Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

22-𝓢𝓽𝓪𝓶𝓶𝓲 𝓵𝓸𝓷𝓽𝓪𝓷𝓸!

Avrei preferito schiantarmi al suolo.

Il suo alito putrido mi riempì le narici, mentre mi soffiava quelle parole, dopo avermi presa al volo, poco prima di stroncarmi in modo definitivo.

Il Sospiro aveva previsto la mia stupida mossa e mi aveva aspettata al varco. Niente morte certa, ma l'avrei preferita al terrore che stavo vivendo.

La velocità con la quale viaggiava era considerevole. Accanto a lui arrivarono lesti gli altri quattro. Sghignazzavano entusiasti.

«La Bestia è saltata dal burrone poco dopo la ragazza. Era ancora bloccato dall'attacco e ci ha messo qualche secondo, prima di riuscire a muoversi» disse uno di quelli. «Non ha visto nulla, urlava disperato, credo la stia ancora cercando» continuò. «Il lupo è tramortito, tornerà da lui con il cuore spezzato e le illusioni perdute.»

«Bene, bene, hai sentito, Fiorellino?» Si rivolse a me, mentre mi sorreggeva quasi come fossi una piuma.

Riuscivo a comprendere poco. Il mio corpo era inerme, indifeso, non aveva alcuna reazione, impossibile da controllare. Provavo a muovere gli arti, ma nessuna forza mi era concessa, se non quella di un flebile respiro.

Provavo ad avere una qualsiasi reazione che mi facesse comprende con certezza di essere ancora in vita. L'unica cosa sicura era il pensiero. Riuscivo a sentirlo, a comporlo, a gestirlo, ma niente di più. La vista era quasi spenta, trovava uno spazio sfuocato nei pochi istanti che le erano concessi.

Quel Sospiro mi aveva agganciata, in modo diverso dal solito, ma lo aveva fatto. Voleva che perdessi i sensi, non del tutto, però. Si nutriva del mio terrore e ne traeva godimento, probabilmente era quello il motivo che lo portava a tenermi ancora semi vigile.

«Vi hanno visti andare via? Potrebbero seguirci?» chiese loro con tono seccato.

«No, ne siamo sicuri. Il lupo era svenuto e lui troppo distante e disperato» rispose uno di quelli rimasti più indietro.

«Perfetto, non deve percepire dove la stiamo portando, verrebbe a reclamarla.» Non capivo di cosa stesse parlando, sentivo quella sua voce fastidiosa divenire sempre più lontana e rimbombarmi nelle orecchie, come un'eco tra le montagne di Airsa. Uno di quelli che puoi sentire nella completa solitudine di un paesaggio innevato, ma che potrebbe provocare una valanga e sotterrare interi villaggi. «La sta attendendo da quando ha sentito del suo arrivo!» Sentii quell'ultima frase ovattata, divenire un semplice fischio.

La sta attendendo!

Del dopo... ricordo solo il buio.

Al mio risveglio mi ritrovai su di un letto ricoperto da stoffa liscia, lucida e scura. Non riuscivo a vederne bene il colore. La stanza era semi buia, la poca luce che filtrava dalle finestre schiuse, non mi permetteva di scrutare perfettamente i dettagli. Ero impaurita e, quella volta, rimasi immobilizzata per il terrore che se avessi mosso un passo, sarebbe stato quello sbagliato, se avessi trovato il modo migliore per inalare aria senza rischiare di perdere altri battiti, sarebbe accaduto l'irreparabile.
Non avevo idea di dove mi trovassi e non ero sicura di volerlo sapere. Immobilizzata, mente e cuore non stavano andando d'accordo; la prima mi consigliava di scappare, fuggire il più lontano possibile, evitare l'incontro di qualunque persona volesse vedermi, perché era chiaro, come il sole che illuminava quella città, che non aveva buone intenzioni; il secondo mi pregava di restare, perché ogni più piccolo movimento poteva costarmi la vita, lui lo sentiva, sentiva che un passo falso avrebbe potuto essere l'ultimo, ma c'era anche qualcos'altro che voleva che ascoltassi, ed era ciò che in realtà lo portava a desiderare di sapere, di conoscere, di sperare che quella non fosse l'ultima volta.

Decisi di alzarmi, piano, senza fare il minimo rumore. Fuori dalla porta di quella stanza, di sicuro, c'era qualcuno che avrebbe osato entrare nel momento stesso in cui avrei palesato il mio risveglio.

Mi avvicinai alle finestre per poterle aprire leggermente e capire in che posto mi trovassi e se, per un fortuito caso, fossero stati così stupidi da pensare che io non volessi scappare, andare via da ciò che mi aspettava, l'ignoto.

No, non erano affatto stupidi.

Al di là delle finestre chiuse c'erano delle enormi sbarre e, oltre a esse... il vuoto. Ero prigioniera e, cosa ben peggiore, nessuno sapeva dove mi trovassi, soprattutto io. Quello di cui ero certa era che non sarei riuscita a scappare neanche desiderandolo con tutte le forze. Mi resi conto di avere dei braccialetti ai polsi e, come nelle migliori delle favole, quelle che amavo tanto leggere e che mi facevano disperare, ma anche sognare, non erano stati messi per un puro fattore estetico.

La curiosità prese il sopravvento, strinsi le mani intorno al ferro delle sbarre e cercai di provare qualunque emozione che potesse far fuoriuscire il mio potere, uno qualunque ma, come sospettavo, era solo un inutile sforzo. Quei gingilli servivano a bloccare ogni forma di magia. Provai ancora e ancora. Cercai di incanalare tutta la rabbia che provavo, ma non c'era neanche la più piccola scintilla a farmi compagnia.

Ero sola, sola con me stessa, le mie forze mi avevano abbandonata. Sentivo ancora un senso di nulla dentro di me, qualcosa che mi spossava. Quei dannati Sospiri mi avevano resa debole, come un cerbiatto spaurito davanti al suo predatore, anche se io non avevo nessuno a cacciarmi.

Mi appoggiai sul letto, le gambe stavano cedendo e la stanchezza non faceva altro che aggrapparsi a ogni fibra del mio essere. Mi stesi a pancia sotto e, con le braccia divaricate, mi lasciai trasportare da ciò che provavo in quel momento. Avevo solo voglia di chiudere gli occhi e non riaprirli mai più, ma qualcosa mi infastidiva premendo sulle costole.

Mi alzai e infilai la mano nel bustino, ma non riuscii a raggiungere quel corpo estraneo che si trovava sotto il seno. Con la mia solita delicatezza, cercai di sganciare i lacci che lo chiudevano dalla schiena. Mi resi conto di non aver fatto caso alla stanza in cui mi trovavo. La osservai. Non era malmessa, non sembrava affatto una vera e propria prigione. Era inquietante, quello non potevo negarlo. Le pareti color del vino, non risaltavano la luce del sole, che pareva sbattere contro di esse per poi tornare indietro spaventata. I pavimenti scricchiolanti, in legno scuro e i tessuti neri che adornavano la camera, rendevano tutto lugubre e nefasto.

La porta d'uscita aveva degli intarsi che ricordavano qualche strano rito. Mi avvicinai, stringendo gli occhi in due fessure per cercare di capire cosa fossero quei disegni intagliati. Tutto ciò che riuscii a vedere fu un mostro enorme vicino a una figura che poteva essere quella di un umano. La bestia non aveva l'aria di essere un Killiuk, ma era, comunque, gigantesca e spaventosa, anche se disegnata veramente male. Non avevo rinunciato a slegare il corpetto pur essendomi distratta con quell'opera d'arte. Continuai a fissarla, mentre con le mani cecavo di afferrare i lacci annodati. Saltai, come se quel movimento potesse risolvere il problema, senza crearne altri.

Le lastre del pavimento si mossero, causarono un fastidiosissimo scricchiolio -loro non io- che sentirono da fuori.

Passarono solo pochi secondi prima che si sentisse il rumore della chiave scattare nella serratura.

La porta si aprì e la figura che mi si palesò davanti mi lasciò interdetta.

"Ma per tutti gli dei, devono essere tutti bellissimi per forza in questo posto? Uno che sia brutto come un maiale che sguazza in una pozzanghera di melma dove lo trovo? Diamine!" Pensai.

«Ben svegliata, Bocconcino!» Ne avevo abbastanza di tutti quei nomignoli. «Sono due giorni che aspettiamo il tuo risveglio.»

Quell'uomo aveva uno sguardo perso, sembrava vagare nel buio. Mi guardava, ma non mi vedeva. Era come se stesse osservando un oggetto fatto di vetro trasparente. I suoi occhi, dalla forma tagliente, erano neri di pece, profondi come pozzi bui, ma avevano la pupilla bianca, candida come neve. I capelli scuri arrivavano sin sulle spalle ed erano legati da un codino che mostrava le sue orecchie leggermente appuntite. Le labbra non nascondevano un sorriso malefico che avrebbe messo timore perfino a un Killiuk, forse. Lui non le aveva, non le aveva quelle meravigliose fossette che possedeva Killian, ma me lo ricordò comunque quel primo incontro che riuscì a incendiarmi anima e cuore.

«Chi sei? Cosa vuoi da me? Perché mi hai fatta portare qui?» domandai spaventata, con le mani ancora rigirate su quel maledetto bustino.

«Quante domande, Bocconcino, calma,» rispose con tono sarcastico, mentre si avvicinava a me.

«Stammi lontano!» urlai.

Feci qualche passo indietro prima di sbattere al letto e cadere di schiena.

Con una velocità inumana, come chiunque da quelle parti, mi raggiunse e si poggiò con le ginocchia ai due lati dei miei fianchi. Si abbassò leggermente per raggiungere il mio viso e incastrò quelle sue pupille bianche nelle mie.

«Sono Ares, piacere.» Mi soffiò a fil di labbra. «E no, non sono interessato a te. Al tuo corpo, forse» disse, guardandomi i seni scoppiarmi dal corpetto e sfiorando con un dito la mia guancia. «Ma non così, non adesso» alitò quelle parole come fossero una minaccia. «Non fin quando lei non me lo chiederà» disse, lasciandomi basita.

Spalancai la bocca e persi il fiato per qualche istante. Bloccata da un'ennesima ondata di terrore non reagì, neanche quando, con non troppa delicatezza, mi girò a pancia in giù e poggiò qualcosa di duro sul mio sedere, mentre mi slacciava il bustino.

«Manderò qualcuno per fare indossare vestiti più appropriati a un bocconcino del tuo calibro.»

Si alzò dal letto e mi lasciò spaventata a bagnare di lacrime quelle coperte. Rimasi sola e inerme per qualche istante, con una consapevolezza, però. Potevo perdere tutto, compresa me stessa, mentre mi lasciavo andare alla disperazione di non sapere cosa o chi mi stesse attendendo e, soprattutto, perché aveva deciso di rinchiudermi, oppure... potevo reagire e fare l'unica cosa che ancora non sapevo se mi sarebbe riuscita, ma che speravo, con tutte le forze che mi rimanevano, di avere ancora.

«Raith!» cercai la sua mente. «Raith, ti prego, sentimi!» Purtroppo, non ottenni alcuna risposta.

Mi alzai anche io da quel letto. Sciolsi i lacci che stringevano sulla schiena richiudendomi il petto e smorzando il fiato. Lanciai a terra quello che mi sembrava uno strumento di tortura e rimasi in intimo. Sentii un altro rumore, oltre a quello del pensante corpetto, provenire da sotto di me. Accanto ai miei piedi la scatola che la ninfa mi aveva lasciato proprio poco prima di uscire dalla grotta.

La raccolsi con estrema delicatezza e tanto timore e l'aprii.

Scoppiai in lacrime, non ci potevo credere. Tra le mie mani stringevo quel meraviglioso ciondolo di ossidiana lasciato da mio padre. Ero convinta di averlo perduto per sempre e invece... era lì, era tornato nelle mie mani.

«Salve, signorina, sono qui per adornarla e prepararla all'incontro.» Non si usava bussare in quei luoghi, proprio no.

Nascosi subito il ciondolo dietro la schiena, rimasi ben attenta a fare credere mi stesse prudendo qualcosa. Lo feci d'istinto, ci pensai solo dopo al fatto che fosse soltanto un misero ricordo di famiglia e niente di più, per loro.

«Cos'ha lì dietro, mia cara?» mi riscosse la donna paffuta che avevo davanti.

Era una donna affascinante, bella come poche altre della sua età, aveva un colorito di pelle leggermente più scuro del mio e i suoi occhi sapevano di tenerezza. Mi riuscirono a tranquillizzare al solo sguardo. Sentivo che non mi avrebbe fatto niente, o almeno speravo.

Indossava una cuffia bianca che le nascondeva i capelli. Era più bassa di me e portava con eleganza un vestito giallo che non aveva nulla di speciale.

«Niente, è solo un ciondolo lasciato da mio padre per me, prima che morisse» dissi in un moto di coraggio.

Sarebbe stato inutile mentire, l'avrei potuta provocare ed era meglio evitare qualunque cosa mi portasse a peggiorare la mia situazione. Non sapevo neanche quale fosse, per giunta.

«Oh, bambina, vieni, avvicinati.» Lo accennò con tenerezza quel sorriso che mi aprì il cuore, portandomi ad avanzare verso di lei con il ciondolo in mano.

Mi resi conto solo quando le ero troppo vicina che avrebbe potuto essere una trappola. L'ansia si poteva tagliare con il coltello in quella camera. La mia presa di coscienza era arrivata troppo tardi.

Incastrò il suo tenero sguardo nel mio mostrando uno sgabello in legno, anch'esso scuro, a cui non avevo fatto caso. Ascoltai il suo ordine silenzioso e mi accomodai.

Mi offrì la sua mano e, con un cenno delle dita, mi fece capire di appoggiarvi la collana. Non avevo altra scelta. Lo feci. Le diedi l'unico oggetto che avevo portato da casa, l'unica cosa che mi collegasse ancora alla mia famiglia, a mio padre. Convinta di averla persa per sempre, avevo il cuore ridotto in brandelli e, in quel momento, lo stavo calpestando per ridurlo in cenere.

Al contrario di ciò che pensavo, con dolcezza, prese la collana e l'appoggiò intorno al mio collo per chiuderla su di esso.

«Abbineremo gli abiti a questa meraviglia, che ne dici?» Le feci un cenno di assenso con la testa e la guardai, come lei stava facendo con me, con l'affetto di una donna che neanche mi conosceva. Probabilmente, più che di affetto, si trattava di compassione. «Oh, aspettami qui, mia cara, ho un'idea per i restanti gioielli.»

Si allontanò in fretta, lasciandomi con mille dubbi per i quali non avrei avuto risposta tanto presto.

Nell'attesa, mi avvicinai di nuovo a quella finestra che affacciava nel vuoto, per guardare con più pazienza e senza terrore. Dovevo trovarmi in una specie di torre di quello che sembrava essere un castello. Non ebbi il tempo di scrutarne meglio i dettagli, ma come tutto, era molto scuro.

«Dove lo trovi uno solo che sia brutto come un maiale che sguazza in una pozzanghera di melma? Ti hanno rapita e tu riesci a pensare a queste stronzate?»

Finalmente, aveva ritrovato i miei pensieri.

«Lantus!»

༻¨*:··:*¨༺ ♱✮♱ ༻¨*:··:*༺
Buonasera, piccoli lemurini del mio corazon.
Chi, secondo voi, ha tutta questa urgenza di vedere Al e, soprattutto, perché?
Vediamo se riusciremo a capire qualcosa nel prossimo capitolo.
Comunque Aledis ha ragione... sono tutti pezzi di manzo qui dentro, perfino Lantus!
Alla prossima, cuori!

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro