XXXIII
🔴🔴
(Tanto per cambiare😂)
-Juliet, vuoi andare un po' da zia Vera uno di questi giorni?-
Eh? E questa da dove esce adesso?!
-È tanto che non la vedi.- aggiunge John.
Ma guardali, John e Yoko Ono.
Si sono messi d'accordo per rovinarmi la vita..
Perché dietro a questa richiesta insolita c'è lo zampino di John, me lo sento.
- Ieri abbiamo provato a chiamarvi ma dove diavolo eravate finiti?-
Ahhhh, ecco qual era il segreto di stato che morivano dalla voglia di dirci. Volevano spedirmi a chilometri di distanza da Alexander.
Niente di nuovo insomma.
- Io ero da Mini, mamma. Sono rimasta a dormire lì.-
- Ero da Norman, non capisco qual è il problema adesso.- taglia corto Alexander, mentre con gli occhi mi fa cenno di rimettermi a posto i capelli per coprirmi i lividi sul collo.
-Non so se vi ricordate, ma abbiamo deciso di andare una settimana in Sardegna...- spiega mia madre.
-Prima che nasca il piccolo.-
"Ahhhhhhhh, già la Grecia."
Io ed Alexander solleviamo gli occhi e ci guardiamo nello stesso istante.
John non fiata, ma si vede che è contrariato.
-Partiamo stasera.- aggiunge lei.
Ma non doveva essere una vacanza di famiglia?
Beh tanto meglio.
- Cosa? E non l'avete detto prima, perché?-
Anche Alexander sembra contento del cambio di programma, ma la sua mania del controllo supera persino l'entusiasmo di questo momento.
Conoscendolo, avrebbe voluto saperlo con settimane di anticipo.
- Ecco cosa confabulavate in questi giorni! E tu eri sempre nervosa, mamma. Volevi farti la vacanza con il tuo maritino. È giusto che sia così.- le sussurro sperando John non mi senta.
Lui però finisce il caffè e si alza spazientito.
-E dai John non roviniamoci questa vacanza! Ti prego! Già sarà brevissima!-
Li sentiamo litigare dal salotto.
- Perché non portiamo i ragazzi?! Cosa ti cambia, Catherine? La casa che abbiamo affittato è talmente grande che ci sembrerà comunque di stare da soli.- propone lui.
- Perché non è una vacanza di famiglia! E poi hai detto che Alex ha una visita dopo domani! Se partiamo stasera come facciamo portarceli dietro?-
-Non voglio lasciarli da soli. Lo capisci o no? Sabato o domenica ci possono sempre raggiungere.-
-Sono adulti, John. Devi accettarlo.-
Io sto origliando la conversazione dei nostri genitori, mentre Alexander è completamente assorto nei suoi pensieri.
-A che pensi, Alex?-
Lui si tira su le maniche della camicia, mostrandomi i suoi polsi bianchi ed esili.
-A cosa farti.-
Sbatto le ciglia un paio di volte.
-Co...come scusa?-
-Hai capito benissimo.-
Lui mi fissa. E io non so che pensare, fortuna che si decide a spiegarsi meglio.
Lo vedo sporgersi verso di me per abbassare il tono di voce.
-Sto pensando a cosa ti farò per due giorni di fila. Non ti darò respiro, non ti farò neanche dormire.-
E lo dice con il suo tono apatico, fissandomi con uno sguardo che all'apparenza non promette niente di buono.
Lo vedo guardare il grande tavolo in legno nella sala da pranzo, poi il bancone della cucina.
-Alex...-
Meno inquietante, ti prego!
Lui solleva solo un lato del labbro.
Gli si forma una fossetta e anche se è un ghigno diabolico il suo, è così bello che risulta adorabile.
-Ovunque. Juliet. Ovunque.-
Stringo le gambe sotto al tavolo, pregustandomi quei momenti in cui starò sola con lui.
Chissà se John ce lo permetterà per davvero.
⚠️
I nostri genitori sono fuori da quattro minuti esatti.
Sono ancora in cucina a finire di ritirare i piatti dalla lavastoviglie, quando sento dei passi leggeri ma cadenzati, sulle scale.
Alexander scende in cucina.
Sono chinata a raccogliere le tazze, quando lo sento dietro di me.
-E sarebbe una gonna quella?-
Mi squadra curvando il capo a lato.
"Allora. Calma, Juliet."
Mia madre ha detto: "Non lasciare piatti sporchi in giro, lava per terra, metti sempre in ordine e stendi i panni."
Di certo non ha detto "fatti tuo fratello non appena metto piede fuori di casa".
Ma lui mi sta già intrappolando tra il suo corpo e il bancone della cucina.
-Che stai facendo, Juliet?-
-Mia madre ha detto...-
-Risposta sbagliata. Da ora in poi farai solo quello che ti dico io. Hai capito bene?-
Non ho annuito, ma mi sono sollevata in punta di piedi e ho raggiunto le sue labbra morbide e carnose per risucchiarle tra le mie.
- Mhmm-
Alexander trattiene un gemito roco, quando con le mani gli accerchio il viso.
Ma la mia dolce incursione dura solo un secondo. Troppo poco, perché lui mi afferra dai capelli e con l'altra mano stringe il mio viso forzandomi ad aprire la bocca sempre di più.
-Alex...-
Provo ad emettere un suono che però viene prontamente soffocato dalla sua lingua morbida ed impaziente, la sento esplorarmi sempre più a fondo.
- Stavo pensando, che magari potrei iniziare a prendere la...-
Le sue labbra non mi danno pace, mi tolgono il respiro finché non si stacca da me, osservandomi serio.
-L'hai presa ieri sera?-
- Sì.-
Poi il dorso delle sue mani è così freddo che mi accende un brivido piacevole. È lento e delicato, lascia una carezza all'interno delle mie cosce.
Io non distolgo le mie labbra dalle sue, non posso.
Alexander sale a cercare il tessuto del mio intimo, ma non lo trova.
-Dove cazzo sono le tue mutande?- sputa spingendo la sua fronte sulla mia.
- Ehm...-
Mi guarda torvo. Ma io so che mi sta amando in questo momento.
Il suo sguardo si fa più sottile, più assetato e si perde nei miei occhi adoranti finché non decide di avventarsi contro la mia mandibola. Inarco il collo quando con la bocca solletica il mio collo segnato dai suoi lividi, provocandomi uno spasmo di dolore e piacere.
Poi si lascia andare ad un mugolio appagato quando sente tra le mie gambe, la voglia che ho di lui.
-Come siamo pronte...-
Mi afferra dai fianchi e mi tira sul bancone con un gesto deciso.
-Apri le gambe e sta ferma.-
Le nostre bocche continuano a lottare, sento le labbra cominciare a bruciare per quei baci così rudi ed intensi.
Poi avverto il tintinnio inconfondibile della cintura. Alexander si sta sbottonando i pantaloni.
-Cristo.-
Lo sento mormorare quando con la mano torna ad accarezzare la mia intimità pulsante.
C'è solo un piccolo particolare: il mio cellulare sta suonando.
-Chi è?- ringhia ormai accaldato.
- Non so... fammi...-
Scendo dal bancone con le guance in fiamme, mi risistemo la gonna, poi afferro il cellulare dal tavolo.
-È mia madre.-
Resto in silenzio a guardarlo.
Sto aspettando un segnale, devo rispondere?
Alexander si riabbottona i pantaloni a fatica.
-Rispondi.- bofonchia infastidito.
-Mamma?-
Spero che io mio tono non sia troppo languido. Sto ancora pensando a quello che avremmo potuto fare di lì a poco.
-Juliet che fai?-
-Stavo...-
Mi guardo intorno. C'è il suo profumo, così buono, così forte che non mi fa ragionare.
Poi vedo il secchio per lavare a terra.
- Stavo spazzando, lavando.. a terra.-
Alexander si mette le mani sui fianchi, poi solleva gli occhi al soffitto.
Gli lancio uno sguardo colpevole
"Sono un'imbranata lo so!"
-Ah. Senti ho dimenticato di portarmi dietro un documento. È solo il numero di conto corrente, mi fai una foto e me la mandi?-
-Sì.-
-Lo trovi nella scrivania di John. Ti richiamo stasera. Mi raccomando ricordati di stendere.-
-Siiiii-
-E di svuotare il filtro della...-
-Seee-
C'è un attimo di silenzio.
- Alexander che fa?-
-Sta studiando.- rispondo di getto.
-Ah.-
-Credo. Non lo so. Cioè... io.. Non l'ho visto.-
Lui trattiene un ghigno, poi mi fa cenno di no con la testa.
Sono un caso perso, è ufficiale.
-Va bene, ci sentiamo dopo.-
-Non potevi liquidarla?- domanda Alexander quando chiudo la chiamata.
-Vuole che le mando questo documento... arrivo subito.- sbuffo dirigendomi in camera dei nostri genitori.
Apro il cassetto della scrivania di John, rovisto un po' finché non trovo quello che mi ha chiesto mia madre, infine le mando una foto.
-C'è qualche problema Juliet?- domanda Alexander quando ritorno in cucina.
Lui sta aprendo il frigo.
-No...-
Lo richiude all'istante poi torna davanti a me con le mani in tasca.
- Ne sei sicura? Sembri turbata. Cosa c'è?-
-Sai ripensandoci... l'ultima volta che siamo stati soli io e te... è stato quella sera....quando sono scappata.-
-Già.-
Alexander si incupisce all'improvviso.
-Non ne ho un bel ricordo.-
Il suo viso solitamente così bello, si deforma in un'espressione contrita, finché non io torno a parlare.
-Cosa ti va per cena?-
Mi guarda confuso, sembra ancora rapito da altri pensieri.
- Hai fame, no?- domando io.
-A dirla tutta sì. Juliet?-
Ora mi sta guardando preoccupato.
-Cosa c'è?-
- L'hai presa vero?-
Sbuffo così forte che Alexander si spazientisce.
-Non sbuffare quando ti parlo.-
-Si vabbè...-
-Sì vabbè un cazzo, ti sto parlando di una cosa seria.- sputa avvicinandosi con occhi stretti.
-Paura,eh?- lo provoco con voce infantile.
- Juliet, ti pare che io stia scherzando? Vuoi forse rimanere incinta?-
- Sei così terrorizzato all'idea, che ti fai paranoie inutili, non mi sei neanche venuto dentro.-
Lo guardo chiudere gli occhi, come per contare fino a dieci e non aggredirmi con un risposta troppo affrettata.
-E tu cosa diavolo ne sai, mhm?-
- Beh ero lì con te, se non mi ricordo male.- lo prendo in giro, sedendomi sul bancone della cucina.
-Sì, fisicamente eri lì. Ma con la testa, verso la fine non mi sembravi molto attenta...-
-Beh a sto punto neanche tu sei stato molto attento, dato che mi sei venuto dentro.-
- Non ti sono... sei una sciocca, lo capisci che è una precauzione in più?-
-Comunque se ti fa stare più tranquillo, stavo pensando di cominciare a prendere la pillola.-
-Hai fatto le visite?-
-Che visite?- chiedo ignara.
-Fai le visite e poi ne parliamo.- dice con il suo tono arrogante.
Sento il nervoso salirmi dentro.
-Non decidi tu, lo sai?-
-Certo, certo...-
-È il mio corpo e decido io. Almeno questo l'hai capito, vero?-
Se potesse ridermi in faccia lo farebbe, lo vedo da come mi guarda e stavolta la sua aria di superiorità mi fa adirare e non poco.
-Sì certo. Ma sesso lo fai con me, se permetti voglio dire la mia
Fai le analisi del sangue, poi ne riparliamo.-
Ci metto un attimo a capire qual è il motivo di tanta ostilità.
-Ahhhhh. Hai paura che da sbadata come sono... me le la dimentico, vero?-
-Perché stiamo litigando, Juliet?- chiede con il suo tono calmo.
-Perché tu mi tratti sempre come un stupida! Sempre!-
-Non è mia intenzione. Davvero, dico solo...Vieni qui.-
Non mi muovo di un centimetro questa volta.
Ho capito il suo stato d'animo.
Se io prendessi la pillola, Alexander non avrebbe il minimo controllo e dovrebbe fidarsi di me, è questo il problema. Sto imparando a conoscerlo, so che è così e sinceramente la cosa non mi piace affatto.
Sono però costretta a scacciare quel pensiero, quando sento il mio stomaco brontolare.
-Possiamo preparare dei i biscotti?!- domando con vocina da bambina.
-I biscotti? Per cena?-
-E dai! Cosi Mi fai vedere come li fai tu.-
Alexander mi squadra per qualche secondo poi corruccia le sopracciglia.
-Oh. Okay.-
-Prepara le dosi che ti dico io.- annuncia mentre mi accingo al bancone.
-Ma sì, tanto si va ad occhio, no?- chiedo posizionandomi a fianco a lui.
-Ma quale occhio. Prendi la bilancia da cucina, per cortesia.-
-Pesi tutto?-
-Vuoi che siano immangiabili, Juliet?!-
Metto il broncio.
-Beh io li facevo così!-
Alexander sorride, poi mi lascia un bacio sulla fronte.
- Vieni qui con me. Ti faccio vedere.-
Mi fa posizionare davanti a lui, poi mi abbraccia da dietro, mentre mi dà le le istruzioni da seguire.
Comincio a pesare gli ingredienti poi inizio a mescolare burro, farina e tutto il resto, nell'ordine esatto che mi suggerisce Alexander.
-Li vuoi al cioccolato?- domanda mentre allunga una mano per allineare in ordine maniacale tutte le ciotole.
-Certo.-
-Dio, se sei disordinata.-
Sembra che io non riesca a non fare casino.
-Ora questo.-
Deglutisco a fatica quando Alexander apre un cassetto in fondo alla cucina e tira fuori un matterello in legno, è gigante.
Me lo lascia tra le mani, poi si posiziona alle mie spalle e mi cinge i fianchi con decisione.
- Stendi l'impasto con questo.-mi ordina.
-Okay..-
-Devi metterci la stessa pressione in tutti i lati. Devi distribuirla in egual misura.-
Le sue mani mi aiutano a compiere il movimento più corretto.
Stiamo solo stendendo l'impasto dei biscotti, ma io mi sento sciogliere nelle sue braccia.
-Sbaglio o hai cambiato faccia quando l'hai visto?-
Sento il suo profumo mescolarsi con quello dell'impasto burroso e zuccherato, mentre io finisco di stendere la frolla sotto ai suoi occhi attenti.
Deglutisco ancora.
- Non ho fatto pensieri strani. Tu forse.- mi giustifico subito.
Lo sento sorridere, prima di lasciarmi un bacio tra i capelli.
È dolce.
-Qualsiasi cosa tu voglia provare, Juliet. Devi solo chiedere.-
Ma i baci che comincia a darmi sul collo però, sono meno dolci del previsto, sento tutta la sua eccitazione riversarsi sulla mia pelle.
-Ho paura.- bisbiglio quando poso il matterello sul ripiano. Pesa davvero tanto e il rumore che fa quando tocca la superficie è spaventoso.
- Juliet io non ti farei mai niente che tu non voglia.-
-Lo so, ma...a volte penso a cose che... fanno paura se penso di provarle per davvero.-
-Tieni.-
Alexander mi passa le gli stampini per fare le forme dei biscotti.
-Non devi mai avere paura con me, Juliet. Né vergogna.- aggiunge con voce sicura.
Sento il cuore accelerare nel petto, il mio stomaco comincia a contorcersi. Non so dove Alexander voglia arrivare con questi discorsi, ma il mio corpo di sta agitando.
-Sii sincera, Juliet.-
La sua voce profonda si fa strada tra i miei capelli, fino ad arrivare calda e seducente al mio orecchio.
- Dimmi, Alexander.-
-Ti manca?- mi chiede all'improvviso.
Non rispondo subito, ma ho capito perfettamente.
-Che...che cosa, Alex?-
-Il dolore, Juliet.-
Se Lucifero avesse una voce sarebbe la sua, così bassa, roca e suadente.
-Li inforno che dici? A me sembra che lo spessore sia giusto, anche la forma! Oh no, abbiamo dimenticato di accendere il forno!!- esclamo lanciandomi una mano sulla fronte.
Ovviamente mi sono sparsa la farina ovunque.
-Aspetta, spostati...faccio io. Non stare così vicina che ti scotti.-
Sorrido per la sua premura, sempre eccessiva, ma mai troppa con me.
-Quando il forno arriverà a temperatura, li potrai infornare.-
Ruoto tra le braccia di Alexander per cercare i suoi occhi scuri nei miei.
Dio, sei così perfetto.
-Lavati le mani, prima.— ordina indicandomi il pastrocchio che mi ritrovo appiccicato alle dita.
Mi lavo le mani nel lavandino della cucina, poi non faccio in tempo ad asciugarle bene che Alexander sta già cercando la mia bocca con la sua.
È sfacciato, è indecente, è quasi volgare il bacio che ci stiamo dando.
Con le mani mi aggrappo alla sua maglietta scura, la stringo tra le dita fino a sfilargliela del tutto.
Ma con Alexander non c'è mai nulla di facile.
Mi fa voltare contro il bancone, prendendomi alle spalle.
-Ti ho fatto una domanda ben precisa, Juliet.-
O mio Dio.
-Ti manca sì o no? Non è difficile.-insiste nel mio orecchio.
-Io...-
-Una risposta esauriente, Juliet.-
Lo sento sollevare la mia gonna con una mano.
Mi si blocca il respiro, poi lo dico.
-Sì. Ehm..Un po'.-
-Cazzo.- impreca assestandomi una sculacciata così forte che quasi mi cedono le ginocchia.
-Hai proprio deciso di farti scopare duramente vero?-
-Alex, ti prego...fa piano.- sussurro mentre lo sento armeggiare con i pantaloni, poi lo schiocco del preservativo alle mie spalle.
Mi piego verso il ripiano della cucina, quando qualcosa di duro e caldo sfrega contro la mia pelle.
Alexander emette un mugolio eccitato, lento e sussurrato, mentre ancor più lentamente si insinua dentro di me.
Un gemito inaspettato abbandona le sue labbra e io mi preoccupo all'istante.
- Stai bene? -domando con un po' di apprensione.
Non dovrebbe fare sforzi, ma ora non mi sento di fermarlo sinceramente.
- È che...Sei sempre troppo piccola per me.-
Le sue dita cercano i miei fianchi ai quali ancorarsi, per cominciare ad assestarmi spinte così lente e così profonde che mi fanno tremare dall'interno.
C'è solo il suono della sua pelle si infrange sulla mia e mentre con una mano mi afferra dai capelli, con l'altra scivola sotto alla mia maglietta e dentro al mio reggiseno, cominciando ad accarezzarmi con i suoi polpastrelli ruvidi.
Emetto un lamento soffocato quando la presa intorno alle mie ciocche si fa più serrata, mi costringe ad inarcare il collo per poi a spingermi la testa contro bancone di marmo.
- Cristo, Juliet.-
Lo sento pulsare forte dentro di me. Il suo ritmo è così rude che chiudo gli occhi, lasciandomi andare totalmente alle sue mani, ma dura troppo poco.
Alexander all'improvviso si ferma.
Così mi volto e lo guardo mettersi una mano sulla fronte.
È sudato, oserei dire che è stanco.
- Io non... cazzo.- lo sento biascicare prima mi riafferrarmi dal fianco.
Non dovrebbe neanche passare troppe ore in piedi, figuriamoci sorreggere il mio peso e fare tutto ciò che sta facendo.
-Non ti devi stancare, Alex.
Dovresti sederti un attimo..-
-Non sei tu a dare ordini, Juliet.-
dice Alexander, poco prima di tornare sulle mie labbra come se fosse necessario baciarmi ancora in quella maniera così intensa.
Mi prende di peso e mi appoggia sul tavolo della cucina, non faccio in tempo a formulare un pensiero coerente che sento il suo corpo bagnato scivolare dentro il mio.
Sono ormai distesa, in preda ai gemiti, mentre Alexander prende a riempirmi con più urgenza.
E in questo momento non sembra affatto stanco.
Si avventa sul mio collo per poi scendere a segnare la mia pelle di baci umidi. Baci che diventano risucchi, poi morsi, poi lamenti.
I miei.
Mi sento andare a fuoco sotto di lui, e quella sensazione di calore si propaga ancora di più quando torna a guardarmi negli occhi.
Mi toglie i capelli dalla fronte.
Un piccolo gesto, ma dannatamente forte di significato.
Mi vuole guardare negli occhi, non è solo il mio corpo che gli interessa.
Ti amo così, tanto.
Vorrei dirglielo, quando lui si guarda intorno e mi precede.
-Ti voglio fottere. In tutti i modi possibili. E lo farò ovunque.- ansima eccitato.
Okay, magari le paroline d'amore le lasciamo per un'altra volta.
- Alexander, io...-
- Cristo, perché ti voglio sempre così tanto, Juliet?-
La sua domanda, non me l'aspettavo.
- Anche io ti voglio, ma forse perché....-
Ti amo.
Non ora.
Rilasso completamente la mente, ma il mio corpo è teso come una corda di violino, mentre Alexander lo riempie e lo svuota senza sosta.
-Guardami negli occhi.-
E io lo faccio, ma non posso fare a meno di notare come lui sia sempre così controllato anche in queste situazioni, dal suo viso non trapela un'emozione.
I nostri respiri accelerano all'unisono, finché non poggia la fronte sulla mia ed esplodiamo in un orgasmo violento.
Sono ancora riversa sul tavolo, sudata e con la fronte appiccicaticcia. Ho bisogno di una doccia. O di qualcuno che accendi l'aria condizionata perché sto morendo di caldo.
-Inforno i biscotti, va a farti una doccia.- mi dice Alexander dopo avermi lasciato un bacio sulle labbra.
-Ma...-
-Ci penso io, tu vai.- mi dice lasciandomi interdetta.
Non voglio sentirgli dire parole d'amore in continuazione, però devo capire che cos'è che mi turba tanto in questo momento.
Devo capire come incastrare la mia voglia di dolcezza con la sua freddezza ed il suo essere impassibile.
C'è modo di farlo?
Sono sotto alla doccia e non smetto di pensarci.
Ripenso all'episodio del ristorante.
Forse dovrei dirglielo io?
Voglio che mi tieni per mano.
Voglio che mi dici che mi ami.
Voglio le coccole, dopo.
Ma non dovrebbe essere una cosa normale?
Ho ancora l'accappatoio addosso quando mi siedo sul bancone della cucina. Sono talmente lenta a lavarmi i capelli che Alexander si è già lavato e ha già sfornato i biscotti.
- Scottano?- domando dondolando le gambe.
- No, assaggia.- dice lui portandomi alla bocca metà del suo biscotto.
Si è messo un paio di pantaloni comodi della tuta e una t-shirt sportiva. Eppure è così bello che mi toglie il fiato.
- Mhmmm.. Niente a che vedere con quelli che facevo io! Quelli erano terribili vero?!!?- esclamo sotto al suo sguardo rilassato e divertito.
Mangio due biscotti ma poi sento lo stomaco brontolare di nuovo.
Alexander controlla l'ora.
Sono le nove.
-Sei affamata?-
-Sì...- mormoro guardando a terra.
Cosa gli costa dirmelo di nuovo?
Ha ragione, elemosino certezze. Però che male c'è a volerselo sentir dire? A volere un po' di affetto?
-Ci ordiniamo una pizza?- domanda passandosi una mano tra i capelli ancora umidi.
Annuisco continuando a guardare a terra.
I miei capricci però trovano terreno fertile nella sensibilità di Alexander.
-Dio, che bambina. Vieni qui.-
Mi afferra dal polso e dopo avermi fatta scendere dal bancone, mi abbraccia.
Ormai il suo profumo ha il sapore di casa per me. Non ho bisogno di altro in questo momento.
-Non so dove sarei ora se non ti avessi conosciuta, piccoletta.-
Le sue parole dovrebbero spiazzarmi, ma non lo fanno.
Mi scaldano il cuore.
Non riesco più a contenermi. Trabocco di amore per lui, non ha senso trattenermi.
-Ti amo Alexander, ti amo da morire.- sussurro contro il suo petto caldo.
-Non mi importa di tuo padre, del processo, di niente. Ci sei solo tu per me.- continuo sottovoce.
Lui mi accerchia il viso con entrambe le mani, poi lo solleva.
-Juliet, te lo sto promettendo: non permetterò a nessuno di dividerci.-
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eeeehhhh sì 😇 tutto molto bello ma sapete che non mi piace scrivere favolette, ma storie il più possibile realiste..quindi ..
Dal prossimo capitolo cominciano i guai ⛔️
Ho deciso che aggiornerò quando ogni nuovo capitolo raggiunge le 2 mila letture 🤗
A presto 🖤
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