Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

28-𝓣𝓸𝓻𝓷𝓪𝓻𝓮 𝓪 𝓻𝓮𝓼𝓹𝓲𝓻𝓪𝓻𝓮

⚠️ Attenzione, questo capitolo contiene scene di sesso non del tutto consensuale. Alcol, droghe e mezzi subdoli che non permettono alla vittima di avere la piena facoltà di scelta, non è definito consenso. ⚠️

✨✨✨✨✨✨✨✨✨

Non appena chiuse la porta, rigirando la chiave con tre mandate, la stanza apparve buia, in una penombra sensuale che veniva resa romantica e ancora più calda dalla danza delle fiamme. Le candele bruciavano insieme al mio corpo eccitato.

«Ho bisogno di essere toccata.» Dalla mia bocca uscirono parole che non riuscii a controllare. «Ne ho bisogno, ora.»

Mi avvinghiai al corpo di Ares, lo presi dal viso, ero affamata, bisognosa di sentire i loro corpi su di me. La mano, senza alcun controllo, scese nel suo intimo. Il rigonfiamento, in mezzo alle gambe, era duro, massiccio. Come al solito, non riconoscevo la me di sempre. Continuavano a riempirmi di intrugli per farmi cedere al loro gioco malvagio. Il mio cuore non voleva accontentarli, ma la testa, insieme al corpo, non cercavano altro che soddisfare dei bisogni che, fino ad allora, non avevo mai conosciuto, per davvero.

«Calma, Bocconcino, se cominci a toccarmi così, finiremo prima di iniziare.» disse Ares, leccandomi l'orecchio e scostando la mano dai pantaloni. Guardò Malakay che sembrava un cervo imbalsamato. Non era più l'uomo affascinante, letale e sicuro di qualche momento prima. Sembrava quasi gli stessero tremando le gambe, ma non lo fecero mai, in realtà. Era pietrificato e non mostrava alcun sentimento.

Mi avvicinai io a lui, ma non lasciai Ares indietro. Gli strinsi la mano, intimandolo a seguirmi.

Afferrai Malakay dalla nuca e cercai la sua lingua con tutta me stessa. Mi avventai nella bocca, mentre Ares poggiava il membro rigonfio, stringendomi il sedere.

«Lo senti?» soffiò il moro nell'orecchio. «Lo senti il mio cazzo sul tuo culo?» Mise la mano in mezzo alle gambe, premendo sulla mia intimità. Mi accarezzò rude, mi tolse il vestito con foga, lasciandomi con i seni scoperti, e scostò quella mutanda sottile. Con un colpo secco infilò le dita nella fessura e strofinò al suo interno, facendomi gemere nella bocca di Malakay.

Sentii che stava facendo qualcosa con i suoi pantaloni, continuavo a baciare il biondo con foga, strusciando sulla mano di Ares e, allo stesso tempo, sul rigonfiamento di Malakay. Credevo di non avere altra scelta se non quella di averli entrambi.

«Non riesco a togliere i pantaloni con questa occupata. Devi perdonarmi, Bocconcino.» L'uomo sfilò la mano dal mio interno, lasciandomi alle prese con Malakay. Quando tolse le dita da sotto le mie gambe, sentii salire la voglia che avevo di portare i loro corpi a violarmi, provocandomi il piacere che bramavo.

Spinsi il biondo sul letto e, senza mai staccare le labbra da lui, iniziai a muovere il bacino sul sul grosso macigno, nascosto nei pantaloni.

«Aspetta.» comandò perentorio, ma in un sussurro delicato, staccandosi dalle mie labbra.

Ne sentii subito la mancanza, le desideravo ancora una volta sulla bocca, ovunque, a baciare e leccare ogni lembo di pelle.

«No, non aspetto niente.» Mi chinai, di nuovo, su di lui. Cercai di raggiungere quelle labbra che parevano ossigeno. Mi mancavano come l'aria, il mondo parve crollare. Avrei preferito cessare di esistere, piuttosto che non soddisfare la voglia che avevo di quei due uomini.

«Tranquilla, Fiorellino. Indossa questo.» Mi porse una scatolina familiare. «Mi ecciterebbe ancora di più vederti con solo questo accessorio addosso.»

Mi voltai per vedere che fine avesse fatto Ares, non avrei voluto perdere altro tempo.

Era girato di spalle, nudo, stava prendendo qualcosa dal cassetto di un mobile nero, in contrasto con le tinte rosse degli addobbi della camera.

Malakay mi avvicinò il dito alla bocca in un gesto che intimava al silenzio, un gesto che mi lasciò perplessa, insieme alla scatola.

Quando la presi per aprirla rimasi sbalordita nel vedere che, al suo interno, conteneva il ciondolo di ossidiana, quello lasciatomi da mio padre.

«Ma tu...?» dissi in un sussurro.

Il ragazzo non proferì parola, continuava a tenere il dito sul naso per farmi capire di rimanere nel completo silenzio.

«Vieni, Fiorellino, te la metto io.»

«Cosa le stai mettendo?» Ares chiuse il cassetto e si voltò dalla nostra parte.

Io ero ancora con le cosce strette sul bacino di Malakay, con il busto scoperto, solo una striminzita mutanda a coprirmi e i seni in trepidante attesa.

«Niente di che. Metto in atto il mio sogno erotico.» rispose il biondo, prima di chiedermi, con un gesto, di spostarmi dal suo affascinante corpo.

Ares era, in tutto e per tutto, una statua di marmo, perfetta. Ogni centimetro della sua pelle, dei suoi muscoli scolpiti, ne erano la prova. Dei disegni che partivano dalla spalla per scendere, da un lato sul petto, dall'altro sul braccio, avevano qualcosa di mistico che lo rendevano una facile preda sessuale, in quel momento.

Sciolse i lunghi capelli neri che coprirono, in parte, quegli strani disegni. Mi alzai dal letto per raggiungerlo e toccare quelle sfumature meravigliose. Poggiai la mano sulla pelle liscia, imperlata di sudore leggero, e l'accarezzai fino a raggiungere il suo membro eretto.

Mentre la mano, avvinghiata al suo intimo, giocava ad accitarlo, ancora, lui si avventò sui miei capezzoli, famelico. Leccava, ansimante, ogni più piccola parte di essi, ne stringeva forte la pelle e succhiava avido, come per dissetarsi.

Malakay arrivò per legarmi la collana, senza disturbare la nostra danza sensuale.

Non appena l'agganciò, e la sua pietra nera tocco il mio petto al centro dei seni, qualcosa in me cambiò. Tutto ciò che sembrava solo sbagliato, divenne disgustoso. Ares mi prese da una natica e mi portò a legarmi con le gambe intorno al suo bacino.

Baciava e mordeva e sentivo la sua saliva bagnarmi il petto. Diventò melma putrida e un conato di vomito mi salì in gola.

«L'incantesimo è spezzato, Fiorellino» Malakay me lo disse, come un soffio nell'orecchio, un piccolo alito di vento. «Ora... scappa.»

Non appena pronuciò quelle parole, mi voltai per guardarlo negli occhi. Il terrore mi salì fin su per lo stomaco e quella sensazione nauseabonda arrivo a toccarmi sin nelle viscere. I suoi occhi diventarono ambra pura. Li sgranò, solo per un attimo, sembrava volesse ripetere il suo ordine perentorio, in silenzio, fin quando... li chiuse.

Ares mi scaraventò a terra e strinse la sua testa con le mani. Urlò, e Il biondo lo seguì. Entrambi con le dita tra i capelli, produssero delle grida strazianti.

Cosa diavolo...?

«Scappa, Aledis, ovunque tu sia, scappa e non voltarti!»

Lantus! Riuscii di nuovo a sentirlo nella mia testa. Il lupo era lì dentro a chiedermi di fuggire.

E io lo feci.

Non ci pensai più.

Tre mandate, tre giri di chiave e la porta si aprì sul lungo corridoio che parve ancora più inquietante e lungo di qualche momento indietro.

Per fortuna, la musica della festa non era cessata.

Il passaggio era vuoto, completamente. Non sapevo dove andare.

«Segui il tappeto amaranto, arriverai a delle scale, non avere paura di scenderle. Non voltarti e non ti fermare, ti prego, Al.»

Il lupo mi aveva appena suggerito la strada giusta da prendere. E io lo feci. Lo ascoltai per la prima volta, forse. Iniziai a sentire la musica allontanarsi e dei passi avvicinarsi veloci. I muri sembravano sempre più stretti, soffocanti. Il fiato divenne corto, ma non mi permisi di rallentare la corsa.

«Quanto è lungo questo dannato tappeto, Lantus.»

«Non porti domande e continua a scappare!»

Cercava di mantenere un tono calmo, pacato, ma io lo sapevo. Sapevo che stava morendo per me, che avrebbe voluto essere lì per portarmi in salvo.

In lontanza vidi le scale. Mi chiesi se fossero quelle giuste, ma non avevo tempo di pensare troppo. Quei passi che riecheggiavano tra le mura erano sempre meno distanti.

Scesi le rampe. Erano buie e sembravano infestate ma, con l'adrenalina in circolo, il mio pensiero fu solo quello di salvare le penne.

Inciampai, all'ultimo scalino, ma non vidi il pavimento. Una presenza arrestò la mia caduta. Con la testa diedi un colpo a qualcosa che mi parve meno duro del cemento, ne sentii comunque il dolore.

Alzai la testa, mentre cercavo di riprendere il controllo e non farmela addosso dalla paura.

Quando i suoi occhi, color dell'ametista, incontrarono i miei, mi tranquillizzai e tornai a respirare.

«Ma tu... sei nuda?» Killian mi guardò, strinse i pugni e digrignò i denti. La sua mascella si indurì, provocando uno scatto.

«Cazzo, sì, sono nuda!» risposi, «ma non mi sembra il momento di giudicare il mio abbigliamento, Signore!» lo accusai. «Portami via di qui, Killian, ti scongiuro.»

Con la sua stazza massiccia mi coprì, come a proteggermi da tutto.

«Reggiti forte, Cappuccetto. Ti farò vedere un po' di magia!»

«Tu... cosa?»

La domanda rimase lì, impigliata in quel posto lugubre che non avrei mai più voluto rivedere.

Lo strinsi forte e non guardai niente di quello spettacolo magico di colori iridescenti che regalava quel viaggio. Rimasi salda sul suo petto, per ascoltare i battiti del cuore. Erano la più bella musica che avessi mai ascoltato e io mi sciolsi.

Con Killian diventavo neve al sole, sempre, senza alcun motivo apparente. Non ero legata più ad alcun incantesimo, neanche Malakay vagava nei miei pensieri. C'era solo Killian.

«Siamo arrivati, Cappuccetto.»

Non riuscivo a sentire, la sua voce pareva ovattata. Il profumo di fiori mi invase le narici.

Era la mia stanza...

La mia bellissima stanza piena di quelle peonie che mi stavano aspettando. Alzai la testa e mi sembrò di lasciare un porto sicuro.

«Ma come...?»

«Mi sembra ora di coprire quelle» disse Killian, senza staccarsi dal mio corpo, riferendosi alle mie nudità.

Imbarazzata, mi spostai, creando una distanza che chiedeva solo di essere ricolmata.

Il senso di eccitazione, che si era affievolito, lasciò il posto a quello di ineguatezza, provocato dal pensiero di tutte le donne stupende che quell'uomo aveva avuto.

Mi tornò in mente quello che stavo per fare nella stanza, con quei due uomini e crollai. Mi ritrovai inginocchiata sul pavimento, inerme, con un senso di vuoto e di sporco che ricopriva ogni lembo di pelle scoperto.

Dopo poco, sentii una leggera stoffa coprirmi le spalle. Era candida, bianca, niente a che vedere con il nero che avevo nel cuore.

«Ora calma, Aledis! Ti senti di raccontarmi cosa è successo?»

Strinsi gli occhi per soffocare le lacrime.

«Io, io non capisco. Sembra tutto sparito.» dissi, ingoiando il groppo che avevo in gola. «Non ha alcun senso. Ho capito che Clelia mi ha legata ad Ares con un incantesimo. Ho pensato che Malakay mi avesse fatto qualcosa, ma ora non sento più niente.» portai le mani alla bocca per mangiucchiarmi le unghie, nervosa ed esausta come non mai. «È rimasto un senso di lercio, di nausea che non mi fa respirare, non sento altro, Killian.»

«Ehi...» sussurrò con un tono gentile, portandosi alla mia altezza. «Guardami.»

E io lo feci... e tornai a respirare.

«Cosa, Killian? Sono una sgualdrina, una di quelle a buon mercato.» Portai le mani a coprire gli occhi, come fanno i bambini quando pensano che in quel modo non li veda nessuno. E io volevo crederci che non mi vedesse, perché, davanti a quell'uomo mi stavo vergognando come una ladra appena scoperta.

Le braccia erano ancora legate da quegli strumenti pieni di diamanti, cercai di staccare tutto, ma non c'era verso di fare un solo graffio che potesse aiutarmi a toglierli.

«Aledis, smettila. Troverò il modo di farli sparire.» Cercò di calmarmi, stringendomi i polsi. «Tu non sei una sgualdrina. Con questi» alzò un mio braccio per mostrarmi i bracciali «hai ogni potere bloccato, lo sai, e questa» toccò la collana che avevo al collo, «serve a rompere ogni incantesimo di Clelia.»

Rimasi allibita, non sapevo cosa dire o cosa fare. Avevo mille domande, ma non ne usciva neanche una. Avevo perso le parole.

«Vedi, Cappuccetto...» Si alzò, voltandomi le spalle, mentre la camera sembrava farsi sempre più piccola. «Quella collana la riconosco. È stata creata dal nostro vecchio re su richiesta di sua figlia Clelia.» Lo vidi, davanti al finestrone della mia stanza, perdersi nei ricordi, almeno, era quello che sembrava. «Clelia la donò al suo amante, il suo amore, per proteggerlo da lei stessa e da tutto ciò che era al suo comando, semmai un giorno avesse perso il controllo.»

Si fermò, sembrava non sapere se continuare a parlare. Così mi feci coraggio, mi alzai e lo raggiunsi. Lo presi da una spalla massiccia per farlo voltare verso di me e guardarmi negli occhi, cercando di capire cosa fosse vero e cosa no.

«Quindi, quando indosso questa collana, lei non può farmi nulla?» chiesi, senza staccare lo sguardo da lui, mentre tenevo stretto quel ciondolo.

«No, nulla. Scaccia via ogni sortilegio, ogni mostruosità creata dalla magia della regina, ma non deve vederlo. Non sappiamo come potrebbe prenderla.»

«Malakay? Cosa c'entra lui?» La domanda mi uscì spontanea, perché non riuscivo a capacitarmi di ciò che avevo fatto. Non era stata Clelia a legarmi a lui, ne ero sicura.

«Il sospiro! In quel bosco, vicino al lago, il giorno in cui incontrasti la prima volta quell'uomo, quel mostro entrò nella tua mente, sotto comando di Clelia, per farti cedere a Malakay. Per farti avere un desiderio così profondo di lui da lasciarmi.» Arretrò di un passo, scuotendo la testa «cioè, da lasciare questo posto. Ha cambiato i tuoi desideri, i tuoi pensieri, portandoti a credere di amarlo.»

«Ma non l'ho mai pensato.» dissi, alzando le spalle. «Il mio cuore non lo ha mai sfiorato, lui.» Mi sentii persa, stavo confessando troppo. «Sì, certo, ho provato un'attrazione molto forte, ma mi sono sempre chiesta perché, qui dentro, non ci fosse mai entrato.» Toccai il mio petto con una mano, cercando, ancora una volta il suo sguardo che non faceva altro che evitarmi, mentre mi aprivo a lui.

«Bene, Cappuccetto, ora hai finito con le domande?»

Lo capii perché lo fece, irrigidendosi, con quella sua voce da padrone: avevo toccato qualcosa di scoperto.

Non aspettò che gli rivolgessi ancora una domanda, o altre mille. Si avviò verso l'uscita e aprì la porta.

«No, ti prego!» Lo fermai. «Ho tantissime domande, ma rispondimi almeno a un'altra.» chiesi con un tono che non ammetteva repliche. «Perchè questa collana era in possesso di mio padre?»

Killian si voltò di profilo e vidi il suo sorriso piegarsi leggermente all'ingiù, ricco di rimorsi o forse rimpianti. Non sapevo più cosa pensare, ma non mi piacque, affatto.

«Tuo padre? Ancora non lo hai capito, Cappuccetto?» scossi la testa, lenta, non sapevo se volevo sentire quella risposta. «Tuo padre era l'amante di Clelia!»

Se ne andò, sbattendo la porta, lasciando che quella realtà mi divorasse lo stomaco.


💥Buon lunedì, cuZz.
Questo capitolo, per me, è molto importante. Da qui inizieranno a sciogliersi tutti i nodi bloccati al pettine. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, come è piaciuto a me scriverlo. Vi mando un bacio grande ❤️💥

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro