Capitolo I: The Heroes and the Storm (parte la XII, G. August Telemachiòn)
Capitolo I, parte la XII
Lord commissario George August Telemachiòn
"Il dolore è temporaneo.
La gloria è eterna."
-Estratto dagli Insegnamenti di Daum Ahc Vuar'a, rimembrante e militar-poetessa vissuta durante il Secondo Secolo della Grande Crociata.
Scrisse questa massima, cara ad ogni livello dell'Astra Militarvm, nell'intestazione del suo Elogivm Pro Solar Avxilya, edito dalla Noctinghamea Minarat-Cittadellìa della Sacra Terra nel M30.Y202
I suoi onori di rimembrante riposano nella Hallàs ac Heroes dello Hegemòn.
"Voi mi avete cercato, O Maestro e Divino Padre dell'Umanità, e voi mi conoscete.
Voi sapete quando mi alzo e quando mi corico.
Percepite i miei pensieri da lontano, dal Regale Trono d'Oro della nostra Sacra Terra..."
-Voto del Ringraziamento alla Sua Divina Carità, prime tre righe, psalmòs numero cento-e-novantatré.
"Vendicatemi, Mio Divino Sovrano, e sostenete la giustizia della mia causa contro una infausta genia. Salvatemi da chi è malvagio e corrotto, da chi inganna e spergiura.
Come avete fatto piovere le Acque della Vita sulle vermiglie terre del Padre-Pianeta Marte, così fate piovere fuoco sulle dimore dei miei oppressori.
Sciogliete le fascine delle Furiosi Folgori della Vendetta."
-Invocazione al Divino Maestro dell'Umanità, primo nucleòs, psalmòs numero duecento-e-sedici.
La stesura qui riportata è quella del Dumesdìes Tomvs, sponsorizzato ed edito dall'Ecclesiarchia Opheliana nello M34.Y018.
Imperivm del Genere Umano
Ultima Segmentvm, Frangia Orientale
Nord del Reame di Ultramar, Mar Finalìs Regio
Gladius Astralìs Sector
Svb-Sector Gladius Central, Sistema stellare di Gladius
Gladius III, Mondo-Fortezza.
Formicaio Cerberus, Glenna-Granta Castrvm
Base-Aerostralìs Hyrkan Archery-Lightas
Rangheriòn di tiro Alpha Navarro-Primarys
M42.Y005, decimo-septimo giorno del mese di martes.
Passando in mezzo alle grandi nuvole con i reatores spinti a pieno regime, una squadra di Libertatìs stava prendendo la via delle stelle. Viste da terra sembravano tante piccole barchette giocattolo lanciate da scalzi bambini di fiume in gare di velocità sulle acque.
Balocchi che ruggivano in ascesa, incendiando le nuvole alle loro spalle.
L'autentico stato delle cose era ben diverso da quel pensiero.
A renderle piccole, un qualcosa di modesto e forse dimenticabile, era la semplice comparazione con le Navis-Nobilite delle Flotte Imperiali e le più massicce Okeanìs-Haulerìs, anziché un'autentica, diminuita statura.
Tutto sembrava piccolo quando lo si confrontava con i giganti.
Nel corso dei tanti decenni trascorsi all'ombra delle alte stelle di quell'angolo della Frangia Orientale, August aveva avuto modo di vedere Libertatìs dalla lunghezza inferiore al chilometro, sì, ma erano state una inusuale stranezza, non la media.
Con ogni probabilità si era trattato di vascelli exa-orbiter, dei navigli più inclini ad essere grossi cargo-freighteres e traghetti che delle vere e proprie Libertatìs capaci di traslazioni nell'Oceano delle Anime.
Reclinando la tesa del cappello da commissario, August seguì le navi, guardandole tracciare lunghissimi, ascendenti solchi nel cielo. Andavano nella direzione contraria a quella percorsa dalle Okeanìs-Haulerìs appena sbarcate in atmosfera. Per un momento gli sembrarono in rotta di collisione.
Un velo di sudori freddi, infiacchiti dal vento bagnato di pioggia, gli umettarono la nuca. Infastidito, spazzò con la mano, sentendo il tocco umido dei capelli sfiorargli le dita.
Se quelle navi si fossero schiantate quanti giorni di ritardo avrebbe accusato l'offensiva?
Prua versvs prua con una simile velocità d'ingresso e fuga atmosferica, le Okeanìs avrebbero vinto l'impatto contro le più piccole navi Libertatìs.
Si sarebbero frantumate in piogge di grandine, tagliate in due come un ghiacciaio messo contro la prua di una thalasso-corazzata.
L'area interessata dalla caduta delle macerie, poste le velocità e le stazze di quei bastimenti, sarebbe stata continentale.
Con il suo triplo circolo murario alto quattro chilometri e i sei generatorivm dei Void-Aegidàs preposti alla sua protezione, Hive Cerberus avrebbe potuto incassare le zaffate principali senza temere gravi conseguenze, ma per le aree periferiche una pioggia del genere sarebbe stata devastata. Come ricevere un colossale bombardamento o rivivere l'insurrezione degli eretici Deliverianei.
Con il passare degli anni si erano diradati molto, ma ancora saltavano alla cronaca i casi in cui qualche operator edile del lord-proctor finiva per rinvenire granate o armi rimaste sepolte da quel conflitto.
Se le navi che stavano incrociando tra le nuvole si fossero davvero schiantate e poi avessero preso a piovere a terra, be'...
I rinvenimenti a seguire sarebbero stati di persone e componenti-macchina disciolti, anziché armi vecchie e qualche mummificato resto di Slaught.
E le Okeanìs' furono oscurate dal passaggio della più numerosa squadra di Libertatìs. Illese e tranquille, le navis civilìs emersero dalle ombre dettate dalle loro sorelle minori, dirette all'indirizzo di chissà quale dei relocatores del formicaio.
Ah, gli scherzosi inganni della percezione.
«Sembravano sul punto di sbattersi i denti a vicenda» commentò. Vide che Decaius lo stava fissando. Il vento dovuto agli ingressi atmosferici era tale che quel vecchio haraemita si premeva il cappello contro la testa per non farselo volare via.
Una raffica dura spazzò il rangheriòn da un estremo all'altro, spargendovi una ridda di goccioline di intirizzita acqua piovana. Alzò il colletto della giacca, sbattendolo per ripulirlo da tutte quelle stille che vi erano rimaste incollate. «Se vogliamo ancora sparare...» disse un po' per cambiare discorso ed un po' per dire qualcosa.
Per interrompere il silenzio, forse. Non gli piaceva.
Mishreì Leckijiva, inginocchiata sul pavimento, scandagliava l'Armamentarivm con interesse. Da un lato gli procurava un certo piacere che una giovane di buona predisposizione e origini così lontane apprezzasse la sua collezione d'armi.
Era lusinghiero. Con tutta la strada che si era fatta da Venere-in-Sol per Gladius, e quante cose poteva trovare interessanti da vedere a rapporto con quante dovevano sembrargli delle stamberghe coloniali costruite con lastre e spunti, averla lì a vagliare le sue armi era sì, effettivamente un bel calore nel petto.
D'altro canto, quella piccola scion disturbatrice stava cacciando il naso nella sua collezioni d'armi.
E non aveva nemmeno chiesto il permesso di poterle toccare.
La vide staccare dai lacci il Tac-XIII Adaneo-Invictvs Pattern e poi scollegarne il caricatore per vedere se era armato con munizioni vive. Che cosa si aspettava, che lui lasciasse delle armi cariche a disposizione di chicchessia?!
«Questo mi piace» disse distendendo il braccio con cui impugnava il suo TaC-XIII. Se non altro, il suo gusto personale si salvava per quell'apprezzamento. Corto e compatto, con la mechanichea triade dell'otturatore, del meccanismo d'innesco e del caricatore installati dietro il grilletto, nel calcio, era un piccolo gioiello manovrabile in spazi chiusi.
«Ne sono contento.»
«Anche se il modello XI è più robusto.»
Eretica. «Mi permetto di dissentire.»
La veneriana abbassò il Tac-XIII, vibrando sulla cassa un colpetto con le nocche della sinistra. August strinse i denti, il suono del colpo fastidioso da sentire più di un gesso sulla lavagna. «Può non rompere le mie armi, di grazia?»
«È questo il problema, m'lord.» Mishreì Leckijiva inclinò il fucile d'assalto, rivolgendo la cassa al cielo per l'aspetto interno. Indicò il grilletto, accostando il dito alla scocca. «Se rischia di rompersi per un colpetto deciso, forse qualcosa non va nella struttura.»
S'incamminò per starle appresso ed indurla a lasciare in pace i suoi giocattoli. «Le faccio notare, caporale, che lady Thelma ha supervisionato ogni arma presente in quell'Armamentarivm ed ha espresso un svm-post di ottimale efficacia su ciascuna di queste.»
«Presumo che lady Thelma sia la sua machinomante di riferimento.»
«Lo è del reggimento presso il quale sono di stanza. Una grande lavoratrice, integerrima e scrupolosa.»
August ritenne che non fosse affatto il caso di dirle che lady Thelma Sharandòn Lambda-Xi-Rho era un po' una stronza con cui trattare poteva rivelarsi spesso e volentieri molto, molto complesso. Per farle vagliare tutte le sue armi, un servizio che avrebbe dovuto svolgere gratuitamente senza domandare nulla, aveva dovuto pagarla, regalandole un preziosissimo las-fucile d'assalto XMC-392.
Ed invece di rifiutare la ricompensa ed accontentarsi solo dell'onore e del prestigio che le veniva dal sentenziare in merito alla collezione bellica di un lord commissario, lady Thelma aveva anche avuto il coraggio di pretendere la scatola originale e un secth di celle energetiche provenienti dai manifactorvm sotterranei del mondo di Syron nel Sector Zevona.
L'avarizia, davvero!
La crudele e cieca avarizia!
Esosa ed intrattabile, ma purtroppo era una professionista. Una la cui nomea non era disposto a fare infangare dall'ultima veneriana di passaggio in Gladius.
«Tecnicamente non ha mentito. Il Tac-XIII ha una ottimale efficacia in ambiti ristretti. Non le ha detto niente sul fatto che i suoi meccanismi interni sono un po' troppo fragili per i miei gusti.»
«Pretende di saperne più di una machinomante?! Questa può essere assunta come una professione di tecno-eresia, caporale.» Le venne incontro, sentendo di nuovo l'acqua piovana battergli contro le maniche del cappotto.
«Ovviamente no, m'lord signore» sconfitta, mishreì ripose il fucile dove l'aveva preso e assicurò le cinture con cura. «Comprendo che stavo varcando il limite.»
Decaius soffocò un finto colpo di tosse. «Direi che così va bene. August, la qui presente si è soltanto espressa male. Capita a tutti.»
Ah, ma davvero? Presumere di saperne più di una tecno-prete formata e sanzionata era una seria infrazione, stando alle diciture della Lex Imperialìs. Era tecno-eresia, hvbrìs bello e buono.
«Può darsi che sia solo la mia modesta opinione a parlare, m'lord commissario.»
«Dimenticherò la faccenda, ma che non si ripeta.» Con l'offensiva imminente, reagire colpo in canna ad ogni piccola infrazione avrebbe prodotto più perdite alleate di quante ne avrebbero fatte i blueìs, ci arrivava anche lui.
Ci stavano dei limiti invalicabili, quello era indiscutibile, ma anche un margine di comprensione che un uomo investito della sua autorità doveva considerare.
Anche se quella merda veniva meglio a Decaius. Era lui il comprensivo, l'accomodante che sapeva placare le acque.
«A proposito di sparare...» intervenne proprio lui. «Ho sentito che fanno un'esercitazione d'artiglieria campale qui vicino.»
Vicino era un po' un ossimoro. «All'Etha Navarro-Tertiaris.»
«Ho visto i preparativi, stamani» s'introdusse mishreì Leckijiva. «Un discreto numero di avto-transportatores con traini e pezzi d'artiglieria. C'erano insegne di Etinia, Alphekka Meridiana Sel-31, Dantioch Neo-Sotha e Nimrod Terran.»
Alphekka-cosa? Che razza di posto era, quello? Con un nome così, per di più! Il rumore della mobilitazione chiamata per quell'esercizio, però, si era fatto sentire sin dal primo mattino. Vivace e starnazzante, un lungo nastro di grossi transportatores di Etinia era transitato sulla svperviae-122, sotto al Glenna-Granta Castrvm.
Impressi in colori ben visibili sui teloni da carico, gli stemmi del Principato di Elysia e del suo mondo-vassallo di Etinia avevano catturato la sua attenzione per qualche minuto, prima che Braendaen lo chiamasse per sottoporgli altre scartoffie dalle quali poi era fuggito.
«Quello di Etinia è il Seicento-e-trentunesimo Reggimento di artiglieria campale, l'ho visto oggi dopo l'annuncio dell'ora settima.»
Decaius appoggiò un colpetto di nocche all'anta destra dell'Armamentarivm. «Ancora a Camp Martes girava del chiacchiericcio sulla partecipazione di Etinia al progetto di Gladius...»
«Non è solo di Gladius» puntualizzò August. «Noi abbiamo un fronte, Ultramar ne ha un altro e così quei pure pidocchiosi garoniani.» I cui fucili d'assalto non erano certamente alla pari con quelli di Gladius, anzi!
Mentre le armi del Pattern di Gladius erano forgiate con i migliori rites in illustri manifactorvm, quelle di Garon venivano assemblate a casaccio da tecno-preti ubriachi in qualche capanna nelle steppe.
Era risaputo, per Santo Rogal Dorn!
Decaius assentì, vago. «Una loro squadra di navis-nobilite è traslata in Elysia poco prima che noi partissimo con la Trono. Se non erro...»
«Cosa? I tuoi ragazzi sono andati ad insinuare quelle zappa-patate ignoranti?»
«M'lord» s'insinuò mishreì Leckijiva, una mano infilata in tasca nel gilet tattico ed una lasciata pendula sul fianco, come se in attesa. «Le patate non si zappano. Si raccolgono.»
Davvero? Nascose la sua reazione davanti a quelle parole con uno schiocco di lingua. «Oh, grazie per la precisazione. Ci sarei arrivato.»
«Non ne dubito, m'lord. Immagino che prima della loro raccolta lei volesse menzionare la sarchiatura.», gli offrì il campo con un guizzo della mano inguantata. Sparava con la destra, ma non pendeva da un lato come la maggior parte degli spadaccini e dei duellanti.
Probabilmente era stata addestrata ad essere ambidestra senza risentirne.
«Sono minuzie da volgo di agro-mondo, ma sì. Prima di raccoglierle le si sarchia.»
«Vero, solo che prima della sarchiatura si usa rincalzarle.»
Cosa, adesso? «Oh, certo.»
«M'lord, ho facoltà di essere onesta?»
«Parli» le concedette con uno sbuffo. «Ha facoltà.»
«Lei non sa un cazzo di agricoltura» replicò Leckijiva aggiustandosi il berretto sul capo. Con che coraggio! Ad un commissario! Un lord commissario! «Phrankòs è quel che vien detto, presto viene perdonato.»
«Sa cosa? Le ho dato permesso, la prenderò da uomo e lascerò correre.»
«La terra è ciò che si zappa.» Il caporale si tastò la nuca, come per lenire un muscolo indolenzito. «Le patate sono tuberi sotterranei, m'lord. Le si raccoglie tirandole fuori dalla terra, non zappandole, che rovinerebbe le radici amputandole. Il rincalzo serve a permettere loro di estendere proprio le radici, quindi di rimpolpare i bulbi con tutti i sali minerali e le proprietà del suolo.»
«Non serve infierire, caporale.»
«Mi sono sentita chiamata in causa» disse lei, offrendogli un ghigno sornione. Va bene, sapeva uno o due accidenti di agricoltura.
E quindi?
Appoggiandosi all'Armamentarivm, Decaius osservava a braccia incrociate l'ampia distesa del rangheriòn di tiro Betha Navarro-Primarys. C'era dell'attività, laggiù. Il rumore degli spari si annunciava tutto flebile, assottigliato dalla distanza, rintoccando contro il lento picchiettio della pioggia.
Raggiunto il suo amico, August l'adocchiò. Facendo caso alla sua presenza, il vecchio commilitone allungò un cenno della mano al Betha', alle figure che lo occupavano. Adattato alle esigenze del reparto che lo stava occupando, il campo emergeva come una nota sorda in uno spartito di toni accesi, butterato e distorto da buche di mortaio e spaccature.
Inframezzato tra i precisi strali dell'Alpha-Primarys e quell'ordinata, lunga estensione a prato verdastro del Gamma-Primarys, il Betha' strideva.
«Un'esercitazione contro i servitores armati» commentò Decaius, asciutto. Aveva agganciato all'occhio destro un cristallino monocolo magnoculare dalla catenina in grigio martian-ferrvm. L'apparecchio era acceso, con una spia luminosa che brillava, rossa e tenue, sul taglio destro del perimetro. Il ticchettio del punctator interno era appena udibile.
Maledicendosi per non avere uno di quei monocoli, August si allungò al suo Armamentarivm e sganciò dalla rastrelliera destra superiore un cannocchiale binato magnoculare. Appoggiò le lenti ai propri occhi invocando, con la pressione d'una runa sul dorso, la visione magnificata a tre ingrandimenti. Lo HVD a semi-noosphera apparve subito in sovrimpressione, balenandogli davanti una stringa d'informazioni seguita da svariate linee di litania da tecno-prete.
Se ne disinteressò.
«Ah, è gentaglia di Kasr Gladius...»
«Si addestrano a rotazione sin dalle prime ore» fu il commento di mishreì Leckijiva. «Una compagnia smonta e l'altra la sostituisce. Si prendono appena il tempo per cambiare i servitores.»
Regolò l'avspex-visione del cannocchiale, agendo sulla levetta dentellata. «Non sono un uomo che disprezza la dedizione, questo per certo. Il lavoro è una preghiera.»
«Maximae Philosopikae per Daum Ahc Vuar'a.»
Decaius si voltò a guardare la scion da sopra la spalla, torreggiandole vicino senza farlo apposta. Non era una donna bassa, ma lui era uno stramaledetto elysiano dalla pelle quasi bronzea, gli occhi neri, i capelli scuri e le gambe troppo lunghe.
Ci trovava qualcosa nel fare sentire la gente bassa. «Ricorda anche il libro, caporale?»
«Liber Secvndvs.»
«Il capitolo?»
«Capitolo Terzo.»
«Versetto?»
«Quinto» rispose la scion senza un attimo di esitazione. «Versetto quinto.»
Scoprendo gli angoli della bocca in un sorriso, Decaius la piantò di farle domande. August fischiettò, contento che avesse smesso di parlarle.
«La mia istruzione la soddisfa, lord commissario?»
«Al novanta percento, mishreì. Il versetto era il sesto.»
August abbassò le lenti del cannocchiale. Sul viso della donna balenò una smorfia sgomenta, le labbra aperte per dire qualcosa che le uscì fuori con incertezza: «Il sesto? Lei ne è sicuro?»
«Sì, caporale. Il versetto quinto è molto simile, al punto che il suo errore può capitare. L'ho già visto prima e non è grave come pensa. Il quinto dice che...»
«Un las-fucile senza tac-visores è una preghiera incompleta» sentenziò August, intromettendosi. «Cosa dici ora, vecchio haraemita?»
«Che l'hai sbagliata. Un las-fucile senza caricatores è una preghiera incompleta. Quella del tac-visores è un ad-libda del legionario Franx della Tredicesima Legione Penale, come salvato in memoria dal rimembrante Gavaeìn Phorp. Non concepisco come le sue parole siano diventate così famose da soppiantare la versione autentica.»
«Forse sono più semplici?»
«Quello è indubbio» osservò l'amico. «Ciò non toglie che non siano quelle corrette. E come dice il Libro di Cain...»
«Da quando leggi il Libro di Cain?»
«Da quando ho incontrato il suo protagonista» schioccò Decaius apparendogli alquanto infastidito. «Non mi ha impressionato molto, quindi ho cercato le fonti che narrano di lui e delle sue gesta. Non sta a me criticare un Eroe dell'Imperivm, ma...»
Ignorandolo, August ritornò al cannocchiale binato. Seguì le figure al centro della sua osservazione, focalizzando su di loro la sua visuale; emersero dalla copertura di un fumogeno appena esploso, sparpagliandosi per non offrire al nemico un bersaglio comune. Erano una hastata intera, tradizionale e dal movimento apprezzabile per la sua rapidità.
Dieci come le dita delle mani, curve sotto gli zaini da campagna. Sette lunghi e compatti las-fucili Kantrael-Gladius Pattern imbracciati da guardie vestite di scuro verde mimetico, veloci tra le spire del fumo.
Una preziosa aggressività, da denti snudati e occhi permeati dall'ira, irradiava il loro sparpagliarsi dardeggiando in avanti, tra il fioccare delle munizioni esplose dai servitores.
Attivato l'avdio-localrimembranter del cannocchiale, August si trovò immerso nella cacofonia della sparatoria, in mezzo al sibilo dei ferrvm-dardi e lo schiocco di frusta esploso dalle canne dei las-fucili.
Spazzò la visuale dalla punta della hastata al suo cuore trovandovi un sottufficiale di basso rango, se non un caporale allora un qualsiasi staph-sergente. Armata con una ringhiante spada a catena ed una corta las-carabina Mariner Pattern, s'inginocchiava contro una cresta di terriccio annerito, sporgendosi per disperdere uno scattante fuoco di copertura contro gli ostili oltre la sua barricata, i due crateri in mezzo e la rialzata di terra bruciata dietro la quale essi avevano riparo.
Una pittura artistica le ricopriva il viso, contrastando con il sanzionato auricolar vox-secth montato sulle orecchie. Blu scuro, stridente contro l'elmo a tripla cupola di stampo cadiano, la tagliava simmetricamente in due, attraversando anche le labbra sottili.
L'altra metà del suo viso era tinta di bianco polvere, con due righe rosse, uguali e paralleli, applicate sotto all'occhio sinistro.
Aveva visto reggimenti di las-lancieri più mimetici di quella robaccia.
Si scoprì impugnando l'arma las' e tirò il grilletto: cinque bagliori vermigli esplosero dalla canna, lampeggiando in avanti e scoppiando con rincalzati urli di frusta. I servitores non si smossero, lobotomizzati al punto da essere impervi al panico. Non si poteva spaventare qualcosa che non aveva più le capacità cerebrali per provare quel genere di emozione.
Sparando ancora, la donna pitturata in faccia urlò un comando alla sua hastata; una specialista che impugnava con entrambe le mani un tenace lanciagranate dal caricatore a tamburo avto-rotante ed una seconda specialista armata di fucile termico Belis-Corona Phasat-40/1 Pattern scavalcarono la sua posizione, defilandosi ai margini dell'avanguardia. Dal corpo centrale si separarono, per ognuna delle specialiste, due tiratrici preposte ad agire in supporto.
Conosceva la tattica che stavano usando e l'apprezzava per la sua semplicità. Il fatto che una formazione di fanteria subisse perdite compiendo un'azione offensiva era consueto, letteralmente inevitabile.
Accettando che non v'era alcun modo sensato oppure utile tramite cui schivare le taglienti carezze dell'Angelo della Morte, era solo che un gesto di calcolata saggezza quello di focalizzarsi sull'aspetto utile della loro morte. Si lavorava sul pragmatico calcolo, sulle capacità che i milites-astra avevano di perseguire il loro obbiettivo a dispetto delle perdite sicuramente dietro l'angolo.
E quella manovra ne era un esempio. Le armi speciali erano costose, forgiate con cura dai tecno-preti per svolgere specifiche funzioni di supporto. Un altro fatto accettato era che, com'era giusto ed ovvio, nove volte su dieci valevano molto più di chi le impugnava.
Per ogni mille fucili al plasma c'erano tremila disgraziati. Non era una formula algebraica poi così complessa.
Per la Terra Sacra e Santificata, volendo essere positivamente brutali perfino gli stessi las-fucili valevano di più di chi li imbracciava. Diversamente dai cadaveri, infatti, i las-fucili li si poteva passare ad altri quando i loro precedenti utenti erano già diventati cibo per vermi e pappa proteica.
Le persone potevano essere spese con tranquillo abbandono, se la situazione lo richiedeva. Le armi speciali non offrivano lo stesso lusso.
Quell'azione lo esemplificava, deviando ai margini il lanciagranate e il fucile termico in modo che il nemico si ritrovasse costretto a decidere sul momento, ed una decisione repentina era spesso una decisione sbagliata o profittevole, quale delle due specialiste era meglio abbattere: il tiro ad arco che poteva coprire l'avanzata del resto della hastata, oppure il tiro teso, devastante ma a corto raggio, del fucile termico?
Quale che fosse l'opzione presa dal nemico, nel momento in cui si risolveva a praticarla ecco che davanti alle specialiste c'erano due scudi di carne mobili, rabbiosi ed intenti a sparargli addosso.
Ucciderli non era poi una grande sfida, solo una mera questione di saturazione dell'area e mira, ma faceva sprecare del tempo prezioso.
Secondi utili, secondi indispensabili. Secondi che andavano tutto a vantaggio d'una di quelle due armi.
Massimizzando l'utilità delle perdite, la hastata poteva vedere fino a tre dei suoi membri cadere riversi nel fango, certo, tuttavia il nemico si ritrovava a non avere altra scelta che quella di ripiegare abbandonando la posizione. O venire distrutto da uno di quei instrvmentìs di supporto.
I las-fucilieri erano rimpiazzabili.
Il vantaggio della quantità aveva una qualità tutta sua ed una hastata sfibrata, ma vittoriosa, era capace di continuare il proprio assalto. Se fosse rimasta ferma a ricevere gli spari del nemico, invece, sarebbe stata una inutilità costosa in termini d'ossigeno, cibo, acqua e munizioni.
Uno dei servitores rivolse sul loro fianco sinistro il subissante tiro della mitragliatrice a doppia canna che maneggiava; intercettate mentre scendevano il basso crinale, due ragazze stramazzarono con la faccia nel pantano, dimenandosi per le convulsioni.
Non erano morte, fortunatamente, ma solo perché quella era un'esercitazione e il servitore lobotomizzato era armato con proiettili di plasto-gomma dura ripieni di colorante caldo. L'impatto lasciava un brutto livido e magari un paio di scottature senza uccidere.
Tranne gli stupidi che si facevano colpire in fronte, certo, ma... eh, per l'Imperatore-Dio: quelli era meglio perderli che averli.
Capeggiando tre sue sottoposte, il sergente della hastata scivolò oltre un muro di fumo grigiastro, risultato di una granata fumogena. Si sdraiò a terra, schiaffeggiando brandelli di fang, incassò il las-fucile contro la spalla sinistra e aprì il fuoco. Colpito tre volte al tronco ed una singola volta alla fronte, il servitore lobotomizzato stramazzò addosso al suo riparo.
Piccoli rivoli gli colavano dalla faccia, disciolta dai tiri di laser.
Le tre guerriere avanzarono oltre la loro superiore, i las-fucili spianati e le baionette snudate in avanti, scure e taglienti.
Da un tridente divennero un ventaglio, largo e ampio, che le vide prendere possesso d'una buca da granata. Strappata una granata dalla cintura, una delle tre lanciò l'ordigno alto sopra la testa e si abbassò per ripararsi dalla folata di schegge.
Finita in un piccolo fossato, la bomba a mano era esplosa con un pregevole boato ed una sorda vibrazione subito seguita da fischi velocissimi, lasciati a mezz'aria dall'accelerazione delle schegge.
Focalizzandovi la sua visione, August notò un servitore, armato con un avto-fucile, che arrancava senza le gambe e mutilo di un braccio.
Abbandonando la buca, le tre lo assalirono con un tiro in movimento. L'altra ala dell'assalto si era portata in avanti, cogliendo l'occasione per fiancheggiare un grosso, nerboruto servitore-arma con cingoli invece delle gambe e due avto-cannoni innestati sulle braccia.
Gli venne da sorridere davanti a quel Kataphròn dei poveri. Alte dietro la nuca spuntavano due antenne ricetrasmittenti, infisse in uno zaino a cassa dal quale si spandeva un rantolio elettronico, fonte d'una vibrazione monotona e piena di statica.
Esplodeva con insistenza un fuoco di soppressione sull'avanzata della hastata, orientato al ramo che già aveva perduto due membri e che era avanzato oltre la buca, disdegnando di riorientarsi verso il fianco all'attacco.
Era un mono-ordine, uno di quelli che sapeva fare soltanto un compito alla volta... e nemmeno troppo bene, a giudicare dal fisso rateo di fuoco mirato con abbandono di colpi. La sua posizione fu illuminata a giorno dal bagliore del fucile termico; dalla canna scaturì un lungo e stretto fascio di luce accecante, praticamente al calor bianco.
Coprì la distanza con l'obbiettivo nel tempo di un solo respiro. Ci si incollò addosso alla stregua di una zaffata d'acqua e subito le lenti del cannocchiale si polarizzarono in autonomia, riparando le retine del lord commissario dall'avvampo che brillò.
Lungo il primo secondo d'esposizione, il bersaglio si disciolse in una colata di carni cianotiche e rivoli di metallo portato in ebollizione.
La sua voce monocorde, fino a quel momento impegnata a scandire schiocchi statici, fu soffocata da un mare di bolle d'ustione e dalle fiamme, esplose rosse e vigorose a contatto con i suoi tessuti.
L'avvolsero dalla testa ai piedi, sfrigolando moleste contro la pioggerellina greve.
L'aria tutt'intorno al Kataphròn dei poveri si trasformò in un globo di fuoco, informe e contuso, che poi detonò con un grido liberatorio. Innalzandosi per alcuni metri sopra al terriccio, una deflagrazione a fungo atomico sorse laddove si era trovato il servitore.
La specialista con il fucile termico si defilò in una buca, scivolandovi dentro in uno schioccare di lingue di fanghiglia e sassolini. Dalla bocca da fuoco del fucile fuoriusciva un sibillino torrente di vapore biancastro, bollente solo a guardarlo.
Spense il cannocchiale binato e se ne gettò la cordicella al collo, lasciandolo rimbalzare contro la piastra della refractor-gorgiera. La lucidò con le nocche, stando attento a non graffiare l'Imperiale Aquila Bicefala incisa al centro.
Sentì un tintinnio allontanarsi dal suo Armamentarivm e si trovò a guardare Decaius, che di buon passo se ne andava verso il Betha Navarro-Primarys. Mishreì Leckijiva lo seguiva dappresso, la las-carabina Merovech-Pattern dritta in spalla contro il dorso del gilet tattico.
«Ma per l'amor del...» chiuse le ante dell'Armamentarivm e si lanciò all'inseguimento.
Decaius prese una Lvcky Rvss dal pacchetto che teneva nel taschino del cappotto e se la infilò tra i denti, accendendola con un colpo dell'ignìscator. August lo vide sospirare un filo di fumo fuori dalle labbra, contro l'acqua piovana e il grigiore dell'aria.
Appena oltre l'ingresso dell'Alpha Navarro-Primarys, l'interviae A-I-III si dispiegava nei suoi quaranta metri di largo placcato in una syntho-tarmacmarmorea ingrigita dal tempo.
A regolari intervalli sorgevano lvxophorasse alte tre volte un uomo adulto, scolpite in uno stile alto-terrano declinato alle simbologie di Gladius e del suo dominion imperiale. Invece di donne bendate, a reggere le lucerne che fornivano una buona, seppur lakedemonea, illuminazione alla strada v'erano degli anonimi milites astra in panoplia completa.
Con la destra tenevano alte le lucerne a piatto di bilancia, lasciando alla sinistra lo stringere un las-fucile Frusta-Pattern per la base della canna.
Mentre si allontanava dall'ingresso, August diede uno sguardo ai basamenti delle due petrose sentinelle di piantone all'Alpha'. Questa sovrana Sacra Terra di divina Maestà e questo Santificato Parlamento del Padre-Pianeta Marte.
Quella sacra zolla, quel reame di reami e quell'Imperivm. Lo celebravano volti scolpiti ispirandosi ai visi di guardie vissute davvero e da secoli scivolate nel nulla.
Un rullio di ruote sulla strada lo fece voltare.
Tenendo il camminamento pedonale, August s'interessò poco della quadri-motrix in testa alla colonna di passaggio. Non era la sua opto-motrix Optima Vigilanta e questo era sufficiente perché fosse un'avto-vettura stupida.
Stridendo contro la tarmacmarmorea, il mezzo lo superò e proseguì verso il nexòs-direzionale. Un giovane ragazzo in uniforme verde chiara sedeva a sinistra, al posto del conducente, con le mani strette sul volante coperte da un paio di guanti bianchi. Sedendo sulla destra, un ufficiale di alto rango misurava l'ambiente con occhio critico.
La pioggia non lo tangeva, quindi attorno al mezzo era attivo un qualche campo rifrattore. L'ufficiale si sistemò il copricapo sulla fronte, regolando l'angolo tra la visiera e il suo naso. Sulle maniche montava tre scudi circolari, una corona sormontante un leone ed in cima assoluta un obolo con incisa sopra l'Imperiale Aquila Bicefala.
Era un lord brigadier-generale dell'Astra Militarvm di Altavista. Guardando alle sue spalle, August si trattenne dal sobbalzare all'arrivo di dieci, anzi venti soldati montati in arcione.
Impetuosi e con esagitazione, cavalcavano ridacchiando con al traino alcuni pezzi d'artiglieria ed un numero di carretti ruotati porta-munizioni. I primi tre fantini battevano i cavalli da tiro al loro fianco con stecche d'incoraggiamento, presi dalla sfida di far tenere il ritmo alle bastie e mantenere la testa di quella colata di equini e uomini.
Uniformi verdi ed elmetti dal taglio basso, a singola calotta circolare, con alti stivali marroni e corte las-carabine gettate sulle spalle.
Le giberne erano d'un marrone scuro, alternate a tascapani più chiari con bottoni bruniti. Sugli spallacci e sulle spalline delle tuniche da fatica montavano cucito il leone rampante dei reali Wynthsaehr di Altavista-in-Solar.
Uno di loro, a metà schieramento, stringeva un vessillo di compagnia impugnandolo alto sopra al capo. Erano del Reale Novantaquattresimo Reggimento d'artiglieria campale di Altavista, Seconda Compagna, Terza Batteria ippotrainata.
Una manica di sottufficiali e luogotenenti, a guardare i loro gradi e le loro facce pulite e lisce. Avevano deciso di gareggiare a chi arrivava prima al sito dell'esercitazione con i cannoni, lasciando da parte le avto-vetture per i cavalli?
Bizzarra scelta, quello era sicuro a dir poco... ma sì, era da gente di Altavista. Sportivi, ma anche mitomani di loro stessi. Probabilmente la loro gara valutava anche quante persone riuscivano a schivare e non travolgere sotto gli zoccoli.
Schiamazzarono per alcuni minuti, come ragazzini alle prese con il gioco più divertente del mondo, tallonando il lord brigadier-generale.
Tra loro c'era un commissario, notò August, preso da quella cavalcata come gli uomini che avrebbe dovuto sorvegliare. Il suo viso gli era apparso giovane come quello degli altri; un neodiplomato alla Progenivm, dunque?
Era la sua prima esperienza, quella?
Se sì, aveva tempo per imparare a non sorridere così agiatamente ai suoi uomini. Non lo avrebbero mai temuto né rispettato, in quel modo. Non stava giocando, per la Sacra Terra! Che cosa gli avevano insegnato? Niente e nulla, sicuramente!
I cavalieri e il loro ufficiale superiore scomparvero dietro la curva, i primi senza perdere il ritmo della cavalcata e il secondo senza scomporsi per quel chiasso.
«Gloriosa gioventù...» borbottò Decaius lasciando in un cestino il mozzicone della Lvcky Rvss.
«Non fare il nostalgico della loro età. Nessuno ci prendeva sul serio e i vecchi potevano sempre lamentarsi di quanto fossimo meno di loro.»
«Sì, ma avevamo cento-e-venti anni in meno...»
«Io sono contento così» gli disse August, spazzando l'aria avanti a sé con un cenno della mano. A proposito di Altavista e di gioventù...
Nello spiazzo intermedio tra il rangheriòn Alpha Navarro-Primarys e l'intercessorvm per il parcheggio sotterraneo c'erano altre guardie imperiali di quel dominio impegnate a bighellonare e fare chiasso. Una cinquantina ad occhio, ragazzi e ragazze in tunica da fatica verde e giberne marroni. Sistemati attorno ai tavoli, molti sdraiati a terra o seduti sulle giberne ammonticchiate per fare da sedili da campagna, quei pigri mishreres di Altavista ridevano e parlavano tra di loro.
«È possibile che oggi nessuno faccia niente di produttivo?!» sbuffò August, guardandoli torvo. Nella loro pigra indolenza mantenevano un po' di decenza indossando gli elmetti o i cappelli d'ordinanza.
Un certo numero aveva il las-fucile in spalla e qualcuno stava fumando.
Cinque di quei milites, seduti ad uno dei tavoli, giocavano a vostroyan-paradox-adunantia con foga ed abbandono, disinteressati al fatto di trovarsi in Gladius per un'adunata precedente la grande offensiva contro i T'au.
Avrebbero dovuto addestrarsi come quelle selvagge di Kasr-Gladius invece di giocare o poltrire con noncuranza; dov'erano i loro ufficiali?
Che cosa stavano facendo, per l'Imperatore-Dio?!
Un altavistiano gli corse vicino, superandolo con il fiatone. Portava in spalla un treppiede di bronzo issato a sostenere una massiccia, avto-stampante macchina picto-captvratrix.
«L'immancabile picto-graphia di plotone» ridacchiò Decaius coprendosi la bocca con il pugno. L'altavistiano montò il treppiede davanti all'adunata dei suoi compagni, come lui parte del Cinquantaquattresimo Reggimento di fanteria d'urto.
«Quest'indolenza deve finire» borbottò August, trovando la mano di Decaius a sbarrargli il cammino. Senza dirgli niente, l'amico gli indicò con la destra un punto al centro della disordinata adunata.
Uno dei milites, l'elmetto ai piedi e il cappello in testa, teneva in braccio una bambina di qualche mese. Al suo fianco, inginocchiata sull'erba dello spiazzo, c'era una ragazza. I lineamenti un po' spigolosi, gli occhi grigi e la pelle pallida la marcavano come una locale di Hive Cerberus.
«Non disturbarli.»
«Siamo alla vigilia di un'invasione» ribatté, trovando ad accoglierlo un accenno scuro sul volto dell'amico. La sua mano lo bloccava ancora, aperta e non ostile, ma chiara nel messaggio.
Il pictographikòr accese la macchina e si coprì la testa con il velo di copertura della chambra di sviluppo, stringendo la manica di una cordicella in martian-bronzo. Con l'altra mano tenne un conto alla rovescia, scandendolo a voce in modo da farsi sentire. Quasi tutti i presenti, compreso l'alfiere del plotone, si radunarono attorno al giovane padre e il suo amore locale, sorridendo e scoccandosi battute atroci.
Come i soldati montati di pochi minuti prima, anche loro erano giovani. Uno si sistemò in modo obliquo l'elmetto e si mise in posa, premendo un pugno chiuso contro i bottoni della giacca.
Un altro imbracciò il las-fucile, offrendolo alla vista della picto-graphia.
«Fermi, sorridete e...»
«Auguri al neo-papà!» urlarono in coro. I più vicini ai genitori della bambina spinsero quest'ultimi con colpetti della mano e buffetti, quasi a volerli trascinarli nel loro brio.
Decaius sorrideva sotto i baffi.
Accettando la propria sconfitta, August incrociò le braccia contro il petto.
Per questa volta avrebbe fatto correre la cosa.
«È lunga la viae per T'au! È una lunga strada da percorrere, è lunga la viae per T'au, per andare dalla ragazza più bella che io conosca! È una lunga strada da percorrere...»
https://youtu.be/FsynSgeo_Uo
The eleventh hour of the eleventh day of the eleventh month
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