Run! They're dying to stop you
Il mondo tace.
Non un suono, non un sibilo.
Il vento si ferma e le sue gambe implorano per il dolore.
Corre e non si arresta.
Corre e non respira.
Corre come se ne dipendesse la sua vita.
L'asfalto brucia sotto i suoi passi.
Scorre sotto il suo sguardo finché non scompare.
Un orologio in lontananza segna le 4:40 del mattino.
Chiude gli occhi e accelera il passo.
Tende il braccio per afferrare il tempo.
Rubarlo, per sé e per lui.
Il vento ricomincia a sferzare.
I suoi capelli si muovono con esso,
mentre lei, controvento, continua a correre.
In lontananza, dei volti.
La sua corsa si arresta.
Il suo petto implora per un po' d'aria.
L'asfalto scompare, le sue gambe cedono
mentre i volti si avvicinano.
Una marcia silente.
A terra, ansante e immobile, volta lo sguardo.
Una via di fuga, una liberazione, finché non la vede.
Logora, umida, fatiscente: una scala di cemento.
Trascina il suo corpo.
Un gradino, poi un altro, un altro ancora.
Il petto esplode, ma per quanto continui a salire,
per quanto continui a provarci,
viene bloccata, sopraffatta, schiacciata
contro il cemento umido.
Volta lo sguardo verso i pochi gradini oltrepassati
e i volti sono lì, funerei e pronti a prenderla.
I suoi occhi si chiudono, il nero oltre le palpebre
diviene rosso, il rosso muta in fuoco.
Sente le fiamme ardere i volti.
Non un suono, non un sibilo.
Il sudore le imperla la fronte, il corpo.
È giunto il momento, lo sente.
Brucerà con loro.
Non si è mai pronti a questo.
Dannazione o fine?
Una morsa stringe il suo braccio,
lui è lì, lo sente.
Un lampo verde poi tutto buio.
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