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Capitolo 2


Finalmente il tramonto scende e posso di nuovo tornare a essere me stesso. Volteggio tra i tetti della città, plano tra i vicoli e volo come un tetro spirito nella calda notte.

Mi poso sul tetto di una palazzina di dieci piani con vista su Robinson Park, intorno la nevrotica città che, come me, la notte non riesce a dormire.

«Oracle, ci sono novità?» Il cappuccio della mia tuta è un elmo denso di tecnologia: grazie alle due grandi antenne che imitano le orecchie dei pipistrelli, posso comunicare e ricevere informazioni dalla BatCaverna ovunque mi trovi, mentre i miei padiglioni auricolari sono circondati da piccole cuffie audio che mi permettono di ascoltare varie frequenze radio e tenermi in contatto con Oracle, Alfred o chiunque altro sia necessario.

«Nulla, Batman: la città è stranamente tranquilla. Sembra che anche i criminali soffrano troppo il caldo per fare qualunque cosa.» La risposta di Barbara non tarda ad arrivare.

«Rimani sintonizzata e aggiornami costantemente» Chiudo la comunicazione con Oracle.

L'attesa per qualunque notizia è sempre snervante, soprattutto quando non sai mai se arriverà. Per quanto detesto dover chiedere informazioni a Lui, non ho altra scelta...

***

Il Pinguino possiede vari locali a Gotham City, anche se il più importante, nonchè principale sede dei suoi traffici illegali, rimane l'Iceberg Lounge. Quella sera so che non è lì: dopo ciò che accaduto al porto cercherà la sicurezza del suo attico al Gotham Center.

L'edificio è uno dei tanti palazzi costruiti dopo il devastante terremoto che mise in ginocchio Gotham City. Ovviamente, il Pinguino doveva renderlo inutilmente sfarzoso per mostrare a tutti la sua richezza ed il suo potere. Così fu costruito in stile decò e senza badare a spese: è un edificio con interni lussuosi, dove il legno scuro si mescola al velluto alle tapezzerie ricercate e ai marmi e graniti dei pavimenti

Un capolavoro dal punto di vista architettonico, che il Pinguino decise fin da subito di aprire alla città, tenendosi soltanto l'attico tutto per sè. Una villetta in mezzo ad un giardino artificiale, come un nido lussuoso.

Anche quella notte, il luogo è ovviamente sorvegliato come una fortezza: piccoli radar per intercettare evenutali attacchi missilistici e mitragliatrici montate sulle guglie che circondano l'ultimo piano sono solo parte delle misure che Cobblepot ha adottato per la sua sicurezza.

Tutto intorno alla"Torre del Pinguino", come è stata battezzata dai cittadini di Gotham, sorgono palazzi in stile gotico e decò, svettanti obelischi di nuova costruzione che soffocano la bassa torre, come un gigante troneggia sopra un nano. Comico che le grandi corporazioni decisero di sfruttare il mercato immobiliare morente della città e reso ancora più debole dalle manovre finanziare del Pinguino per erigere immense torri intorno alla reggia del criminale. Almeno, furono edificate rispettando lo stile di Gotham: ecclettico, imbastardito e disordinato.

Saltando da uno dei palazzi e planando fino al tetto del covo di Cobblepot, potrei entrare senza alcun problema. Penso, osservando con il binocolo l'attico.

Mi porto sul bordo del grattacielo e l'eco pulsante di Gotham City mi riempe le orecchie. La città che brulica sotto di me, respirando a fatica, soffocata dal caldo, ma viva e attiva come sempre.

Con una leggera flessione dei muscoli delle gambe, mi spingo oltre il cornicione. Spalanco il mantello, che come se fosse vivo, diventa solido, imitando l'apertura alare di un pipistrello. Come un nero pensiero nella notte che mi nasconde, sorvolo la distanza che mi separa dal mio obiettivo.

Non mi serve nemmeno posare i piedi sulla dura roccia della Torre per capire che qualcosa non va: i grandi fanali ai vertici della torre sono spenti e gli sgherri che dovrebbero pattugliare la zona non si vedono affatto.

Come sento sotto i miei stivali rinforzati il pavimento scatto verso la villa. Non appena entro, mi è palese che qualcuno mi ha anticipato e lo scontro è stato terrificante: vedo uomini a terra, morti e fatti a pezzi, le loro armi distrutte come giocattoli.

Entrato nella lussuosa abitazione i segni della lotta si fanno più marcati. Corro nella direzione dello studio del Pinguino, il luogo più sicuro dell'intera villa. Il lungo corridoio è coperto di cadaveri, le pareti piene di squarci nella tapezzeria, con la carta da parati in alcuni punti totalmente rimossa e che rivela il legno inciso sottostante. La porta che mi ostacola non rappresenta un problema per me e con la mano tesa, la apro definitivamente, scardinandola.

Precipito dentro lo studio, una una stanza quadrata, senza finestre, con una grande scrivania al centro, circondata da quadri, trofei e librerie straripanti di libri. E ovviamente uccelli impagliati ovunque...
Il silenzio mi circonda, il mio cuore batte, mentre l'aria esce ed entra dai polmoni, le orecchie che cercano di captare qualunque suono.

Analizza la situazione: un assalto al Pinguino. Lui scappa nella zona più sicura, cioè questa. La porta era chiusa a chiave, ma perchè arrivare fino a qua per poi rinunciare? Venendo qui non ho visto il suo cadavere. Poteva chiudere la saracinesca e sarebbe stato totalmente isolato...

I pensieri si affollano, insieme a ipotesi e idee su dove trovare il Pinguino, ma la risposta è ovvia.

«Esci, ora» Gli intimo.

«B-B-Batman?» Chiede lui sbigottito, uscendo da un vano celato dietro un pannello di legno «TU!» La voce gracchiate del Pinguino è flebile, ma sempre fastidiosa.

Esce rantolando e lamentandosi, quasi ribaltandosi fuori dal suo nascondiglio.Cobblepot è sconvolto, le mani che tremano come le labbra e gli occhi che inseguono ogni ombra.

«Tu... perché sei qui?!» Urla lui, gli occhi che sondano la stanza in cerca di altri pericoli.

«Ero venuto per sapere se sapevi qualcosa di questo misterioso assassino che ieri al porto si è mostrato. Ma ora sono qui per portarti al sicuro.»

«AL SICURO?!» Sbraita lui, sedendosi sulla poltrone e accendendo a fatica un sigaro. «Lui... è venuto qui... apparso all'improvviso, QUI DENTRO! Stavo lavorando e lui... puff! DAVANTI A ME! Ti rendi conto? Faccio per chiamare le guardie, ma lui appare dietro di me e mi tappa la bocca. Mi dice "Stai zitto e ascolta" poi mi lascia andare ed esce dalla porta. Poco dopo comincio a sentire i primi spari. Le prima urla. Corro alla porta e quando la apro... vedo lui... quella cosa che sta sterminando i miei ragazzi. Alcuni di loro corrono verso di me... quando lui compare dietro di me, mi sposta di lato e si chiude la porta alle spalle. Sento lui che... bloody hell... massacra tutti e poi quando rimpiomba il silenzio. Nonostante la porta sia ancora chiusa, eccolo dietro di me che sussura "devi startene zitto

Il Pinguino fuma il sigaro come fosse l'ultimo, gli occhi lucidi, il sudore che cola dalla fronte rugosa.

«Chi?» Insisto, mi porto vicino a lui. Lui fissa il corridoio, come se si aspettasse di rivedere il suo assalitore attaccarlo all'improvviso.


«No, mai visto... aveva... un... NO!!!» Il Pinguino urla e si getta sotto la scrivania.

Istintivamente guardo dove poco prima Cobblepot aveva perso lo sguardo. Non c'è nulla.

«Vattene! Ti prego, Batman... vattene!» La voce roca del Pinguino non è una recita: è terrorizzato. Il suo cuore batte all'impazzata e porta la mano tutto il tempo alla pistola che porta nascosta sotto la giacca, gli occhi lucidi che fissano il pavimento.

Esco dall'ufficio e mi incammino verso l'uscita.

***


Pochi minuti dopo, con Robin al mio fianco, puntiamo direttamente all'ultimo nascondiglio noto di Due Facce.

«Il Pinguino che piange... sembra il titolo di un film...» Sussura lui nelle mie cuffie, mentre la BatMobile, seguita dalla moto del mio compagno, sfreccia per le strade semi-deserte di Gotham City.

«Oracle, stiamo per arrivare al covo.» Ignoro la battuta di Robin, benché io stesso sia sorpreso da quell'evento. Chiunque lo abbia terrorizzato, ha saputo fare un lavoro migliore del mio...

«Ricevuto Batman. Secondo gli informatori, Due Facce dovrebbe essere lì.» La voce di Barbara suona ancora più preoccupata. Dopo che le ho fatto rapporto, ha immediatamente riguardato le registrazioni, mentre Alfred ascoltava le frequenze della polizia.

Il grande magazzino della ACE Chemicals appare. Rallento la BatMobile, mentre la muraglia di mattoni scuri che circonda il complesso industriale si avvicina rapidamente, finché si stagliano davanti a me.

Esco dalla BatMobile, Robin con il bastone da combattimento tra le mani è già che mi aspetta, il cappuccio del suo mantello che gli nasconde il viso.

«Procediamo» Dico io, mentre l'armatura della BatMobile si attiva e protegge con un guscio di titanio e acciaio il mio mezzo, rendendolo totalmente inattaccabile.

Superata l'alto muro, ci muoviamo rapidi fino alla porta principale, un vecchio portone arruginito di ferro. Provo ad aprirla con un tocco leggero, facendo in modo che la serratura non scatti con troppo fracasso.

Il portone si apre e un uomo coperto da una maschera grottesca, per metà nera e metà bianca, esce incespicando. Robin scatta prima ancora che l'uscio si spalanci del tutto e l'uomo possa compiere un altro respiro. Il bastone si tramuta in un piccolo scudo, abbastanza per coprire la testa e il torace e con un movimento unico, e subito si proietta davanti a me.

Tra le mie mani alcuni Batarang sono già pronti a stendere l'avversario, ma lui invece di tentare un inutile attacco, si protegge il viso con le braccia. Subito dopo, vedendoci, cade in ginocchio e inizia a supplicare.

«Batman! Grazie di esistere! Portami dentro! TI PREGO!» Il criminale striscia verso Robin, afferrandoli il bastone con mani tremanti. «Il capo è impazzito! Questo coso... è... oddio...»

L'uomo si accascia sullo stipite della porta e continua a disperarsi, stringendosi le gambe al petto e nascondendo la testa con le mani.
Robin mi guarda sbigottito. «Rimani qui. Vado da Harvey» Gli dico ed entro nel covo di Due Facce.


***

«Siamo senza moneta... Ce l'ha tolta! Rubata!» Harvey Dent è seduto su una splendida poltrona di pelle,posizionata a pochi centimetri dal muro. Lo fissa come se stesse guardando qualcosa di diverso da un muro umido di mattoni, con gli occhi che seguono invisibili avvenimenti proietatti dinnanzi. La sua voce è quella della sua parte malvagia, cupa e profonda, ma questa volta trema leggermente.

«Chi è stato Harvey?» Chiedo con insistenza. La situazione nel quartier generale di Due Facce è simile a quella della Torre del Pinguino. Scagnozzi morti o morenti e segni di devastazione ovunque.

«Noi... non possiamo decidere senza. Io non so chi è stato. O forse sì? Lui mi ha messo in questa posizione!» La confusione di Due Facce è totale: senza la sua fidata moneta truccata, il grande boss non è altro che uno schizzofrenico incapace di qualunque scelta.

Sfodero una moneta, simile a quella che accompagna sempre il mio vecchio amico. Una copia quasi perfetta. «Questa è la tua moneta Harvey... è ora di lanciarla»

Lui la prende con un gesto talmente svelto da essere impercettibile. Comincia a farla scivolare tra le dite, la pesa con il palmo della mano, sonda con le dita ogni superficie.

«No... non è la nostra moneta... O forse sì?» Il lancio della moneta mi dona speranza e continuo a sperare mentre è sospesa a volteggiare nell'aria, il tenue suono di metallo che si posa sul palmo di Due Facce è la sentenza che attendo. Ma il verdetto non è di mio gradimento.

La faccia nera corrosa dall'acido appare.

«Non è la nostra moneta! Ci hai ingannato!» Sbraita lui, sempre fissando il muro, come se gli fossi davanti.

Lo afferro per le spalle e giro la sedia in modo che mi possa guardare negli occhi: il suo sguardo perso mi stupisce ancora di più.

«Harvey moriranno delle persone! Eri il procuratore Dent, un tempo e so che ancora c'è quella parte di te! Devi aiutarmi.» Gli supplico. «Chi è stato?»

«Mi... mi dispiace vecchio amico.» La voce cambia: è più chiara e giovane, è la voce del vecchio Harvey Dent, il mio caro amico perduto e corrotto, che ora con fatica riaffiora dal baratro per qualche secondo. «Non so chi è... Rosso e bianco... Rosso e bianco...»

Due facce fissa il vuoto, continuando a sussurare le stesse parole

Rosso e Bianco.

Insiste nel ripetersi anche quando la polizia lo porta in manette alla centrale.

***

Chiuso dentro la BatMobile osservo le luci della polizia che illuminano l'asfalto bollente e ciò che rimane della banda di Dent. La voce di Oracle interrompe i miei pensieri.

«Batman, ho un messaggio per te. Lo ha lasciato Maschera Nera tramite il telefono della polizia.»

«Inoltra» Ordino io, atono.

La voce di Maschera Nera è disturbata, ma chiaramente anche lui è spaventato: ansima e incespica sulle parole.

«Batman... so che puoi sentirmi. Devi aiutarmi. Ho visto tutto. Io so. Ci vediamo alla... alla nostra forgia.» Il messaggio si interrompe.

«Barbara, segnala il telefono da cui è partita la chiamata alla moto di Robin.» Mi giro verso il ragazzo. «Cerca il telefono e vedi se scopri altro, io raggiungo...la forgia.»

Robin scende dalla macchina e subito sparisce nel buio di un vicolo. Poco dopo il rombo della sua moto si perde, mentre sfreccia tra le strada di Gotham.

Accendo il potente motore della BatMobile e mi dirigo a tutta velocità verso la periferia

***
La vecchia tenuta dei Sionis ormai è solo polvere, distrutta dall'incendio che trasformò permanentemente Roman Sionins in Maschera Nera, ma è indubbiamente quell'ammasso di rovine assalite dall'edera la fantomatica forgia.

La BatMobile giunge sul posto. Mancano poche ore all'alba , uscire all'aria aperta e più fresca della periferia di Gotham è piacevole, ma il mio nervosismo non mi permette di godermi le temperature decisamente più miti del luogo.

Mi porto al centro di quello che un tempo era la grande e magnifica hall. Intorno a me, pareti ancora annerite si levano come lapidi. I ruderi sono attraversati da una brezza leggera che muove il mio mantello insieme agli arbusti e l'erba che spunta tra le crepe del pavimento.

Al centro della distesa non vi è nulla se non una maschera che imita le forme di un teschio nero. Il "volto" d'ebano di Roman è ora tra le mie mani e staccarglielo non deve essere stato facile né piacevole: dopotutto, la maschera si era fusa con la pelle ed il teschio di Sionis...

Senza quel pezzo di legno che stringo tra le mani, Maschera Nera è come senza un volto, una testa senza faccia e lineamenti, una persona senza identità.

Mentregocce di sangue sporcano i miei guanti, sento in lontananza le urla di un uomodisperato in cerca di sé stesso.

NOTA FINALE:

Batman è una creatura di Gotham City, il figlio che si ribella alle regole di una città corrotta e malata, un mostro che si estende per chilometri, disordinatamente e avidamente.
Questa misteriosa, decadente e affascinante città ha visto negli anni svariate rappresentazioni. L'immagine che vedete sopra è una vista su Gotham City tratta dal film "Batman" del 1989 di Tim Burton. Una sintesi perfetta tra il gotico ed il decò, che catturò perfettamente l'essenza e l'atmosfera dei fumetti.
Un tempio del vizio e del crimine, dove le mura stesse trasudano disperazione e miseria, dove interi distretti sono relegati all'ombra a causa dei svettanti grattacieli. Gotham fa paura quasi quanto il suo Cavaliere Oscuro...

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