13-𝓛'𝓲𝓷𝓽𝓻𝓮𝓬𝓬𝓲𝓸 𝓪𝓷𝓮𝓼𝓽𝓮𝓽𝓲𝓬𝓸.
Trovavo meraviglioso il fatto che Raith avesse pensato di portarmi in quel posto incantato. Lo stesso che, qualche giorno prima, mi aveva fatto incontrare Malakay.
Le acque sembravano quasi finte. La cascata che cadeva nel lago giocava con i colori rilasciando nell'aria sfumature unite a gocce di pioggia fine che schizzavano dal salto di quella massa.
La spuma che si formava nell'impatto aveva qualcosa di mistico. Risaliva in superfice con i colori dell'argento che riflettevano il sole.
Di sicuro mi sarei concessa il bagno che mi era stato negato dalla presenza di quelle due figure che avrei voluto non incontrare.
«Bene, Aledis. Mettiti più comoda che puoi.»
Non me lo feci ripetere due volte e iniziai a svestirmi dai primi indumenti.
Per prima cosa, tolsi gli stivali. Non sopportavo quei marchingegni da soffocamento dei piedi. Sentire le dita nude sul manto erboso era una sensazione divina.
Gli occhi di Raith erano puntati su di me, confusi, mentre mi spogliavo. Slacciai il bustino sopra la tuta aderente che, dietro la schiena, presentava una chiusura lunga e dentata. Un braccio piegato sul retro passava dal fianco; l'atro, da sopra la testa, cercava di agganciare il pezzo di metallo. Stavo seriamente litigando.
«Puoi?» Mostrai a Raith quel coso complicato, facendo cenno di aiutarmi ad abbassarlo.
«Cosa vorresti fare, scusa?» chiese scettico.
«Cosa ti sembra che voglia fare? Togliere la tuta, no! Che domande» risposi con sarcasmo.
«Ah, sì!? Spiegami, Aledis, la tua idea di comodità sarebbe quella di allenarti completamente nuda?»
«No di certo, ma sono intenzionata a farmi un bagno. Resterò in intimo, non preoccuparti, amico.»
«Forse non ci siamo capiti, siamo qua per allenarti, non per sguazzare in acqua. Serve concentrazione, soprattutto perché hai la tendenza a distrarti facilmente e non mi sembra il caso di dartene modo.»
Raith aveva assunto un'espressione da maestrino del "so tutto io" e, mentre cercava di convincermi a non farlo, ero già in acqua con tutta la tuta.
«Aledis, Killian non sarebbe d'accordo» blaterò quelle parole che per me non avevano alcun senso.
Il mio unico pensiero era quello di rinfrescarmi in quelle acque morbide e crogiolarmi sotto quel sole estasiante.
«Spero tu stia scherzando, Raith! Forse non hai ben inteso quanto mi possa fregare del parere del Signore tuo padrone. Vuoi che mi alleni? Lo farò, anzi, lo faremo, insieme, in acqua.» Sorrisi maliziosa porgendogli la mano che chiedeva con un cenno, al Killiuk, di avvicinarsi.
«Lo sai che tu non stai bene, vero? Dovresti prendere la cosa con più serietà. Lui vorrebbe-»
«Non me ne frega niente di lui» urlai bloccando le sue parole. «Lo vuoi capire? Quello che lui dice, per me, non ha alcun peso. Lui mi ha ceduta e, in tutta sincerità, sto anche cercando di farmi venire un'idea per non tornare.»
La rabbia e il panico s'impossessarono di me quando mi resi conto che, sì, lo stavo facendo davvero. Non lo avevo detto per avere una reazione di Raith, avrei preferito non dirglielo in quel modo, ma continuava a discutere dei desideri di quell'idiota e non riuscii proprio a tenere a freno la lingua.
«Aledis, cosa stai dicendo?» chiese in una domanda che non voleva risposta. «Non permetteremmo mai che il soggiorno da Malakay si prolunghi più del dovuto.» Assunse un'espressione contrita che difficilmente avrei potuto decifrare.
«Io lo so che tu tieni a me, Raith, lo sento» ammisi, immergendomi per intero in quelle meravigliose acque rigeneranti. «Ma Killian, lui non mi vuole lì e, per quanto sia rimasta male nel sentirglielo dire, ha ragione. Mi sono data un'importanza che non ho.»
Mi trovavo in un turbinio di sensazioni; la tristezza si univa al rancore; la rabbia alla delusione; la repulsione all'eccitazione.
Le acque si aprirono, facendomi poggiare la pianta del piede su una consistenza morbida e bagnata. Guardai in quella direzione e vidi che tutto ciò che rimaneva era una sabbia fine color zaffiro con sfumature ambra. Il liquido limpido si trovava, in parti uguali, ai lati. Le mani sembravano voler sorreggere quella massa pesante, ma non sentivo difficoltà nel farlo.
«Bene, Al.» mi richiamò mantenendo un tono calmo e fiero. «Non sconcentrarti, continua a fare ciò che stai facendo.» Non avevo la minima idea di cosa stessi combinando, ma ci provai ugualmente. «Mantieni questa posizione e fai respiri profondi per controllare le emozioni che stai sentendo.»
Si unirono altre mille sensazioni. L'agitazione e la paura stavano per prendere il sopravvento, portando quella massa a diventare più scura della notte.
«Come faccio, Raith?» gridai presa dal panico.
Anche il cielo si scurì in una matassa di nuvole grigie. Il vento si alzò e le acque iniziarono a incresparsi. Orio e Aria, da lontano, osservavano la scena senza, però, esserne troppo spaventati. Guardai meglio e dov'erano loro c'era ancora il sole. Non sembravamo essere nello stesso posto. Erano due realtà completamente diverse.
«Al, ci sono io.» La sua calma nel tono di voce aveva il potere di coccolarmi e avvolgermi in una carezza delicata. «Se ti lasci trasportare dall'emozioni, quella stessa acqua potrebbe trascinarti a fondo o rivoltarsi contro qualcuno. Trova il modo di controllarti e riuscirai a farlo anche con gli elementi.» Si avvicinò, pacato, alla mia figura tremante.
Le mani, che fino a quel momento non avevano smesso di vibrare, si unirono, dita contro le sue dita in un intreccio dal sapore anestestico.
Avevo ragione! Raith, la sua aura era una fonte di salvezza. Possedeva il potere inspiegabile di portarmi sulle rive quiete di uno strano mare in tempesta.
Riuscì a sedarmi con un solo tocco che aveva più magia di qualunque altro tipo di potere.
Come i miei arti, perfino l'ambiente tornò a rasserenarsi.
Le nuvole minacciose lasciarono spazio a un sole che sembrò splendere più di qualche momento prima; il lago, con la stessa delicatezza mostrata dalle sue mani, tornò ad accarezzarci i piedi, le gambe e su fino alle spalle. Tornai a galleggiare, a respirare.
«Sei proprio una brava capretta.» Sorrise accanto a me e io lo abbracciai.
Cercai di avvinghiarmi intorno al suo robusto collo ricolmo di peli, non puzzava di bestia bagnata. Aveva un buon odore che mi ricordava qualcosa di vago ma conosciuto. Non riuscivo a distinguerne bene gli aromi a causa del manto fradicio, ma qualcosa mi diceva che quel profumo lo avevo già sentito.
Ricambiò il mio abbraccio in una soffice stretta che mi riempì di quelle mancate con il calore della famiglia, la mia.
Non vedevo mia madre e le mie sorelle da almeno un mese. Loro mi mancavano. Mi mancava Rahel con le sue carezze gentili, i teneri rimproveri e i sorrisi che solo l'amore puro di una madre può regalare.
Mi mancava Myura con la sua forza d'animo, le risate grottesche alla stregua di battute idiote, gli occhi che tentavano di scrutare l'ignoto alla ricerca di risposte che lei già conosceva, la saggezza delle sue parole consolatorie quando ne avevo bisogno e le sarate passate intorno al fuoco del cucinino per difenderci dal freddo e dal giudizio della strega. Mi mancava anche lei, Yara.
Per quanto potesse essere petulante, irascibile, impicciona e senza mezze misure era una di quelle persone che non ti lasciava il tempo per sentire vuoti, perché lei riusciva sempre a colmarli tutti.
Dentro quel lago, in quel preciso momento, all'interno di quel lungo e caldo istante, mi resi conto che avevo un immenso bisogno di vederle, di sapere come stavano, di tornare indietro nel tempo e dire loro quanto mi sarebbero mancate, quanto ancora non mi rendevo conto della loro essenza, linfa vitale per la mia piena serenità.
Il pensiero diventò costante, come non mi fossi resa conto che non mi aveva mai abbandonata, in realtà. Cambiai umore e una lacrima solcò la mia guancia. Mi persi nei pensieri fino a quando Raith non si scostò, lasciandomi una sensazione inconsistente che mi spezzo il fiato.
«Ehi, tutto bene?» chiese preoccupato, mentre mi osservava con la testona piegata da un lato.
I suoi occhi, ancora una volta, cercavano i miei e, ogni volta che lo facevano, perdevo un battito.
«Tutto bene, non ho niente» risposi sapendo che, anche parlandone, non avrei risolto nulla.
Mi era stato specificato, prima di raggiungere Ylion, lasciando la mia dimora, che non avrei potuto rivedere la mia famiglia come e quando volevo. Quindi? Che senso aveva sfogarmi?
«Ok, facciamo un gioco, capretta» L'entusiasmo palpabile di Raith attirò la mia attenzione.
Chinai anche io la testa di lato, curiosa.
«Quale gioco, Messere?»
«Incrociamo le nostre menti, impariamo a leggere i nostri pensieri.» La sua proposta mi allettava, lo avevo preso come un'attività simpatica da fare.
«Come con Lantus?»
«Esatto, come con Lantus.»
«Pensavo potessi farlo solo con lui» Ne ero più che convinta.
«Se puoi farlo con lui, puoi farlo anche con me» disse fiero, prima di rendersi conto di ciò che aveva detto.
«In che senso?» domandai piena di dubbi che non sapevo se avrebbero mai avuto una risposta esaustiva.
Il suo sguardo si rabbuiò e lo vidi, riuscii a notare che cercava di trovare un qualsiasi tipo di riscontro. Notai anche il momento in cui gli si accese quella dannata lampadina.
Gli occhi s'illuminarono di una luce piena e sicura, prima di sputacchiare quella che aveva tutta l'aria di essere una piccola bugia bianca.
«Semplice, Aledis. Io sono una bestia, lui è una bestia. Abbiamo entrambi questa possibilità.»
"Che gran cavolata! Poteva impegnarsi di più" pensai.
«Lui non parla, non ha altro modo di comunicare e Killian gli ha concesso quel potere per poterlo fare, me lo ha detto, sai!?»
Rimase di pietra, non sapeva cosa dire, come giustificare la sua menzogna.
«Ok, volevo solo darti una motivazione valida per provarci» ammise «perchè se ci credi, puoi farlo. Se dubiti, non hai alcuna speranza.»
Era chiaro e aveva ragione. In quel modo, se fossi cascata nella sua rete, non avrei avuto problemi ad approcciarmi a qualcosa di nuovo e, forse, sarebbe stato più semplice.
Mi voltò le spalle, quasi deluso da una resa che ancora non c'era stata. Era una sfida, e io amavo le sfide.
«Dove vai?» chiesi, mentre Raith aveva iniziato a nuotare per uscire dall'acqua. «Cosa dobbiamo fare? Ti devo dare un permesso per vagare nella mia testa? Come funziona in questo caso?» Voltò la testa nella mia direzione, con un'espressione orgogliosa.
«Ma oggi sei proprio brava...» Il tono beffardo con cui parlò, mi fece scoppiare in una risata che quasi riuscì a soffocarmi con l'acqua.
Raith tornò indietro, terrorizzato dai miei colpi di tosse. Mi sollevò senza sfiorarmi, trascinandomi a riva. Sorvolai lo specchio dell'acqua, leggera. Non avevo mai provato una sensazione più magica di quella.
Mi adagiò sulla riva, come una piuma coccolata dal vento e si apprestò a raggiungermi, spaventato.
«Tutto bene, Al?»
«Sì» risposi tra gli ultimi colpetti di tosse. «Devi stare tranquillo, ho la pellaccia.»
La sua zampa si posò sulla mia guancia e io l'accolsi, poggiandola e respirandone ogni briciola di affetto che mi stava dimostrando ogni ora, ogni minuto, ogni secondo passato con me.
Non sapevo ancora che il tempo che mi aveva donato era molto più lungo di quello che avrei potuto mai vedere.
Ti troverò in qualunque sogno vorrai essere trovata. In qualunque vita fluirai, io sarò lì per te, se questo sarà il tuo desiderio.
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Spazio autrice
𝘽𝙪𝙤𝙣𝙖 𝙨𝙚𝙧𝙖, 𝙥𝙞𝙘𝙘𝙤𝙡𝙞 𝙘𝙪𝙯𝙯𝙤𝙡𝙞 𝙙𝙞 𝙡𝙚𝙢𝙪𝙧𝙚. Oggi 𝙝𝙤 𝙛𝙖𝙩𝙩𝙤 𝙪𝙣 𝙥𝙤' 𝙩𝙖𝙧𝙙𝙞𝙣𝙤 𝙘𝙤𝙣 𝙡𝙖 𝙥𝙪𝙗𝙗𝙡𝙞𝙘𝙖𝙯𝙞𝙤𝙣𝙚, 𝙢𝙖 𝙞𝙣 𝙨𝙚𝙩𝙩𝙞𝙢𝙖𝙣𝙖 posterò 𝙞𝙡 𝙘𝙤𝙣𝙩𝙞𝙣𝙪𝙤 𝙙𝙞 𝙦𝙪𝙚𝙨𝙩𝙤 𝙘𝙖𝙥𝙞𝙩𝙤𝙡𝙤.
𝙐𝙣 𝙗𝙖𝙘𝙞𝙪𝙕 𝙜𝙞𝙜𝙖𝙣𝙩𝙚.
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