14. Incubi e sogni
14. Incubi e sogni
Remiamo, barche controcorrente, risospinti senza sota nel passato.
(Francis Scott Fitzgerald)
Dopo il litigio con Pansy Parkinson, Blaise Zabini aveva passato un sabato mattina a dir poco miserabile.
Solitamente, quando si sentiva giù di morale e in vena di sfogarsi, era Pansy che andava a cercare, ma date le circostanze, aveva considerato più saggio non avvicinare l'amica; certo che parlarle di quanto le sue parole l'avessero ferito non fosse la giusta mossa, per appianare il loro recente litigio.
Aveva provato a parlare con lo specchio accanto al suo letto, quando dopo pranzo aveva avuto la stanza tutta per sé, ma era stato piuttosto deprimente e totalmente inutile.
Era stato costretto a ripiegare sull'unica attività che riusciva, solitamente, a farlo distrarre dai propri pensieri malinconici: fare i compiti in biblioteca.
Blaise incappò in Sir Cadogan a qualche metro dalla sua destinazione, il cavaliere con il suo fedele pony stava promettendo a una giovane dama che l'avrebbe protetta dal mostro crudele che si trovava nella cornice accanto, un ometto raggrinzito dalla vecchiaia con un aggeggio che i Medimaghi usavano per aiutare le donne incinte a partorire.
Blaise non era solito mettere il naso nelle faccende dei quadri, perché le trovava spesso tediose, ma Sir Cadogan era conosciuto da tutta la scuola per la sua follia e decise di rimanere a godersi lo spettacolo.
«Sir Cadogan non ha paura di niente!», esclamò la figura avvolta da una spessa e scomoda armatura, sguainando in modo impacciato la spada.
La dama, una giovane con biondi capelli acconciati in una lunga treccia e grandi occhi azzurri, lanciò un'occhiata perplessa in direzione del cavaliere: «Non lo metto in dubbio, Sir, ma come vi ho già detto...»
«Non temete! Vi libererò da questo giogo crudele!», esclamò Sir Cadogan, afferrando con maggiore forza le briglie del pony: «All'attacco!»
Prima che la dama potesse fermarlo, il cavaliere aveva fatto breccia nella cornice accanto, dove il signore raggrinzito osservava la scena con gli occhi sbarrati e l'arnese tra le sue mani come unica arma di difesa.
Sir Cadogan cadde rovinosamente dal pony quando si trovava ormai ad un soffio dall'ometto, che ebbe la prontezza di cercare protezione nella cornice alla sua sinistra, dove un gruppo di druidi dalle barbe lunghe quanto le loro vesti, lo nascose alla vista.
Il pony brucava l'erba del quadro sottostante, mentre Sir Cadogan ritrovava la posizione eretta, riponeva la spada e si guardava intorno smarrito: «Ho perso il destriero».
Blaise scoppiò a ridere, attirando l'attenzione del cavaliere, che lo osservò con gli occhi blu assottigliati: «Vedo che si diverte, messere, a spese altrui».
«Il suo cavallo si trova nel quadro sotto di lei, Sir Cadogan», disse una voce femminile, accanto al Serpeverde.
Blaise sussultò e osservò con gli occhi sbarrati dalla sorpresa la figura di Ginevra Weasley, chiedendosi da quanto tempo la Grifondoro si trovasse lì.
«Gentile dama, la ringrazio», disse Sir Cadogan, flettendosi — malgrado l'armatura — in un inchino cigolante: «Le sarò per sempre debitore».
Ginny sollevò gli occhi al cielo, ma non smise mai di sorridere: «Non sarà necessario, Sir Cadogan, ma la ringrazio».
Blaise ricordava quel sorriso, quell'accondiscendenza mista a indifferenza che lo aveva portato a credere che Ginevra potesse essere più simile a lui di quanto avesse mai pensato. Era stato quel sorriso ad attirare la sua attenzione il sesto anno e a spingerlo a compiere i suoi primi passi nella scoperta della sua sessualità.
«Non hai niente di meglio da fare che disturbare i quadri, Zabini?»
Blaise scrollò le spalle: «Ognuno gestisce la noia a modo suo».
La giovane Weasley annuì distrattamente, poi posò lo sguardo sulla borsa che pendeva contro il fianco di Blaise e sorrise: «Anche tu diretto alla biblioteca?»
«Così parrebbe».
«Io devo vedermi con Luna a breve», disse Ginny: «Se vuoi ti accompagno».
Blaise lanciò un'occhiata alla porta della biblioteca, a una decina di passi da dove si trovavano e scoppiò a ridere: «Penso di potercela fare anche da solo».
Ginevra lo osservò attentamente, poi sembrò rianimarsi ed estrasse dalla sua borsa una copia del Cavillo: «Io l'ho già letto, te lo presto volentieri»
Blaise non allungò la mano per afferrare il giornale, mostrando una delle sue espressioni più schifate: «Grazie, ma no grazie».
Ginevra aveva ancora il suo sorriso accondiscendente stampato in faccia: «Luna ha una rubrica tutta sua e sto cercando di pubblicizzarla per aumentarne la visibilità. Ora non farmi arrabbiare e prendi il Cavillo».
Blaise non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma a volte Ginevra Weasley gli faceva paura.
«Non pensavo che la tua amicizia con Lunatica Lovegood fosse così stretta da portarti a farle favori», disse Blaise con tono tagliente, mentre afferrava un angolo del giornale con pollice e indice.
«La mia amicizia con Luna non è affar tuo».
Il tono con cui Ginevra disse quelle parole, spinse Blaise a sollevare un sopracciglio e a socchiudere le labbra per lo stupore: «Ho forse toccato un tasto dolente?»
La Grifondoro non rispose, limitandosi a fulminare con lo sguardo il ragazzo, prima di dirigersi con passo sostenuto verso la biblioteca.
Blaise ebbe giusto un secondo di esitazione, poi la seguì: «Non pensavo che tu e Lunatica foste diventate migliori amiche del cuore, Gin-gin, ma ora sono curioso: com'è successo? Ricordo bene il sesto anno con quanta facilità la prendessi in giro per le sue stranezze e la sua pazzia...»
Ginevra Weasley gli lanciò contro un Incantesimo Tarantallegra, prima che lui potesse rendersi conto di quello che stava succedendo, e le sue gambe iniziarono istantaneamente a muoversi in un ballo a dir poco estenuante.
Blaise utilizzò un Finite Incantatem su se stesso, scoppiando poi a ridere: «Te lo concedo, Weasley, sei sempre la più veloce con la bacchetta».
Zabini sapeva che provocare Ginevra Weasley era come pungolare un drago femmina durante la cova delle uova, ma non pensava che sarebbe stato attaccato per così poco.
«Leggi il Cavillo, abbonati al giornale e fai in modo che altri Serpeverde seguano la rubrica di Luna e considererò l'idea di non lanciarti contro una Maledizione Senza Perdono».
Con quelle parole Ginevra entrò in biblioteca, lasciando solo Zabini.
Con un sospiro, Blaise aprì il giornale che aveva tra le mani e iniziò a sfogliarlo con aria affranta, leggendo di sfuggita i titoli e dispiacendosi per gli alberi che erano stati abbattuti per produrre un tale scempio.
Quando arrivò alla rubrica di Lunatica, si fece improvvisamente pensieroso e un'idea iniziò a farsi largo nella sua mente; forse non tutto quello che faceva la Lovegood poteva essere considerato spazzatura.
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Hermione scosse il capo per l'ennesima volta, prima di posare la piuma con cui stava scrivendo e passarsi stancamente una mano sul viso: «Non ha senso; perché mai Millicent Bulstrode avrebbe dovuto scrivere dei racconti erotici su di noi?»
L'esclamazione della ragazza non sembrò cogliere di sospresa Draco Malfoy che, seduto di fronte a lei, aveva in volto un'espressione similmente perplessa.
Erano passati a mala pena cinque minuti da quando il Serpeverde aveva finito di raccontare la propria mattinata alla Grifondoro; cinque minuti che erano trascorsi nel più completo silenzio.
«Non lo so, Granger».
Hermione posò per qualche istante lo sguardo sulla bacheca alle spalle del Serpeverde, su cui spiccava la pergamena con i turni di ronda del mese di ottobre e il regolamento del "Buon Prefetto" — breve elenco puntato in cui venivano delineati i tratti caratteristici dello studente modello per eccellenza.
«Siamo carenti nelle doti investigative, Malfoy», disse Hermione con un sospiro, subito dopo aver notato la parte del regolamento in cui si diceva che per essere un eccellente prefetto era necessario, per scovare i mal intenzionati, avere un minimo di intuito inquisitivo: «Abbiamo sospettato delle persone sbagliate per settimane intere».
Draco si voltò per leggere a sua volta il regolamento, poi scosse la testa: «No, Granger, secondo me abbiamo sospettato delle persone giuste».
«Davvero? Come ti spieghi allora l'evidenza dei fatti: Millicent Bulstrode ha scritto i racconti», disse Hermione, con tono leggermente petulante, come se fosse stata costretta a spiegare, per l'ennesima volta, a una persona dura di coprendonio un concetto a dir poco basilare.
«Semplice: stanno cercando di depistarci».
Hermione sollevò le sopracciglia e abbandonò la posizione stravaccata, irrigidendo la schiena, fino a che non assunse una posa simile a quella del ragazzo che le sedeva di fronte; spalle dritte, braccia conserte ed espressione pensierosa: «Dici?»
«Pensaci, Granger: per quale motivo Milly avrebbe dovuto uscire allo scoperto, altrimenti? Non avevamo alcun sospetto su di lei, sono Blaise e Theo che abbiamo seguito per un'intera settimana; uno dei due ha avuto paura che scoprissimo tutto e ha fatto in modo che Milly scrivesse l'annuncio in bacheca».
Hermione, con le labbra socchiuse per la sorpresa si ritrovò ad annuire con vigore, prima ancora che Malfoy terminasse il proprio ragionamento: «Ma certo! Zabini o Nott devono essersi fatti aiutare da Bulstrode per la stesura dei racconti, magari tenendola all'oscuro di tutto, per poi persuaderla a fare un passo falso e attirare la nostra attenzione... Malfoy, sei un genio!», la ragazza si sporse sul tavolo, fino a premere un rapido bacio a stampo sulle labbra del Serpeverde, poi scrisse con slancio sulla pergamena che aveva di fronte.
«Dobbiamo parlare con Bulstrode», disse Hermione, con un enorme sorriso in volto e le gote arrossate dall'emozione: «Alla prima occasione; la portiamo in qualche aula deserta, la interroghiamo e a seconda di cosa scopriamo, decidiamo poi il da farsi».
Quando la Grifondoro sollevò nuovamente lo sguardo su Malfoy, lo trovò con le guance arrossate e un'espressione divertita in volto: «Cosa devo fare per guadagnare un altro bacio?»
Hermione scosse lentamente la testa, ma non riuscì a trattenere il sorriso compiaciuto che le si formò sulle labbra: «Tanto per cominciare potresti scoprire l'orario di Bulstrode».
«Consideralo già fatto», disse Draco, sporgendosi appena sul tavolo: «Ora posso avere un altro bacio?»
Hermione provò una fastidiosa — eppure piacevole, troppo piacevole — fitta al petto nel notare la spensieratezza con cui Draco Malfoy stava flirtando con lei. La loro precedente incomprensione sembrava esser stata dimenticata; così come anni di insulti, dispetti e antagonismo reciproco sembravano esser stati riposti con fin troppa fretta nel dimenticatoio.
Per quanto fosse forte la tentazione di sporgersi a sua volta sul tavolo e concedergli quel semplice bacio, Hermione si trattenne e scosse il capo: «Penso che dovremmo parlare, prima», disse con un filo di voce, sforzandosi di mantenere il contatto visivo con Draco e di non abbassare lo sguardo come avrebbe voluto: «Abbiamo già commesso l'errore di affrettare troppo le cose, penso che dovremmo rallentare un po'».
In un primo momento fu chiara la delusione sul volto di Malfoy, poi il ragazzo annuì e le sorrise: «Va bene, per il momento niente bacio, ma non pensare che me ne dimentichi; appena mi sarà possibile ho intenzione di recuperare tutti i baci che non vuoi darmi».
Hermione sorrise divertita, osservando gli occhi chiari del ragazzo, illuminati dalle torce accese sulle pareti dell'Ufficio dei Capiscuola e dei Prefetti: «Non sarà facile guadagnarseli».
Draco annuì e l'ilarità scomparve dal suo volto, sostituita da una serietà e una determinazione che la ragazza non si aspettava: «So di avere molto di cui farmi perdonare, Granger».
Hermione gli sorrise timidamente, prima di allungare una mano e sfiorargli in una veloce carezza la guancia: «Già solo il fatto che tu lo ammetta mi fa ben sperare...»
Dopo qualche secondo di silenzio, Draco rubò la pergamena sul tavolo, di fronte ad Hermione, per leggere velocemente le poche parole vergate dalla ragazza: "Affrontare Millicent, se necessario minacciarla, farsi dire la verità, continuare a seguire Zabini e Nott".
Dopo averci pensato per qualche secondo, prese la piuma, la intinse nell'inchiostro e aggiunse: "Trovare un modo per superare il passato".
Quando Malfoy spostò nuovamente la pergamena di fronte alla Grifondoro, Hermione osservò il nuovo appunto e dovette farsi forza per non scoppiare a piangere.
L'anno scolastico era iniziato da appena un mese e mezzo e le faceva strano pensare che, in così poco tempo, era passata dall'avere una traballante tregua con Malfoy, dettata dal loro essere entrambi Caposcuola, ad avere con lo stesso ragazzo una strana complicità, nata dalla necessità di scoprire la persona che si nascondeva dietro allo scherzo dei racconti erotici; complicità che si strava trasformando in qualcosa di fragile e bello e imprevedibile.
Non sarebbe stato facile superare il passato, per vari e ovvi motivi, così come non sarebbe stato facile mettere a nudo i loro reciproci sentimenti e chiedere scusa.
Malfoy non era l'unico che doveva fare ammenda, anche lei aveva sbagliato, e se volevano evitare che il desiderio che provavano l'uno per l'altra tornasse a diventare odio e insulti lanciati per i corridoi a distanza di sicurezza, allora dovevano lavorarci; dovevano prendere tutto quello che era stato e renderlo sopportabile, così da permettere con maggiore facilità, ad entrambi, di immaginare un futuro diverso.
«Anche tu hai gli incubi?», chiese Hermione con un filo di voce, osservando l'espressione tesa di Malfoy oltre le lacrime che le inondavano gli occhi.
Draco annuì: «Quasi ogni notte».
«Qual è il peggiore?»
«Tu che ti contorci sul pavimento di casa mia, mentre zia Bella ti tortura. Solo che nell'incubo Potter e Weasley non vengono a salvarti e io non riesco a fare nulla, tranne rimanere lì a guardare, impotente, fino a quando non vedo un lampo di luce verde che ti colpisce in pieno petto e il silenzio che segue è quasi peggio delle tue urla di dolore».
Gli occhi di Draco, arrossati dalle lacrime che si sforzava di trattenere, sembravano più azzurri che grigi, mentre studiavano l'espressione sul volto di Hermione «Tocca a te».
Per qualche secondo ci fu il più completo silenzio, poi Hermione prese un profondo respiro e parlò: «Il mio incubo peggiore inizia con Voldemort che, utilizzando la Maledizione Imperius, mi fa diventare la sua marionetta e mi usa per uccidere tutte le persone a cui voglio bene... di solito mi sveglio poco prima di assassinare i miei genitori».
Un paio di lacrime erano sfuggite al controllo di Draco e scendevano solitarie lungo la pelle arrossata del suo volto: «L'altra notte ho sognato che mio padre tornava da Azkaban e mia madre gli organizzava una piccola festa di bentornato, solo che ad un certo punto del sogno mio padre non era più mio padre, ma si era trasformato nel Signore Oscuro, venuto a torturare mia madre, come punizione per averlo tradito durante la guerra...»
«Anche a te, a volte, capita di avere incubi ad occhi aperti?»
Draco annuì: «Ultimamente un po' meno».
Hermione sorrise timidamente, prima di asciugarsi le copiose lacrime che le bagnavano il viso: «Anche a me capita meno spesso, devono essere stati i racconti erotici, mi hanno dato altro a cui pensare...»
«Quindi sei passata dagli incubi ad occhi aperti ai sogni erotici?»
Hermione arrossì: «Qualcosa del genere».
«Da quando ho letto il racconto della torta di mele, non riesco più a mangiare mele senza pensare a come deve essere seppellire la faccia tra le tue gambe».
Hermione socchiuse le labbra a quella parole, sentendo le proprie guance diventare incandescenti: «Dopo aver letto il primo racconto, non c'era momento in cui non pensavo alle tue parole».
Draco sollevò un sopracciglio, sorpreso: «Le mie parole?»
La ragazza abbassò lo sguardo per qualche secondo, mordendosi nervosamente il labbro: «Sì, quelle che dici alla fine del racconto».
«Vuoi dire...?»
Draco parve confuso per qualche istante, poi si sporse abbastanza sul tavolo da portare il proprio viso a un soffio da quello della Grifondoro: «Sei stata molto brava, Hermione, molto brava».
Hermione gemette nel sentire le esatte parole del racconto fuoriuscire dalle labbra di Malfoy e, senza pensare a nulla, premette la propria bocca contro quella di Draco, con trasporto e desiderio.
«Pensavo che non dovessimo affrettare le cose», sussurrò il ragazzo, interrompendo il bacio con una punta di sorpresa nello sguardo.
«Non puoi dirmi quello che mi hai detto e aspettarti che io non reagisca», disse Hermione, cercando di ritrovare un minimo di autocontrollo.
«Non pensavo che ti piacesse così tanto sentirti dire di esser stata brava», mormorò Draco, catturando con le dita le poche lacrime che rigavano ancora il volto di Hermione.
«Non sono le parole in sé... è il fatto che sia tu a dirle», cercò di spiegare la ragazza, con la fronte aggrottata dalla concentrazione: «Mi hai insultata per anni dicendomi di valere meno di zero, sentirti dire che valgo qualcosa... Non so come spiegarlo, ma mi piace».
«Non hai bisogno che io ti dia valore, Granger», disse Draco, portando entrambe le mani sulle guance della ragazza: «Gli insulti che hai sentito per anni sono solo le parole amare di un ragazzino, che non aveva altro modo per farti soffrire».
Hermione sorrise dolcemente: «Lo so, questo però non cambia nulla; sentirti dire che sono stata "brava" mi eccita lo stesso e ora, penso che dovremmo uscire da qua dentro, altrimenti rischio di non rispondere più delle mie azioni».
«Lo dici come se fosse una brutta cosa», disse Draco, lasciandole un veloce bacio sulle labbra, prima di allontanarsi e tornare seduto composto: «Vado a indagare sull'orario di Milly, ci vediamo più tardi?»
Hermione recuperò la pergamena con i pochi punti che avevano segnato e la posò nella borsa, poi si alzò in piedi: «Sì, ci aggiorniamo più tardi e magari ne approfittiamo per parlare ancora un po'».
Draco sorrise: «Perfetto».
Uscirono insieme dall'Ufficio dei Caposcuola e dei Prefetti ed Hermione lo salutò con un sorriso e un veloce gesto della mano.
La ragazza riuscì ad allontanarsi di pochi passi, prima di sentire Draco chiamarla.
Quando si voltò verso di lui lo trovò ancora fermo di fronte alla porta dell'Ufficio di Capiscuola e dei Prefetti, con gli occhi che gli brillavano e un sorriso malizioso sulle labbra: «Volevo solo dirti, prima che te ne vada... che sei stata brava».
Hermione scosse divertita ed esasperata il capo, prima di esclamare: «Torta di mele!» e riprendere a camminare — non prima però di aver notato il modo in cui il volto di Draco si fece improvvisamente paonazzo.
***
Buonsalve popolo di Wattpad!
Sono passati mesi dall'ultimo aggiornamento di "Be my sin" e dato che cominciavo a sentirmi fischiare un po' troppo le orecchie ho ritenuto saggio — per la mia incolumità — scrivere un nuovo capitolo!
In realtà la prima parte ce l'avevo già pronta da tempo, ma continuavo a non essere soddisfatta di come scrivevo il resto; per fortuna alla fine sono riuscita a produrre qualcosa di mio gradimento.
Spero che abbiate tempo e voglia di farmi sapere cosa ne pensate per il momento della storia e, perché no, cosa pensate succederà nei prossimi capitoli...
Draco ed Hermione riusciranno ad appianare ogni incomprensione?
Pansy troverà un modo per dire ogni cosa a Blaise?
Ginny ritroverà la felicità?
Ma soprattutto: Blaise si abbonerà al Cavillo? Millicent riuscirà a vendere qualche racconto erotico?
Tutto questo e molto altro ancora nei prossimi capitoli di "Be my sin"!
A proposito dei prossimi aggiornamenti: cercherò di organizzarmi in modo tale da scivere un nuovo capitolo — almeno — ogni due settimane, se non addirittura uno a settimana, sempre che il dentista e il lavoro me lo permettono (questo mese sto vedendo il mio dentista più spesso della mia migliore amica -.-").
Voi abbiate fede, non ho intenzione di abbandonare la storia, quindi presto o tardi un nuovo capitolo arriverà.
Vi mando un grosso bacio e ne approfitto per chiedervi scusa per la lunghissima attesa, a presto,
LazySoul_EFP
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