Capitolo 3
Alfred mi parla dalla postazione di comunicazione della BatMobile. «Signore... forse è fin troppo ovvio, ma ha pensato che forse l'assassino è il Joker? I tagli ai lati della bocca suggeriscono...»
«Ci ho pensato Alfred, ma il Joker è ad Arkham e non si è mai mosso.» Rispondo, mentre l'aurora comincia ad illuminare Gotham.
«Ne è assolutamente sicuro?» Mi chiede Alfred. «Si fida così tanto del Custode?»
«No. Ho installato delle contromisure specifiche intorno alla cella del Joker. Se fosse fuggito, lo avrei saputo. E anche il Custode lo saprebbe. Non sarà un combattente inarrestabile, ma nulla esce od entra da Arkham senza che lui lo sappia.»
«Capisco signore... devo iniziare a preparare la colazione. Alla solita ora, sir?»
«Grazie Alfred.» Chiudo la comunicazione.
Purtroppo, Alfred mi ha instillato il dubbio. Il Custode è un essere misterioso, dalle abilità sconosciute e ancora mai analizzate. Se fosse passato dalla parte del crimine, non avrei la minima idea di cosa dovrei aspettarmi...
***
Il manicomio di Arkham è costruito su una delle isole che circondano Gotham, un compresorio di diverse strutture in stile neogotico, che dona ai giganteschi padiglioni un'aura tetra e paurosa.
L'unico modo per raggiungere il compresorio è tramite un lungo ponte che, sorvegliato dalla polizia penitenziaria, rende il manicomio un luogo sicuro e perfetto per rinchiudere i criminali più pericolosi. Uscire, ormai, è effettivamente impossibile: dopo che Arkham ha cambiato direttore, l'intera zona è stata circondata da radar, motovedette, sistemi satelittari di sicurezza e altre apparecchiature super-tecnologiche donate dalla Wayne Tech. L'aiuto più grande deriva da un paziente che si è fatto rinchiudere volontariamente all'interno del manicomio: Robert Horald, un uomo con la capacità di percepire le auree delle persone e quindi sentirne i loro movimenti, ovunque essi siano all'interno del suo raggio d'azione, anche se schermati da tutte le tecniche conosciute. Grazie a questo suo potere, nessuno può entrare o uscire dal manicomio senza che lui, e quindi la polizia penitenziaria, lo sappia.
Alle sei del mattino, raggiungo l'alta torre del padiglione centrale, dove Robert ha la sua "cella": un piccolo attico monolocale, da dove osserva Gotham e l'alba che bagna il mare che divide la città dall'isola. Certamente una postazione lussuosa per un carcerato, ma la sua peculiare situazione permette una certa flessibilità.
Robert mi aspetta «Buongiorno Batman.» Mi saluta, non appena entro nella stanza. Lui da le spalle alla porta mentre osserva il mondo dalla grande finestra.
Horald è un ometto magro e asciutto, dal volto scarno e spigoloso, con lineamenti sfuggenti e sottili. I suoi occhi stretti sembrano sempre scrutare tutto e tutti, ma in realtà non può che tenereli semichiusi a causa della sua iper-sensiblità alla luce.
«Buongiorno Robert.» Saluto io, ponendomi al centro della sua stanza.
«Posso offrirti qualcosa? Caffè?» Mi chiede, mentre traffica con la piccola cucina accanto alla porta
«No, grazie. Qualcuno è uscito da Arkham?» Non ho tempo per essere cortese, Bruce Wayne alle nove deve essere in ufficio.
«Dritto al punto, come sempre.» Sembra leggermente deluso, ma poi si siede e un sorriso gentile si stampa sul volto «Non è fuggito nessuno, se è questo che ti preoccupa. Per essere precisi, negli ultimi sette giorni sono entrare quarantatrè persone e ne sono uscite venticinque, contando i dottori e il solito corriere che ci rifornisce. Immagino che anche tu abbia subito pensato al Joker dopo l'omicidio del porto...»
«Come fai a saperne qualcosa?» Chiedo io bruscamente, più per scena che per vera sorpresa. Robert ha fin troppi contatti con il personale del penitenziario e questo gli permette di essere ben informato.
«Batman... mi stupisco! Internet è invasa dalle immagini della donna uccisa!» Una mezza bugia per nascondere i suoi informatori: nonostante tutti gli sforzi di Gordon alla fine le notizie erano trapelate. Dopotutto, era solo questione di tempo.
«Joker è sempre rimasto qui... la sua aura è particolarmente intensa e non potrebbe mai scappare senza che io non mi accorga.»
«Devo andare.» Mi giro e faccio per aprire la porta.
«Aspetta!» Robert si alza e viene nella mia direzione. «C'è però dell'altro che devo dirti... qualcosa di strano è arrivato in città. Ho percepito un'aura nuova, molto potente un mese fa, ma poi è svanita. Non ci avrei fatto caso, poteva essere uno dei tuoi colleghi che vanno e vengono, ma l'ho percepita per un'istante l'altro giorno.»
«Che ci fosse un nuovo assassino a Gotham era ovvio...» Gli rispondo, sperando che decida di sbottonarsi un poco.
Robert sbuffa. «L'aura da me percepita era... aliena. Antica e potente. Mi dispiace non poterti dire altro. Se scoprirò qualcosa, avvertirò Gordon.»
Tentenno per un attimo, indeciso se potermi fidare o meno completamente di quel soggetto. Posso almeno concedergli il beneficio del dubbio! Prendo un comunicatore dalla BatCintura e glielo porgo. «Grazie a questo potrai contattarmi ovunque io sia. Non usarlo se non è importante.»
Lui lo afferra e se lo rigira tra le mani. Come tutte le apparecchiature e i miei gadget sono costruiti in modo da non lasciare alcuna traccia che possa ricondurli alla Wayne Tech o persino ad un luogo all'interno della contea. «Grazie Batman. Spero che lo beccherai a quel bastardo.» Il tono di Robert è alquanto distratto, come se non gliene importasse davvero.
Esco dalla porta e poco dopo la Batmobile abbandona Arkham.
***
Alle 13 il consiglio di Amministrazione si chiude e tutti quanti i miei dipendenti tornano alle loro mansioni. Nei panni di Bruce Wayne combattere la finanza e lo sciacallaggio azionario è un'impresa ardua, ma la mia concentrazione è sempre focalizzata sull'omicidio al porto di pochi giorni fa.
Le investigazioni fatte da Robin e dalla polizia in questi giorni non hanno portato a nulla, nè i tre boss assaliti hanno fatto parola di chi li ha attaccati. Ma almeno una cosa è sicura: l'omicidio è stato una dimostrazione di forza, come l'assalto alle "fortezze" dei malavitosi.
Un atto che vede come autore lo stesso soggetto o lo stesso gruppo, cosa non è da escludere del tutto. Ma nessuna rivendicazione da parte dell'artefice. Che in realtà fosse davvero... Il cellulare squilla mentre sono nel corridoio che mi porta al mio ufficio.
«Padron Bruce?» È Alfred. «Credo che debba immediatamente tornare a Villa Wayne, l'antichissima raccolta di francobolli di suo nonno necessita di cure tempestive.» Le frasi in codice di Alfred sono centinaia e buone per ogni occasione.
«Arrivo subito Alfred, preparami il solito per quando arrivo.» Cambio immediatamente direzione e mi dirigo verso un altro dei miei uffici, dove in teoria vado per isolarmi e pensare sul futuro dell'azienda. La verità è che quel piccolo spazio senza finestre, è l'anticamera per la mia piccola BatCaverna sotto la Wayne Tech.
Non appena entro mi assicuro di chiudere a chiave la porta alle mie spalle e mi dirigo verso il vecchio quadro di Solomon Wayne. Dietro di esso si nasconde una piccola cassaforte con riconoscimento vocale e un tastierino in cui inserire la password: una di queste apre lo sportello di acciaio, ma un'altra sequenza rivela un piccolo ascensore nascosto.
Quando l'elevatore raggiunge il piano più basso, entro in un bunker di circa duecento metri quadrati, stipato di attrezzature e computer.
Lo schermo principale illumina l'intera stanza con la sua luce bluastra.
«Eccomi Alfred» Mi siedo di fronte al terminale di comando.
«Qui Robin» La voce del mio compagno sembra preoccupata.
«Cosa succede?» Chiedo, leggermente stupito. Non mi aspettavo che fosse già in giro a quell'ora.
«Brutte notizie... sembra che l'assassino del porto abbia colpito ancora.» Afferma, il video si attiva e posso vedere con i suoi occhi l'accaduto.
La scena del crimine è una cella frigorifera, probabilmente di un ristorante, date le dimensioni contenute. Al centro, vi è un uomo, totalmente nudo e totalmente scarnificato dalla testa ai piedi, impiccato alla base del collo con un gancio, ad imitare un pezzo di carne congelata.
La scena è raccapricciante. Gli occhi spalancati della vittima fissano la porta e quindi sembrano guardare chiunque entri. Non vi è goccia di sangue sotto di esso.
«È stato rinvenuto circa cinque minuti fa, da una delle cameriere. Il cadavere è totalmente congelato, come fosse qui da più di qualche giorno.» Mi informa Robin.
La visione diventa blu, non appena la visuale da Detective viene attivata.
«Il soggetto non presenta fratture di notevole gravità, alcune piccole microfratture alle dita e alle braccia. Però posso notare numerosi tagli nella carne, alcuni anche molto profondi.» Continua lui.
«Il modus operandi è totalmente diverso Robin, come fai a sapere che si tratta dell'assassino del porto?» Gli chiedo, mentre continuo a fissare le immagini inquietanti.
La visuale si sposta e mi mostra una scritta fatta col sangue su uno dei muri della cella frigorifera:
L'asta è chiusa. Non vi è nessun vincitore*.
«Direi che non vi è dubbi...» Sussura Robin, risportando l'attenzione sul cadavere.
Gordon osserva il corpo dall'alto verso il basso, avvicinandosi e spostandosi continuamente. «Sembra che tutto il sangue sia stato succhiato via da questi tagli... ci sono anche delle bruciature.» Afferma, puntando il dito.
«Robin, domanda a Gordon se hanno fatto progressi con il precedente caso.» Chiedo, benché purtroppo sappia già la risposta, almeno in parte. Avevo però imparato a non sottovalutare la bontà del lavoro della polizia di Gotham.
Il mio partner si avvicina al Commissario e gli rivolge la domanda.
«Purtroppo no.» Risponde lui sbuffando «Il viso è troppo devastato perchè si possa provare ad identificarlo, persino il calco dei denti è impossibile e non abbiamo nessun responso con la comparazione del DNA. Stiamo vedendo di setacciare tutti gli archivi di persone scomparse. Mma questa è Gothan...» Come dire che la ricerca sarà lunga e probabilmente infruttuosa.
Sospiro, lasciandomi scivolare sullo schienale della sedia. Il modus operandi è totalmente diverso, ma la scritta rende inequivocabile il collegamento con l'omicidio del porto. Però non è chiaro come quel morto sia lì comparso, né se sia stato vittima di torture come la precedente.
La visuale di Robin si sofferma su un particolare. Le linee incise nei muscoli e nella carne formano un disegno complesso. Sto per farlo notare a Robin, ma lui mi anticipa e chiede a Gordon «Potete posare il cadavere?»
Il Comissario chiama gli uomini della scientifica che stendono il corpo su un telo di plastica bianco. Mentre lo staccano dal gancio a cui è appeso posso notare che tutte le membra sono rigide e immobili: il corpo si è congelato fino a bloccarsi del tutto e questo deve aver richiesto parecchio tempo.
«Commissario... siamo sicuri che nessuno abbia notato prima il cadavere all'interno della cella frigorifera?» Chiede Robin, leggendomi nel pensiero. Pare che tutte le mie lezioni alla fin fine non sia state inutili.
«Lo hanno rinvenuto poco fa, circa alle 13.30. Il ristorante ieri era aperto, e la cella è stata aperta varie volte. Abbiamo interrogato tutti: non c'era nessuno morto questa mattina alle 3 quando l'ultima volta la cella è stata chiusa.» Il veterano poliziotto si gratta la barba bianca, pensieroso.
«Il cadavere, privo di ogni singola goccia di sangue e a quelle temperature, deve essersi congelato in poche ore.» Affermo, mentre Robin si china per scrutare meglio i tagli e le ferite. «Ma mai sarebbe stato possibile in così poco tempo, persino le ossa sono congelate. Doveva essere già morto quando lo hanno messo lì dentro.»
«Questi tagli sono strani, sembrano incidere la pelle con un disegno, a volte sembrano lettere.» Mi fa notare Robin, facendo scivolare il dito a pochi centimetri dal corpo.
Osservo meglio alcuni di quei simboli, cercando di comprenderne il significato
«Robin, usa lo scanner per digitalizzare ogni centimentro del corpo. Ci rivediamo alla BatCaverna.» Mi alzo dalla sedia e mi preparo a tornare a Villa Wayne.
***
Immerso nel buio, Robin ed io ci prepariamo a visionare tutte le prove da noi finora scoperte. Su uno dei tavoli olografici, giace il nuovo cadavere rinvenuto, una perfetta copia virtuale su cui possiamo lavorare.
«Hai ascoltato gli altri testimoni, Robin?» Chiedo io, mentre ancora in giacca e cravatta riordino tutti i file e i dati.
«Certo, ma tutti confermano. Alle tre la cella frigorifera è stata chiusa per l'ultima volta, presenti c'era il manager, lo chef di turno e l'addetto alle pulizie. Alle 13.30 la cameriera, insieme al responsabile degli alimenti hanno spalancato la porta e si sono trovati il cadavere davanti. Nessuno ha aperto la porta prima di allora, in quanto la cella ha un sistema di chiusura a tempo in modo che si chiuda alle 3 e si riapra alle 13.30 precise» Mi racconta Robin.
«Un sistema davvero complesso.» Faccio notare.
«Il padrone spesso ha ingredienti molto costosi nella cella frigorifera. Dopo che alcuni ladri si sono intrufolati nel ristorante è stato installato un sistema di sicurezza che segnala tutte le aperture della porta. Necessita inoltre di chiave digitale per essere aperta.» Mi informa lui, mentre sorseggia un bicchiere di acqua fresca.
«L'assassino non può aver scelto a caso. Questa cella è complessa, sembra quasi una cassaforte. È chiaro che voleva mostrarci di cosa è capace. Mostrarci che è un vero mago nell'uccidere. Queste celle frigorifere a chiave multipla a Gotham sono rarissime e l'unica a prevedere una serratura temporizzata è questa.»
Continuo ad osservare il corpo, mentre i segni cominciano ad avere un significato sempre meno confuso: ci sono delle linee che inconfutabilmente disegnano qualcosa sulla pelle del cadavere.
Imposto il computer affinchè cambi i colori del fantoccio virtuale, la pelle deve diventare bianca, mentre ogni minimo taglio deve essere colorato di nero. Prendo un tablet ed inizio a segnare tutto ciò che sembra essere simile ad una lettera od un numero.
«1-4-S-T... quattordicesima o quarantunesima strada? Forse entrambe... K-Y-L... Kyl, forse un modo per scrivere kill? U... you? J... e... questo sembra un rombo con dentro una D.» Trascrivo parlando a voce alta.
«Criptico, ma sembra dirci che alla 14° o 41° strada tu verrai ucciso. Ma... perchè la J e il rombo?» Chiede Robin.
«Forse è la firma J e rombo. La D dentro il rombo, forse un simbolo...»
«Chiedo scusa, signore...» Ci interrompe Alfred. «Credo che specifichi che quello non è un rombo, ma un diamante. Se notate il "rombo" ha i lati rientranti verso l'interno. Come il diamante delle carte*»
«Ma certo! Hai ragione Alfred. Come abbiamo fatto a non notarlo!» Robin si congratula con il mio maggiordomo, rimasto prima di allora silenziosamente in disparte.
«Quando il signor Bruce non si presentava alle serate di Poker che lui stesso finanziava, ero io a dover... rifinanziare il tavolo per non permettere a giocatori incalliti di portare via più del dovuto.»
«Quindi la J sta per... Jack of Diamonds.*» Sentenzio io, mostrando nello schermo principale, un' immensa immagine della carta da gioco in questione. «Computer apri, ricerca estesa per criminale chiamato Jack of Diamonds» Mi fermo un attimo prima di dare la conferma. Accedendo all'archivio cerco altre immagini di carte da gioco: il Jack of Diamonds compare sempre armato di spade oppure, raramente, di alabarde. «Ricerca estesa anche per criminale noto come Jack di Spade.»
Rimaniamo in silenzio mentre il computer inizia a setacciare in ogni archivio mondiale, alla ricerca di qualunque testimonianza.
«Ora almeno abbiamo un possibile nome. Il resto che significa?» Chiede Robin, mentre versa altra acqua nel suo bicchiere, fermandosi non appena vede che sto indossando in fretta il costume di Batman.
«Nelle carte da gioco, ogni figura ha un significato. In francese Jack of Diamonds viene chiamato anche Hector. E oggi, Hector Kyl alla Utard Corp, che si trova all'incrocio tra la 14° e la 41° strada, morirà!»
NOTE DELL'AUTORE SUPERIMPORTANTE:
In inglese il nostro fante di quadri si traduce in Jack of Diamonds che letteralmente significa appunto Jack di Diamanti. I quadri, infatti, si chiamano Diamonds.
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