Capitolo 7
«Già,» rispose la preside, davanti alla faccia confusa del tenente «la nostra scuola è gestita attraverso un impianto di domotica all'avanguardia» poi aggiunse, senza riuscire a mascherare l'estrema fierezza che provava: «di cui siamo estremamente orgogliosi.» Ferdinand curiosò con lo sguardo nell'ufficio della preside: una telecamera in un angolo puntava dritta su di lui (forse ce n'era una in ogni stanza), e vicino all'uscio vide incassata la stessa consolle con le lucine verdi e rosse vista in sala musica. La preside stava decantando le futuristiche possibilità offerte da quel sistema di gestione alla scuola, sia in termini di sostenibilità sia di risparmio economico, ma Ferdinand non la stava più ascoltando: era tornato col pensiero a quell'inquietante studente e stava cercando di inventarsi un pretesto per poterci scambiare ancora qualche parola. Mah. Chissà perché si stava intestardendo così tanto con quel ragazzo. Forse, doveva iniziare a darci un taglio, a questa storia: era vero, l'istinto aveva spesso giocato un ruolo fondamentale nelle sue indagini, ma doveva anche ricordarsi di confinarlo a quelle situazioni che avessero un senso. «Se ha bisogno di spiegazioni sul funzionamento dei controlli», propose la preside, «posso chiedere al nostro responsabile delle aule informatiche se ha del tempo da dedicarle». Ecco, pensò Ferdinand, proprio quello di cui aveva bisogno: un altro maghetto dell'elettronica che lo guardasse dall'alto verso il basso, facendolo sentire una mummia buona solo per la casa di riposo. Prima che potesse gentilmente rifiutare l'offerta, però, la preside aveva già alzato il cordless e composto il numero. La sentì parlottare soddisfatta, poi si rivolse a lui con il più ampio dei sorrisi, proprio simile a quello che un'infermiera avrebbe potuto riservare a uno dei suoi pazienti un po' ritardati mentalmente. «Sta arrivando», esclamò la preside, sfoggiando un'esagerata allegria, «adesso l'accompagnerà, mettendosi a sua disposizione». A Ferdinand sembrò che la preside gli stesse parlando con una cadenza più lenta rispetto a questa mattina, quasi sillabando le parole per farsi capire meglio. Era troppo. Si alzò risentito e, con la scusa di fumarsi una sigaretta, uscì dall'ufficio decidendo di andarsene immediatamente. Aveva appena deciso di lasciarsi alle spalle tutta quella storia, quando si sentì chiamare. «Sta sbagliando strada», esclamò una voce alle sue spalle. Si girò e si trovò davanti Filippo, lo studente di questa mattina, che lo stava osservando con un'espressione a metà tra la pietà e il fastidio. «La sala di musica è da questa parte», precisò Filippo in tono seccato, indicandogli la direzione opposta a quella in cui si era incamminato. Ferdinand si stupì di esserselo ritrovato ancora tra i piedi: allora era lui, il genietto dell'informatica tanto amato dalla preside. Meglio così, pensò il tenente. Una volta tanto, le coincidenze giocavano a suo favore. L'anziano tenente seguì lo studente nella sala di musica e stette ad ascoltarlo pazientemente, mentre quello gli spiegava il funzionamento dei controlli domotici dello studio. Filippo dettagliava le sue istruzioni in modo maniacale, e Ferdinand rischiò di addormentarsi a causa del suo esagerato tecnicismo. Poi, la stanchezza cedette il posto a un nervosismo crescente. Il tenente si sentiva sempre più infastidito dal tono saccente con cui quel ragazzo gli parlava: a tratti, infatti, sembrava trattarlo proprio come se lo considerasse un babbeo. Ferdinand sentì che era arrivato il momento di rendere a quel ragazzino pan per focaccia ma, non essendo ancora sicuro di quale fosse la migliore strategia da adottare, il tenente decise di prenderla alla larga. «Sei davvero molto competente nella tua materia», lo elogiò il tenente, «immagino tu abbia già deciso la facoltà che frequenterai dopo il liceo». Infastidito da quell'inaspettata interruzione, Filippo emise una specie di sibilo: «a dire la verità, non ho intenzione di iscrivermi all'università», specificò altezzoso, «nessuno dei grandi geni dell'informatica si è mai laureato». Da quell'affermazione caparbia, il tenente capì immediatamente che tipo di persona fosse Filippo. Per farlo uscire allo scoperto, Ferdinand decise di punzecchiarlo nel vivo del suo complesso di superiorità. «L'informatica dev'essere una materia ricca di fascino», esclamò, cercando di mostrare un'espressione entusiasta. Disgustato dalla banalità di quel luogo comune, Filippo rispose con un grugnito, al che il tenente rincarò la dose: «Einstein una volta ha detto che gli uomini sono intelligenti e inaccurati, mentre i computer stupidi e accurati, e dall'unione dei due possono nascere cose incredibili». La citazione del fisico premio Nobel fu troppo per il ragazzo. Ferdinand capì di aver fatto centro dall'espressione schifata che Filippo non riuscì più a mascherare. Compiaciuto, capì di essere riuscito a portarlo al giusto punto di ebollizione.
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