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Prologo- Il trillo del diavolo




"Una notte sognai che avevo fatto un patto e che il diavolo era al mio servizio. Tutto mi riusciva secondo i miei desideri e le mie volontà erano sempre esaudite dal mio nuovo domestico.

Immaginai di dargli il mio violino per vedere se fosse arrivato a suonarmi qualche bella aria, ma quale fu il mio stupore quando ascoltai una sonata così singolare e bella, eseguita con tanta superiorità e intelligenza che non potevo concepire nulla che le stesse al paragone.

Provai tanta sorpresa, rapimento e piacere, che mi si mozzò il respiro. Fui svegliato da questa violenta sensazione e presi all'istante il mio violino, nella speranza di ritrovare una parte della musica che avevo appena ascoltato, ma invano.

Il brano che composi è, in verità, il migliore che abbia mai scritto, ma è talmente al di sotto di quello che m'aveva così emozionato che avrei spaccato in due il mio violino e abbandonato per sempre la musica se mi fosse stato possibile privarmi delle gioie che mi procurava

Giuseppe Tartini


Dove le parole non arrivano... la musica parla. (Ludwig Van Beethoven)





La sonata per violino in sol minore si eleva prepotente sferzando pungente l'aria.

Il suono che si riversa nell'aria frizzante della giornata in corso e' talmente pieno e strabordante di emozioni, che le note si innalzano in volo quasi impennandosi prima di disperdersi come se fossero petali di Sakura che ricadono sulla pelle dei passanti sembrando lacrime di pioggia colorata.

I toni si librano, volteggiano leggiadri prima di disperdersi e fondersi con l'ambiente circostante, arrivando fintanto a raggiungere quasi ogni angolino nascosto di quel minuscolo parco.

E' un giorno qualsiasi di una qualsiasi settimana.

Alcuni passanti voltano la testa sorpresi appena odono la melodia iniziare. Altri si fermano sul posto increduli, rapiti dallo strabiliante suono che li ha appena investiti.

Un gruppo di persone si avvicina in silenzio, muovendosi in sincrono per raggiungere il luogo da dove arriva questa struggente melodia.

Una bambina altrettanto ammaliata, tira la veste della madre chiedendone l'attenzione prima di sfuggirle e raggiungere veloce il punto semi-nascosto del parco da dove parte il suono.
Si siede a terra, in un piccolo fazzoletto d'erba soffice attorniato da alberi con lunghe fronde verdeggianti che scendono fin quasi a toccare terra.

La madre le si ricongiunge veloce, osservandola in volto. Gli occhietti vispi sono fissi di fronte a lei e la bocca è aperta in un espressione stupita. La donna si lascia sfuggire un tenero sorriso prima di accoccolarsi seduta per terra, imitando la posa della figlia.

Altri passanti sono sopraggiunti nel loro stesso posto e hanno creato un discreto drappello disposto in semi cerchio dietro di loro.

La melodia si anima seguita allo stesso modo dalle movenze di chi la sta suonando.

Un giovane ragazzo dai capelli biondi scompigliati, impugna saldo ad occhi chiusi un violino riproducendone in modo a dir poco perfetto, la conosciuta sonata del compositore Giuseppe Tartini.

L'archetto si muove lento sui crini, piegandosi a destra e a sinistra, creando uno stravolgente componimento che cattura l'anima.
Le note svettano veloci, risalendo di potenza per poi discendere nuovamente lente.

Sono viscerali, talmente pure da fare quasi male al cuore.

I presenti ne sono stregati. Osservano senza parlare il ragazzo, come se lui gli stesse in qualche modo parlando senza in realtà farlo veramente, raccontando ad ognugno di loro qualcosa di strettamente nascosto di se stesso .

Alcune coppie si abbracciano teneramente, lasciandosi cullare dalla dolcezza del momento.

Il pezzo che il ragazzo sta riproducendo è abbastanza impegnativo, ma il suo braccio si muove talmente leggero e in modo così armonioso su quelle corde, da renderlo agli occhi delle persone che lo circondano, come se fosse addirittura semplice.

Le ciglia dorate rimangono chiuse, serrate, mentre che la bocca appena dischiusa ogni tanto si apre per mostrare un pezzettino di lingua rosea che passa veloce sul labbro inferiore, umettandolo piano.
Le mani si tendono a memoria.

Quando la melodia termina, il ragazzo rimane ancora fermo alcuni istanti ad occhi chiusi.

La bambina si alza in piedi ed inizia ad applaudirlo forte.

Il ragazzo biondo apre gli occhi di scatto, confuso, rivelando delle iridi cremisi di un colore veramente particolare.

Sbatte le ciglia chiare varie volte guardandosi attorno stupito dalla moltitudine di persone che si trova attorno.

Il suo sguardo vaga varie volte suoi loro volti compaciuti e sorridenti prima di soffermarsi su quello della bambina che continua a battere le mani tra di loro felice.

Un piccolo sorriso sghembo gli appare sul volto. Appoggia il violino per terra prima di avvicinarsi e fargli un mezzo inchino nella sua direzione.
La madre si avvicina abbracciandola e sorridendogli.

-Sei veramente bravo. Complimenti -  Gli dice tranquilla tirando fuori un piccolo portafoglio ed estraendo alcune banconote. Le lascia cadere nella scatola situata davanti a lui mostrandogli il suo apprezzamento.

-La ringrazio moltissimo Signora- .

Mormora il ragazzo dai capelli biondi guardandosi delicatamente attorno.
Con la testa esegue cenni riconoscenti verso le altre persone presenti che si apprestano ad imitare lo stesso gesto della donna, mettendo monete o banconote all'interno della fessura della scatola della offerte.

-Suonerai ancora qui?- Domanda la bambina paffuta cercando il suo sguardo.

Il ragazzo si abbassa sulle ginocchia guardandola in volto serio.
-Certo, adoro questo parco.
È il mio preferito.
E poi se ci sarai tu che tornerai a vedermi, non posso proprio mancare! -  Dichiara dandogli un leggero buffetto giocoso sul naso.

La bimba arrossisce timidamente stringendosi stretta alla gonna della madre che guarda la situazione ridendo.

-Grazie.- Dice divertita.
-Io sono Yoko Hamiti e questa bellissima donnina è mia figlia Tsumugi-

Il ragazzo biondo si rialza allontanandosi un ciuffo ribelle dagli occhi rossi.
-E io sono Katsuki Bakugo.
Al vostro servizio-

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