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20-𝓢𝓸𝓵𝓪 𝓬𝓸𝓷𝓽𝓻𝓸 𝓽𝓾𝓽𝓽𝓲.

La ninfa, accanto a me, aveva smesso di muoversi. Era vigile, respirava. Con gli occhi spalancati e immobile, sembrava guardare oltre le siepi, nella boscaglia. Non emetteva alcun suono oltre quello dei respiri affannati che, nel silenzio dell'oscurità, rimbombavano incessanti. Tutto si era spento. La sua agonia aveva portato un sonno perenne in quel luogo magico. Le farfalle che primeggiavano nella notte parevano non essere mai esistite. Si erano volatilizzate, come loro, tutto ciò che rilasciava incanto.

Ero affascinata, ammaliata da quegli occhi cavi, senza orbite che riuscivano a fissarmi pur non esistendo. Lo sentivo il suo sguardo su di me, sentivo tutto il dolore che voleva provocarmi e riusciva a spezzarmi le ossa, l'anima e il cuore a ogni risata crudele che emanava. Desiderava nutrirsi di ogni mia sofferenza che bramava di infliggermi con le sue stesse mani.

Arretrai di un passo, due, tre, per istinto...

«Dove credi di andare, fiorellino?» chiese mordace, prima di irradiare una luce verdognola dal suo stesso corpo.

Come lui, altri quattro suoi simili lo imitarono. Ero circondata, senza scampo. Il nulla aveva preso possesso di ogni fibra del mio essere, ero inerme. Cercai di sforzarmi per far uscire fuori fulmini e saette, palle di fuoco, una flebile scintilla, uno stupido schizzo d'acqua di quel lago... niente mi stava dando ascolto, anche la paura mi aveva abbandonata. Non capivo cosa mi stesse succedendo, non mi importava della mia stessa vita. Come se la mia mente si fosse arresa all'inevitabile destino che mi attendeva. Ero rimasta sola e nessuno avrebbe potuto fare nulla per salvarmi.

«Fai in fretta se devi uccidermi, non perdere altro tempo, non serve, sono pronta!» dissi categorica, al sospiro, mostrandomi indifferente all'agguato.

«No, mio bel fiore» si avvicinò fluttuante. Mi sfiorò il collo e il mento con quelle sue dita raggrinzite per sollevare il viso e fare in modo che i miei occhi si incastrassero nelle sue pozze senza fondo. «Forse non ci siamo capiti! Non siamo qui per ucciderti, ma per provocare in te il dolore più profondo che tu possa mai provare, sarai tu stessa a decretare la tua morte... o la sua!» Le risate di tutti coloro che mi erano intorno diventarono un tormento fastidioso. Strinsi le dita tra i capelli, coprendomi le orecchie, per non sentirli.

Il suono di quelle voci stridule, maligne, causavano delle forti fitte, come fossero aghi nei timpani.

Le loro auree verdognole si espansero nei d'intorni, ma avevano un solo e unico punto in comune... me. Mi raggiunsero aggirandosi tra gli alberi, illuminarono ogni cosa. Perfino Orio. Con il dolore ancora costante, alzai il viso e osservai quelle luci che ero riuscita a vedere anche con le palpebre chiuse. Guardai verso i cavallo, solo per caso, e lui respirava ancora, per fortuna.

La vista dell'animale in vita mi portò a sentire di nuovo qualcosa. Speranza. Non dovevo arrendermi, lasciare che quei mostri facessero di me ciò per cui erano venuti. Dovevo lasciarmi andare, credere in me stessa e in tutto quello che avevo imparato fino a quel momento. Non potevo più lasciare che i Sospiri avessero la meglio su di me solo perché pensavo di non essere in grado di fargli anche solo un graffietto. Io potevo fare molto di più di un piccolo taglio a quelle creature, forse. Se non avessi provato non lo avrei mai saputo.

«Ti vedo, piccola creaturina. Lo vedo che sei tornata in te.» Il suo corpo si muoveva sinuoso sul posto. Creava onde tra busto e testa, sbeffeggiandomi. «Cosa avresti intenzione di fare, eh? Il solo pensiero di poterci annientare non potrebbe raggiungere neanche i tuoi sogni più reconditi, fidati. Sei sola, fiorellino... sola contro tutti noi. Torna ad arrenderti a te stessa e lasciaci fare» continuò a deridermi, mentre mostrava i suoi compagni di avventura, senza spostarsi di un solo passo da me. «Ti prometto che non sentirai alcun dolore.»

«Cosa diamine vuoi? Cosa volete?» chiesi senza abbassare lo sguardo.

«Noi siamo solo umili servitori, non vogliamo niente di speciale da te, non sei tu il nostro obbiettivo finale!» Le sue parole erano taglienti come pugnali appena affilati. «Cosa ti ha raccontato la ninfa?» domandò in un'espressione seria. «Ti ha detto che ti stanno riempiendo di bugie? Grossissime bugie.»

«Bugie? Certo, tu mi riempi di bugie dal nostro primo incontro.»

«No, ti sbagli, fiorellino. Io ti ho detto che sei morta, e non esiste nulla di più vero. Il tuo lato umano non esiste più.» Si avvicinò ancora di più al mio viso e potevo distinguere e contare tutte le rughe ammuffite che ricoprivano il suo volto, vedere la profondità di quei pozzi neri nei quali potevo infilarci due dita e perderle, accecarmi con quella luce che emanava e distinguerne perfettamente il puzzo di escrementi che il suo fiato propagava nell'aria. Un conato di vomito mi sali su per lo stomaco, mi scostai, senza successo, quella figura non aveva alcuna intenzione di allontanarsi da me.

L'istinto mi fece reagire come non avevo mai fatto prima in vita mia. Un calcio dato con tutta la forza che possedevo, dritto dove avrebbero dovuto esserci le parti basse, partì senza che lo volessi. Riuscii ad allontanare quel mostro, ma le altre quattro figure reagirono al mio comportamento, avanzando furiose. Grida inumane uscirono dalle loro fauci e, come il giorno in cui il sospiro era riuscito a farmi qualcosa con quel suo alito inconsistente, anche in quel momento, da loro, vennero fuori gli stessi fumi, mentre gli stridii delle ugole continuavano a far forza sulle corde vocali, se solo ne avessero avute.

Riuscirono a raggiungermi, svelti, imprigionandomi con catene invisibili. Erano troppe. Cinque di quelle mani fantasma entrarono nella mia testa, mi graffiarono i pensieri e premevano con forza, come a strappare ogni ricordo. Facevano male, un male potente, invalidante. Di colpo il buio...

Il mio corpo prese forma dentro i miei stessi incubi e, accanto a esso, la forma del sospiro. Niente sostanza, solo la trasparenza di quella figura che ricordava un uomo di vapore denso e inconsistente.

Volava intorno a me, come una mosca intorno allo sterco del cavallo e rideva in un'eco che avrebbe dovuto infastidire anche lui.

«Quante bugie ti racconta il tuo uomo, fiorellino. Tu non lo sai, ma ha costruito una tela lunga e fitta per agganciarti.»

«Di chi parli? Di Malakay, di Raith o di Killian, sai sono indecisa ultimamente» ribattei sarcastica per sottolineare la mia stizza nei suoi confronti.

«Siamo soli, insieme ai miei amici, certo, ma loro saranno piccole formiche silenziose. Io e te, solo io e te, creaturina.»

«Cosa vuoi?»

«Oh, io nulla... il vero problema è Clelia, la nostra amata regina. È solo il suo volere che cerco di esaudire, non il mio, non quello di Malakay, né di nessun altro, solo quello della nostra amata.»

«Non è la prima volta che sento il suo nome. L'hai nominata anche la prima, asserendo che Raith fosse il suo ratto.»

«Attenzione, io ho detto il ratto della regina, non ho detto "suo". Come tutti i ratti, è stato scacciato da quel castello. Clelia non lo ammira molto, diciamo» asserì fiero. «Vorrebbe vedere il suo cadavere bruciare nelle fiamme degl'inferi, a dirla tutta, ma questi sono dettagli insignificanti!» sorrise maligno.

Continuava a volteggiare, mentre avanzava illazioni senza alcun senso. Non diceva niente, ma diceva tutto e io ero sempre più confusa. Brillava ancora quel suo corpo astratto, illuminando la parte della mia testa in cui mi trovavo. Come facevo ad essere lì? Era una domanda a cui difficilmente si poteva rispondere. Un meccanismo perverso che permetteva a quegli esseri ignobili di appropriarsi di ogni briciola di intimità, ogni più piccola possibilità di libero arbitrio. Lo avevo capito: fino a quando quei mostri sarebbero rimasti a giocare con la mia mente, avrebbero potuto fare ciò che volevano di me.

In quell'istante stava solo giocando, come un gatto con un topo senza scampo.

O forse...

«Sai, fiorellino, io tengo nascosti tanti di quei segreti che non hai idea, molti di essi ti riguardano.»

«Beh, avevo capito non poteste mentire, voi Sospiri.» Non lo perdevo di vista neanche un secondo e, mentre lui continuava a girarmi intorno, io lo seguivo roteando su me stessa.

Ero nella trappola della mia mente e non avevo idea di dove fosse la chiave. Sola contro cinque di quelle creature avrei potuto fare ben poco. Potevo provarci, certo, ma ne sarei uscita a mille pezzi.

«Non possiamo dire bugie, infatti. Ma nulla ci vieta di omettere o di dire solo ciò che ci conviene. Basta porre la giusta domanda. Provaci, fiorellino, e se sbagli, provaci di nuovo» disse in un sussurro.

Sembrava volesse che arrivassi da sola alla questione. Lui desiderava che io gli domandassi qualcosa di specifico. Era vero, nulla mi fermava nel chiedere.

«C'è stato un momento in cui non riuscivo a provare assolutamente nulla, perché?» chiesi in preda a una preoccupazione che mi portavo da un po'. Era appena accaduto, un'altra volta, e non potevo permettermi di perdere le emozioni.

Dentro quel bosco, la sera in cui Raith era venuto a prendermi, era successo la prima volta. Non diedi neanche modo alla mia famiglia di fargli sapere quanto diamine mi sarebbero mancate. Ero in preda al nulla e il pentimento era duro da sopportare. Non sapevo quando e se avrei potuto rivederle. E, solo dopo una manciata di ore da quell'istante, il senso di colpa aveva preso il sopravvento nel mio corpo e nella mia stessa anima.

Myura, Yara e mia madre Rahel mi mancavano come l'aria e, forse, non lo avrebbero mai saputo.

«Ancora non lo hai capito?» domandò beffardo, mentre si abbassava per raggiungermi. «Tutto è collegato ai tuoi sentimenti. Il tuo potere si nutre di essi e, nel momento in cui la tua parte umana è morta, in quella foresta, la magia stava nascendo. Senza potere, non proveresti più alcuna emozione e senza emozioni... saresti il nulla. L'uno segue l'altro, non hai alcuno scampo» Si femò proprio davanti il mio volto, speravo non mi alitasse ancora addosso.

Attendeva la mia curiosità, lo vedevo nel suo modo di guardarmi senza occhi, mentre con quella mano ammuffita picchiettava le dita rugose sulla pelle verde vomito.

«Cosa mi ha fatto morire? Cosa ha fatto nascere tutto questo?»

«Mia cara, un paio di occhi non sono abbastanza?»

«Rispondi a una domanda con un'altra domanda?»

«Ritorniamo al primo punto... ti stanno ricoprendo di bugie, fiorellino» posò le mani sui miei capelli, incastrandosi nei ricci. «Bugie, bugie, bugie... la tua vita è tutta una bugia» ammise in una cantilena fastidiosa.

Stava delirando e io dovevo riportarlo sulla strada delle risposte. La mia mente diventava sempre più buia, ipotizzai che, da fuori, le altre creature stessero facendo altro, nell'attesa. Succhiarmi l'anima, tipo.

«Cosa vuoi dire?» domandai con il cuore in gola.

Iniziavo ad avere paura. Paura davvero. Non di ciò che mi stava accadendo, ma della verità. Aveva insinuato un grosso tarlo e, se non mi avesse risposto lui, anche se il terrore cominciava a formicolare nelle ossa, avrei scoperto cosa mi stavano nascondendo tutti. E non ci sarebbe stato alcun lieto fine...

«Aledis, scappa... ora!»

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Con ben due giorni di ritardo sulla tabella di marcia, questa volta. Brava, Swashina.
Spero che quest'incontro con i Sospiri sia stato di vostro gradimento. La vostra opinione è sempre super mega gradita ❤️











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