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8. La Mappa del Malandrino




8. La Mappa del Malandrino


È molto più prudente pensare male di tutti finché, naturalmente, si scopre che una persona è buona, ma oggigiorno ciò richiede un'infinita serie di indagini.

(Oscar Wilde)




L'orologio a pendolo in legno scuro, che si diceva essere un cimelio appartenuto a Salazar Serpeverde in persona, ticchettava sinistramente nella sala comune verde-argento e il mal di testa di Pansy non faceva che peggiorare a ogni molesto tic tac.

Erano da poco scoccate le undici e la ragazza era da sola; gli unici suoni che poteva udire, oltre al proprio respiro e al picchiettio dei secondi nel quadrante dell'orologio, era lo scoppiettio del fuoco nel camino e il lontano e inquietante canto delle sirene nel Lago Nero.

La professoressa di Babbanologia aveva assegnato un tema sulla letteratura babbana e a Pansy Parkinson era capitata la lettura di un romanzo del 1847, su cui doveva poi scrivere un riassunto e un commento personale. Il romanzo in questione era "Cime Tempestose" di Emily Brontë e la Serpeverde era appena all'inizio e già le sembrava di non capirci molto.

Doveva ammettere che l'ambientazione però, per il momento, non le dispiaceva.

Era cresciuta nella brughiera, nelle sconfinate campagne inglesi, dove l'orizzonte era costituito dal verde brillante dell'erba e dal giallo e viola acceso dei fiori selvatici.

A Pansy bastava chiudere gli occhi un istante per sentire il vento freddo sferzarle il viso, mentre le nuvole si rincorrevano, oscurando saltuariamente l'azzurro placido del cielo, e l'erba alta le sfiorava le gambe e la punta delle dita.

Era nata, come molti altri Parkinson prima di lei, a Villa Tasso, nella sontuosa camera da letto dei suoi genitori, e la sua nascita era stata paragonata a un miracolo o alla benevolenza di Merlino, dopo i due aborti spontanei che sua madre aveva avuto in precedenza.

Villa Tasso era una dimora molto antica, dall'aspetto severo ed elegante, e prendeva il nome dall'albero di tasso che sorgeva alle spalle dell'edificio, come un protettivo gigante buono, il quale si diceva esser stato piantato da Morgana in tempi ormai dimenticati.

Pansy non ricordava i suoi primi anni di vita, sapeva dai racconti degli elfi domestici e di sua madre e padre di esser stata una bambina brillante, allegra e curiosa.

Aveva dimostrato di essere una strega alla tenera età di due anni, quando aveva incantato una delle tante bambole, che occupavano il suo lettino, in modo tale che le cantasse una ninna nanna per farla addormentare.

I suoi genitori, zii e nonni l'avevano viziata e coccolata e riverita come una piccola principessa, non facendole mai mancare nulla, tranne forse la possibilità di scoprire autonomamente il mondo esterno.

Per anni le era stato mostrato soltanto quello che faceva comodo ai suoi genitori, poi era arrivata la lettera da Hogwarts ed erano iniziate le raccomandazioni.

Pansy chiuse il romanzo babbano con un sospiro e si premette le dita sulle tempie doloranti, nella speranza di diminuire il dolore che provava.

Avrebbe dovuto riposare quel pomeriggio, invece di dedicarsi alla stesura di un tema di Pozioni sui pericoli e benefici della Felix Felicis per Susan Bones, ma quello era il suo ultimo anno e non aveva tempo da perdere.

Nell'arco di nove mesi avrebbe terminato gli studi, avrebbe ottenuto i M.A.G.O. e sarebbe stata costretta a fare una scelta: assecondare i suoi genitori oppure prendere i soldi che aveva messo da parte negli anni e crearsi una nuova vita.

Pansy abbandonò "Cime Tempestose" sul tavolo e si diresse verso il camino, allungando le mani per scaldarle alle sottili fiamme del fuoco.

Aveva dodici anni quando il menarca aveva segnato la fine della sua infanzia e l'inizio della sua età adulta. Non c'era stata l'adolescenza per Pansy, che era passata dall'essere una "bambina troppo piccola per capire certe cose", all'essere una donna adulta con delle precise responsabilità.

Subito dopo il trauma del primo ciclo, Pansy era stata visitata dal medimago di famiglia e una volta che era stata confermata la sua ottima salute e abbondante fertilità; i signori Parkinson avevano trovato per la figlia un promesso sposo: Kain Montegue.

Pansy ricordava la sua confusione iniziale; era stata redarguita sui maschi e i loro bassi istinti e il pericolo che costituivano per una signorina di buona famiglia come lei. Le era stato raccomandato più e più volte di non rimanere sola con loro e lei aveva evitato come la peste la compagnia dei compagni di casa.

Perché all'improvviso sembrava imperativo che lei fosse fidanzata con uno di loro?

Pansy ricordava di aver pianto per gran parte dell'estate che aveva preceduto il suo terzo anno, ma le sue lacrime e i suoi tentativi di spezzare il fidanzamento impostole dai genitori erano stati vani.

Una volta sull'espresso per Hogwarts, aveva messo da parte ogni sua vecchia paura e aveva occupato lo scompartimento in cui Malfoy, Tiger, Goyle e Nott si stavano abbuffando di cioccorane e tramezzini.

Dopo pochi minuti Pansy aveva perso ogni timore che sua madre aveva provato ad inculcarle per anni.

Non c'era nulla di pericoloso nei commenti divertiti di Malfoy, mentre Goyle e Tiger trangugiavano un tramezzino dietro l'altro, decisi a stabilire una volta per tutte chi fosse più veloce a mangiare, né Pansy notava qualcosa di malvagio e maleducato nella placidità con cui Nott sfogliava "Storia di Hogwarts" e ogni tanto leggeva ad alta voce qualche passaggio saliente.

A Pansy era bastata un'ora in compagnia dei quattro Serpeverde per rendersi conto che non tutti i ragazzi erano i mostri di cui sua madre le aveva parlato e da quel momento aveva iniziato a far spargere la voce che, in cambio di denaro, avrebbe fatto i compiti di chiunque.

Pansy aveva un'idea molto chiara del mondo: i suoi genitori avrebbero potuto fare di lei ciò che volevano, fin a quando lei fosse rimasta la ragazzina priva di mezzi che era. Ecco perché le servivano galeoni, abbastanza da poter abbandonare l'Inghilterra, se necessario, ed evitare le nozze con Kain Montague.

L'orologio a pendolo segnava le undici e un quarto, quando Pansy raccolse le sue cose e si diresse verso il dormitorio femminile, troppo stanca per continuare la lettura.

Una volta a letto però, Pansy si scoprì incapace di interrompere il flusso dei propri pensieri.

Continuava a vedere la brughiera, quando chiudeva gli occhi; le passeggiate a cavallo, le corse in estate. A volte vedeva anche Villa Tasso e l'imponente albero le cui fronde e il cui tronco le avevano fornito spesso un nascondiglio, quando i suoi genitori avevano invitato Kain e i signori Montegue per una tazza di tè, senza avvisarla per tempo.

Con gli anni, Pansy era arrivata a realizzare che non odiava Kain, per lui provava indifferenza e al massimo, un po' di pietà. Non era colpa del giovane Montegue se era stato coinvolto in quel fidanzamento combinato, così come non era colpa di Pansy.

E forse, sei i signori Parkinson e i signori Montegue non avessero imposto il loro volere in modo tanto brusco e prematuro, forse Pansy avrebbe conosciuto da sola Kain e si sarebbe innamorata di lui, dei suoi modi affabili, dei suoi capelli scuri e del suo sorriso arrogante, tra i corridoi di Hogwarts.

Un altro volto sostituì quello di Kain nei pensieri di Pansy e la ragazza sospirò.

Blaise.

Come avrebbe fatto a confessare a Blaise che era promessa ad un altro ragazzo, ma che stava progettando di fuggire dall'altra parte del mondo, appena avesse concluso gli studi?

Non poteva, riflettè la ragazza, stringendosi maggiormente al petto le coperte, non poteva dirgli niente, perché per quanto si fidasse di lui, il terrore — che i signori Parkinson venissero a sapere del suo piano di fuga e trovassero il modo di impedirle di essere libera — era maggiore di qualunque altro sentimento potesse provare in quel momento per il suo amico.

Quando Pansy riuscì ad addormentarsi, sognò la brughiera.


°◊°◊°◊°


Hermione Granger era incerta se mostrare o meno la Mappa del Malandrino a Malfoy.

Da quando domentica mattina si era svegliata nel proprio letto, con la mente assalita dai ricordi di quanto accaduto la sera precedente e la sorprendente rivelazione di non essere la sola vittima dello stupido scherzo che da due settimane la tormentava, Hermione aveva iniziato a soppesare i pro e i contro di rendere Malfoy partecipe di un simile segreto.

Sa da una parte Hermione era preoccupata, che Harry potesse rimanere deluso o addirittura indispettirsi nello scoprire che la sua migliore amica aveva mostrato a colui, che per anni li aveva odiati e derisi, la preziosa Mappa che era appartenuta a suo padre, James Potter, e ai suoi migliori amici, dall'altra Hermione era convinta, che condividere quel segreto con Malfoy avrebbe potuto facilitare le indagini su Elisabeth Craig, Blaise Zabini e Theodore Nott.

L'incertezza accompagnò Hermione per ore e ore quella domenica.

Era più importante la sua amicizia con Harry o svelare il nome di colui che si divertiva a scrivere racconti erotici su di lei e Malfoy?

Hermione non riusciva a decidersi.

Per qualche secondo, mentre si trovava in biblioteca a studiare, pensò addirittura di scrivere una lettera ad Harry per spiegargli ogni cosa e chiedergli il permesso di mostrare la mappa a Malfoy.

Cambiò presto idea, quando si rese conto che per "spiegare ogni cosa ad Harry" avrebbe dovuto parlargli dei racconti erotici e di come la facessero sentire accaldata, spaesata e ansiosa di sentire le mani di Malfoy su di sé.

No, Hermione decise che non doveva assolutamente scrivere ad Harry.

«Possiamo sederci?»

Hermione sollevò lo sguardo dal libro di Erbologia — che, si rese conto con una punta d'imbarazzo, non stava propriamente leggendo — per osservare l'espressione serena sul viso di Luna Lovegood e il broncio annoiato di Ginevra Weasley.

Hermione spostò la propria borsa, così da fare posto alle amiche e per qualche minuto mise da parte i pensieri che l'avevano tormentata fino a quel momento, concentrandosi seriamente sullo studio.

«Dovremmo studiare insieme più spesso», disse Luna, annuendo tra sé e sé, per poi tornare a sfogliare serenamente il volume di Trasfigurazione.

Ginny lanciò un'occhiata veloce alla Corvonero, poi scrollò le spalle: «Se gli allenamenti di Quidditch me lo permettono, volentieri... Quest'anno sto faticando a stare dietro a tutto, un po' di motivazione non può farmi certo male».

Hermione rimase in silenzio, nuovamente persa a riflettere sulla propria situazione complicata, e ben presto gli occhi di un intenso azzurro di Luna e quelli scuri di Ginevra si puntarono su di lei, in attesa.

«Sì, volentieri, dovrò soltanto organizzarmi tra i doveri di Caposcuola e...» Hermione si morse il labbro, riuscendo all'ultimo minuto a non dire qualcosa di molto sconveniente e sciocco, come "i miei incontri con Malfoy" o "le indagini per scovare chi si diverte a farmi leggere racconti erotici ogni sabato" e si limitò a muovere una mano a mezz'aria, come se quel gesto potesse significare qualcosa di concreto, prima di tornare a seppellire il proprio viso nel libro di Erbologia.

Ginny e Luna non sembrarono dare molto peso al comportamento strano di Hermione e per lunghi minuti rimasero in silenzio, a studiare.

Quel giorno la biblioteca era particolarmente deserta; in fondo l'anno scolastico era iniziato da un mese appena e molti studenti non sentivano ancora la necessità di dedicarsi anima e corpo allo studio, preferendo approfittare delle poche nuvole e del clima ancora piacevolmente tiepido, per passeggiare nel parco o concludere i propri compiti all'aria aperta.

Oltre a Hermione, Ginny e Luna, in biblioteca si trovavano un paio di ragazzi del primo anno Serpeverde, qualche Corvonero, un Tassorosso — che sembrava essersi perso — ed Elisabeth Craig.

Non era certamente una coincidenza se Hermione si trovava a studiare nello stesso posto della sospettata numero tre della sua lista, anche se era stata leggermente distratta dai propri pensieri e le aveva degnato ben poche attenzioni prima che arrivassero Ginny e Luna, Hermione aveva fatto in modo che Elisabeth non uscisse neanche una volta dal suo campo visivo.

Dato che con le sue nuove compagne di studio accanto era difficile lanciare occhiate più insistenti alla figura della sospettata numero tre ingobbita sul banco, Hermione iniziò a vagare per la biblioteca alla ricerca di un libro inesistente, facendo in modo di passare più di una volta alle spalle di Elisabeth, così da sbriciare oltre le sue spalle e vedere cosa stesse facendo.

Fu abbastanza deludente rendersi conto che Elisabeth stava fingendo di studiare, mentre in realtà leggeva un inserto di Strega Moderna sulle ultime mode nel Mondo Magico. Ancora più deludente fu rendersi conto che la calligrafia disordinata di Elisabeth non combaciava con l'elegante scritta "Leggimi", che Hermione aveva studiato talmente tante volte, da ricordare con precisione infinitesimale.

Lo sconforto si abbattè come una maledizione su Hermione, che trascorse il resto delle ore di studio in uno stato di apatica rassegnazione; nemmeno le stranezze di Luna o le battutine sagaci di Ginevra, riuscirono a risollevarle il morale.

L'unico pensiero che riusciva a causarle un minimo di serenità era la speranza che i Nott e Zabini non si rivelassero, come Elisabeth Craig, un buco nell'acqua.



°◊°◊°◊°


Draco Malfoy arrivò con largo anticipo nell'Ufficio dei Capiscuola e Prefetti domenica pomeriggio e approfittò della stanza deserta per estrarre dalla borsa a tracolla il romanzo babbano che la professoressa Tulip gli aveva assegnato da leggere: "Uno studio in rosso" di Sir Arthur Conan Doyle.

Draco non aveva avuto voce in capitolo nella scelta del romanzo, la professoressa sembrava aver estratto a sorte per ciascuno degli studenti uno dei libri babbani che aveva con sé, per poi consegnarli e redarguire gli studenti a trattare con il dovuto rispetto i testi prestati.

Avendo letto soltanto i primi due capitoli, Draco non era certo che la trama del romanzo fosse di suo graidmento. Trovava certamente una buffa coincidenza il fatto che uno dei personaggi, il signor Sherlock Holmes fosse un investigatore, la cui bravura si fondava sulle sue eccezionali capacità deduttive, dato che anche Draco nella vita reale stava svolgendo delle indagini. Sicuramento la sua bravura non era paragonabile a quella del signor Holmes, altrimenti, Draco ne era certo, avrebbe già trovato da tempo chi si divertiva a tormentarlo facendogli trovare, ogni sabato, un racconto erotico.

Stava per iniziare il terzo capitolo del romanzo babbano, quando la porta dell'ufficio si aprì e Hermione Granger entrò nella stanza.

Draco non conosceva abbastanza bene la Caposcuola da poter decifrare ogni sua espressione, ma una cosa era certa: Hermione Granger era indispettita. Da cosa o chi, Draco non avrebbe saputo dirlo.

Lo si poteva notare dalla linea amara in cui erano atteggiate le sue labbra, dagli occhi che sembravano spenti...

La Granger si sedette accanto a lui al tavolo, che occupava il centro dell'ufficio, e appoggiò le braccia conserte sulla superficie in legno, per poi lasciar cadere il capo sugli arti, il viso celato dalla massa informe di capelli e le spalle che apparivano tanto tese da sembrare sul punto di spezzarsi.

Draco chiuse il libro babbano e lo abbandonò sul tavolo, per poi appoggiare una mano sulla spalla destra della Granger, sentendo il tessuto spesso della divisa e il calore del corpo della ragazza contro la pelle del palmo.

«Stai bene, Granger?»

La Grifondoro voltò appena il capo, così che il suo naso sottile, parte della guancia e un angolo di bocca comparissero attraverso la massa dei capelli.

«Speravo che Elisabeth Craig avesse a che fare con lo scherzo, sarebbe stato facile scoprirlo e ancora più facile intimidirla e convincerla a smettere», disse con un filo di voce la ragazza, per poi sospirare.

«Ne deduco che non hai trovato nulla?»

La Granger scosse il capo, parte della chioma si spostò ulteriormente, mostrando l'occhio destro della ragazza allo sguardo attento di Draco: «Ho anche provato a cercare in camera sua, ma non ho trovato alcun tipo di prova».

«Abbiamo ancora due sospettati, Granger, non ti abbattere; abbiamo appena cominciato», disse Draco, spostando la mano, che solo in quel momento si ricordò trovarsi ancora sulla spalla tesa della Grifondoro; le dita gli pizzicavano per la sensazione dei capelli crespi della ragazza contro la pelle.

Sul volto della Granger comparve un sorriso amaro: «Penso di doverti mostrare qualcosa che potrebbe facilitare le nostre ricerche, ma devi promettermi che non ne parlerai mai con nessuno».

Draco aveva la sopracciglia inarcate per lo stupore e sulle labbra una smorfia incredula: possibile che Hermione Granger si fidasse tanto di lui da rivelargli dei segreti?

«Lo prometto».

Hermione sollevò il capo, i lunghi capelli le incorniciarono il volto come una criniera e sul volto aveva finalmente un'emozione che Draco non ebbe problemi a riconoscere: sospetto.

«Ti chiederei di fare un patto infrangibile, ma avremmo bisogno di un testimone e non saprei a chi rivolgermi, quindi dovrò accontentarmi della tua parola. Vorrei ricordarti però di Marietta Edgecombe e di quello che le è successo quando ha tradito l'Esercito di Silente il quinto anno».

Draco sentì un brivido lungo la schiena che non aveva nulla a che fare con la paura e annuì: «So che puoi essere pericolosa, Granger, ma grazie per avermelo ricordato».

Draco però non pensava a Marietta Edgecombe, pensava a quello che era successo alla Professoressa Umbridge, alla freddezza con cui Hermione Granger aveva lasciato che una mandria di centauri le facessero chissà cosa per ore, prima che la donna venisse salvata.

Draco pensò anche a se stesso e al pugno che aveva ricevuto il terzo anno, pugno che aveva ferito più il suo orgoglio che altro.

Draco sapeva che Hermione, se portata al limite, poteva essere fredda e crudele come una Serpeverde, ma quel lato della ragazza non lo spaventava, non quando erano alleati contro un nemico comune, non quando sentiva il cuore battergli forte in petto e tutto quello che riusciva a pensare era all'accomodante Hermione Granger dei racconti e a quanto avrebbe voluto scostare i capelli dal viso della ragazza, avvolgere le dita intorno alla sua nuca delicata e premere con forza le labbra contro le sue.

La Grifondoro estrasse dalla tasca interna del mantello un pezzo di pergamena dall'aria malridotta, attirando abbastanza l'attenzione di Draco da farlo tornare alla realtà: la Granger era sul punto di rivelargli un segreto, non era il momento giusto per fantasticare.

«Giuro solennemente di non avere buone intenzioni», disse la ragazza, puntando la bacchetta contro la vecchia pergamena.

Draco sbarrò gli occhi alla vista della mappa di Hogwarts che si andava delineando sotto i suoi occhi, sulla superficie consumata di quella che aveva creduto una vecchia e rovinata pergamena.

«Per la barba di Merlino», riuscì a dire, con un filo di voce, Draco, notando ogni corridoio, ogni stanza e ogni puntino in movimento, accompagnato dal nome dello studente o professore che rappresentava, fino a quando non trovò il proprio nome e quello della Granger vicini, forse troppo, sulla pergamena.

«Questa è la Mappa del Malandrino», disse la Grifondoro, la voce arrocchiata dall'emozione: «È di Harry, l'ha ereditata da suo padre. James Potter, Remus Lupin, Sirius Black e Peter Minus hanno creato la mappa durante i loro anni di studio ad Hogwarts, incantandola in modo tale da mostrare ogni persona all'interno del castello e indicando i passaggi segreti e le stanze nascoste che sono riusciti a trovare durante le loro ricerche».

Draco, con la bocca socchiusa dalla sorpesa e gli occhi ancora fissi sulla pergamena, pensò a tutte le cose che avrebbe potuto fare, gli anni passati, con un simile oggetto tra le mani e provò una punta d'invidia nei confronti del famoso Harry Potter.

Poi gli occhi di Draco trovarono il nome di Blaise Zabini e Theodore Nott, nella sala comune Serpeverde con Pansy Parkinson e un altro paio di ragazzi del secondo anno e un sorriso impaziente gli illuminò il volto: «Grazie per aver condiviso questo segreto con me, Granger. Zabini e Nott non potranno sfuggirci».

Hermione annuì con un'espressione seria in volto, poi i suoi occhi scuri si posarono sul libro di fronte a Malfoy e un sorriso divertito le illuminò il volto: «Leggere Sherlock Holmes mi sembra un'ottima idea, magari potrebbe suggerirti qualche metodo investigativo utile».

Draco scrollò le spalle: «Non penso di avere le capacità intuitive del signor Holmes».

«Ho sentito bene?», chiese Hermione, un sorriso divertito sulle labbra: «Draco Malfoy ha appena ammesso di essere meno intelligente di un personaggio in un romanzo babbano?»

Draco sollevò gli occhi cielo, ma non riuscì a trattenersi dal sorridere a sua volta: «Forse», disse alla fine, prima di posare nella sua borsa il libro e alzarsi: «Tieni d'occhio la mappa, domani dopo Pozioni hai l'ora libera?»

Hermione annuì, riponendo nella tasca interna del mantello la pergamena incantata.

«Vediamoci qua dopo Pozioni, possiamo tenere d'occhio la Mappa insieme e studiare un po' prima di pranzo. Magari riusciamo anche a scoprire qualcosa d'interessante», disse Draco, una punta di speranza nel tono di voce.

Uscirono insieme dall'Ufficio dei Caposcuola e Prefetti, diretti verso la Sala Grande e Draco non provò imbarazzo o fastidio nel camminare accanto ad Hermione Mezzosangue Granger, ma trovò il tragitto in compagnia della Grifondoro stranamente piacevole.

Chiacchierarono brevemente della riunione coi prefetti, che avrebbero tenuto il pomeriggio successivo, e la Granger chiese a Draco se fosse già riuscito a concludere il tema di Erbologia, che aveva assegnato la Sprite per mercoledì mattina.

Arrivarono di fronte al portone della Sala Grande in quelli che a Draco parvero meri secondi e si separarono per raggiungere i tavoli delle rispettive case, salutandosi con un semplice gesto di mano.

Solo una volta sedutosi, Draco si rese conto di non riuscire a togliersi dalla faccia l'espressione di tenera serenità, che parlare con Hermione Granger gli aveva procurato.






***

Buonsalve popolo di Wattpad!

Come state? Io sono in quarantena ferrea in questi giorni, dato che mio fratello potrebbe essere positivo (sta bene, ha avuto un po' di mal di gola ieri e ora stiamo aspettando il risultato del tampone molecolare)... Penso che ne approfitterò per scrivere e leggere, così, giusto per fare qualcosa di nuovo!

Spero che il capitolo vi sia piaciuto (ho scritto circa cinquecento parole in più rispetto al solito, quindi non potete dirmi che è troppo corto!) e che abbiate tempo e voglia di farmi sapere la vostra opinione sulla trama.

Andando in ordine, in questo capitolo scopriamo il grande segreto di Pansy (vi immaginavate che fosse questo il motivo per cui Pansy ha iniziato a scrivere i temi altrui per soldi?), le indagini su Elisabeth Craig si rivelano un buco nell'acqua, Draco legge un libro babbano ed Hermione mostra la Mappa del malandrino a quello che un tempo era il suo bullo.

Pensavo di aver scritto un capitolo noioso, ma ora che ci penso ci sono abbastanza elementi interessanti!

E non dimentichiamoci di Ginny e Luna, che vogliono iniziare a studiare più spesso con Hermione! Dite che Hermione ce la farà a mantenere i suoi incontri con Malfoy un segreto?

Piccolo spoiler: nel prossimo capitolo avremo di nuovo il punto di vista di Blaise!

Come sempre vi ricordo che potete trovarmi su Instagram, il nome dell'account è lazysoul_efp!

Un bacio,

LazySoul_EFP

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