenando un colpo di tosse nel Killiuk che, senza apparente motivo, arretrò di un passo rabbuiandosi.

Le tre donne mi strinsero forte, come a lasciarmi un piccolo pezzo di loro che potesse accorciare la distanza che ci stava per separare. Non sapevo ancora che quel calore che mi stavano donando mi sarebbe mancato. Tutte quelle moine mi provocavano disgusto in quel momento. Mi sentivo forte e insensibile nei miei nuovi sentimenti. Le lasciai andare, porgendo loro un sorriso di circostanza.

La città del sole mi stava attendendo e non importava quale fosse il mio destino. Almeno, non in quel preciso istante.

Presi svelta l'unica cosa che sentivo di dover portare con me: un piccolo medaglione di ossidiana lasciato da mio padre. Rahel me lo aveva offerto, dopo la sua morte, asserendo che un giorno mi sarebbe stato utile. Avevo dei dubbi su questo. Come avrebbe potuto un misero ciondolo nero essermi d'aiuto in qualche modo? Me ne feci comunque carico, ascoltando ciò che l'istinto mi suggeriva.

Rivolsi a loro un ultimo sguardo, prima di richiudermi la porta alle spalle e seguire il Mostro.

«Sono ore che camminiamo, Bestia. Quanto ci metteremo ancora? Ho fame, sono stanca, le gambe mi cedono. Non credo di potercela fare se non ci fermiamo almeno un po'.»

«Sono ore che sento le tue lamentele.»

«Sono ore che non mi rispondi. Possiamo fermarci a riposare, Sua Maestà

«Certo, come vuole lei, principessa! Tanto non ci siamo appena inoltrati nella foresta dei sospiri» disse sarcastico con il suo vocione baritonale.

«Senti, io non conosco questi luoghi, non ho idea di dove tu mi stia portando né di dove ci troviamo. Gradirei ricevere spiegazioni. Inoltre, ero sempre stata convinta che, dietro la montagna di Airsa, ci fosse una specie di portale che scaraventava voi Killiuk da una parte all'altra. Niente. Ci siamo solo passati. Perché allora tutte quelle storie su una cavolo di roccia mastodontica?»

«Fai troppe domande...» affermò sbuffando.

«Di cui esigo delle risposte!» dissi allargando le braccia.

«Se solo facessi silenzio, potrei accorgermi dei pericoli.»

«Stai divagando...»

«Ora basta! Te lo dirò una volta per tutte. Mi devi ascoltare e, ora, devi stare solo zitta. Non sei pronta ad affrontare i Sospiri.»

«Ah, ci stanno proprio delle creature che si chiamano così. Quando hai detto "foresta dei sospiri" pensavo a qualcosa di talmente bello da provocare un mancamento d'aria.»

«Zitta! Qualcosa si sta avvicinando. Ne sento uno nelle vicinanze. Se dovesse trovarci, non guardarlo negli occhi, siamo intesi?» domandò sussurrando. «Non avere paura. Con me presente non ti toccherà, ma potrebbe riuscire a leggerti dentro. Non lo ascoltare. Hanno il brutto vizio di farti dubitare di ogni cosa fino al midollo.»

Fece in tempo ad avvisarmi, perché subito dopo, da dietro di uno di quegli enormi alberi che costeggiavano la foresta, apparve una figura instabile. Non era fatta di sostanza, era imponente ma trasparente. Vapore denso e inconsistente con una forma quasi umana.

Annusò l'aria, voltandosi immediatamente nella nostra direzione.

«Cosa abbiamo qui?» disse materializzandosi.

La sostanza che fino a qualche attimo prima mancava, diventò d'un tratto un'immagine vivida che non aveva nulla a che fare con quella di prima. Era un mostro. Non come i Killiuk che avevano la parvenza di un gigantesco animale, ma un vero e proprio abominio.

Gli occhi nei quali non avrei dovuto guardare, erano pozze vuote e scavate. La pelle raggrinzita color della muffa, aveva piaghe profonde che si adagiavano una sopra l'altra formando uno spesso strato di lembi di pelle rancida. Al posto del naso, due fori abbastanza piccoli da non permettere un normale passaggio dell'aria. La bocca, stretta in due fessure sottili, formava una piccola "o". Il resto era coperto da un mantello violaceo provvisto di un grande cappuccio che avrebbe nascosto gran parte del volto se solo non fosse stato così vicino. Ci scorse e, fluttuando, arrivò in pochi istanti dietro il cespuglio dove mi nascondevo.

«Cosa serba codesta notte la tavola imbandita? Un piccolo stuzzichino da gustare con le dita! Vieni qui mia piccola preda, che a giocar non ci si leda. Ti sento mio pulcino, non aver timore di venir a me vicino. Non ti farò niente, che possa venirmi un accidente...» recitava ridondante. «Ok, basta. Lo scherzo è finito. Vieni fuori. Sento puzza di Killiuk traditore» disse, continuando a odorare l'ambiente circostante, mentre si guardava intorno, agitato.

«Stavi cercando me?» chiese la Bestia, uscendo allo scoperto.

«Sapevo che eri tu! Raith, il ratto della regina. Sua maestà Clelia ha allentato il guinzaglio, a quanto pare... abbiamo anche un ospite!» affermò, scostando il fogliame senza muovere un dito.

«Lasciala stare. Lei è di proprietà di Killian!» disse il Killiuk,  mostrando le zanne.

«Non lasciare che io mi senta interdetto, sai che per me è di vitale importanza nutrirmi dei segreti. Concedimi i tuoi, Raith.» A quelle parole, la bestia si piegò in avanti, fissando dritto il Sospiro in quelle fosse profonde. «Solo questo? Quindi è davvero Killian il suo padrone, per ora!?»

A quelle parole non ci vidi più dalla rabbia. Uscii dal mio riparo come una furia, avvicinandomi a quei due per strigliarli.

«Io non sono proprietà di nessuno, tenetelo bene in mente, Bestie!»

«Eccoti... Uhm, che profumo di fiorellino appena sbocciato.»

«Non sono neanche un fiorellino!» urlai contro il Sospiro, senza rendermi conto della cazzata che stavo per fare. Lo guardai dove non avrei mai dovuto guardarlo: i suoi occhi.

Quelle pozze senza alcun fondo, che parevano fissarmi, ma che, in realtà, non potevano guardare nulla. Un alito consistente uscì dalla fessura che aveva al posto della bocca, raggiungendomi in pochi istanti. Mi sentii svuotata in un secondo, come se qualcosa stesse afferrando con violenza il cervello, anestetizzandolo.

Non vedevo più nulla. Tutto diventò bianco intorno a me. Sentivo solo una voce chiara che echeggiava la stessa frase reboante:

Tu, sei morta...

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