21-𝓟𝓻𝓲𝓶𝓪 𝓬𝓱𝓮 𝓲𝓵 𝓼𝓸𝓵𝓮 𝓽𝓻𝓪𝓶𝓸𝓷𝓽𝓲 𝓲𝓵 𝓽𝓮𝓻𝔃𝓸 𝓰𝓲𝓸𝓻𝓷𝓸
Spilli...
Tanti spilli che premevano all'interno della mia testa, pungevano dentro di me, provocavano un dolore costante e difficile da sopportare. Mi sentii come scaraventata al di là di ogni cosa, sensazione e pensiero immaginario. Al di là del tutto e del niente. Una percezione strana e terrificante allo stesso tempo. Un tormento che mi fece sperare, per un attimo, in una morte istantanea.
Invece...
Ero lì, al di fuori del mio mondo interiore con la simpatica compagnia del mostro, ed ero viva. Quella stessa sofferenza che mi stava dilaniando fino a un attimo prima di uscire da un inferno fatto di pura tortura, si trasformò in forza, la mia.
Una luce di fuoco e fulmini, paura e rabbia, colpì il sospiro più vicino. Non ero così potente da ucciderlo, almeno non ancora, ma riuscii a scagliarlo lontano quel tanto che bastava per distrarre anche gli altri che, istintivamente, seguirono la sua scia per accertarsi fosse ancora in vita. Non brillavano certo per astuzia.
Sentii nitrire a pochi passi da me. Era Orio, più in forma che mai. Gli corsi incontro, con le lacrime che rigavano il mio viso per la felicità di vederlo in salute. Lo abbracciai con tutta la forza che avevo, ma mi scostò con il muso, spingendomi ai suoi fianchi con l'intenzione di farmi capire di cavalcarlo senza perdere altro tempo.
Gli diedi ascolto, mentre mi domandavo se fosse davvero solo un cavallo. Gli saltai in groppa e, senza voltarsi più indietro, galoppò a tutta velocità tentando di far disperdere le sue tracce, evitando di seguire un qualunque sentiero.
Ci provò, lo fece davvero. Con molta probabilità, non sapeva che i Sospiri avrebbero seguito il mio odore, intriso di paure indomabili. Mi avrebbero raggiunta, presa e privata di ogni facoltà, come la povera ninfa.
Naïa! Non avrei dovuto distrarmi per cercare di capire cosa mi volesse dire la donna, nel momento in cui aveva asserito di avere il mio stesso nome. Non era il tempo né il luogo, ma mi era davvero difficile non arrovellarmi i pensieri con quella sola e unica domanda: perché avrebbe dovuto mentirmi?
Pensai che qualunque fosse il motivo non era abbastanza valido da affrontare una bugia del genere.
Ero ancora fuori fase a causa di tutto ciò che stava accadendo al mio corpo, dei cambiamenti della mia anima e della possibilità, sempre più concreta, che i miei genitori avessero mentito a me e alle mie sorelle. Quello che mi aveva confidato Naïa, prima di trasformarsi in un vegetale, era un altro tassello a quella rete di probabili falsità che mi propinavano dalla nascita, e io non potevo concedermi un crollo emotivo per credere a dei completi estranei, anche se il mio potere, sempre più forte, confermava molte cose.
Immersa in quegli inutili pensieri, non mi resi conto di quanto ci fossimo inoltrati in un lato della foresta che mi era del tutto sconosciuto. L'oscurità sembrava essere più fitta di ogni altro posto esistente ed era rimarcata da rumori inquietanti che sapevano bloccare il respiro. Non riuscivo a vedere a un palmo dal naso. La densa vegetazione non permetteva alla luce della luna di filtrare e illuminare il sentiero quanto bastava per proseguire la fuga. Orio aveva appena rallentato la sua corsa, anche per lui risultava impossibile orientarsi, se non addirittura di evitare di sbattere contro un albero.
Scesi dalla groppa e mi agganciai con le mani alle redini per accompagnarlo. Lo accarezzai con delicatezza, sentivo la sua agitazione farsi strada in un vortice costante di paura. Ne avevo anche io, ero terrorizzata, ma tentavo di trovare la calma controllando il respiro per rallentare i battiti del cuore. Sembrava funzionare.
La voce... la voce nella mia testa che mi aveva detto di scappare. Mi venne in mente solo in quel momento. Troppe le cose successe per realizzare all'istante cosa fosse successo. Raith! Era la voce della Bestia che mi aveva raggiunta e in quell'istante, più che mai, avrei voluto aver imparato a fare la stessa cosa. Avevo bisogno di raggiungerlo, toccare i suoi pensieri e lasciare che mi trovasse.
Lo chiamavo, provavo a farmi sentire da non so quanto tempo, ferma con Orio, senza sapere più che fare o dove andare e con poche possibilità di rimanere integri.
«Raith!» gridai in un ultimo sforzo, tra le lacrime.
Le speranze sembravano perse, ma non avrei mai lasciato che mi annegassero in un mare di nulla.
«Raith, brutto stronzo, sentimi, cavolo!» Silenzio, solo silenzio dentro di me, al contrario del fuori, dove era chiaro, dai suoni surreali, che i Sospiri erano vicini.
«Calma con le parole, capretta!»
Il silenzio finii di torturarmi i pensieri, perché la sua voce, che mi parve un suono gradevole sopra ogni cosa conosciuta fino ad allora, era riuscita a raggiungermi, a prendermi, ad agganciarsi con tutte le forze, finalmente.
«Raith, per tutti gli dei, tu mi senti, mi senti davvero, non è un'allucinazione?» pensai, portando le mani sulle guance, incredula.
«No, Al, non ti sento, rispondo a caso!» Mi schernì con tono spazientito e preoccupato, allo stesso tempo. «Cerca di essere più specifica possibile, non c'è da perdere tempo, dove sei?»
«Non ne ho idea...» ammisi in un moto di tristezza. «Abbiamo pensato solo a scappare dai Sospiri, loro mi stavano sezionando.»
«Lo so, li ho sentiti quando ho provato a contattarti.» Lantus era andato da lui, non da Killian per accusarmi, ma da Raith per provare a convincermi di tornare indietro. «Ora, ragazzina, non perdiamoci in chiacchiere, concentrati!» disse con tono duro. «Guardati intorno e cerca di darmi un qualsiasi dettaglio che possa farmi capire dove ti trovi.»
«Non posso, Raith, non vedo nulla!»
«Ascoltami bene, Al. Se i Sospiri vogliono trovarti, potrai nasconderti, fare silenzio, non respirare neanche, loro ti troveranno lo stesso, anzi, con grosse probabilità, ti hanno già trovata e vogliono solo far crescere le tue paure... si divertono con poco e con te hanno messo in scena il loro giochetto personale.» Era vero, sentivo che lo era, che loro mi stavano osservando da lontano, per cogliermi impreparata quando, persa la ragione, avrei ceduto al loro potere. «Quindi, ora, tu ti sposterai da dove ti trovi, camminerai fino a quando la luce della luna non ti farà scorgere un qualsiasi dettaglio che possa aiutarmi a trovarti.»
Non mi rimaneva altro che ascoltare le sue parole e non il mio terrore. Se volevo sopravvivere a quella notte, dovevo muovermi e non comportarmi come una povera preda circondata dai predatori e senza alcuna via di scampo. Avrei dovuto trovare quel coraggio e quella voglia di vita che mi erano sempre appartenuti, fino a quando la mia normale e noiosa esistenza non mi aveva messo davanti quell'alternativa, magica, sì, ma tutt'altro che semplice e tediosa.
Non mi ero resa conto che il mio corpo aveva iniziato a fare ciò che la mia mente stava tentando di metabolizzare. Camminai a tentoni, con le mani sporte in avanti per segnalare i vari ingombri sul mio cammino. Con i piedi cercavo di assicurarmi che non ci fossero massi o tronchi a ostacolarmi.
Continuai in quel modo fino a quando una flebile luce non apparve poco distante da noi. Il bagliore della luna, trapassava la selva in un punto non molto distante. Avanzammo ancora e ancora e notai, man mano che il raggio rischiarava di più il sentiero percorso, che gli alberi erano sempre più lontani l'uno dall'altro. La distanza tra loro, diventò più netta e, dove la luna brillava in tutto il suo immenso splendore, non vi era più nulla.
«Raith! Un burrone, solo un burrone!» Non ricevetti alcuna risposta.
Furono quelli i miei ultimi pensieri rivolti altrove, prima che i Sospiri palesassero la loro presenza.
«Sei in trappola, fiorellino!» Non stava mentendo. Dietro me e Orio solo il vuoto. Ero diventata la preda circondata dai suoi predatori, proprio quella che non avrei dovuto essere. Quei cinque dannati pronti ad attaccare e fare delle nostre menti poltiglia putrida, mi fissavano come si guarda un bocconcino succulento dopo mesi di fame.
Il terrore premeva nelle ossa per uscire. Era fatto di pura energia, fasci di luce che viaggiavano attraverso il mio corpo fino a raggiungere i palmi. Saette che io non percepivo, ma che sfioravano la pelle con scariche elettriche intense, continuavano a fremere di essere rilasciate, ma non avrei risolto nulla.
Solo poco tempo prima, vicino a quel lago, avevo acceso la stessa energia accompagnata da fuoco vivo, eppure, ero riuscita appena a scalfire, quello che sembrava essere, il capo dei Sospiri. Avrei dovuto farne fuori ben cinque e sapevo di non essere in grado di farlo. Cosciente delle mie possibilità, l'unica cosa che mi rimaneva era pensare a un piano veloce e concreto per distrarli nuovamente e fuggire.
«Cosa credi di fare con quella palletta ridicola, mio bel fiorellino?» chiese sarcastico il Sospiro vestito di viola. Lui era l'unico che portava il mantello di quel colore, gli altri ne erano privi e il loro corpo raggrinzito, verdognolo e ammuffito vagava nudo, come niente fosse. «Sono stati già puniti per la loro cieca stupidità di poc'anzi, non commetteranno lo stesso errore, te lo assicuro.»
Il buio del lago spento, non mi aveva permesso di notare quelle deformità che avevano in mezzo alle gambe.
Una specie di mazza dello stesso colore della loro pelle, penzolava in quel punto che avrebbe dovuto essere nascosto. Era enorme, forse un'arma che portavano attaccata al corpo che pareva come parte di esso.
«Non avrete intenzione di massacrarmi con quelle cose?» domandai, mostrando quelle escrescenze.
Una fragorosa risata proveniente dalla selva, distrasse i cinque che, rivolgendosi verso quel suono, si scomposero per tentare di capire cosa stesse accadendo.
Dalla profondità oscura di quel luogo, due paia di occhi avanzavano temibili, fieri, minacciosi.
Quando la luce della luna riuscì ad accarezzare i loro corpi, potei tirare un sospiro di sollievo.
Raith e Lantus mi avevano trovata, erano arrivati i soccorsi, lui mi aveva sentita.
Il passo sicuro delle due Bestie metteva i brividi anche a me. Erano terribili. Gli occhi di Raith non avevano l'ombra del colore che gli apparteneva. Nessun'ametista, ma una pietra comunque preziosa. Le sfumature del rubino avevano preso il suo posto. Una folata di vento sferzò il mantello scuro che indossava e il suo pelo morbido ne seguì la scia. Il lupo mostrava i suoi denti aguzzi con una cattiveria tale da farmi tremare. Quella volta non sarei stata io il suo obbiettivo.
«Bene, bene, ratto delle nostre terre, mi fa piacere la tua visita. Hai portato il batuffolo con te, bravo! Preferirei nutrirmene quando potrai donargli la libertà ma, se proprio devo, potrei farlo anche ora» blaterò il Sospiro. «Attaccate, imbecilli!» ordinò perentorio.
I quattro sospiri si catapultarono in un'orda violenta che precedeva la loro scia, tornata ad essere inconsistente, verso i miei due amici.
Dal mio corpo uscì fuori il fuoco che stavo aspettando e si unì alle scariche di energia vibranti e pungenti che rilasciai in direzione del sospiro più vicino a me. Riuscì, di nuovo a fargli prendere il volo, lo scaraventai sotto il burrone, ma i suoi amici, quella volta, non se ne accorsero nemmeno o forse, la punizione della quale parlava il loro capo, era davvero servita.
La foga con la quale vidi lottare Lantus era solo energia sprecata. Cercava, in ogni modo, di saltare addosso a quei sospiri.
«Aledis, il vento. Cerca di controllare il vento, li spazzerai via, sono solo vapore!»
Mi concentrai, cercai di ricordare la sensazione che avevo provato quando Malakay si presentò a casa di Killian. Ero agitata, ma di un'agitazione che partiva dallo stomaco fino ad arrivare...
Il vento si alzò e non lo fece con gentilezza, spazzò via i Sospiri con forza, portandoli a disperdersi nella radura in un'eco di grida che man mano, divenne sempre più lontana.
«Tutto bene, capretta?»
«Sì, sta bene, non lo vedi che ha la pellaccia, Raith! Chi vuoi che se la prenda. Anche fosse, ce la riporterebbero prima che il sole tramonti il terzo giorno... anche prima!» Mi schernì Lantus.
Io lo sapevo, però...
Sapevo che io sarei mancata a loro nella stessa misura in cui loro sarebbero mancati a me. Sapevo che ormai la nostra era diventata una specie di famiglia, seppur bizzarra. Lo sapevo che non avrei potuto mai seguire quel senso di inadeguatezza e curiosità che mi spingeva verso Malakay. Sapevo che noi tre ci saremmo sempre stati gli uni per gli altri.
Perché era questo che la vita ci aveva donato ed era la prima volta che me ne rendevo conto. Non sapevo come, né tantomeno il perché, ma il destino ci aveva portati ad essere quello che eravamo. Uniti da qualcosa di più grande, inspiegabile, vero. Una connessione che non avrebbe mai preteso, ma solo dato.
«Lantus, attento, dietro di te!» gridai più forte che potei per avvisare della presenza di due sospiri tornati nella loro forma tangibile.
Uno di essi strinse il lupo dal collo, mentre l'atro, con una mossa fulminea, arrivò dietro le spalle di Raith, solo la sua mano si trasformò in nube, agganciandosi nella testa della bestia che urlò, come se il dolore che stava provando fosse insopportabile. E io ero sicura lo fosse davvero.
Era me che volevano, li avrebbero lasciati stare. Sarebbe stata una mossa stupida, avventata, ma avevo in mente un piano che, come tutti i miei piani, sarebbe stato uno grosso fallimento.
«Ehi, voi due!» richiamai i due mostri che si rivolsero subito a me. «Volevate me o sbaglio? Il vostro capo vi punirà di nuovo se mi lascerete scappare ancora una volta per fare del male a due esseri di cui poco gli importa.» Li istigai, e fu la mossa giusta, perché lasciarono Raith e Lantus senza neanche pensarci.
Ero a un piede dal burrone e, prima di fare l'ultima cosa davvero, ma davvero stupida, li salutai con la mano.
«Ci vediamo all'inferno, mostri!»
«Aledis, no!»
Lo sentii benissimo l'urlo disperato di Raith che tentava di fermarmi, ma io non lo ascoltai.
Mi lanciai da quel precipizio, per far sì che quegli esseri mi seguissero, sperando di riuscire ad alzare tanto vento da farmi volare.
Precipitai in un vuoto che sembrava non finire mai, il vento riuscii ad alzarlo, sì, ma non era abbastanza. I miei poteri erano ancora troppo deboli per riuscire in un'impresa così stupida.
Stavo per morire, come la più cretina degli imbecilli.
Quando vidi il terreno sotto di me, capii che era davvero finita.
Stavo per schiantarmi al suolo...
«Non morirai, non stasera, fiorellino!»
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Questa settimana ho pubblicato con un ritardo immane. Tutte le cose che dovrei scrivere mi stanno esplodendo in testa, ma ho avuto difficoltà a trovare il tempo di buttarle giù.
Mi raccomando, non dimenticate di aiutarmi a scovare i refusi. Alla prossima, cuZzoli ❤️
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