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11-𝓓𝓾𝓮 𝓼𝓸𝓵𝓲 𝓶𝓲𝓷𝓾𝓽𝓲

Il mio corpo diventò rigido appena incrociai il suo sguardo, un tronco di legno. Qualcosa di oscuro s'impossessò dei miei pensieri.

Malakay.

La sua sola vista mi mandò in confusione totale. Ero un vortice di emozioni che si riflettevano sull'ambiente circostante.

Una leggera brezza scompigliò i suoi capelli. Un vento che diventò man mano più forte. Raith mi prese per mano costringendomi a voltarmi nella sua direzione. Mi intimò di respirare con lui e io lo feci. Presi dei grossi respiri, imitandolo. Mi calmai e la corrente sembrò seguire i miei passi.

«Non ti lascio sola, capretta. Devi stare tranquilla. Prima regola del nostro allenamento: impara a respirare per dare meno peso alle emozioni» disse Raith in un sussurro che credetti di aver sentito solo io.

Invece...

Quella figura cupa non aveva timore di rivelare il fascino del male e stava lì, sull'attenti ad ascoltare ogni parola.

«Non sono qui per torturarla, lo sai. Voglio parlarle e voglio farlo guardandola negli occhi. Quindi, non fare il paparino premuroso, non la mangio mica.» S'insinuò facendogli il verso.

Il Killiuk scrutò quell'essere con fare rivoltante ma, allo stesso tempo, rassegnato. Il vento si spense del tutto quando Raith mi guardò. Trasformò quegli occhi iridescenti in qualcosa che non avevo mai visto nel suo sguardo.

Il fuoco si spense, lasciò il posto alla pura tenerezza. Gli occhi, che fino a qualche secondo prima stavano bruciando, divennero acque calme di un mare dopo la tempesta.

«Parlerai con lui solo se lo desideri. Tu... non vuoi, vero?» chiese, prima di percipire la mia risposta silente e puntare un angolo a caso del giardino, dispiaciuto, quasi ad essere mortificato.

Gli posai una mano sulla spalla per rincuorarlo, ma lui non si voltò.

Il suo gesto di rifiuto mi tagliò il cuore, ma dovevo sapere. Dovevo capire cosa mi stava succedendo, cosa mi spingeva a voler sentire Malakay pelle contro pelle senza neanche conoscerlo.

Razionalmente sapevo che non era da me, ma il mio cuore non faceva altro che accelerare i battiti per lui.

Un colpo di fulmine? Esistevano davvero? Ero stata stroncata da tre saette da quando ero lì. Fortunatamente l'unico che avrebbe potuto saperlo era una mosca silenziosa, anche se fastidiosissima: Lantus.

Bastano davvero solo due minuti per innamorarsi?

No, quello non poteva essere amore, nessuna di quelle emozioni provate poteva esserlo.

Raith era un amico e, allo stesso tempo, una Bestia incompatibile con la mia natura. Le mie sensazioni erano dovute a un affetto puro, senza condizioni. Lui era una di quelle creature in grado di salvarti solo grazie alla sua esistenza.

Malakay era un essere disgustoso che poteva portarti in luoghi sconosciuti e temibili con un solo sguardo. Non capivo da dove provenissero le mie emozioni, ma le provavo e non riuscivo a capacitarmene. Il mio era un desiderio che non comprendevo. Non riuscivo a rendermi conto se fosse puramente carnale o qualcosa di più.

Killian...

Con lui era strano. Non tolleravo la sua sola presenza, ma quando non c'era mi sentivo vuota. Non avevamo una grande confidenza. Era sempre così restio ad avvicinarsi a me. Mi aveva detto, in tutte le lingue del mondo, che non aveva nessun attrazione nei miei confronti. Era stato chiaro, ma... Ora c'era Malakay al suo posto nei miei pensieri nascosti e, ciò che mi aveva fatto provare quel dannato, cocciuto, detestabile, affascinante, scorbutico Signore delle mie brame, non aveva più alcuna importanza.

«Raith, lasciateci soli.»

Ero decisa a prendermi le mie risposte e poco importava quanto il Killiuk tenesse alla mia incolumità. Io lo sapevo che mi voleva bene, io lo sentivo che il suo affetto non avrei dovuto ignorarlo.

«Killian mi ha chiesto di stare nei paraggi e non perderti di vista neanche per un secondo, non posso accontentarti, mi spiace» disse senza rivolgermi lo sguardo, indispettito.

«Raith, ti prego, non mi accadrà nulla, te lo prometto.»

Avevo davvero bisogno di stare occhi negli occhi con quel diavolo tentatore, avevo bisogno di ascoltarmi e di essere ascoltata.

«Rimarrò nei paraggi, Aledis. Più di questo non posso fare.»

Acconsentii con l'amaro in bocca. In quelle settimane trascorse, le volte in cui mi aveva chiamata per nome erano state al massimo due. Tendeva a farlo quando lo facevo arrabbiare di proposito, ma ora non era nervoso, lui... era deluso.

Si allontanò seguito da Ester, mentre Lantus continuava a crogiolarsi al sole come non fosse accaduto nulla. Fingeva e sapeva farlo molto bene.

Malakay lo osservava accigliato, stava per perdere la pazienza. Mi rivolse uno sguardo torvo prima di sbuffare annoiato.

«Lantus, va' via anche tu» pensai.
Vidi le sue orecchie tendersi per un attimo, ma non mi degnò neanche di uno sguardo. «Lantus, so benissimo che mi hai sentita, fila via, ora!»

«Uff, ma sei seria? Cioè, tu vuoi davvero che vi lasci soli soletti quando so cosa sta pensando quella tua testa bacata? No, te lo puoi scordare, amica. Non ti lascerò nelle mani di quel coso» rispose il lupo senza scomporsi e, sdraiandosi al sole con gli chiusi, finse ancora una volta.

Stava russando, lo stronzo.

Feci cenno a Malakay di allontanarci il più silenziosi possibile. Con molta probabilità, Lantus stava davvero sonnecchiando in quel momento. Non avrei voluto scoprirlo disturbandolo.

«Quel coso? Come si permette?» disse quando fummo abbastanza lontani.

Ci piazzammo seduti sul muretto dell'immensa fontana nel giardino, proprio accanto a una di quelle meravigliose aiuole di peonie stronze e a un grande Dissalciuk.

«Stavi origliando, scusa? Anche tu puoi sentirlo? Non è educazione, non te lo hanno insegnato?» Lo canzonai con un sorriso che si spense poco dopo.

«Senti, principessa, l'educazione è sopravvalutata. Non amo che mi vengano nascoste le cose, soprattutto se si parla di me. E, a tal proposito, Fiorellino, cosa passa nella tua mente bacata?»

Sperai che non stesse leggendo anche i miei di pensieri. Non avevo ancora capito come funzionava, di quali poteri fosse provvista quel tipo di creatura. Non mi ero mai chiesta quale dolore avrebbe potuto provocarmi con un solo cenno delle dita.

«Io...» cosa diavolo avrei potuto rispondere a quella domanda? La verità, la conosceva?

Provai un forte imbarazzo, le mie guance parvero andare a fuoco e il mio petto tremava sotto l'influenza di un brivido caldo.

«Hai perso le parole? Ti faccio questo effetto, bene.»

«Non mi fai nessun effetto» dissi perentoria risultando poco credibile. D'altronde, come avrei potuto sembrare tale, se non credevo alle mie stesse parole. «Tu, puoi leggere anche me?» domandai timida, mentre pregavo in una risposta negativa.

«Hai paura che possa scavarti dentro? Oh, Aledis. Potrei farlo in mille altri modi, non ho bisogno di leggerti nella mente. Quello è compito dei Killiuk non di menti superiori come me, come i Drasoul» ammise con un moto di orgoglio.

Per fortuna, significava che non conosceva affatto i miei pensieri ma, purtroppo, erano visibili. Si potevano toccare tra le gote rosse e gli occhi languidi da donnaccia dei bassi fondi.

Il fascino del male era alla mia portata, ne ero attratta sul serio?

Ero diventata in poco tempo, una contraddizione vivente. Raith, Killian e subito dopo... quel dannato.

Non sapevo neanche quanto potessi fidarmi delle mie sensazioni. Sì, nel bosco accanto al lago, non aveva usato parole o gesti gentili, ma sentivo il bisogno viscerale di essere considerata da lui, in qualunque modo, a qualunque costo.

«No, non ho alcuna paura di te, anzi...» dissi spavalda guardandolo dritto in quegli occhi profondi e neri.

«Allora, vieni con me.»

«Dove?»

«Nel mio palazzo. Vieni a vivere con me, ora!» La sua non era una richiesta, ma un ordine e io avrei voluto eseguirlo all'istante.

«Non verrà da nessuna parte, non erano questi gli accordi!» S'intromise Raith, scorbutico, avvicinandosi lesto a noi.

Lui non mi avrebbe mai lasciata sola, dovevo immaginarlo.

«Tu cosa ne sai degli accordi presi con il tuo Signore?» chiese Malakay sornione, senza neanche voltarsi.

«Ne sono appena stato informato. Sono tornato perché sapevo non avresti mantenuto la promessa. È stato sciocco a fidarsi di te.»

Accordi? Promesse? Fiducia?

«State scherzando, vero?» domandai agguerrita. «Credete che io sia il vostro giocattolo?»

«No, Fiorellino, dovresti essere una schiava, ma io vorrei tanto fossi la mia concubina. Il problema è che il tuo padrone è un po' restio nel cederti a me. Ha bisogno della tua opinione. L'opinione di un'ancella, una donna e... di sua proprietà per giunta. È caduto proprio in basso, vero, Raith?»

Si voltò nella sua direzione solo in quell'istante, provocò in lui una rabbia tangibile che bruciava l'aria circostante. Un'ira mista a timore, pietra e fango; fiamme e sabbia. Quello stesso pulviscolo sottile, usato per creare castelli che possono disintegrarsi con un soffio di vento.

«Io resto qui...» dissi decisa «per ora» continuai puntando lo sguardo nella direzione del mio amico.

Non ti lascio solo neanche io è più forte del mio stesso volere, più forte di me.

«Bene, tornerò tra qualche tempo e sono sicuro che, prima di allora, avrai cambiato idea. È difficile dirmi di no» affermò rivolgendomi un sorriso di scherno, mentre si avvicinava per afferrarmi il volto e sussurrare malizioso soffiando sul mio collo «se non impossibile, Fiorellino.»

Un brivido partì dallo stesso punto fino ad arrivare al centro delle mie cosce. Il suo alito mi sfiorò come la più sensuale delle carezze, portandomi a serrare le gambe e i desideri nella mia mente. Strinsi gli occhi in due fessure, come a voler scacciare quei pensieri.

«Va' via ora, ti prego!» Lo dissi senza volerlo ma, allo stesso tempo, desiderandolo con tutta me stessa.

«Ogni suo desiderio è un ordine, principessa» mi schernì inchinandosi.

Non sapevo come, né perché, ma avvenne qualcosa di imprevisto e divertente fino allo stremo.

Il Dissalciuk allungò i suoi rami, agganciò Malakay dalle caviglie scaraventandolo nell'aiuola delle peonie. Quei meravigliosi fiori, dopo averlo trattenuto sul terreno, scompigliandogli i capelli perfetti, lo dipinsero di azzurro. Il salice dispettoso lo sollevò dal prato scagliandolo nell'enorme piscina che caratterizzava la fontana.

Zuppo, nervoso e dipinto di blu non faceva più quell'effetto calamita che mi attirava a lui inesorabile.

Le sue iridi presero fuoco, diventarono rosse. Era pronto a desintegrare la vegetazione che lo circondava.

«Non azzardarti a estirpare quei fiori!» La voce atona di Killian si fece strada fino ad arrivare a noi.

Finalmente aveva deciso di presenziare alla riunione. Giusto in tempo per gustarsi la scena esilarante che si parava davanti ai nostri occhi.

Malakay sembrò essere confuso. Si guardò intorno, pensai stesse cercando qualcosa. Ma cosa?

«Killian, quale onore!» Lo prese in giro. «Vorrei chiederti di prestarmi i tuoi vestiti, ma non credo possano essere della mia taglia» disse uscendo dalla fontana.

Bruciò con lo sguardo il Dissalciuk, come se potesse incendiarlo per davvero.

Killian si schiarì la voce.

«Infatti!» rispose. «È arrivato il momento di andare. Ti accompagnerò personalmente all'uscita.»

Il Drasoul mi degnò della sua attenzione rivolgendomi un subdolo sorriso che riuscì a colpirmi in pieno petto.

«Ci vedremo presto, Fiorellino. Non staremo distanti per troppo tempo, te lo prometto» blaterò prima di raggiungere Killian.

Sparì, dopo poco, oltre i cancelli del giardino lasciando quel posto e un piccolo ma grande vuoto.

Raith aveva un'aria di rimprovero mentre, guardandomi, continuava a scuotere il capo.

«Che c'è, che vuoi? Devi dirmi qualcosa?»

«Non procrastinerai più. Da domani sveglia presto e cominceremo gli allenamenti, se vorrai andare con lui.»

«Perchè?» chiesi confusa.

«Perchè lo vedo che ci vuoi andare, Aledis! Credi di prenderci in giro. Lo sappiamo io e Killian che, la prossima volta, lo seguirai. Lo sappiamo tutti, anche Lantus. Non ti permetteremo di andare senza alcuna difesa.»

«Non ero proprietà di Killian? Com'è possibile che mi stia lasciando scegliere?» domandai sempre più scombussolata.

«Non ti sta lasciando scegliere» rispose, prima di lanciarmi addosso una verità che non avrei compreso per molto tempo. «Non so perché, non me lo ha voluto dire, ma... anche Malakay ha il diritto di averti.»

Il diritto di avermi non lo aveva nessuno. Non ero una proprietà, ma non potevo ribellarmi alle loro decisioni. Trattata come un comune giocattolo non mi restava altro che chinarmi a loro. Piegarmi all'oscurità dei loro cuori.

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Spazio autrice.
Buon lunedì, piccoli cuccioli di lemure.
Avete visto?
Alla fine Killian ha preferito far dire ad Aledis una mezza verità omettendo i motivi che lo portano a cederla a Malakay.
Cosa vorrà davvero quell'essere da Aledis? Cosa lo porta a minacciare Killian di spifferare i suoi segreti? Quali saranno? Prima o poi si scoprirà tutto ma, per ora, dobbiamo accontentarci di piccoli indizi.
Alla prossima, ragazzuol*


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