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Beaux rêves

Adrien entrò in classe di buon umore. Quel giorno avrebbe dovuto incontrare Ladybug per l'usuale ronda che ricorreva settimanalmente. Gli succedeva che, anche il mero pensiero, gli migliorasse la giornata notevolmente fin dal mattino. Quelle erano le uniche occasioni che aveva per conversare un po' con lei, cercare di cogliere qualche dettaglio in più sulla sua vita, seppure di sfuggita, dato che durante le battaglie, i loro preziosi gioielli offrivano loro tempo limitato. E così lui faceva tesoro di quegli incontri, quasi lo fossero letteralmente.

Varcata la porta, salutò allegramente gli amici già seduti al banco, pimpante come non sarebbe potuto essere neanche dopo aver bevuto una quantità spropositata di caffè. Il buongiorno venne ricambiato da quelli, che già impegnati in una conversazione, non lo avevano visto arrivare. Incuriosito, non si trattenne dal chiedere. «Di cosa stavate parlando?» Si rivolse a tutti, ma Marinette sembrava quasi assente, appoggiata di malavoglia su una mano. Aveva quasi una brutta cera, le occhiaie erano più evidenti del solito, tuttavia era carina anche in quello stato, si ritrovò a pensare Adrien. Scosse la testa, allontanando quel pensiero alieno.

«Marinette non dorme da due notti, come puoi notare, e stavamo provando a capirne il motivo.» gli spiegò Alya, guardandola con fare preoccupato. «Ve l'ho già detto Alya, non ne ho idea. Credimi, anch'io vorrei saperlo.» affermò, lasciando cadere il capo sul banco. «Sì, ma ci dev'essere una ragione. Non puoi smettere di dormire e non sapere il perché.» si intromise Nino, mentre l'interessata sbuffava rumorosamente. Adrien si sporse verso di lei, accarezzando piano il suo braccio. «Non ti preoccupare Mari, vedrai che questa notte ci riuscirai.» sorrise, osservando la ragazza alzare lo sguardo con un'espressione sconcertata e gli occhi sgranati. Subito si affrettò a ripiegare la mano, domandandosi se quel contatto l'avesse imbarazzata troppo.

L'avrò turbata?

«C-certo, ne sono sicura!» esclamò la ragazza che ormai era diventata cremisi, con la voce più alta di un'ottava. D'un tratto sembrò riacquistare tutta la sua vitalità, agitandosi e gesticolando. Adrien le rivolse un sorriso, un po' per scusarsi di quel contatto, un po' davvero divertito da quella scena.

«Comunque, ti posso consigliare un paio di cosette a cui pensare per addormentarti. Garantito, farai bei sogni.» ridacchiò Alya, che con un occhiolino riuscì a far intendere a Marinette di che stava borbottando. Come se non fosse bastato l'incidente di prima, il colore del viso della ragazza si scurì. «Alya!» la rimproverò Marinette, ormai in tilt. La mora si lasciò andare a una risata divertita, agguantandosi il ventre, mentre l'amica incrociava le braccia, offesa.

Il biondo guardò la scena ammirato, scavando in profondità e capendo che quelle due si volevano tanto bene. Già, quella amicizia era così forte da non poter essere spezzata.

Come le radici di un albero millenario.

In seguito si voltò, sorridente, e diede una piccola pacca a Nino.

Anche lui voleva tanto bene al suo migliore amico.

La pacca venne ricambiata da quello, mentre la professoressa entrava in classe dando inizio alla lezione.

Il cielo quel pomeriggio sembrava voler fare i capricci. O meglio, indeciso sul colore con cui tingere la sua tela. Il celeste si univa al rosa, che poi sfumava in un meraviglioso arancio, caldo e rilassante. Fu questo che pensò Adrien, vestito dei panni di Chat Noir, mentre attendeva la sua compagna su un tetto al centro di Parigi. Era l'ora del crepuscolo, e quel panorama era uno spettacolo.

Sentì un tonfo, seguito da passi felpati che il suo udito da felino riuscì a captare. «Bonsoir, M'lady.» pronunciò lui, ancora non guardandola. Poi Ladybug si sedette accanto a lui. «Sul serio, ma come fai? Ogni volta cerco di fare il meno rumore possibile, ma tu mi senti sempre. Non è che mi spii?» rise lei, accompagnata subito dopo dal partner.

Eccolo qua il vero spettacolo.

Si asciugò le lacrime agli occhi, tentando di ricomporsi per quanto possibile. Quando era in sua compagnia stava bene, e quello era un dato di fatto. Si sentiva leggero come una piuma, pareva rimuovere tutti i suoi problemi appena l'amata entrava nella sua visuale. Aveva un effetto curativo su di lui. E, ora che ci pensava, lei era davvero la sua migliore amica. Per quanto l'amasse, quello sarebbe sempre stato il suo ruolo, anche se un giorno fossero divenuti qualcosa di più. Lei lo capiva, lo apprezzava, senza pretendere nulla in cambio, ma soltanto godendo di ogni momento. Lei lo conosceva più di chiunque altro, al diavolo le maschere, al diavolo l'identità segreta, quella era la pura verità. Per lei era un libro aperto, solo per lei. E sebbene le loro parti civili fossero un mistero, poteva vantarsi di essere parte della sua vita. Gli bastava questo.

«Chat, comunque preferirei fare il giro corto oggi. Sai, sono un po' stanca. Vorrei solo riposare adesso, in realtà.» gli confidò con la voce assonnata, appoggiandosi sui palmi. L'altro si avvicinò, guardandola incuriosito. «E' successo qualcosa?» le chiese, mentre lei cambiava posizione, accostandosi al muretto vicino. «Non dormo da due notti, non so perché, e ogni volta che ci provo non ci riesco.» sospirò amareggiata, guardandolo negli occhi.

Quella era la stessa situazione di Marinette, pensò per prima cosa il ragazzo, trovandolo strano, molto strano. Corrucciò le sopracciglia coperte dalla maschera, estraniandosi un momento.

Forse... lei è...

Scacciò quel pensiero, stranito ma allo stesso tempo desideroso di capirne di più. «Quindi... non sai il motivo.» asserì lui, ancora immerso in quella supposizione. La vide scuotere la testa piano, chiudendo gli occhi gradualmente. Si rannicchiò in una posizione che non sembrava affatto comoda, dimentica della ronda o dell'essere supereroina in quel momento.

Il giovane sorrise alla visione angelica. Il viso dai tratti delicati ora era rilassato, il respiro decelerava.

Sei così bella.

Era degna d'essere ammirata. Così avvenente, ma senza fare nulla per mostrarlo. E fu così che il ragazzo si perse a fissarla, sfiorando col dito affilato la guancia della giovane più volte. Passarono venti, forse quaranta minuti, ed era ancora lì, perseverante. Ormai la luce color arancio aveva fatto spazio a quella lunare, che posata sul volto della ragazza diventava solo uno strumento che la rendeva meravigliosa.

Di punto in bianco il ragazzo sgranò gli occhi, rendendosi conto che la sua compagna si era addormentata. E lui non aveva fatto altro che fissarla, senza dar conto a nient'altro. Quant'era passato? Non ne aveva idea, ma cominciava a temere che fosse molto tardi. Controllò per sicurezza l'orario sul bastone, e rassicuratosi- poiché non erano trascorsi più di tre quarti d'ora- decise di farle cambiare posizione. A causa della sua distrazione, quella povera ragazza aveva dormito in condizioni pessime. Tutto ciò che sperava era che non le avesse provocato un torcicollo.

Così, tentando di non svegliarla nel contempo, le prese il capo con le mani delicatamente, quasi potesse essere comparata a un vaso prezioso. Attuò lo spostamento con lentezza, e una volta appoggiata sulle sue cosce, si accostò meglio al muretto. Ladybug, ora più comoda, mosse il braccio dietro la schiena di lui, aggrappandosi in una stretta quasi bramosa. Mugugnò qualcosa che Chat non riuscì a comprendere, e si appropinquò ancora più al partner.

Tutto questo causò nel ragazzo una scossa, un brivido che andava lungo la schiena e che lo invogliava ad alzarsi per evitare di saltare addosso alla compagna. Inutile dire che, tuttavia, non lo avrebbe mai fatto, data la situazione. Non avrebbe mai desiderato destare Ladybug, specialmente, non ora che sapeva che la ragazza necessitava di quel sonno tanto agognato. Preferì quindi respirare a pieni polmoni, tentando di darsi un contegno, e cercando di controllare quegli istinti improvvisi, che non lo avvisavano prima né cessavano sotto il suo volere.

Sorprendentemente riuscì a calmarsi, forse grazie all'ausilio della vista della luna, o forse- e più probabilmente- per il respiro lento e regolare della ragazza. La guardò ancora, trovandola sempre bellissima, e posò un bacio leggero sulla guancia morbida. Si avvicinò al suo collo per respirarne il profumo, che gli volò nelle narici come un soffio lieve. Era un aroma che mai aveva potuto trovare in nessun altro. Che avrebbe cercato solo in lei. Voluto solo su di lei.

Niente so di te. Nonostante la mia dipendenza dal tuo odore.

Era di questi momenti che lui faceva tesoro. Semplicemente stare lì, in silenzio, guardando l'amata dormire, e tenendola tra le sue braccia. Il mondo aveva smesso di girare, Parigi di vivere. Solo la quiete gremiva la grande capitale, decorata da luci e lampioni tutt'intorno. E mentre godeva di quell'istante, si disse che quella città avrebbe potuto sopravvivere per un po' senza di loro. Senza i suoi supereroi. Senza che ci fossero attacchi akuma, soltanto riposando. Dimenticandosi di loro per poco, come se non fossero mai esistiti. Era possibile? Forse sì. Era quasi impensabile che fosse proprio quella grande città a dover subire quegli attacchi. La città dell'amore, paradossalmente.

Alcune volte pensava di non essere d'aiuto. Credeva che tutti avrebbero potuto fare a meno di lui, che non se ne sarebbero accorti che lui mancava. Ma poi, veniva smentito alla gran lunga, quando dopo aver compiuto il suo dovere, lo acclamavano e applaudivano. E sentiva il cuore riscaldarsi un po'. Ma la vera conquista era quando la stessa Ladybug, in quei momenti di sconforto, gli faceva notare quanto lui fosse indispensabile. Alcune volte diceva che non ce l'avrebbe fatta senza lui. Erano una squadra, ripeteva sempre. E lui era convinto di questo.

Eh già, Ladybug.

Abbassò lo sguardo. Un sorriso solcò il suo volto, mentre le carezzava le gote. Socchiuse le labbra, ammirandola con adorazione. «Sogni d'oro, Mari.» sussurrò nel suo orecchio. La ragazza, inconscia, sorrise nel sonno.

e dormi accanto a me
per coprirti ho il mio respiro
è tutto ciò che posso
non ha senso fingere che sia soltanto vento
che mi fa tremare

Abbracciami

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