Capitolo I: The Heroes and the Storm (parte la X, lord Sirio Quarta)
Capitolo I, parte la X
Lord Sirio Quarta
"La Filosofia del Bene Superiore afferma che tutti i T'au sono eguali tra di loro. La differenza di Casta è un metro indicativo piuttosto che effettivo e discriminante. Questo può apparire assurdo anche soltanto da considerare in-nvce ipotetica: una società -anche se di matrice Xenos- senza alcuna disparità data dal bisogno di una catena di comandi non avrebbe alcuna capacità di azione, reazione, né potrebbe efficacemente impostare una progettazione del proprio domani, men che meno agire in contrasto al nostro Imperivm. [...]
Occorre tenere a mente un punto che i nostri observatoris hanno riportato della loro società, facilmente ignorato sin dal primo incontro durante la Crociata del Golfo di Damocle in tutte le sue peculiari ramificazioni.
Alcuni T'au sono più eguali di altri."
-Estratto dalla Thesis-ac-Baccalaureato di Sarkau Linenvo, studente di Ivrisprvdentia, Logiche e Philosophie dell'Imperiale, Aurelica Accademia di Orovellian Hyur Vergathea, M42.Y011.
"Quando un uomo avrà un pensiero virtuoso, il cielo gli offrirà supporto."
-Estratto dal "Grande Viaggio Incontro all'Ovest", pre-historica Narrazione Epica.
Probabilmente M4.Y000. (Le poche fonti che ho ritrovato indicano il "Grande Viaggio Incontro all'Ovest" come una cronaca orale, in seguito trascritta in guisa di immago-glifi da un semi-ignoto, probabilmente dimenticabile canta-storie il cui nome è sopravvissuto per qualche caso ai vizi del tempo, traslitterato come 'Yama.
Addendvm: perché il protagonista è detto Scimmia?
Cos'è una Scimmia?)
Imperivm del Genere Umano
Ultima Segmentvm, Frangia Orientale
Nord del Reame di Ultramar, Mar Finalìs Regio
Gladius Astralìs Sector
Svb-Sector Gladius Central, Sistema stellare di Gladius
Gladius III, Mondo-Fortezza.
Formicaio Cerberus, Glenna-Granta Castrvm
Diciannovesima Avlae Armamentarivm, Settimo Segmento.
M42.Y005, decimo-septimo giorno del mese di martes.
«È una sfida?» domandò Rynn'El.
La simpatica plebea adanea non sapeva a chi si stava rivolgendo con quel suo tono tutto scaltro e fiero, vero? Nella sua testolina piccola e lunga ce l'aveva una vaga idea circa chi erano i selvaggi che venivano dal mondo-assassino di Catacha e come ragionavano?
Presumo di no o non li avrebbe stuzzicati così. Ah, al Warp! Non aveva importanza, a quel punto. Non dal momento in cui aveva rivolto loro quella domanda.
Dispiacersi per il latte sprecato era un gesto inutile, secondo lui. Non cambiava niente e non faceva tornare per miracolo il liquido dentro la bottiglia.
Se non altro, questi "fini mishreìs" sono catachani anziché sabathiani o altri scintillanti esempi d'inciviltà. Li conosce i sabathiani, lei? Immaginò i mille-e-centoundici modi con i quali Zarth si sarebbe potuta cacciare in qualche tafferuglio con loro.
Qualcuno dovrebbe lasciare in pace quella mucca. Prima che il pensiero facesse ritorno, l'elysiano nascose la propria risata dietro il proprio pugno, sforzandosi di non darle il là e di non tradirsi.
Spiegare le ragioni del suo riso ai presenti sarebbe stato imbarazzante. Tuttavia, quella con la mucca gli sembrò una possibilità più che plausibile, per quanto socialmente discutibile.
Probabilmente, pensò Sirio studiando gli ospiti inattesi dalla testa fino ai piedi, no. Non li conosceva nello stesso modo in cui non conosceva i catachani.
E come avrebbe potuto, d'altronde?
Catachan, quella palla di vegetazione velenosa, merda e morte, orbitava attorno ad una qualche dimenticabile stella nell'Ultima Segmentvm, lontana sia dal capitale Segmentvm Solar che dall'Obscvrvs.
Horual-Adàn, la patria della cacciatrice di guai, si trovava nel Segmentvm Pacifivcs, la grande ed espansa provincia di sud-ovest dell'Imperivm.
Quella doveva essere la prima volta che posava i suoi occhietti stretti su dei natii del mondo che gli atalantes-panegirici dell'Imperivm descrivevano come il più letale, spietato e velenoso di tutto il Dominio del Dio-Imperatore.
Purtroppo per noi, non a torto.
Ma in fin dei conti il maggiore non l'aveva detto, mesi e mesi prima in Elysia? Non importava né il come né il quando: le cose potevano sempre andare peggio. Era una sorta di fatalistica legge, secondo lei. Una casualità inevitabile.
L'aspetto positivo di tutta quella faccenda era che, pensandoci bene, sarebbe potuta andare molto peggio. Da un lato erano catachani, ma dall'altro... erano catachani.
A malapena questi urlatori svirgola-liane sanno che cosa fa il pedale dell'acceleratore quando lo schiacci.
Erano in quattro, capitanati da quello che s'era introdotto un momento prima. Mi stupirebbe se più di uno tra loro fosse capace di scrivere il proprio nome.
Anzi, continuò studiando il gruppo di catachani venuti a guardare la STC-Land Rovererian, che tutti indossassero correttamente i calzoni delle loro uniformi era, in tutta onestà, un risultato sorprendente. Un piccolo record planetario, magari?
Il colosso sciolse l'intreccio delle braccia per mettere in mostra il suo torace da quasi-abhumano.
A prima vista era gonfio e duro come una lastra di ferrvm. Si strattonò le bretelle, tirandole con i pollici prima di lasciarle andare, Lo schiocco riverberò, simile ad una frustata.
«Se la volete accettare...»
Uno dei suoi compagni sfoderò un ghigno idiota, mettendo in mostra un paio di denti metallici. Chiunque fosse stato a fargli saltare per aria quelli originali non aveva peggiorato di molto il frutto delle tribolazioni di sua madre, per certo. Stazza e statura erano simili a quelle del colosso con la cresta, mentre i capelli erano neri e gli scivolavano sulle spalle, lunghi e grassi.
Una coppia di vecchie cicatrici percorrevano il mento e la fronte dell'uomo. Il loro dettaglio sbozzato, più chiaro della pelle cotta dai raggi di qualche sole più intenso del dovuto, lasciò intendere a Sirio che fossero il regalo d'una qualche esplosione.
L'opera di una folata di schegge più che quella del taglio di un coltello o dell'affondo di una daga.
Rynn'El s'impuntò sui gomiti contro la cassa della Draken e questa slittò in avanti, spandendo un lamento ben oliato. «Noi di Valor non ci tiriamo indietro!» affermò senza fare troppo caso al movimento imposto alla mitragliatrice. «Se volete una competizione, allora proponetela!»
«Una competizione?»
Sentita quella domanda, Sirio alzò gli occhi al cielo d'acciaio della galleria, notando un gruppetto di servo-teschi impegnati a planare verso il segmento collegato ad est. Observatorìs a registrazione continua, come quelli che vegliavano sui campi del lord suo padre.
Nel complesso non erano qualcosa del quale preoccuparsi.
Tranquillizzato dall'avere del tempo prima di ritrovarsi i superiori a fiatargli sul collo, l'elysiano si appoggiò alla vettura, le mani infilate nelle tasche della giacca. Con la spalla diede un colpetto allo scudo per fare scattare Zarth.
Cogliendo il suo messaggio, la ragazza tolse i gomiti dalla cassa. Si lasciò cadere le mani contro le gambe con un cenno esasperato, più rumoroso del dovuto.
Per il Trono d'Oro, ci risiamo?
La mitragliatrice risultò in posizione con un duro scatto di martian-ferrvm. Lo slittamento punse l'aria, sopravvivendo per un momento in mezzo alla confusione dei preparativi.
«Vuole dire una gara, mishrè.»
Era un sinonimo, per l'Imperatore-Dio! Cosa c'era di difficile?
«E non andava bene dire semplicemente gara?» s'intromise uno dei quattro catachani, all'apparenza calvo anche lui, tranne che per una corta cresta di capelli biondicci. Era una loro moda, quella? «I paroloni difficili lasciamoli ai cappelli neri.»
Oy vey, punto comprovato. Sono certo che lord Decaius mi riderebbe in faccia se gli dicessi che competizione è un parolone. Sirio si staccò dal fianco dell'avto-vettura. Scavalcò con un passo una cassetta di utensili da manutentores, da cui cadde una chiave altavistiana da venti. «Come vogliamo organizzarci?», chiese guardando faccia a faccia il capo del gruppo dei catacha.
L'interpellato gli rispose con un cenno del capo prima che a parole. «Hai fuoco, eh? Siete ancora in tempo per arrendervi prima di mangiare la polvere del nostro 'hog, elygiani. Lo dico per evitarvi una perdita di tempo. Cameratismo inter-reggimento.»
«Si dice elysiani, catacani», commentò Aurelios digrignando i denti. «Con la sotha leggera.»
Come se appena punto da quella correzione, l'uomo di Catachan schioccò la lingua. Misurò Aur' squadrandolo dall'alto in basso.
Lo stava misurando come avrebbe fatto un lottatore con il suo avversario prima di prendere posto sulla pedana.
Avvertì la propria sinistra, fino a quel momento tenuta in tasca, chiudersi a pugno. Le nocche palpitarono, congiunte da una sensazione di rigidità ai muscoli del braccio. Non si sarebbe fatto cogliere di sorpresa se la faccenda fosse degenerata.
«Si dice catachani» disse l'uomo.
Poiché non vestiva una giacca con mostrine reggimentali, né una camicia o una tunica da fatica, non c'era alcun modo d'interpretare il suo grado. Nessuno dei suoi compagni si era rivolto a lui usando onorifici o titoli del caso, il che poteva voler dire che non ne aveva alcuno. Era possibile che fosse solo un milites astra semplice, ma il medesimo concetto valeva per l'opposto.
Se era sua volontà nascondere il proprio grado? Aveva istruito i suoi commilitoni a non rivelarlo? Lo nascondeva anche a loro?
Pensandoci bene, potrebbe non sapere nemmeno che cosa vuol dire un grado. Voglio dire, è di Catachan!
«Si, sì. Lo so che si dice così.» Ghignando proprio come il bastardo che era, Aur' occhieggiò al dito che il colosso calvo aveva posato sulla carrozzeria dell'avto-vettura. «Preferisco la mia versione.»
«Pensi di avere animo, ehy?» L'uomo si distanziò dalla vettura, alla quale Aurelios vibrò un leggero colpetto di nocche,
«Animo? No, no.» La STC-Land Rovereian restituì l'impatto con una nota metallica, transitoria e veloce come il passaggio dei servo-teschi observatorìs. «Io penso di essere adorabile.»
«Noi non sappiamo neanche che cosa vuol dire la resa», s'intromise Zarth, alzatasi in piedi di scatto un attimo prima e ora appoggiata al bordo esterno del grande scudo balistico. «Il maggiore non ce l'ha insegnata quella parola.»
Guarda come cresce! Potrei piangere.
«Ma siamo disposti ad impararla...» borbottò Bennì, spento come al suo solito, armeggiando chino su di un ginocchio davanti alla terza ruota di destra. «Solo a me sembra un deficit formativo?»
«Fottiti, Bennì!» esclamarono il simpatico bastardo e l'adanea esagitata. Guardando il compagno di Hastata, Sirio lo trovò a stringersi nelle spalle con noncuranza.
Diamine, Bennì. Ottimo lavoro nel rovinare l'immagine del reparto! Certe volte era davvero difficile non odiarlo.
«Ha il suo perché, lo sapete?» esordì il capo del quartetto, affabile per un momento. Non sembrava un completo stronzo, sì, ma le apparenze ingannavano. «Facciamo una cosa, elygiani. Partiamo dai nomi, così sappiamo chi sta gareggiando contro chi.»
«Non è una brutta idea»
Il mio è Caleb Kala-Mar.»
«Un nome che fa abbassare gli oceani!» scherzò Aur', restando tranquillamente appoggiato alla macchina con un sorriso sornione sulle labbra. «No, ey?»
Mishrè Kala-Mar si accostò all'avto-vettura, saggiandone la pittura con l'indice. «Non l'ho capita. Doveva essere una battuta?»
Non contento del tiro magro, lui rincarò: «Io pensavo più ad una risacca...»
Sirio puntò l'amico con l'indice, dando per un attimo le spalle ai catachani: «Giuro sulla Terra Santissima che se non la pianti finisci in pasto ai T'au!»
«Ma sono erbivori!» obbiettò il bastardo. Era sorprendente sentire quanto fosse convinto di quella perla di fallibilità inutilità partorita per il Saggissimo, Esaltante Vademecvm. «Mangiano solo le foglie, non ho niente da temere.»
«Continuo a non capirla» fece notare Caleb, di nuovo affabile. «È importante oppure no?»
«No, non lo è. Si tratta solo del mio amico, qui, che s'improvvisa un guitto senza averne il talento. Ora, per la gara... ci occorre un arbitro ed un luogo.»
«Allora, io non so che cos'è un guitto» ribatté Aur', dandogli la vaga impressione di essersi scocciato del discorso e di non volerne parlare ancora.
Trascorso un mezzo secondo, il tempo di sapere che aveva l'attenzione di tutti, fece loro cenno di seguirlo lontano dalla STC-Land Rovererian. Zarth balzò giù dalla coffa, atterrando a due passi dai suoi piedi.
Lui non sembrò darle peso. «Però le mie battute fanno ridere, quando le si capisce.»
«Non è vero e lo sai.»
«Zitta, tu.»
Il timbro delle suole chiodate che premevano contro il pavimento a griglie incrociate riverberò una, due e poi tre volte, salendo incontro alle volte della galleria. «Ma almeno sai cos'è un erbivoro?»
«Certo che lo so, Rymm'El!» Aurelios allargò le braccia, esasperato. «Erbi-voro! Erbe-divoro. Vuol dire che mangiano le foglie! Solo quelle!»
«Non credo che il significato sia questo.»
Guardando l'amico da sopra la spalla, Sirio lo vide fermarsi a labbra schiuse. Aggrottò la fronte, perplesso dalla domanda di Zarth. «Ti starai sbagliando, dai. Ha senso come te la dico io.»
«Se ne sei convinto...» mormorò Zarth infilando le mani nelle tasche della tunica da guarnigione. «Non mi esprimo ulteriormente.»
«I T'au sono erbivori?» s'intromise Caleb. Gli sembrò, ardua cosa da prendere vera e possibile, ancora più confuso del suo amico. «E da quando? Non mi ricordo dove ma avevo letto che sono degli psionici con strani, oscuri poteri magici!»
"Io ho letto?" Kala-Mar il catacha sapeva addirittura leggere? Non considerava le lettere strani simboli magici lasciati da un qualche stregone cattivo? Ma era Sorprendente! Che l'avesse sottovalutato?
A ben pensarci, no. Avrà letto un articolo di Reggimentalìs Standard scritto tutto in maiuscolo. Con lettere grandi un pollice. Perfino Aurelios ne sarebbe stato in grado ed era dire molto della sua ignoranza semi-analfabeta.
Bennì si girò per cercare un attrezzo con cui continuare la manutenzione del cerchio in leghea e sbuffò quando vide che la sua cassetta era stata spostata. Sorridendogli sghembo, Sirio si strinse nelle spalle. «Scusa, non pensavo che ti servisse. Errore mio!»
Il pagliaccio triste roteò gli occhi con un che di abbattuto, sospirando verso il soffitto scurito dall'incontro degli archi. «Figuriamoci! Tanto sono l'unico che sta lavorando qui, ma va bene...»
«Ma se questi T'au che dici fossero sul serio degli psionici» mormorò Zarth togliendo le mani dalle tasche e incrociando le braccia contro la blusa da fatica. Gesticolò con la sinistra, rivestita da un guanto da lavoro sporco di macchie di pittura. «Allora non dovrebbero avere delle incredibili facoltà mentali? Per esempio, non lo so, essere precognitivi?»
Ah, intendeva qualcosa come gli psionici sanzionati dell'Imperivm? A dirla tutta quello poteva essere un pensiero preoccupante, ma Sirio non aveva letto niente del genere da nessuna parte. Il Vademecvm, per tutto il suo nobilitato valore di carta igienica in copertina rigida, non accennava ad alcun potere psionico proprio dei T'au.
Anzi, che fossero psionici non era scritto da nessuna parte. Da dove usciva fuori quella Data-Stringa? Forse ai Catachan era stata assegnata una versione più aggiornata, un panegirico scritto da qualche spia mandata in avanscoperta da Gladius per massimizzare l'efficacia dell'offensiva.
«Che cazzo vuol dire precognicosi?!» sbottò il catacha con i denti metallici. «Parla un po' più blu, pelle-pallida!»
Che cosa darn dovrebbe significare parla un po' più blu?! «Credo che voglia dire che possono vedere il futuro o cose di questo genere...»
«Io posso vedere nel futurooh!» esclamò Caleb agitando le dita come un cretino. Quel gesto lo sorprese, così poco in linea con il suo essere un colosso dal grugno incattivito. «L'Imperivm viene a prenderci a calci nel culooh, ma noi siamo pesci su due gambe e quindi non sappiamo fare un bel cazzo bluuh di nienteeh!»
Dire che non era divertente sarebbe stato mentire. Mentire era sbagliato, per quanto anche maledettamente divertente. «Non sembrano molto intelligenti, visti così...»
«Quello era il gyst della mia imitazione, elygiano.»
«Il mio nome è Sirio.»
«Come la stella?»
C'è una stella che si chiama come me?! Non lo sapevo! Oh, beh: prosegui di gran carriera. «Ah-ah! Proprio quella.»
«Poetifico!»
Cos'era quella parola? No, sul serio: che cos'era? «Volevi dire immaginifico, Catachan?»
«Sì ma tanto è la stessa cosa» ghignò il colosso, riprendendo poi la sua imitaazione dei T'au psionici come se niente fosse successo. «Oh, nooh! L'Imperivm viene da noi! Se solo l'avessimo potuto prevedere! Nel futurooh!»
«Sta bene, ora piantala prima che qualche supervisor ci chieda se abbiamo fumato la pittura!» lo fermò Aurelios, incamminatosi verso l'ala sinistra della galleria. «Zarth, tu che sai tutto: è possibile? Ci si può fumare la pittura?»
Adanea-Esagitata annuì tra un passo e l'altro. «Oh, sì! Se vuoi morire tra atroci sofferenze, con i polmoni di fuori...»
«Credo di avere afferrato il concetto. Chiedevo per sapere.»
«Però avrebbero un bellissimo effetto nebulizzato blu addosso.»
«Ho capito, era solo una domanda!»
«Come facevi a non esserne sicuro?» Si batté una mano contro la fronte. «Ci sta un simbolo sulle pictacanisterivm-bombola grosso come un'unghia! Teschio e ossa incrociate, attenzione questo prodotto di manifactorvm è estremamente, esageratamente, fottutamente nocivo per la salute dello vsers! Non usare senza prima consultare un tecno-prete ordinato ai misteri della tecnologia!»
«Credevo fosse un avviso a non fare cadere le scorte di colori in mano ai pirati...»
«Sul serio?!»
«No, ti sto prendendo per il culo» espirò Aurelios. «Secondo te mi metto a fumare la pittura mimetica? Per chi mi hai preso?»
Zarth chiuse gli occhi per un momento. «Pensandoci bene una seconda volta... fumala, Aurelios. Fumati tutta una bomboletta. Fino all'ultimo millilitro.»
«Credo che rifiuterò l'offerta.»
Mishreì Jonica intrecciò le dita contro il panciotto della sua uniforme da cadetta-commissaria, stracciando il rigido tessuto, che si lagnò con una nota di elastici secchi. «Lasciatemi riassumere in poche, semplici parole quello che mi avete detto.»
Il silenzio sopravanzò, riempiendo il vuoto che l'apprendista ufficiale politica aveva creato stringendo le labbra in una smorfia dubbiosa.
Sirio si lasciò andare un finto, rumoroso colpo di tosse, rompendo la posa dell'attenti per coprirlo con il dorso della mano.
Alla vista lampi astiosi brillarono negli occhi di mishreì Jonica, indispettita quanto pater-rabaiter Lorn'El quando qualcuno del Battaglione si lasciava sfuggire una leggera profanità.
Irrigidendosi come un chiodo, l'elysiano vide che lei lo stava squadrando dalla testa fino alle punte degli stivali da lancio. Sollevò il mento, le mani ben intrecciate dietro la schiena.
Innervosirla era molto facile.
L'uomo affabile e sociale del gruppo era quel bastardo di Aurelios, su quel punto splendeva sempre il sole di casa, ma in verità non serviva poi un possente ingegno per inquadrare la cadetta-commissaria dentro quella specifica categoria di persone che risaltavano all'occhio per il fatto di incazzarsi come serpenti per qualsiasi ragione passasse loro per l'anticamera del cervello.
Ad un estraneo al Battaglione poteva sembrare un fatto spiacevole ed in parte lo era.
Una piccola, piccola e dimenticabile parte. Per tutto il resto del tempo, Jonica era manipolabile più della creta e dell'argilla.
L'unica cosa che serviva davvero con lei era capire in che modo farla abboccare all'amo.
«Voi otto soggetti vorreste... e qui vi parafraso...»
Sirio non si schiodò dalla sua posa d'attenti, continuando a fronteggiare gli indagatori occhi smeraldini dell'apprendista ufficiale politica. Ogni celebrazione ha bisogno di un piagnone, ogni celebrazione ha bisogno di un piagnone....
Piagnone, piagnone, piagnone...
Piagnone, piagnone, piagnone...
«Impiegare due veicoli del parco-avtomezzi di due reggimenti d'altrettante frange dell'Imperialìs Astra Militarvm, mettendovi personalmente alla loro guida, al fine ultimo d'instaurare una competizione di velocità e destrezza al volante tra di voi, determinando quale di questi due veicoli è il migliore.»
«Quello è il gyst della vicenda, svb-commissaria» assentì Kala-Mar, tranquillo come un bimbo.
Gyst? Non era la prima volta che usava quella parola. Così a primo senso raccolto, doveva voler dire qualcosa come succo o cuore.
Questi catachan sono così ferali...
La svb-ufficiale politica sciolse l'intreccio delle dita. «Mishreì cadetta-commissaria Jonica Valla, se non le dispiace.»
«Sì, signora.»
«Signore», scandì lei.
«Sì, signore.»
«Lieta che questo punto sia stato chiarito, milites astra Kala-Mar. Ora...» Ritornò con gli occhi su Aur', che rispose irrigidendosi sull'attenti con uno scatto di stivali. «Ad occhio e crvx terminatvs, direi che la responsabilità di quest'idea ricade per metà sulle sue spalle, Markhairena. Per l'altra metà, invece, direi che piove su quelle del qui presente Kala-Mar.»
«È stato uno sforzo di gruppo, signore.»
«Lei lo sa che questo non migliora la situazione?»
«Sì, signore» affermò Aurelios annuendo da bravo soldatino. «Ma così sono garantito dal fatto che non si darà la colpa soltanto a me.»
La donna sghignazzò una risata sinistra, scoprendo per un momento i denti bianchissimi. Quando si erano presentati al suo posto di guardia, pochi minuti prima, era stata intenta a leggere una copia di Reggimentalìs Standard masticando una tomaccaucciù. Come darn faceva, nel nome della Sacra Terra e del Trono d'Oro, a ruminare quelle schifezze?
Sanno di pomodoro e tabacco, cielo! Chi ha pensato che una cosa del genere fosse una buona idea?
La guardò chiudere il Reggimentalìs Standard sul tavolino da raecaff. Lasciò la copertina di testata rivolta verso il soffitto, con una picto-graphia della famosa vox-artista Maegha'ìn ritratta con un vox-augures stretto nella prima mano destra ed una grande bandiera dell'Imperivm sorretta con le altre.
Alle spalle dell'adepta vestita di rosso Mechanicvm, un roboante oceano di folla teneva il ritmo della sua chansonetta con fiaccole a daga sormontate in cima dalla Fenice di Ferro di Gladius, in un segno di supporto morale verso l'imminente offensiva.
«E dopo la vicenda della cisterna, direi che questa è proprio una buona idea.»
Valoroso esercito di Aquile, abilmente capitanate per non fallire! Sirio strinse i denti per non ridacchiare. Il ritmo del nuovo pezzo di lady Maegha'ìn gli era rimasto in testa, evidentemente. Ai vili T'au farete la guerra! Perché voi amate questa Sacra Terra!
«Almeno questa volta non dovremo seppellire dei corpi...» soffiò Zarth a denti stretti, gli occhi per un momento puntati su Aurelios.
Mishreì Jonica la occhieggiò, la fronte aggrottata da un lampo di ostilità: «Può ripetere, di grazia?»
«Signore, ho detto che perlomeno questa volta non dovremo prestabilire dei turni ai forni, signore.»
«Mi sembrava di avere sentito corpi e mi chiedevo se qualcuno si fosse inventato una versione assolutamente diversa da quella che presenzia nei rapporti.»
Tamburellò sulla rivista, coprendo a tempi alterni il volto della vox-lady con le dita. «Ciò detto... la vostra competizione...»
Il catacha con i denti di metallo si schiarì la gola: «Gara, signore.»
«La chiamerò con il fottutissimo termine che voglio, milites astra. La ringrazio per questo suo inutile contributo prestato all'altare della presente conversazione.»
«Eh, dovere.»
Jonica si lasciò sfuggire un corto sospiro. «Mi auguro che gli iottiostronzi l'ammazzino, lo sa?»
«Sì, signore.»
«Dicevo», riprese sciogliendo l'intreccio delle gambe. Si chinò, abbracciandoli tutti e otto con uno sguardo che aveva la stessa calorosa affabilità di una ghiacciaia. «Questa vostra competizione la dovrebbe arbitrare la sottoscritta. E qui vi chiedo: perché dovrei farlo?»
Aurelios si fece in avanti, schioccando un passo verso la svb-ufficiale politica: «Abbiamo messo in palio una posta in denaro, signore. Un bel gruzzolo di rossi Troni.»
Gli occhi della cadetta-commissaria si posarono su di lui, escludendo gli altri presenti. «Prosegua.»
«Mille-e-duecento a squadra.» Non era una cifra esagerata, ma rappresentava una sensibile parte dell'obolo mensile di tutti i partecipanti.
Estorcere trecento troni a Bennì era stato più impegnativo del previsto, ma alla fine anche lui aveva ceduto alla tentazione d'incassarne quasi altrettanti dalle tasche dei catacha. «La hastata che vince la competizione incassa tutto.»
Jonica si appoggiò allo schienale della sua seggiola di plastha. Con la mano sinistra si carezzò il mento, lasciando la destra a tamburellare contro il tavolino da raecaff.
Aveva spostato il Reggimentalìs Standard, secondario rispetto al profumo dei Troni.
«Prima aveva la mia stentata sopportazione, Markhairena. Ora ha il mio interesse.»
«Se farà da arbitro, signore, incasserà una parte della vincita.»
«Indipendentemente dalla hastata vincitrice?»
«Indipendentemente dalla hastata vincitrice, signore» confermò Kala-Mar, schiarendosi la voce. «Ma se rivela la faccenda ai suoi superiori, non avrà in tasca un solo vermiglio dell'Imperatore.»
«I termini qui li pongo io, catacha, non lei. Mi anticipate metà della mia parte ora, un sacco e mezzo di Troni in taglio piccolo, si fa questa gara alle mie regole e l'altra metà me la date dopo la sua conclusione.»
Sirio notò Zarth dardeggiare ora ad un lato ed ora all'altro, pensosa. Stava sorvegliando le uscite e le entrate? Se lord Decaius fosse apparso in quel momento, Jonica li avrebbe venduti al suo maestro in un batter d'occhio.
«Signore?»
«Perché apre bocca, Rynn'El?»
«Volevo porle una domanda, signore.»
«Beh, colorami tutta sorpresa. Che cosa vuole?»
Rigorosa come se davanti a lei vi fosse stato il maggiore Tinysia, Zarth schioccò la lingua: «Vorrei sapere se sta cercando di contrattare con degli haraemiti.»
Unirsi alla risata che esplose fu più forte d'ogni suo tentativo di resistere. Si ritrovò fulminato dai sussulti del suo stomaco, chino dietro all'assurdità del momento. Per un momento, lungo un secondo se non di meno, la cadetta-commissaria lasciò cadere il suo ringhio astioso scambiandolo con una smorfia divertita.
Si riprese prima di loro, scurendosi. «No. Sto dettando le mie condizioni.»
«Metà è troppo, signore» s'intromise Bennì. «Cosa ne dice di sessanta troni adesso e gli altri dopo?»
«Non se ne parla. Troppo poco. Cento-e-cinquanta»
«Settanta.»
«Così non ho alcuna ragione per non denunciarvi a lord Decaius.»
Bennì annuì, restando sull'attenti. «Questo è vero, ma se lo facesse non guadagnerebbe niente.»
Jonica schioccò la lingua, fermando i suoi occhi nello squadrarlo con severità. «Lei è meno stupido dei suoi tre compagni.»
«Per il complimento, signore, sono disposto a salire fino ad ottantacinque.»
«Cento-e-trenta.»
«Novanta.»
«Cento-e-venti.»
Bennì le rispose con un cenno d'assenso, pensoso e lento. «Cento-e-venti? Vuole derubare dei poveri milites astra, signore? Novantacinque.»
«Non faccia la lagna con me, Bennì!»
«Cento.»
«Cento-e-venti!»
«Cento-e-venti?!»
«Cento-e-venti!»
«Cento-e-venti?!»
«Sì, ho detto cento-e-venti!»
Cogliendo il momento, Sirio decise di unirsi alla contrattazione: «Ottanta!»
«Settantacinque!», esclamò Aurelios.
«Ottantacinque!» sbraitò Jonica, fermandosi un momento dopo averlo detto.
«Affare fatto, signore!» esclamò Aurelios.
Mishreì Jonica strinse le labbra, corrucciata e con gli occhi fissi su Bennì. «Questo era il suo piano, immagino.»
«Sì, signore.»
«Ottantacinque sia, suppongo. Mazel tov-àh con la vostra competizione, pezzi di merda. Spero che perdiate e che lei, Bennì, muoia in qualche schianto.»
«Grazie, signore!»
«Ci troveremo all'ora ventunesima, minuto doppio-zero, nel templvm restaurationìs Hass-7G. Non è lontano da questa galleria, vi manderemo uno degli allievi di lord Mosharadàn perché vi faccia portare i mezzi lì. Ci sarò anche io e potrò arbitrare la vostra stupida gara.»
«Signore?» chiese il catacha con i denti di metallo. «Si dice competizione.»
https://youtu.be/O3AHownn3dQ
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