CAPITOLO 21
" Portami dove il suono si innamora del silenzio, dove l'oscurità non può farne a meno della luce".
-J.Kai.
⚜ JACE ⚜
Aspettai che mia sorella lasciasse la cucina e poi, mi feci avanti, sedendomi sul bancone del piano.
-Avanti, che merda state combinando?-
Demerya scrocchiò le dita, fissando lo sguardo su Beatrice; la quale con fare taciturno, si atteggiava come se la domanda non la riguardasse.
-Che vuoi dire?-
Prese poi la parola, infilandosi nello spazio tra le mie gambe.
Un sorriso da volpe stampato sulle labbra rosse, lo sguardo divertito, un indizio lampante per confermare la mia teoria originaria.
Stavano decisamente escogitando qualcosa alle mie spalle.
-Demy...- ripetei il suo nome tra i denti, sottolineando la poca pazienza che serbavo nei suoi confronti.
-Che vuoi? Stiamo facendo amicizia, non si vede?-
-Nah... Per niente, pessime attrici-
Beatrice rinvenne dai suoi pensieri, accigliandosi nella mia direzione.
-Perché no? Stavamo facendo conoscenza nell'attesa...-
Si portò le mani sui fianchi, la fronte corrugata per evidenziare la sua serietà.
Scossi il capo spazientito, sospirando di proposito.
-Smettetela, avanti sputate il rospo-
Demerya alzò gli occhi al cielo, avvolgendo le sue braccia attorno al mio torso. Il capo poggiato contro il mio torace.
La ignorai, riportando la mia attenzione sul discorso.
-Mi dispiace ma non ci sono stagni, e di rospi da queste parti ne abbiamo pochi- dichiarò Beatrice, l'aria da complice indiscussa.
Di chi cercava di deviare l'argomento da un'altra parte.
Inarcai un sopracciglio, inclinando il capo per guardarla meglio.
-Hai bevuto?-
Avvampò sotto il mio sguardo, distogliendo subito gli occhi dai miei.
-No! Stavo solo... Oh! Mi sono ricordata adesso di avere un impegno! A dopo!-
-Hey! Fermati...!-
Si fermò sui suoi passi, voltandosi lentamente. Gli occhi volutamente posati da un'altra parte pur di non incrociare i miei. Un lato timido di lei che per qualche ragione, mi recava piacere. Mi donava un certo potere. Un potere che avrei tranquillamente potuto esercitare, ma deciso a non considerare.
-Non mi hai detto perché sei venuta qui...?-
Si portò una ciocca corvina dietro l'orecchio, per poi chiudere gli occhi per un secondo.
-Nulla di che, niente d'importante...-
Si mosse di nuovo verso l'uscita della cucina.
-Bea torna qui...-
-Ma lasciala andare! Ha detto che ha un impegno!-
Demerya sciolse la presa, fissandomi adirata. La gelosia impressa nel suo volto.
Una gelosia tossica e nociva, abbastanza da poterla percepire fin sotto la pelle.
Sbuffai leggermente scocciato, lasciando perdere. Non avevo né il tempo o la voglia di affrontarla nel caso fosse scoppiata in una delle sue scenate isteriche.
Avrei cercato Beatrice più tardi.
-Hey! Dov'è Beatrice?-
Sollevammo lo sguardo sulla minuta silhouette di Katelyn, affannata dalla breve corsa che aveva fatto per scendere le scale.
-E' appena andata via-risposi, scendendo giù dal bancone.
-Ma che razza di visita era, allora? È venuta per fare cosa? Diventare la nuova BFF di Demerya?-
Kate incrociò le braccia sul petto, liquidando lo sguardo fulmineo di Demerya.
Accessi una sigaretta, portandola alle labbra. Confuso quanto mia sorella dalla loro attitudine sospetta.
-Jace dove vai? Non dirmi che stai andando da lei! -
Mi bloccai sulla soglia della cucina. L'umore di nuovo irritato. Nero.
- Ora non posso nemmeno fumare nel mio giardino...?- replicai freddo, riservandole un'occhiata abbastanza truce da farla ammutolire.
[...]
🔸️🔸️🔸️
Era scesa la sera, quando mi presentai davanti alla sua stanza, avevo scavalcato il balcone, scendendo davanti alle
porte-vetrate di camera sua.
Le tende impedivano la possibilità di sbirciarvi dentro. E almeno per quello ero grato. La sicurezza non era il massimo, e di certo Beatrice non era al sicuro se chiunque poteva scavalcare il suo balcone senza troppi sforzi.
Bussai piano, quel che bastava per farmi sentire.
La porta fu aperta rivelando la sua figura spaurita, affiancata da una mazza da baseball nella mano destra.
-Jace!-
Sorrisi appena, davanti alla sua espressione di sollievo. Mi fece spazio, permettendomi di entrare.
-Come... ?-
La sua voce si spezzò, a causa della visibile confusione che manifestava. Le sopracciglia corrugate e l'aria meditabonda.
Successivamente, si spostò verso l'armadio per nascondere la mazza di legno, per poi tornare a guardarmi.
-Non dirmi che sei uscito anche stamattina da lì...?-
Indicò la porta, l'espressione allibita.
Annuii piano, le mani infossate nelle tasche dei pantaloni da tuta.
-Jace! Esiste la porta principale! Perché fare parkour quando puoi...-
La interruppi con uno scrollo delle spalle.
-Userò la porta la prossima volta, Okay?-
Restò in silenzio, le mani incrociate dietro la schiena.
-Fa come vuoi... Come ti senti tu-
Distolse lo sguardo fissando i dintorni della sua stanza. E di nuovo evitando il mio sguardo in favore di altro.
Mi avvicinai, appressandomi a lei. Abbastanza da percepire il suo nervosismo e l'imbarazzo nell'aria.
-Beatrice...?-
Riportò di nuovo le sue pupille su di me.
Il colore grigio dei suoi occhi, in contrasto alla pelle olivastra e i lunghi capelli neri.
Quella sera portava un pigiama rosa confetto, a piedi nudi contro il tappeto giallo della sua stanza. E come sua solita abitudine, cominciò a esaminarmi con attenzione.
Statica, immobile, ferma a contemplarmi come se fossi qualcosa da studiare, in qualche modo, da ricordare. E a volte, era proprio il modo in cui mi osservava, che finiva per confondermi o rendermi irritato. Poiché non sapevo cosa volesse e né perché si ostinasse a cercare in me qualcosa che io stesso non trovavo.
Un vizio che aveva sempre ereditato da quando eravamo bambini, prima dell'incidente.
-Perché eri a casa mia oggi?-
Si riprese dal suo trance, scuotendo la testa.
-Come ti ho detto prima, nulla di che... Ho già risolto- rispose con fermezza.
-Posso saperlo lo stesso...?-
⚜ BEATRICE ⚜
Mi morsi il labbro inferiore, mirando la sua richiesta in silenzio. Sopraffatta da una forte ondata di emozioni ardenti, ardue da resistere.
Averlo così vicino scombussolava tutta la mia integrità. E spesso lottavo tra il desiderio di assecondarlo in ogni cosa o restare fedele alla mia persona.
Ed era colpa mia per avergli dato tutta quell'autorità: su di me, suoi miei pensieri e infine sul mio corpo.
-Davvero Jace, non è nulla di rilevante...-
Anche perché non potevo mettermi in questa situazione ridicola, non potevo confessargli di aver bramato, preteso la sua presenza al mio risveglio.
Mi ero promessa che non gli avrei mostrato quel lato miserabile di me. Una parte che si piegava e cadeva senza alcuna resistenza.
-Okay, come vuoi...-
Alzò le mani in segno di resa, lo sguardo impassibile. Duro da penetrare.
Perché si stava arrabbiando adesso?
-Jace, davvero non devi preoccuparti. Non era nulla d'importante-
Mi scrutò per un momento, i suoi occhi persuasivi persi a tastare la mia persona.
Una mano sui capelli dorati, intento a levare le ciocche ribelli dalla sua vista.
-Tranquilla, non ti sto costringendo...-rispose dopo un po'.
Jace Eyre, era noto per le sue occhiate silenziose, per come facilmente mettesse sotto soggezione, chiunque gli si presentava davanti.
Per il modo in cui ti studiava, ti analizzava attraverso le sue espressioni esigenti. Un modo di osservare piuttosto risentito, da farti persino dubitare della tua autostima.
Evitai di nuovo il suo sguardo, posandolo invece sulle pareti giallastre della mia stanza. Sui quadri e sui miei schizzi personali appesi senza un ordine preciso.
-Demerya ha stretto un accordo con te, non è vero?-
Scossi subito il capo, avendo già previsto quella domanda, ovvero, sapevo che era venuto a cercarmi per chiedermi quello e non per altro. E quindi non potevo neanche trovare soddisfazione, dal momento che non era venuto per cercare me, ma per avere risposte.
-Beatrice...-
-No Jace- lo interruppi, esponendo la mia frustrazione.
-Non c'è nulla davvero. Abbiamo solo parlato nel frattempo che vi stavamo aspettando. Per il resto, permetti anche a me di avere i miei segreti-
Socchiuse gli occhi stupito, offeso e sicuramente vicino alla rabbia.
-Lo fai per ripicca? Perché non ti dico dei miei?-
Dovevo congedarlo il più in fretta possibile, o era certo che avrei eventualmente ceduto.
La mia semplicità non riusciva a reggere la sua complessità senza venirne perforata.
-Non sono disposta a dirti nulla di me...-replicai, riprendendo le sue stesse parole.
Lui annuì piano.
-Hai ragione, ho sbagliato a venirti a cercare-
Mi oltrepassò uscendo fuori sul balcone, per poi scavalcarlo con agilità. Lo sguardo di nuovo freddo e distaccato. Abbastanza da farmi sentire in colpa. E non perché ne avessi una, ma solo perché ero abituata a dargli tutto ciò che voleva.
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