il tempo è strano oggi, non trovi?
"sono triste" hai detto
"non hai nessun diritto di esserlo" ho risposto.
"invece sì, ho ogni diritto di essere
triste
e ogni diritto
ad ogni emozione
perché che cosa posseggono realmente
gli esseri umani?
niente al di fuori di ciò che colora
la nostra pelle
e riempie i nostri scheletri."
"non sei triste" insisto,
nel tentativo di
farti capire,
di incidere le mie parole
nella tua pelle ghiacciata.
si frantumano,
si frantumano nella tua voce
che ripete monotona
"sono triste. ho il diritto di essere
triste."
ti guardo negli occhi,
familiare,
come una canzone le cui parole
si sciolgono nel vento
prima che possa percepirne la melodia.
non capisco,
lanciando parole contro di te disperata,
ma "tu non sei triste"
si dissolve in sillabe senza significato
come rose in putrefazione
su un tavolo
in una casa abbandonata,
petali impolverati
definiti dal sole morente,
sospeso.
mi fermi.
"guarda di nuovo." mi dici. "guarda bene."
ci provo.
guardo, fino a che le rose
si disintegrano
e vedo che la tua
pelle cristallizzata
era vetro
e i tuoi occhi come la canzone,
erano i miei stessi
che mi guardavano di rimando.
"sei triste" dico.
"e hai tutto il diritto di esserlo" mi rispondo.
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