12-𝓘𝓷𝓾𝓽𝓲𝓵𝓮
Mi giravo e rigiravo nel letto, spiegazzando lenzuola di seta morbida su lembi di pelle scoperta.
Non riuscivo a prendere sonno al suono rimbombante di quelle parole.
Anche Malakay ha il diritto di averti!
Per quanto palese fosse il mio desiderio di lui, quella stessa frase mi portava ad essere nervosa e contrariata.
Con quale coraggio si arrogavano il diritto di decidere di chi fossi?
Essere proprietà di qualcuno non era mai stato un mio desiderio nascosto. Io appartenevo solo a me stessa.
Stavo scontando una pena dovuta a leggi che neanche conoscevo, ma lo avevo accettato senza troppe lamentele.
Avrebbero dovuto ringraziare il mio essere matura e devota alla famiglia. Avrei potuto pestare i piedi, urlare, fare uscire le viscere di fuori. No, io dovevo controllarmi, invece. Dovevo imparare a gestire l'emozioni che sembravano essere più forti di prima che il potere s'impadronisse di me. Era come poterle toccare, ascoltare ma, allo stesso tempo, non riuscendo a controllarle, implodevano per poi esplodere all'esterno.
Il Potere.
Ancora non ci credevo, ma davvero doveva essere il mio. Lo avevo visto con i miei occhi lasciare le mie dita, facendomi tremare. Avrei iniziato ad avere le mie risposte il mattino seguente e ciò mi portò a fremere per l'arrivo di quell'attimo.
Non chiusi occhio, neanche per un secondo.
Il nervosismo per l'incontro del giorno prima e l'emozione per la nuova avventura che mi avrebbe portato a conoscere la mia vera me o cosa fossi in grado di fare, mi elettrizzava.
Dopo essermi preparata, diedi uno sguardo alla mia immagine riflessa nello specchio. Vestita con una tuta nera tanto aderente da fasciarmi le curve e i capelli legati in una coda alta, facevo la mia bella figura.
Raggiunsi Raith in giardino come avevamo programmato ma, ad aspettarmi, non c'era lui.
«Buongiorno, dormigliona.»
Killian mi salutò con il suo fare superficiale.
«Buongiorno un cazzo, non ho chiuso occhio, altro che dormigliona» risposi con stizza, nervosa per la mancanza di sonno.
«Che signorina! Complimenti per il linguaggio!» mi canzonò prima di continuare a blaterare. «Non hai chiuso occhio e riesci comunque ad arrivare in ritardo? Prevedo grosse sorprese dovute alla tua capacità» rise senza ritegno.
«Quale capacità?» chiesi adirata con le mani appoggiate sui fianchi, cercando di sovrastare la sua risata.
Fece il gesto di asciugare una lacrima per lanciarla nella mia direzione.
«La tua amabile capacità di essere... un completo disastro, cappuccetto» sentenziò prima di voltarmi le spalle e fare delle carezze a una particolare peonia.
Era l'unica fra tante. I suoi numerosi petali avevano il colore del mare al centro e sfumavano con vari accenni di verde camminando verso l'esterno. Stupenda.
Presi coraggio quando lo vidi calmo e incantato a osservare il fiore. Volevo porgergliela quella domanda che non mi fece dormire la notte.
«Perché?»
«Perché sei un completo disastro? Semplice. Ne hai dato più volte dimostrazione, Aledis.» rispose al pensiero che mi riferissi alla sua precedente affermazione.
«Questo lo so, ma non mi riferisco alla mia indole autodistruttiva» dissi abbassando i toni.
«Perché cosa, allora?» domandò senza avere il coraggio di voltarsi dalla mia parte.
«Perché cedermi a lui? Perché anche lui può avermi? Perché, Killian?»
La mia domanda risultò essere quasi una supplica accorata che cercava di fermare due occhi tristi e stanchi.
Lo sentivo. Sentivo che stavo per perdermi per delle iridi buie come un fondale notturno.
«Signore!» ringhiò fra i denti.
«Che risposta è, Killian?» seguii il suo tono, alzando il mio.
Si voltò nella mia direzione e mi raggiunse alla stessa velocità posseduta da una stella cadente. Un lampo e me lo trovai davanti a stringermi per un braccio con estrema delicatezza. Lo capii che la sua intenzione non era quella di farmi del male, ma di spaventarmi per poter cambiare discorso.
«Non te lo ripeterò più, cappuccetto. Devi chiamarmi Signore, non ti ho concesso di usare il mio nome.»
Cercò di guardarmi con aria minacciosa, ma tutto ciò che vidi era pura e semplice paura.
Lui aveva il terrore di affrontarmi, non ne aveva il fegato. Possedeva segreti nascosti al mondo intero o, forse, ero solo io a non vederli. Sembrava stesse indossando una maschera per l'occasione del momento, fingendosi una bestia feroce alla stregua del nulla.
«Killian...» Lo sfidai a muso duro con lo sguardo che mostrava saette e un tono glaciale che non ammetteva inganni. «Cosa mi nascondi, Killian?»
Mi lasciò il braccio che parve brace rovente tra le sue dita. Lo scottai a tal punto da farlo arretrare come un gattino spaventato.
Si perse per pochi secondi e i suoi occhi non vollero più raccontare niente. La menzogna sparì e, dall'oscurità, apparve lo sdegno.
Puntò di nuovo i suoi occhi nei miei prima di vomitare tutto il suo astio immotivato.
«Cosa dovrei nasconderti, Cappuccetto?» domandò retorico senza nascondere un sorriso sghembo. «Ti stai forse dando un'importanza che non hai? Ascoltami bene, ragazzina... tu non sei nessuno. Sei talmente inutile che mi sono stufato della tua presenza costante ed è proprio per questa ragione che ti ho ceduta a Malakay. Sei di troppo ora che Lantus ha ripreso il suo vigore e il pensiero che dovrai passare un anno nella mia casa, con la mia famiglia, mi annoia.»
Sbadigliò, mentre lo diceva portò le braccia in aria, sopra la testa, come la mattina appena svegli quando il corpo ancora dorme.
«Siete un vero e proprio stronzo, Signore» affermai lasciando trapelare l'odio che mi fece provare in quell'istante. «Vedete, padrone, mio eccelso Signore, posso utilizzare tutti gli appellativi possibili per rendervi fiero del vostro comando su di me, ma questo non significa che avrete mai il mio reale rispetto.» Sputai quella verità senza alcuna paura di una sua reazione, ma continuando a usare una forma di cortesia medioevale.
Doveva saperlo che, in qualunque modo io mi fossi rapportata a lui, non lo avrei comunque tenuto in considerazione come uomo.
Gli girai le spalle per cercare di capire dove diavolo si trovava Raith, ma l'unico a portata di vista era il cucciolone peloso e decisamente pettegolo che, beato, si stava facendo i fatti miei.
«Lantus!» lo chiamai. «Hai visto Raith?»
Per un attimo non rispose, lo vidi turbato. Rizzò le orecchie guardandosi intorno, come a cercarlo. Ma forse non era così, forse era solo ciò che vedevo io, quello che volevo percepire dai suoi gesti.
«Ah, sì, scusa. Ero talmente indaffarato che avevo dimenticato di dirti una cosa. Mi ha mandato Raith per avvisarti di raggiungerlo alle stalle, ops!»
"Sì, indaffarato a farsi i fatti nostri" pensai.
«A saperlo prima avrei evitato volentieri di fare brutti incontri, grazie!» risposi sarcastica buttando l'occhio dietro le mie spalle per assicurarmi che Killian avesse sentito, ma lui aveva appena richiuso la porta di casa e io quella del mio cuore.
Raith sellava i cavalli con estrema maestria. Lo osservai da lontano mentre ne preparava un paio dandogli anche una bella spazzolata alla criniera.
Pensai come fosse strana la vita.
Raith era un'anima piena di luce e bontà, reincarnata nel corpo di una bestia pelosa, spaventosa e abnorme. Mi aveva raccontato qualche bugia, per il vero, ma ne avevo compreso i motivi.
Killian era un'anima buia che poteva risucchiarti nella sua oscurità, reincarnata un un corpo da favola e il viso più bello che avessi mai visto. Cosa se ne facesse di tutto quel ben di Dio, non era dato saperlo. Un grande spreco dal mio punto di vista.
«Capretta, finalmente sei arrivata. Sono ore che ti aspetto. Dovevamo vederci all'alba, il sole è alto nel cielo» disse mostrando l'immensità dell'azzurro in alto. «Cosa ti è successo?»
Mi avvicinai di più a lui per evitare di strillare una risposta.
«Niente, bestiola. Non ho chiuso occhio questa notte e non mi sono resa conto, immersa nei miei pensieri, che il sole era sorto da un bel po'. Effettivamente, invece di procrastinare nel letto, avrei potuto prepararmi prima.» Evitai di menzionare l'inutile incontro con Killian, spreco di fiato e non ne valeva la pena.
«Hai perso un vero sonno ristoratore. Sai benissimo che ci saranno tre giorni senza alcuna notte ora. Faremo tardi, rientreremo per cena. Ester ci ha fatto preparare qualcosa per saziare la fame, nel caso ne avessimo.» Mi informò mostrando una cesta piena di leccornie di ogni tipo.
«Scusa? Usciremo noi con i cavalli?» chiesi emozionatissima sgranando gli occhi.
Quando, a un cenno della sua testa, capii che mi stava confermando che ci saremmo allenati al di fuori delle mura, mi sentii euforica, felice più che mai.
Non stava scherzando, saremmo usciti sul serio. Questa volta non di nascosto.
«Lantus verrà con noi?» domandai nella speranza che ci seguisse.
«No, potrebbe essere pericoloso. Ancora non controlli i tuoi poteri, non vorrai ridurlo di nuovo in poltiglia!?» chiarì una cosa che avrebbe dovuto essermi ovvia.
«Hai ragione, non ci avevo pensato. Sono troppo emozionata.» Le mie mani giunte e tremanti tradivano una forte eccitazione.
«Aledis, calmati ora. Stiamo solo uscendo. Nessuno ti ha mai vietato di farlo, solo che non puoi farlo da sola, tutto qua! Puoi chiedere tranquillamente di uscire per fare una passeggiata, andare a fare un bagno al lago, raccogliere frutti o, che ne so qualsiasi cosa sciocca facciate voi donne.»
Alzai un sopracciglio guardandolo di sbieco, ma la sua incapacità di comunicazione con una ragazza mi fece comunque sorridere.
«Questa te l'abbuono perché sono troppo felice. Che aspettiamo? Andiamo, no.»
Davanti a me avevo un cavallo dal manto candido e bianco con una criniera che pareva l'ala di un angelo e un altro buio e nero con la chioma lucente. Raggiunsi il cavallo che più m'ispirava. L'oscurità della notte era ciò che mi attirava.
«No, capretta. Lui non fa per te. È difficile da domare, non si fida di nessuno» cercò di dire, mentre mi avvicinavo per accarezzarlo.
Quel destriero sembrava restio alla mia vicinanza.
«Come si chiama?»
«Orio, lui si chiama Orio, mentre lei è Aria.» Mostrò quella che avrei dovuto cavalcare, ma non ero famosa per essere accondiscendente.
«Orio e Aria? Ma, poverini, che nomi da schifo vi hanno dato. Non voglio essere offensiva, presi singolarmente sono anche belli, ma accoppiati così fanno un po' ribrezzo.»
Il mio sguardo vacillò solo per un attimo nella scelta, Orio non aveva proprio l'espressione del bravo puledro.
«Attenta, Al. Non essere testarda come al tuo solito» mi avvisò.
«Non sei cattivo, vero?» mi rivolsi al cavallo, mentre continuavo imperterrita a non ascoltare i consigli di Raith.
Non sembrava così irrequieto come voleva farmi credere. Appoggiai la mano sul muso, facendogli una carezza morbida.
Non cercò di spingermi via, ma soffiò. Azzardai a salirgli in groppa ma, non appena fui sopra di lui, si alzò di scatto con le zampe davanti in un'impennata che mi fece cadere all'indietro, sul manto erboso, per fortuna. Picchiai il sedere che mi dolse nell'immediato.
«Stronzo, come il tuo padrone, che diamine.»
«Per tua fortuna, non ti sei fatta troppo male, a quanto vedo» disse Raith soccorrendomi.
«No, ma poteva andarmi peggio.»
«Se non fossi la testona che sei non sarebbe accaduto neanche questo» Si fermò porgendomi una zampa, prima di tirarla indietro e ridere in modo sguaiato. «Sei un vero disastro, capretta, ma come fai?»
Evitai di rispondere alla domanda, furiosa lanciai uno sguardo di minaccia a Orio, mostrando con l'indice e il medio prima i miei occhi, poi i suoi.
Lo avrei tenuto sotto controllo.
«Tale cavallo, tale padrone. Antipatico» affermai rivolgendogli una linguaccia.
«Complimenti per la maturità, Aledis!» mi canzonò Raith con un sorriso denigratorio.
«Andiamo ora!» Salii, senza alcun problema sulla groppa di Aria. «Lei sì, che è una brava cavalla» ironizzai guardando il destriero dal manto lucente.
Era inutile. I maschi di dall'aspetto incantevole erano dei begli involucri che al loro interno lasciavano spazio solo a... dei grandi stronzi.
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Buona sera, piccoli lemuri.
Noi sappiamo che Killian racconta un po' di cretinate, ma perché farlo? Anche Aledis ha qualche dubbio sulla sua sincerità, ma è riuscito comunque a convincerla di essere di troppo.
In settimana cercherò di pubblicare un altro capitolo.
Vedremo Al alle prese con la conoscenza dei suoi poteri (e di Orio)
Un bacio, cuZzoli❤️
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