Una sola lettera.
Quella mattina quando il professor Ayazawa entrò in aula non disse una parola, se ne stava immobile avvolto dai suoi abito scuri come una notte senza stella con lo sguardo cupo a fissare i suoi studenti.
C'era un'attesa nell'aria inspiegabile, non era certo che si stesse aspettando realmente un particolare evento perché quella situazione piatte prendesse una svolta, perché qualcosa accadesse.
Poi in quel totale silenzio angoscioso il suono della porta che si apriva piano attirò l'attenzione di tutti gli studenti, confusi e un po' spaventati da quello strano susseguirsi di eventi compreso l'arrivo del preside.
Camminò fra i banchi senza proferire parole stringendo una busta incallita dal tempo trascorso fra le dita, percorse velocemente la distanza che lo separava dal banco di Midoriya e gliela porse con sguardo cupo e serio «Leggila Midoriya...» aveva sussurrato quasi contro la sua volontà prima di lasciare l'aula.
Il ragazzo aprì lentamente la lettere che gli era stata recapitata direttamente dal preside e man mano che le sue liquide gemme foresta percorrevano quei due fogli ricolmi di inchiostro perdevano la loro luce che già da tempo s'era fatta flebile tanto che un solo alito di vento avrebbe potuto spegnerla.
Quelle parole scritte da una mano stanca, quella carta ingiallita macchiata da quelle che forse erano state lacrime erano state come una terribile tempesta fatta di fulmini inferociti e uno scroscio d'acqua impetuoso che si erano abbattuti senza pietà su quella piccola luce che ancora brillava a fatica nelle tenebre.
Non fu qualcosa che notarono subito, nonostante lo sguardo di tutti i presenti era puntato sul ragazzo che ripose lentamente il foglio nella tasca dei propri pantaloni per poi alzarsi dalla propria sedia e uscire da quelle mura che per lui iniziavano ad essere troppo stretta in quegli attimi di confusione, di pura incredulità e di amarezza.
Uraraka provò a seguirlo, fece solo il gesto ma il professore la rimproverò e la bloccò nelle sue intenzioni con voce dura, più del solito, quasi fosse un ordine che non doveva essere per nessun motivo ignorato «Lasciate Midoriya a se stesso» si limitò a dire iniziando la lezione di quella giornata.
Nessuno vide il ragazzo dalla chioma che ricordava quella di un albero durante le ore di lezione che si erano susseguite in quella giornata iniziata stranamente, nessuno aveva osato chiedere come se sapessero che quello che aveva letto lo aveva sconvolto che era qualcosa che solo lui aveva il diritto di divulgare.
Midoriya si rinchiuse nella sua stanza, chiuse le spesse tende impedendo ai raggi solari di affacciarsi nella sua tana ora totalmente al buio e isolata dal mondo esterno; voleva restare solo, aveva bisogno di restare solo von i suoi pensieri per elaborarli e accettare quelle parole incise su quella carta da una mano sconosciuta.
Ripensandoci se lo aspettava, quella notizia stravolgente non sembrava così surreale e improbabile come si era ripetuto in un primo momento non volendo accettare la realtà dei fatti, ma non era stupido e collegare i fatti gli venne naturale e detestò tutto quello che gli stava accadendo.
La sua mente era in preda a ipotesi e pensieri contrastanti quanto dolorosi che lo torturavano e assillavano il suo cuore in una persecuzione senza fine che egli stesso non riusciva a mettere a tacere nonostante volesse.
Era seduto a terra con le ginocchia al petto e spinse la propria fronte contro quest'ultime abbracciando le proprie gambe poi portò le mani fra la sua chioma disordinata e iniziò a tirare sempre più forte alcune ciocche sperando che tutto quel tormento terminasse, che venisse lasciato in pace dai suoi stessi pensieri.
I suoi compagni si preoccuparono per lui, sapevano che si era chiuso nella sua stanza e non si era fatto vedere per tutto il tempo e questo non era affatto da lui, avrebbe preferito per prendersi un malanno più che saltare le lezioni eppure lo aveva fatto.
Uraraka bussò alla sua porta sperando di essere ascoltata, almeno lei fra tutti sperava di essere speciale per lui e di poter far breccia nel suo cuore per aiutarlo e sostenerlo in quello che lo aveva fino a tal punto sconvolto, ma a differenza di quanto credeva e di quanto sperava non era affatto diversa da una qualunque amica ai suoi occhi.
Le sue mani femminili e piccole bussarono con decisione alla porta in legno scuro che fungeva da muro fra loro annunciando il proprio nome e supplicando di essere lasciata entrare, di lasciarsi aiutare ma l'unica risposta che ricevette fu la voce stranamente cupa e fredda del ragazzo lentigginoso che le intimava di andarsene.
Tutti si arresero al fatto che erano stati tagliati fuori dal tormento che assillava l'anima sempre stata splendente di Midoriya, quella personalità che li aveva sempre spinti a ragionare e a fare del proprio meglio ma certo non smettevano di essere preoccupati per lui e finirono con il parlarne nell'area comune.
«Che può esserci stato scritto in quella lettera?» chiese più a se stesso che agli altri Todoroki preoccupato, dopotutto considerava il ragazzo dalla chioma smeralda il suo migliore e più caro amico che lo aveva salvato dal tormento che lo aveva oppresso fin dalla sua tenera età.
«Non so cosa ci fosse scritto ma deve essere stato qualcosa di importante per lui…» «Spero che stia bene » sospirò la castana malinconica puntando lo sguardo verso la direzione della stanza del ragazzo.
L'unico che non disse nulle e non mostrò alcun segno di preoccupazione fu ovviamente Bakugo, se ne era restato in disparte senza proferire parola e in cuor loro avevano tutti pensato che fisse davvero terribile che non si preoccupasse minimamente del ragazzo nonostante non scorresse buon sangue fra loro.
Ma non era così, non era stato insensibile, anzi era forse quello più preoccupato fra tutti coloro che sapevano della sua situazione, non lo avrebbe mai dato a vedere dato il suo orgoglio troppo pronunciato e la sua immagine da teppista ma un senso di angoscia mai provato prima si s'insinuò nel suo cuore.
Nessuno meglio del biondo sapeva che nulla poteva buttarlo a terra, che nulla poteva farlo arrendere e farlo distogliere dal suo obbiettivo, dal suo voler diventare eroe a tutti i costi non importa quello che avrebbe dovuto fare o quanto più degli altri so sarebbe dovuto impegnare.
Eppure quell'insignificante pezzo di carta ingiallita lo aveva turbato a tal punto da fargli saltare persino le lezioni e da farlo chiudere nella sua stanza e allontanare chiunque provasse ad avvicinarsi o ad aiutarlo in malo modo non curandosi delle parole o delle emozioni di cui scacciava e non era affatto da lui.
Tutti tornarono nelle loro stanze e le iridi scarlatte del biondo rimasero per un tempo indefinito a osservare quella porta scura che lo separava da lui come se si aspettasse qualcosa e si sentì un idota, che diavolo gli passava per la testa si chiese confuso, perché non riusciva a non preoccuparsi per lui e avrebbe voluto aiutarlo più di chiunque altro nonostante fosse quello che ne aveva meno diritto.
Dopo tutto quello che gli aveva fatto e detto Midoriya non gli aveva mia voltato le spalle, gli era sempre rimasto accanto e lo aveva addirittura salvato da dei super cattivi senza mai pretendere nulla in cambio, senza mai rinfacciarglielo e senza mai vantarsene, lui era stato l'unica persona che non gli era rimasta accanto solo per paura di diventate suo nemico e per quanto odiasse ammetterlo quello dei due che era sempre stato aiutato era stato lui.
Abbassò lo sguardo malinconico per poi voltarsi e tornare anche lui nella sua stanza con l'angoscia che lo divorava e un pessimo presentimento che lo assaliva facendogli quasi mancate l'ossigeno nei polmoni e obbligandolo a una notte per nulla piacevole e riposante.
La notte di Midoriya fu terribile per lui, non riuscì a bearsi del riposo portato da Morfeo tormentato per troppo tempo da incubi e angosce che avevano lentamente creato ancora una volta dei demoni che si ritrovava da solo a combattere, lui era da solo come sempre e come lo sarebbe stato sempre, si ripeteva che doveva farci l'abitudine ma era più forte di lui, continuava a sperare in quell'angolo della sua anima che era sempre illuminato dalla tiepida luce dei sentimenti romantici che si portava dietro da tempo.
Era un piccola luce in cui neanche lui aveva mai creduto ma che in quel momento era la sua fonte assoluta di salvezza e non poteva fare altro che sperare, era una piccola luce fiammeggiante che variava tra i caldi toni dell'arancione e del rosso ma non vi ci si aggrappò esageratamente forte dato che la speranza legata a quel suo bizzarro amore era infima ed era stanco di restare deluso dalle persone e dalle speranze che aveva nella sua vita.
La mattina si costrinse ad alzarsi dal materasso sul quale aveva provato a dormire ma sul quale era finito a combattere contro dei demoni forse più grandi di lui e quando si guardò allo specchio vide i suoi occhi smeraldini incupiti da quella pesante verità contornati da due cerchi violacei che testimoniavano il mancato passaggio di Morfeo e la pelle era di un innaturale pallore che non gli era mai appartenentuto.
Indossò l'uniforme portando quei due fogli ormai vecchi con se, non seppe neppure lui cosa lo spinse a farlo ma lo fece e con lo zaino in spalla varcò la soglia della classe prima di tutti gli altri e si sistemò sul suo banco mentre osservava il cielo riempirsi di fitti nuvoloni neri pronti a scatenare una feroce tempesta.
Seguì normalmente la lezione, nessuno gli domandò nulla, nessuno lo osservò più del necessario e nessuno volle vedere quello sguardo privo di speranza e di luce che si perdeva nell'oscurità del proprio animo, nessuno volle farlo eccetto il biondo che più di tutti lo aveva sempre osservato fra bene o male.
Lo aveva sempre odiato profondamente o almeno si era convinto di farlo ma aveva compreso, non da molto tempo, che in realtà era legato a lui da un sentimento positivo che non sapeva definire, di fidava di lui più di quanto si fidasse di se stessi e sentiva come d'obbligo la sua vicinanza, sentiva che non doveva temere la solitudine portata dal suo carattere finché c'era lui ma si sentiva anche estremamente esposto quando c'era lui.
Il fatto che quello sguardo potesse sempre vedere dietro il muro di indifferenza e sfrontatezza che creava lo destabilizzata e lo faceva sentire in un certo senso vulnerabile, ecco, era proprio questo quello che odiava di Midoriya ma gliene era anche grato perché sapeva sempre come comportarsi in queste situazioni anche se il suo orgoglio gli impediva di esserne felice.
Le lezioni procedettero normalmente r quando avrebbe dovuto tornarsene al dormitorio gli venne chiesto di uscire nel cortile della scuola e tutti suoi compagni curiosi si misero a spiare quello che stava succedendo in quel frangente tanto serio e teso con il ragazzo di fronte alla propria madre che teneva lo sguardo basso e le mani sul proprio petto.
«Ascolta Midoriya, so che ti è stata recapitata quelle lettera, mi dispiace tanto di non avertelo mai detto ma sappi che-» la donna non poté terminare la frase perché fu interrotta dalla voce stranamente dura e bassa di Midoriya, una voce che non gli apparteneneva «Non voglio sentire una sola parola, non voglio più sentire nulla da te, ho sempre avuto uno strano sentimento mentre ti chiamavo "mamma", ho sempre pensato che il tuo arrenderti al fatto che non avessi mai manifestato un'unicità fosse strano ma non volevo credere che non fossi la mia vera madre eppure era così ovvio...» sibilò lui a denti stretti.
Una goccia di pioggia atterrò proprio sul volto pallido del ragazzo quasi a simulare una lacrima poi lentamente un pioggia fine iniziò a cadere dal cielo facendosi sempre più forte e sempre più ricca di tuoni e saette.
«Tesoro ascolta, ti prego, io-» «Non ho intenzione di ascoltare, non ho bisogno di qualcuno che non riesce neppure a supportare quello che dovrebbe essere suo figlio ma che non lo è!» disse questa volta lui con tono di voce più alto e furente mentre le vene del suo collo si mostravano palpitanti a causa della rabbia che ribolliva nel suo corpo solcato da numerose cicatrici.
Poi la pioggia si fece ancora più forte nascondendo una sagoma scura illuminata solo dalle luci vibranti che si accendevano in quella tempesta a intermittenza, dei passi veloci procuravano un tonfo sordo a contatto con l'erba inondata dalla pioggia incessantemente.
«Tu?» chiese All Might che era restato per tutto il tempo affianco del suo discepolo in quel momento tanto difficile e non si era permesso di mettere bocca sulle parole di Midoriya anche se osava fossero troppo dure, quella era pur sempre la donna che lo aveva cresciuto e amato, la donna che gli aveva fatto quel costume a cui lui teneva tantissimo.
«Io, sono qui per incontrare mio figlio, non credi che ne abbia diritto dopo essere stata torturata in un carcere di massima sicurezza accusata di essere una super cattiva?» chiese lei con voce aspra e tono canzonatorio al biondo che la osservava con occhi sbarrati.
«Tu sei mia madre?» chiese tremante il ragazzo guardandola con le iridi prive do vita, come se fosse già sprofondato in un abisso dal quale non riusciva ad uscire, lei mostrò un sorriso raggiante, uno di quelli che faceva sempre lui e lo strinse a se noncurante della pioggia che li bagnava in quel momento così toccante quanto triste «Si, sono io» rispose solamente intimando al ragazzo di entrare nell'edificio e cambiarsi in modo da non prendersi un malanno.
Poi quando tornò asciutto si sedette su uno dei divani posti vicino all'entrata del dormitorio accanto alla donna che dal nulla si era presentata come sua madre e, a guardarla bene, era proprio uguale a lui, solo molto più femminile e con tratti più adulti di quelli che invece caratterizzavano il ragazzo lentigginoso al suo fianco.
«Io sono stata un'eroina molto importante ma ogni mia traccia è stata cancellata dallo stato perché uno dei capi politici aveva dei brutti afferai che io avevo scoperto assieme a tuo padre...» si interruppe per un attimo stringendo le mani del figlio come per darsi forza in quel racconto per lei tanto difficoltoso «...ma loro uccisero tuo padre e mi accusarono di essere il capo di una qualche organizzazione mafiosa rinchiudendomi in un carcere di massima sicurezza, mi fecero partorire e ti strapparono dalle mie braccia poi mi torturarono cercando di farmi rivelare il nome della mia fonte ma fu inutile» disse asciugandosi delle piccole gocce salate che le si erano affacciate sui suoi occhi verdi spruzzati d'oro.
«Poco fa è stata confermata la mia innocenza e sono finalmente potuta uscire, la prima cosa che ho fatto è stata obbligare tua madre a farti consegnare quella lettera e poi sono venuta qui il più velocemente possibile, mi dispiace per tutto ciò che ti è successo.» spiegò la donna con sguardo triste mentre si mordeva il labbro amareggiata da quello che era successo e da quello che era stato costretto a vivere suo figlio a causa della sua mancanza.
«Perché io non-» fece per chiedere il ragazzo ma si morse la lingua non potendo rischiare di rivelate la natura del suo potere a tutti i presenti, ma la donna comprese quello che il ragazzo voleva chiedergli «Perché ci sono delle cose che non si manifesta finché non si trova il proprio equilibrio e la propria felicità, ad esempio io ho scoperto di possedere un'unicità solo quando mi sono innamorata di tuo padre» disse con sguardo brillante di tristezza.
Lui la abbracciò ma poi si allontanò da quel contatto, i suoi demoni non erano così facile da uccidere, perché lui non poteva essere felice come lo era astata sua madre, la sua vera madre, quella che lo avrebbe aiutato con i bulli, quella che lo avrebbe sempre sostenuto se solo ci fosse stata, se solo ci fosse stata...
«Amore, eh?» chiese il ragazzo con una specie di risata alla fine «Non credo che sarò così fortunato» disse mentre trascinava la madre per un polso volendogli mostrare la sua camera ma con la reale intenzione di parlarle dei suoi problemi di cuore, di quei sentimenti che lo assillavano e gli impedivano di risalire da quell'abisso nel quale si era ritrovato spinto fa una semplice lettera.
«Quindi anche io ho un'unicità? » «Certo che ce l'hai!» disse la donna sedendosi accanto a lui sul morbido letto «Se anche io la troverò quando sarò felice con la persona che amo allora non sarò mai felice » bisbigliò lui sospirando ricevendo un caldo sorriso da parte della donna «Ti sei innamorato di Bakugo, vero?» gli chiese lei con tono calmo.
«Si, ma come? » «La mia unicità mi ha permesso di vedere come procedeva la tua vita, sai è piuttosto ovvio e credo che invece di parlarne con me dovresti farlo con il diretto interessato!» gli disse ampliando il suo sorriso spingendolo lungo il corridoio fino a che si ritrovò davanti proprio colui di cui avevano parlato, proprio colui che era in grado di renderlo estremamente confuso riguardo a se stesso, l'unico dei suoi coetanei che tanto ammirava e l'unico che avrebbe seriamente protetto a costo della vita.
La donna li lasciò soli accomodandosi sul divano all'entrata mentre beveva una tazza di tè assieme al preside «Mi dispiace di averci messo così tanto ma è stato difficile trovare le prove con una talpa all'interno» «Va bene così, dopotutto forse non sarebbe così forte ora, mi ricorda così tanto suo padre» disse sospirando mentre gustava il caldo e inebriante liquido verde.
«Come mai sei qui, Kacchan?» chiese curioso il ragazzo dagli occhi verdi ancora spenti mentre osservava quelle iridi scarlatte fissarsi nelle sue «Volevo parlarti e sapere che problemi hai ancora» disse con estrema difficoltà il biondo, per nulla abituato a mettere da parte il suo orgoglio e per nulla abituato a esprime i suoi pensieri o emozioni a qualcuno.
«Che intendi dire? » «I tuoi occhi sono ancora senza vita, non dovresti essere felice che la questione si sia risolta?» dissi irritato distogliendo lo sguardo iniziando a sentirsi profondamente a disagio, si sentiva sempre strano quando parlava da solo con lui e gli veniva naturale urlargli contro per mascherare i suoi sentimenti ma non poteva certo farlo in una situazione simile, sarebbe stato davvero pessimo e non avrebbe certamente ottenuto molto da lui, non così almeno.
«Non credo vorresti saperlo» lo sfidò il ragazzo mettendo le mani dietro alla nuca sospirando alzando il volto verso il soffitto, quella situazione era pesante anche per lui, non era certo facile rivelare i propri sentimenti a qualcuno e sopratutto non se quel qualcuno era Bakugo Kathsuki «Se te l'ho chiesto vuol dire che lo voglio sapere, idota!» iniziò a perdere la pazienza il biondo avvicinandosi minacciosamente verso il ragazzo che indietreggiò fino a giungere alla porta della sua camera «Allora, sto aspettando? » chiese lui a pochi centimetri di distanza.
«C'entra la persona che mi piace, non so se ricambia o meno i miei sentimenti e mi sento molto confuso a riguardo, non so che fare anche se probabilmente dovrei dirglielo solo che se glielo dico e poi mi rifiuta credo proprio che per me sia finita» disse in modo impacciato con un grande peso all'altezza del petto che gli impediva di respirare bene «In che senso è finita? » chiese quasi preoccupato il biondo per come lo colse Midoriya «Nel senso che quella persona è davvero molto importante e potrei persino morire se fosse per il suo bene» disse guardando le proprie scarpe per evitare di incappare nello sguardo che normalmente tanto adorava.
«Non puoi saperlo finché non ci provi» disse Bakugo sentendo il cuore stringersi nel petto mentre dispensava quei consigli strani da parte sua, sentiva come se lo stesse spingendo verso le braccia di qualcun'altro, aspetta, perché aveva pensato a "qualcun'altro ", allora comprese che voleva essere lui fra le braccia di quel ragazzo tanto incosciente quanto ostinato.
«É questo il problema » rispose con tono basso facendo venire i brividi al biondo che però non lo diede a vedere «Chi è? » «Bhe...» o la va o la spacca pensò fra se e se il ragazzo alzando lo sguardo verso quello scarlatto e un po' triste del biondo, una piccola speranza si accese in lui mentre con le pupille accarezzava le sue guance e poi le sue labbra rosee e quando incontrò quelle sue bellissime labbra non riuscì a reprimere il desiderio di assaggiarle almeno una volta a costo di pentirsene.
E così Midoriya baciò il biondo che sorpreso dischiuse le labbra, e fu perfetto perché poté approfittarne per approfondire quel contatto e far sfiorare le loro lingue fameliche state separate per fin troppo tempo.
I loro respiri si erano fatti uno soltanto, la loro pelle voleva sentire le mani dell'altro sfiorarla, i loro cuori scalpitavano come dei pazzi nei loro petti e sentivano le fantomatiche farfalle nello stomaco in quel contatto atteso e bramato dalle loro anime da così tanto che neppure lo avevano realizzato «La persona che amo, sei tu» sussurrò sulle sue labbra una volta a corto d'ossigeno, fissando i suoi smeraldi ricolmi di luce in quelli cremisi del biondo che finalmente si sentiva liberato da un peso.
Bakugo lo baciò a sua volta, sarebbe stato troppo imbarazzante per lui rispondere alle dolci parole che aveva pronunciato Midoriya con tanta sicurezza e sperò che in quel modo il ragazzo non notasse il rossore vivace che si era diffuso sulle sue gote fino alla punta delle orecchie, ma purtroppo per lui al ragazzo non sfuggiva nulla che lo riguardasse e questo lo portò a sorridere come un ebete in quel bacio ancora più profondo del precedente, ancora più violento e ancora più saturo di bramosia.
Quando ancora una volta le loro labbra si separarono Midoriya portò le sue accanto all'orecchio del suo amato «Sei inaspettatamente adorabile quando arrossisci» sussurrò con voce questa volta sensuale e maliziosa facendo infuocate il volto del povero Bakugo che si ritrovò a colpirlo scherzosamente mentre veniva trascinato nella stanza proprio da quest'ultimo che sorrideva felice come non lo aveva mai fatto.
«Quindi, ora siamo fidanzati? » chiese con quel suo sorriso radioso che non aveva mai mostrato a nessuno prima di quel momento, quel sorriso capace di spazzare via le tenebre che attanagliavano di tanto in tanto l'animo dell'incompreso teppista dai capelli esplosivi «Certo, idiota...» sussurrò con voce ovatta osservando il suo nuovo fidanzato con la coda dell'occhio, sorrideva felice come un bambino ma la sua espressione cambiò velocemente in una maliziosa che non si aspettava da lui.
Erano entrambi seduti sul suo letto morbido e fu facile per lui avvicinarsi in uno scatto predatorio all'altro «Giusto perché tu lo sappia non sono affatto un ragazzino innocente » bisbigliò sulla sua pelle pallida mentre marchiava quel punto afrodisiaco sotto al lobo dell'orecchio lasciandovi sopra un segno violaceo, come marchio della loro relazione, per quel momento aveva intenzione di fermarsi a quello ma il delicato gemito che uscì dalle labbra socchiuse del suo partner mandò a monte i suoi piani iniziali.
R18
Passò le sue labbra affamate sempre più giù in un percorso fatto di morbidi baci e qualche succhiotto fino alla sua clavicola e poi ancora una volta su, fino alle labbra che già sapeva sarebbero state la sua droga, le assaporò senza riserve lasciando che le loro lingue si incontrassero in una selvaggia lotta per la predominanza mentre si mischiavano i loro sapori nelle loro bocche ardenti di passione come i loro corpi e i loro animi.
Il biondo gemeva in quel bacio bollente e quando si staccarono ormai a corto d'ossigeno ansimava con gli occhi languidi pregni di desiderio che splendevano accarezzati dalla fioca luce che penetrava dallo spiraglio lasciato dalle pesanti tende della stanza.
Quello sguardo desideroso, velato di puro piacere fu un colpo basso per il giovane dalla chioma smeralda, trovò tremendamente ingiusta l'espressione sensuale che gli si era dipinta in volto quando si stava impegnando a fondo per non affrettare le cose e non ferirlo in quel rapporto che già sapeva sarebbe stato selvaggio.
Midoriya fece scivolare le sue mani calde sotto la solita maglietta nera che Bakugo indossava accarezzando la sua pelle morbida fino a sfiorare i due bottoncini di pelle più scura che svettavano sul suo petto tremante.
Quel tocco inaspettato gli fece contorcere lo stomaco ancora di più, la pelle si riempì di piccoli brividi e un piacevole calore che non sapeva spiegate si propagava dalla sua intimità a tutto il resto del corpo, già succube della voce rauca che il suo neo fidanzato aveva fino a quel momento nascosto e di quelle labbra su di lui.
Quando quelle dita lunghe sfiorarono quella zona sensibile del suo petto il biondo sentì le proprie guance infiammarsi, ancora di più, mentre dei piccoli e soffocati gemiti sfuggivano alle sue labbra arrossate da quei baci selvaggi.
Midoriya stava facendo una fatica inimmaginabile per procedere lentamente in quella serie di contatti che stava per la prima volta scambiando con la persona che più amava fra tutte, ma presto i vestiti di entrambi scivolarono al suolo non essendo più richiesti dai protagonisti di quel momento di passione.
Più toccava il corpo sudato del biondo, impotente sotto quella mole di piacere che non aveva mai neppure immaginato di poter provare, più il suo desiderio primeggiava e la sua razionalità scemava lasciando libero arbitrio a quel lato selvaggio e predatorio che aveva sempre tenuto nascosto.
La sua lingua umida scivolò fino ai pettorali dell'altro che gemette ancora mentre le sue mani già segnate nonostante la giovane età accarezzavano il rigonfiamento nei boxer del suo amato.
Il ragazzo dalla chioma smeralda trovò eccessivamente appagante la visone del suo amico d'infanzia impotente sotto al suo tocco, con le guance arrossate dal piacere e dall'imbarazzo e quei suoi occhi ribelli, lucidi di piacere che non esitavano a piegarsi sotto i suoi baci, tanto che desiderava sentirlo urlare il suo nome come a rendere reale quella loro unione da lui così tanto attesa e sperata.
Gli occhi sanguigni dell'altro si spostarono involontariamente sulla figura muscolosa del suo ragazzo, sul suo volto predatorio ed eccitato e sui suoi occhi così diversi da quelli che aveva sempre visto, da quelli che tutti vedevano ogni giorno e sentì il suo cuore sussultare.
Sembrava qualcuno di totalmente diverso, i suoi gesti, anche se pure sempre premurosi erano selvaggi, sensuali, avidi, maschili e sembravano gesti esperti sul suo corpo maschile che non avrebbe dovuto reagire così facilmente a lui.
A quei pensieri nascose il proprio volto con le braccia sentendosi un po' umiliato, si sentiva travolto da colui che aveva sempre guardato dall'alto in basso ma la cosa che trovò peggiore era che gli piaceva, gli piaceva essere lui quello trascinato e il pensiero di essere violato con quelle pozze color foresta su di se lo mandava fuori di testa.
Venne riportato a quel momento di magica passione e desiderio quando le dita dell'altro si insinuarono nei suoi boxer sfiorando la sua lunghezza fino a trascinarla fuori da quel tessuto impediente, più veniva toccato più non riusciva a far altro che ansimare e gemere travolto dal piacere.
Dal canto suo, l'innocente Midoriya che tanto innocente non era, sfruttava i punti che sapeva essere erogeni, lasciò scivolare la sua lingua lungo la sua lunghezza e poi lo prese in bocca completamente simulando il movimento mentre con la lingua stuzzicava il suo glande ricevendo dei gemiti meno nascosti dei precedenti.
Continuò con quel movimento afrodisiaco per il biondo che non riusciva a trattenere la voce finché non sentì il suo membro pulsare per poi riversarsi nella sua bocca.
Il ragazzo ingoiò il liquido leccandosi le labbra mentre tornava a torreggiare sul corpo tremante e in preda al piacere di colui che tanto amava e che tanto desiderava per poi baciarlo lasciandogli sentire il suo stesso sapore.
Midoriya lasciò scivolare una sua mano dietro la schiena del ragazzo per poi fargli cambiare posizione, lo girò affinché il suo addome sfiorasse le candide coperte già impregnate del loro sudore.
«Ne, Kacchan, posso divorarti?» chiese con tono basso di voce accanto al suo orecchio facendolo rabbrividire «Idiota, non chiedermelo...» rispose paonazzo a causa dell'imbarazzo, come se avesse mai potuti dire apertamente che voleva ardentemente lo facesse...
Un ghigno si dipinse sul volto del dominante che fece scivolare le sue dita lungo tutta la colonna vertebrale del suo ragazzo partendo dal coccige facendolo rabbrividire, poi gli infilò due dita in bocca massaggiandogli la lingua in modo da umidificarle.
«Non vorrai farti male, ne Kacchan? » soffiò sulla sua pelle umida rendendolo nuovamente eccitato, quel modo sporco di parlare era qualcosa di strano ma dannatamente sexy pronunciato da quelle labbra voraci che avevano assaggiato ogni centimetro del suo corpo.
Quando furono abbastanza umide le sfilò dalla sua bocca per poi inserirne una nel suo orifizio portandolo a gemere per il dolore «Su, su, rilassati...» bisbigliò eccitato anch'egli mentre massaggiava il muscolo cercava la sua prostata, quando si rilassò ormai abituato al dolore inserì un altro dito compiendo i medesimi movimenti circolari e lo stesso fece un'ennesima volta finché Bakugo non gemette più forte.
«Oh, ho trovato la prostata di Kacchan» sussurrò mentre gli lasciava dei marchi evidenti sulle spalle e sul collo ricevendo in risposta gemiti più forti e ansimi incontrollati quando aggiunse la stimolazione della parte anteriore «Nh, noo, così-» non finì la frase che vení una seconda volta sotto lo sguardo eccitato dell'altro.
«Mh, avete sentito anche voi?» «Forse staranno parlando o magari c'è ancora qualcuno nel dormitorio... » si sentirono le voci di alcuni dei loro compagni di classe e il biondo si sentì morire al solo pensiero di essere scoperto dai suoi amici.
«Aspetta Deku, ci sentiranno!» sussurrò osservandolo piegando la testa si lato mostrando il suo antro dilatato con le gote rosse, gli occhi lucidi e i capelli leggermente bagnati dal sudore, quella vista fu troppo perché l'altro potesse resistervi «Fai del tuo meglio, Kacchan » sussurrò ghignando per poi entrare in lui lentamente, non voleva certo fargli male.
Il biondo non poteva crederci, lo aveva fatto sul serio con i loro amici fuori dalla porta e dovette dare tutto se stesso per non fare rumore ma quando il ragazzo dalla chioma smeralda cominciò a muoversi colpendo la sua prostata non riuscì a trattenere per molto la voce perdendo sempre più il suo autocontrollo.
Non si sentivano più voci nel corridoio e Midoriya aumentò notevolmente il proprio ritmo finché vennero entrambi gemendo il nome del l'altro fra i denti, ma non era certamente finita, non ancora.
Il ragazzo fece volare Bakugo di lato e gli alzò la gamba riprendendo il movimento afrodisiaco, il ragazzo dagli occhi foresta si sentiva sempre più eccitato mentre sentiva il proprio membro vigoroso essere avvolto dalle calde interiora del suo ragazzo che si batteva per non gemere.
Anche questa volta non si fermò una volta giunto all'apice, infatti si posizionò con la schiena sul materasso lasciando il suo Kacchan sopra, sapeva che in quella posizione lo avrebbe sentito ancora di più e sinceramente voleva sentirlo urlare il suo nome.
Cominciò a muoversi sostenendo le cosce del biondo che lo guardava succube di quel piacere, presto fu lui stesso ad iniziare a muoversi colpendo la sua stessa prostata non riuscendo più a ragionate minimamente.
Non faceva altro che gente il nomignolo che aveva sempre affibbiato al suo amico d'infanzia e lasciar uscire dalle sue labbra versi lussuriosi e peccaminosi mentre si aggrappava con le unghie alla schiena forte di Midoriya che si godeva quella vista così stimolante.
«Kacchan così ti sentiranno» «Ah, ma questa è colpa tua, sei così grande» disse non riuscendo a moderare la voce mentre ancora una volta Midoriya prendeva il controllo eccitato, sentirlo parlare così era stato un altro colpo decisamente basso.
E ancora giunsero all'apice con i petti sporchi del loro seme e le coperte inondate dal succo del loro piacere che aveva inondato il biondo esausto e ansimante sul petto dell'altro che era lentamente uscito da lui.
«Sai, ti amo Kacchan » «Mh» grugní in risposta prima di essere cullato dolcemente nel mondo dei sogni dal repentino battito cardiaco del suo finalmente ragazzo, Deku.
Però, certo era che la loro relazione non era già più un segreto, infatti nonostante il silenzio regnasse nel corridoio vi era quche curioso che cercava la fonte di quell'ignoto rumore e sui loro volti imbarazzati c'era un pesante rossore dovuto alla consapevolezza.
«Che succede?» chiese la madre del giovane Midoriya con sguardo canzonatorio avendo intuito la situazione «Abbiamo sentito qualcosa che non avremmo dovuto...» «Cosa?!» chiese Uraraka preoccupata, non si fidava a lasciare soli Midoriya e Bakugo conoscendo la loro inclinazione a picchiarsi.
«N-non preoccuparti, stanno bene » «Anche troppo...» aggiunse Mineta con le lacrime agli occhi mentre Kirishima e Denki annuivano in risposta facendo ridere la donna.
«Spero che Izuku abbia lo stesso talento del padre, sa come rendere felice qualcuno, immagino si tratti di questo, no?» chiese ambiguamente affinché solo il trio capisse la vera sfumatura dietro quelle sue parole.
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