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1-𝒜𝓉𝓉ℯ𝓃𝓉𝒾 𝒶𝓁 𝓁𝓊𝓅ℴ

Alle spalle della coltre di nebbia che mi separava dalla mia dimora, sentii rumori che mi torsero lo stomaco lasciandomi brividi ignoti dietro la schiena.

Non riuscii a capire cosa mi portasse a sentirmi agitata. Riconoscevo solamente gli ululati dei bianchi lupi abitanti della foresta che circondava la zona. Percepii il pericolo. No, non erano le bestie color del ghiaccio che mi procuravano timore. Loro le conoscevo piuttosto bene e, armata del mio arco, le avrei potute centrare in un batter di ciglia per spegnere ogni eventuale aggressione.

Quello che mi spaventava era la possibilità che i Killiuk fossero scesi fino a valle per devastare il mio mondo.

Essi erano creature mostruose, con denti affilati che bramavano sempre sangue. Il loro corpo, ricoperto di peli, li proteggeva dal gelido inverno che gravava ad Airsa. Si narrava di esseri che potevano raggiungere facilmente i due metri e mezzo di altezza, con occhi che non ricordavano nulla di conosciuto. Le loro fauci potevano divorare un cervo in poco meno di venti minuti.

Giravano voci, tra la gente del posto, che raccontavano di ragazze rapite e rese schiave o concubine per i Killiuk che non riuscivano a trovare la propria metà tra i loro simili.

Non compresi mai cosa significasse. Ero troppo piccola quando mia madre, insieme alle sue affezionate amiche, chiacchieravano di questo davanti a un tè al frangipane.

Ascoltavo divertita i loro racconti deliranti su queste leggendarie Bestie, mentre odoravo l'aria inebriandomi dell'effluvio della bevanda che fumava dalle tazze. Ne venivo distratta.

Di sicuro lo facevo ancora. Nonostante gli anni trascorsi, il vizio di vagare con la mente in posti sconosciuti non mi aveva mai abbandonata. Sognavo spesso, come quando ero bambina, di trovarmi in terre in cui la primavera ubriacava l'aria dei profumi dei fiori appena sbocciati e, rallegrati dalle splendide giornate e dal tepore consolante del sole, gli uccellini riempivano l'atmosfera con i loro inni, mentre cuccioli nati da poco facevano capolino, ancora assonnati, dalle loro tane.

Divagavo sempre, anche nei momenti poco opportuni come quello che stavo vivendo in quell'istante.

Lo scricchiolio delle foglie calpestate da qualcosa o qualcuno, mi destò dal mio ennesimo sogno a occhi aperti.

Mi nascosi dietro un cespuglio ricolmo di neve soffice e fredda per assicurarmi che quei rumori non provenissero da ciò che mi spaventava. Notai delle impronte scolpite sul manto bianco che mi riempirono di brividi, diversi da quelli provati a causa della temperatura che continuava a scendere in picchiata.

Erano enormi impronte che graffiavano anche il pensiero con quei solchi profondi nei punti in cui si sarebbero dovuti trovare gli artigli. Esse proseguivano, distanziate l'una dall'altra con abbondante spazio, fino alla grande montagna dietro la quale nessuno aveva mai osato mettere piede.

Alle spalle della stessa si raccontava comparissero Le Bestie in cerca di anime da rendere prigioniere del loro volere. Nessuno poteva opporsi. Non erano solo terribili mostri con una forza inaudita, detenevano un potere surreale che non era dato vedere a occhio umano. L'aria di mistero che aleggiava su quelle creature rendeva tutto meno credibile.

A un tratto vidi un'ombra mastodontica sfrecciare a pochi metri da me. La sua velocità mi scosse come vento glaciale sulla pelle nuda. Dibattevo i denti in un misto di terrore e ipotermia. Mi feci sempre più minuta all'interno delle foglie ghiacciate. Ricordai solo dopo di essere armata. Ero una professionista del centro perfetto con arco e frecce. Capii che preferivo scontrarmi con la morte a muso duro piuttosto che morire in un lento congelamento.

Mi alzai, decisa ad affrontare chiunque mi si parasse davanti, anche se le gambe tremavano come foglie sotto corrente.

Presi il mio arco dall'impugnatura, agganciai la freccia, la distesi tirando la corda con il flettente piegato allo stremo, quasi a rovinarne le nocche, senza riuscire a tenerlo saldo. Il tremore che aveva preso possesso di ogni parte del mio corpo, non mi permetteva di essere letale come al solito. Non avrei fatto paura a nessuno in quelle condizioni, ma non potevo rilassarmi. Sentivo il pericolo soffiarmi sul collo.

Un piccolo cerbiatto fece capolino dall'oscurità di un albero, provocandomi uno spasmo.

«Oh mio Dio! Mi hai fatto prendere un colpo, piccolo» dissi d'istinto alla minuscola bestiola, come se potesse comprendermi, mentre mi avvicinavo per poterla accarezzare.

Non avrei mai permesso a una mia freccia di colpire un'anima ancora indifesa, anche se la fame stagnava da giorni nella mia casa, nella mia famiglia.

Un passo e ancora un altro, lenti per non farla fuggire.

Ringhiò! Sì, stava proprio ringhiando, mantenendo i classici occhioni dolci e impauriti. Ma che diavolo era?

Fulminea, come una gazzella in fuga, una bestia scura, enorme, con spalle comparabili all'area interna della mia dimora, mi soffiò il cucciolo da sotto le mani, rivolgendomi, prima di portarlo via, uno sguardo omicida fatto di un paio di occhi di un colore indefinito che mi bloccò sul posto. Non sarei potuta andare lontano, se quell'essere dai denti aguzzi e affilati avesse deciso di fare di me la sua cena. Meglio il cerbiatto!

Glielo lasciai senza fare storie. In realtà ero pietrificata dalla paura. Restai perfino con la mano appesa in modalità "sto per accarezzarti!" per qualche minuto. Preferii evitare il rischio di un suo pentimento con qualche mossa avventata.

Dunque... era in quel modo che erano fatti i Killiuk? Spaventosi, dallo sguardo accecante, immense fauci provviste di zanne lunghe e affilate. La sua occhiataccia da brividi era riuscita a bloccare la mia indole combattiva. Era alto almeno il doppio di me, se non qualcosa in più. Ne ero rimasta folgorata, quasi affascinata oserei dire. Erano i suoi occhi ad avermi fatto quell'effetto.

Decisi di muovermi alla svelta dopo essermi assicurata che non ci fosse più nessuno. I passi pesanti del Mostro avevano lasciato dietro di essi un'eco sempre più lontana, fino a sparire al di là della montagna.

Non potevo tornare a casa senza bottino di caccia. La fame aveva preso da giorni il sopravvento divenendo insopportabile. Da quando mio padre ci aveva lasciate, ero io a provvedere a mia madre e alle mie sorelle.

Loro erano le classiche donne di casa, concetto assai antiquato per i miei parametri. Ma solo per i miei perché, a quanto pareva, le faccende domestiche erano per la maggior parte delle persone, questioni di femmine. Ma per piacere!

Osai, andando alla ricerca nell'oscurità di carne fresca e, soprattutto, adulta. Mi aggirai per ore intorno alla boscaglia, ma gli animali sembravano essere svaniti nel nulla. Fino a quando, ormai perse le speranze, non vidi uno di quei meravigliosi lupi candidi vicino la montagna, distratto da uno spumoso coniglietto dello stesso colore, macchiato di cremisi. Aveva appena messo fine alla sua esistenza, per nutrirsene. Avrei fatto la stessa cosa con lui.

Stesi al massimo la freccia all'interno dell'arco. Presi la mira riducendo l'occhio sinistro a una fessura. Mi preparai a sganciarla.

Tre.

Due.

Uno.

«Ti ho trovata... umana? Cosa stai facendo?» Mi distrasse una voce calda facendomi sbagliare bersaglio, di molto.

Mi voltai, agitata per lo spavento.

«Mi hai fatto saltare la cena, sei contento ora?» lo aggredii senza neanche guardarlo in faccia. Avrei voluto prenderlo a ceffoni.

Nel silenzio della notte sentivo il suo viso sezionarmi come a volermi divorare, mentre si schiariva la gola. Lo guardavo solo con la coda dell'occhio, girata di profilo, cercavo di dare meno confidenza possibile.

«Non sai che quelle bestie sono sacre per i Killiuk? Potresti ritrovarne uno a pretendere la tua testa se solo colpissi quello sbagliato.»

Incuriosita dal tono di voce mi voltai del tutto, soffermandomi a osservare i tratti del suo volto.

Era un ragazzo alto, con il viso tagliente, i capelli neri e due piccole fossette che non avevano bisogno neanche di un sorriso per apparire. Quello che mi colpì più di tutto, furono le sue iridi. Nel buio di quella oscurità sapevano essere accecanti, di un colore sconosciuto. Quegli occhi penetravano come lame affilate nel petto.

Mi riscossi dal mio stato di annebbiamento momentaneo, spostando l'aria con la mano come per cacciare via le mosche.

«Ma che ti dice il cervello? Da quando i Killiuk hanno anche questo tipo di pretese? Ora la mia famiglia, a causa tua, resterà di nuovo senza cibo, cazzo!» dissi, colma di rabbia.

«Ehi, signorina!» Mi canzonò puntandomi il dito contro la faccia. «Questo tipo di linguaggio non si adatta a una donna.»

«Senti, bello, non mi sembra che io e te ci siamo mai incontrati prima di questo momento, quindi non vedo per quale motivo tu stia qui a dirmi cosa si adatta o meno a una come me!» affermai prima di voltargli le spalle alla ricerca della mia cena.

«Ti ho appena detto che quella creatura non può essere toccata. Sei sorda o cosa?»

«Ora basta, mi hai stancata. Loro hanno fame, io ho fame!» risposi sempre più imbestialita. Stavo per perdere la pazienza, del tutto. «Non capisco cosa vuoi! I lupi sono sacri? Da quando? Non ne avevo mai sentito parlare. Eppure, ci nutriamo di essi da che ne ho memoria.»

Non era vero, non ricordavo di aver mai cacciato un lupo né tantomeno di aver assaporato le sue carni. Anzi, non avrei accettato di farlo. Ma dopo giorni senza mettere nulla sotto i denti, ero disperata, non solo per me.

«Mi stai dicendo che voi vi nutrite di bestie sacre?» disse, mentre i suoi meravigliosi occhi  diventavano quasi incandescenti.

Decisi di abbassare la testa e i toni.

«No, sto mentendo per il fastidio che mi provochi. Perché sarebbero sacri?» chiesi curiosa.

«Ci sono varie leggende su questo argomento, ma il motivo che dovrebbe interessarti è uno soltanto. Tu mangeresti mai un cane?»

«Dannazione, no. Che domande?!» risposi disgustata dal suo quesito.

«Ecco, vedi! Mettiamola così: per un Killiuk, i lupi sono animali domestici.»

«Ah, non lo sapevo. Credevo che quegli esseri fossero solo delle bestie sanguinarie.»

«Anche, ma questo non significa che non possano affezionarsi. O almeno credo. Sono tutte leggende comunque. Ma io, fossi in te, starei alla larga da quell'animale.» Mi consigliò prima di voltarmi le spalle per andarsene.

«Sì, ma io ora come faccio? Cosa porto alla mia famiglia? Un mazzo di verdure immaginario?»

«Poco distante dal coniglio, c'è un cervo adulto. Il piccolo credo fosse solo l'antipasto.» Mi avvisò prima di addentrarsi nella foresta.

Mi voltai di scatto. Era vero, ma quel cervo doveva essere apparso dal nulla. Ero sicura non fosse lì mentre prendevo la mira per uccidere il lupo. La fame, delle volte, gioca brutti scherzi. Appanna la vista senza farti vedere a un palmo dal naso. Stavo per assassinare un cane dei Killiuk per nulla.

Per fortuna diedi retta al ragazzo solitario.

«Poteva anche aiutarmi a portarlo a casa. Che gentiluomo! Non si è neanche presentato. Complimenti» blaterai, trascinando il cadavere della bestia ancora sanguinante sulla strada che conduceva dalla mia famiglia. Quella sera, avrebbero avuto un pasto decente e, dalle dimensioni del povero animale, mi resi conto che avremmo potuto sfamare l'intero vicinato e per questo avrei dovuto ringraziare, non solo la mia buona stella, ma anche la bestia che ero intenzionata a uccidere.

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Spazio autrice

Salve a tutti e ben trovati a chi già mi conosce.
Parte questa nuova avventura in una zona, per me, di comfort.
Sono una divoratrice ossessiva compulsiva di Fantasy e fantasy romance. Ma mi ha sempre spaventata inoltrarmi in zone così delicate.
Sarà un cammino tortuoso e spero di essere in grado di portare a termine in maniera degna questo mio nuovo racconto.
Ci sto lavorando da un po' e sono pronti un po' di capitoli che pubblicherò, inizialmente, una volta a settimana. Sperò di riuscire nell'intento di aumentare il ritmo.
Grazie a chi mi leggerà.
Non dimenticate di lasciare stelle e commenti. Soprattutto segnalate gli strafalcioni.
Un bacio, cuZzoli di lemure.

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