Capitolo 3
La mattina successiva, come tutti i giorni, suo padre la accompagnò a scuola. Leila guardava ansiosa fuori dal finestrino, impaziente di arrivare a scuola per gli ultimi preparativi prima del concorso. C'era una lunga coda di macchine, però, come se il traffico fosse bloccato, e la Porsche del primario rimase imbottigliata nella colonna che arrancava verso il liceo. Impaziente, Leila scese dalla portiera e corse sul marciapiede del viale alberato, sorpassando gli altri studenti che camminavano svogliati. Arrivata al liceo, trovò ad attenderla una sorpresa che la lasciò senza fiato. Davanti alla scalinata d'ingresso dell'istituto, c'erano parcheggiate le macchine della polizia e una folla di studenti stava in attesa fuori dai cancelli, parlando concitatamente o scattando foto con gli smartphone. Gli agenti impedivano l'entrata nella scuola, mentre genitori e alunni continuavano a chiedere cosa fosse successo. Iniziarono a circolare dicerie sulla ragione di quella confusione: una ragazza era stata trovata morta nella sala di musica. Quando il pettegolezzo arrivò alle sue orecchie, Leila non riuscì a crederci. Come prima reazione si sentì un po' confusa, poi, lo smarrimento iniziale lasciò il posto a una crescente adrenalina. Era ancora in mezzo alla calca, indecisa sul da farsi, quando la polizia aprì i cancelli dell'ingresso e permise l'accesso alle classi. Leila sentiva il cuore batterle all'impazzata e non riusciva a darsi pace. Appena fu entrata nel cortile della scuola, corse verso la sala prove. Attorno allo studio si radunò subito una folla di curiosi. La preside e i professori dovettero impiegare una buona mezz'ora, urlando e minacciando punizioni disciplinari, per riportarli tutti nelle aule. Tornando in classe insieme agli altri suoi coetanei, Leila guardò indietro verso la sala di musica, con la porta sigillata da un nastro giallo, proprio come si vedeva nei film, e un agente di polizia fermo a piantonarla. Fare lezione fu impossibile e gli insegnanti dovettero continuamente rimproverare gli alunni troppo agitati a causa di quell'evento sconvolgente. Leila continuava a cercare con lo sguardo Filippo ma lui, da studente modello, stava con la testa china sul libro di matematica, senza prestare attenzione alla confusione attorno. Alla campanella dell'intervallo, fu come se una fiumana in piena si riversasse nei corridoi del liceo, ma Leila non si unì alla folla degli altri studenti curiosi: non desiderava più correre alla sala prove per carpire qualche indiscrezione ma voleva solo parlare con Filippo. Leila passò accanto al suo banco, e gli lasciò cadere sopra un biglietto. Filippo osservò Leila che usciva dalla classe, poi prese il foglietto e lo aprì. Leila gli aveva scritto di raggiugerla al posto segreto. Filippo rimase stupito per quella richiesta. Il posto segreto era riservato di solito a una ristretta cerchia di studenti eletti. Era la prima volta che anche lui vi veniva invitato. Con il cuore che gli scoppiava dalla gioia, Filippo si alzò e uscì dall'aula. Camminò a passo spedito fuori dall'edificio scolastico, fino alla pista di atletica leggera dietro alla palestra. La posizione del rifugio di Leila non era un mistero, anzi, tutti sapevano che si trovava accanto ai bagni degli spogliatoi. Era detto "segreto" perché, in quell'angolo lontano dagli sguardi dei professori, Leila e le sue amiche più strette andavano a fumare e a nessuno era permesso bazzicare lì intorno senza loro esplicito invito. Quando lo vide arrivare, Leila lasciò cadere il mozzicone di sigaretta e gli andò incontro. Questa volta, non lo prese in giro come suo solito. Anzi, sembrava che, dei due, fosse lei quella più agitata. Filippo le si accostò, in silenzio, con gli occhi incollati a terra, sopraffatto dall'emozione. Non c'era nessuna delle amiche di Leila. Erano loro due, soli. «Ebbene», esclamò Leila senza più riuscire a mascherare l'eccitazione; sentiva il cuore batterle forte nel petto e si contorceva nervosamente le mani, «si può sapere che cos'è successo?». Filippo alzò lo sguardo verso di lei. Era bellissima, e riusciva a sentire il calore del suo fiato. La sua bocca era così vicina che Filippo si sentì girare la testa. «Non intendevo ucciderla», confessò, quasi sussurrando. Leila gli rivolse uno sguardo carico di stupore. Poi, lo baciò sulle labbra.
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