XXVIII
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Juliet pov
Alexander fa colazione davanti ai libri di scuola, sta continuando a studiare per gli orali. Quando i passi di John nel salotto si fanno più vicini, lo vedo irrigidire la mascella.
Ieri mi ha lasciata come una stupida nel corridoio, pensavo mi baciasse e mi chiedesse di fare pace, invece se n'è andato. Incredibile.
E ora è più forte di me. Devo stuzzicarlo.
Mi siedo sul tavolo della cucina accanto a lui con il solo intento di dargli il tormento.
-Ancora paura che papino non ti paghi l'università?-
Lui sembra accusare la prima frecciatina e non solleva gli occhi dal libro. Da quando abbiamo discusso ieri pomeriggio, non ci siamo più tornati sull'argomento.
-Uno: abbassa la voce, due: non parlarmi in questo modo.-
-Sennò?-
-Juliet...-
Raccolgo quel poco di maturità che mi rimane e gliela sbatto addosso.
-Dimostrami che sono davvero importante per te. Andiamo via. Non buttiamo tutto all'aria solo per John.-
Non mi sembra così difficile.
Ci amiamo? Stiamo insieme.
Non mi ami quanto ti amo io?Ognuno per la sua strada.
L'ha detto anche lui: devo smetterla di elemosinare.
Se mi vuole per davvero pretendo che faccia qualcosa per me.
Non voglio essere al secondo posto dopo suo padre, o dopo la scuola.
-Non fare la bambina.-
Il tono di Alexander è come sempre di rimprovero.
E lo sguardo duro non è da meno.
-Farai di nuovo il bipolare ora che ti ricatta con l'università, vero?-
Lui a questo punto stringe i denti e decide di ignorarmi, tornando sui suoi libri.
-Che auto controllo, complimenti... ti stai ingoiando tutte le cattiverie che vorresti dirmi? Attenzione che fai indigestione.-
Improvvisamente si volta di scatto, facendomi sussultare.
-Ora chiudi quella bocca o giuro che te lo do io qualcosa da ingoiare. E anche bello grosso.-
Abbasso lo sguardo all'istante.
Alexander mi prende il mento tra due dita e mi forza a guardarlo.
-Ci sei rimasta male per ieri. Ti chiedo scusa, non era mia intenzione offenderti.-
-Voglio solo dirti che non elemosino proprio niente. Scusa tanto se ho bisogno di qualche cert...-
Alexander infila le mani sotto al tavolo all'istante.
- Buongiorno ragazzi.—
John.
Sbuffo sommessamente.
Non voglio che ci veda, ma da un lato...beh, sì. Vorrei che lo sapesse, che non può fare nulla per impedirci di stare insieme.
- Ragazzi! Già in piedi!-
Eccola, anche mia madre.
E in un attimo stiamo facendo colazione tutti insieme.
Sembra un giorno come un altro: Alexander è tremendamente infastidito da tutto e tutti ma all'apparenza non lo dà a vedere, mia madre che si lamenta della gravidanza che a quarant'anni non è come a venti. John che ci osserva circospetto e io che ho ancora quella stupida abitudine di guardare Alexander continuamente.
È come se i miei occhi fossero altamente sensibili alla bellezza e lui fosse l'unica cosa degna del mio sguardo, in questa casa.
-Alex ricordati che oggi verrano due agenti di polizia.-
-Sì papà.- replica controvoglia.
Certo, perché oltre ad avere un buco nel fianco, suo padre che gli rompe le palle continuamente, gli esami della maturità... ci mancavano quelle piattole dei poliziotti.
Lui però sembra soportare il peso di tutto questo senza problemi, si alza per prendere del caffè e noto cha ha quei pantaloni grigi della tuta che gli stanno da dio.
Alexander ha sempre indossato la divisa della scuola o vestiti eleganti. È raro vederlo in tenuta sportiva. Ma dato che dovrà stare in convalescenza ancora un po', mia madre gli ha fatto rifornimento di pantaloni della tuta per stare in casa.
Si volta biascicando un distratto: -Volete del caffè?-
I miei occhi cascano troppo in basso questa volta.
Ma Alexander è così grande che è impossibile non vederlo.
-No, io sono a posto. Devo andare a lavoro. Alex miraccomando.-
John fa per allontanarsi da tavola, e quando anche mia madre si alza per salutarlo, Alexander mi fulmina con uno sguardo scuro.
-Che cazzo guardi?-
-Non ti sto guardando- ribatto infastidita dalla sua sfrontatezza.
Capisco che sia nervoso, però non sopporto i suoi sbalzi d'umore. Sopratutto perché li riversa sempre su di me.
-Tutto bene?- Chiede John quando è già sulla porta.
- Sì.— sputa il figlio senza sollevare gli occhi dalla colazione.
-Juliet, lo vuoi capire o no che la devi smettere?-
Alexander mi indica suo padre, ormai di spalle.
-Ma che c'è?-
-C'è che dovresti smetterla di farmi gli occhi dolci là sotto. Almeno a tavola.— mormora lui quando mia madre torna di nuovo vicino a noi.
Ha paura di suo padre, ma di mia madre per niente. Lei si dirige come un pachiderma al bancone per prendere un'altra fetta di pane.
-Vuoi farmi prendere un colpo?- sussurro.
-E tu vuoi finire in ginocchio sotto al tavolo a succhiarmi?-
-No!-
-Allora zitta e tieni gli occhi a posto.-
-Stronzo.-
Lui sorride. È così bello che resto interdetta.
-Sarà una giornata stressante oggi. Ma da domani voglio cominciare a dipingere la cameretta di azzurro.-
Mia madre ci sorprende con una notizia davvero "interessante".
-Uhm. Mi sembra un'ottima idea Catherine.- dice Alexander.
Mi chiedo se la prenda sul serio o faccia finta.
Lei ovviamente non perde tempo per iniziare a tessere le lodi del suo figlioletto preferito.
-Alex non posso credere che ce la farai a diplomarti. Sia chiaro, non che avessi dubbi... sapevo che ce l'avresti fatta nonostante tutto. Solo che...con tutto quello che hai passato, sia per me che per tuo padre, questa è una soddisfazione grande grande grande.-
-Già, è molto molto grande.- annuisce Alexander guardandomi.
- Vero,Juliet?-
- Eh? Ah. Sì, bravissimo. Un genio, guarda- bofonchio innervosita.
Mia madre si è di nuovo alzata allontanandosi dal tavolo, si sta tostando l'ennesima fetta di pane. Ma quanto mangia?
Provo a distrarmi, ma i miei occhi tornano di nuovo su di lui.
Fa dannatamente caldo.
-Smettila di leccarti le labbra. Ho capito cosa vuoi. Basta.-
-Non voglio proprio niente! Tu hai le allucinazioni!- bisbiglio sottovoce. - Ti ho detto che...-
-Certo, certo. Vedi questo?-
Alexander mi mostra il suo pollice dopo averlo incastrato tra i denti.
-Tra esattamente trenta secondi te lo spingerò dentro.-
Non riesco a distogliere lo sguardo da mia madre. Se ci sente sono morta.
Tutta la mia spavalderia è andata a farsi benedire.
-Vedremo se sono solo mie allucinazioni.-
Lui mi guarda serio, sento un tremolio alle ginocchia.
-Catherine?-
Oh no, riconosco il suo tono.
-Sei sicura non sia arrivata della posta per te stamattina?-
-Per me? Mhm...- la vedo pensierosa mente posa la fetta di toast sul piatto.
-Mi è parso di vedere una lettera da parte della banca, sul mobiletto all'entrata. Vuoi che vada a prendertela?-
-Allora hanno accettato di farci il prestito! No mangia tranquillo, vado io.-
Lei muove due passi verso l'uscita della cucina.
Non faccio in tempo a subire il suo ghigno machiavellico che la mano di Alexander arriva decisa sulla mia coscia, la sposta con irruenza prima di superare il tessuto della mia gonna. Poi scavalca le mie mutande. E il suo pollice entra pesante dentro di me.
-AHI!!-
Salto in piedi.
-Solo pubblicità in buca. Mi aspettavo quella lettera della banca, ma niente...—
Mia madre mi squadra incuriosita. Sto in piedi come una statuina immobile.
- Già finito Juliet?- domanda osservando il mio piatto ancora pieno.
-Grazie per la colazione, Catherine.- dice Alexander con tono fastidiosamente educato.
Lei si volta a posare le lettere sul bancone.
Ma io vedo solo la sua lingua strisciare maniacalmente lungo tutto il suo pollice.
-Davvero gradita.-
Giro i tacchi all'istante e salgo su per le scale prima che mia madre veda la mia espressione scandalizzata.
Arrivo davanti alla porta ma Alexander mi blocca contro il muro.
-Non così in fretta, Juliet.-
Provo a fare resistenza, solo per il gusto di vederlo esercitare un po' di forza su di me. Quel poco che lo fa andare su di giri.
Mi imprigiona i polsi in una mano, mentre con l'altra sale sotto alla gonna.
-È così che ti faccio sentire?-
Lo sento spingere forte dentro di me.
-No...io...-
No? Ma cosa sto dicendo?
E quando Alexander libera i miei polsi, finalmente ho la libertà di prendere il suo viso tra le mani, lo spingo verso di me per cercare la sua bocca.
Il mio cervello ormai è completamente disconnesso. Avevamo litigato ieri?
Lo odiavo?
Cosa volevo?
Conferme?
John chi?
Voglio solo lui in questo momento.
E quando la sua lingua entra rude dentro alla mia bocca, non riesco più a controllarmi.
Mi bacia in maniera così sfacciata che mi sento andare a fuoco.
Mi afferra una coscia, poi l'allaccia intorno al suo bacino.
Sento il suo cuore contro il mio, la sua bocca forma un incastro bagnato e perfetto nella mia. E la mia lingua cerca il suo buon sapore disperatamente.
- Cristo, Juliet.-
- Alex... non è meglio se entriam...-
Lui però non mi dà ascolto, lo sento indurirsi tra le mie gambe, con i fianchi preme duramente contro il mio bacino mentre la sua bocca cerca il mio orecchio.
-Juliet, ho una voglia di farti male...-
- Alex!- Lo rimprovero con le gote accaldate.
-Ma non ne ho le forze, cazzo.- ringhia contro la mia guancia.
-Sdraiati dai, mi fai preoccupare- Apro la porta alle nostre spalle, indicandogli il suo letto.
Lui si siede sul bordo, poi mi guarda facendomi tremare.
-Chiudi la porta.-
Non faccio in tempo a chiuderla che mi sta già dando un altro ordine.
-Adesso vieni qui.- mugugna con sguardo torvo, indicandomi la sua gamba.
Vorrei poter dire che so a cosa andrò in contro, ma in realtà non lo so. Con Alexander è sempre difficile fare previsioni.
Mi siedo sulle sue gambe con il cuore in gola, lui separa le mie cosce con forza, mentre mi rilasso con la schiena contro il suo petto.
-Apri le gambe.- sussurra tra i miei capelli.
Comincio ad avere i brividi. Perché è già così piacevole se non sta facendo nulla?
-Mhm.-
-Alex avevi detto che John...-
-John? Non mi sembra che tu ti stia facendo troppi problemi, Juliet...- mormora cominciando a strofinare avidamente la mano contro il cotone delle mie mutande.
Le sposta dolcemente, per poi farmi agoniare il tocco delle sue dita esperte sul mio clitoride sensibile.
Inizio a godermi la sensazione piacevole ancor prima che lui decida di premerle a fondo dentro di me.
Non molto dolcemente però.
Inarco il collo,come per attutire quella sensazione sublime che solo lui sa provocarmi.
- Dio come vorrei stare qui, dentro di te.- lo sento mugolare tra i miei capelli.
Comincio a sentire quello stato di benessere, di testa leggera, di confusione. Forse è il suo profumo così divino, o forse è il tocco delle sue mani che si muovono con maestria dentro e fuori da me.
- E perché non possiamo farlo, Alex?-
I miei gemiti sono così soffusi che è quasi impossibile sentirli, però il mio respiro sta cominciando ad accelerare.
-Juliet, è troppo che non...-
Alexander si interrompe quando provo a muovermi appena, mi trattiene dai fianchi, prima di bisbigliare nel mio orecchio.
-Non voglio entrarti dentro e farmi una schizzata. Voglio sentirti godere, adesso.-
Volto la testa alla ricerca delle sue labbra perfette. Ho bisogno di baciarlo. Ma lui è troppo impegnato a parlarmi con quel tono così profondo e sfacciato.
-Ora fammi sentire, Juliet. Cos'è che avevi da guardare prima?-
"Oh no."
-Beh... quei pantaloni ti stanno così bene...-
Non mi aspettavo che un tono così malizioso potesse uscire dalle mie labbra.
La mia bocca è ormai scollegata dal mio cervello.
-Sei cattiva. Davvero una bambina cattiva. Non dovresti fare questi pensieri a colazione.-
- Alex...-
Le sue dita sempre più bagnate prendono a giocare con foga dentro di me.
E io non posso nascondere quanto mi piaccia.
- Come faccio a starti lontano se fai così, Juliet?-
Accompagno i suoi movimenti andandogli incontro con il bacino, quando però comincio a sentirlo duro e rigonfio sotto di me, mi lascio scappare un gemito.
- Lo vuoi vero?-
E solo il pensiero mi fa venire voglia di stringere forte le gambe.
- Sta ferma.-
Ma lui non me lo permette.
-Shh... — sussurra nel mio orecchio mentre con i polpastrelli non smette di tormentare un punto preciso dentro di me.
Lo sa, lo sa che sto per lasciarmi andare.
È troppo.
-Alexander...-
Fremo al tocco delle sue dita che danzano senza sosta, mentre con l'altra mano mi tiene salda, affonda nella parte più interna della mia coscia. Le sue dita premono così forte da stringermi la pelle e farmi male.
-Devi stare ferma.- ordina perentorio.
Obbedisco con le guance rosse e il respiro impazzito.
- Ti prego.- sibilo, provando in tutti i modi a non contorcermi.
-Quindi è cosi? Mi vuoi dentro di te?-
Un pizzicore intenso si diffonde sotto alla mia pelle quando i suoi polpastrelli graffiano e stringono la mia gamba così duramente da farmi urlare.
-Sì, ti prego!-
Non so dire altro. Ho la testa annebbiata, tutte le mie energie sono concentrate verso al mio basso ventre.
- "Sì, ti prego" cosa? Non ho capito.-
Alexander fa un ghigno perfido.
Lo odio in questo momento, ma chiudo gli occhi e lascio che sia lui a guidarmi ancora una volta.
- Ti voglio Alexander.—
La mia bocca parla da sola. O forse è proprio lui in controllo della mia bocca, dei miei pensieri, dei miei respiri accelerati, del mio collo quando comincia a segnarlo di baci bagnati e avidi.
Spinge sempre più a fondo, mentre con il pollice prende a tormentare la mia zona più sensibile. Lo fa così bene che sono costretta ad ingoiare un gemito di piacere.
-Non sai quanto vorrei farti urlare, Juliet.-
Ho un sussulto.
La sua voce è sempre così profonda e seducente, non ha mai un attimo di esitazione.
-Avanti.- ordina facendomi tremare le gambe.
-Vieni, Juliet. Fammi sentire quanto lo vuoi.- lo sento mugolare eccitato nel mio orecchio.
Alexander sfrega con durezza le sue dita sulle mie labbra sensibili, fino a far esplodere quella tensione che si era accumulata dentro di me.
E vengo sconvolta da un vortice di benessere indescrivibile.
Resto senza fiato per qualche istante. Non mi sento più le gambe, le braccia la pancia.
Solo un dolce bacio tra i miei capelli.
- Stai bene?-
Il mio "sì" è un sussurro, devo ancora riprendere fiato.
Ma la posizione è scomoda ormai. Quando mi sollevo in piedi non posso più fare a meno di notarlo.
I pantaloni di Alexander stanno strabordando.
Non aspetto che me lo dica, mi inginocchio tra le sue gambe.
- Abbassami i pantaloni- dice fissando attentamente la mia faccia.
Obbedisco alla sua richiesta, poi lo libero dai boxer.
Lo accolgo con le mani tremanti, ma Alexander mi fulmina senza troppi giri di parole.
- Piano o ti lego le mani e sarai costretta a usare solo la bocca.-
Mi dice di far piano ma poi mi afferra per i capelli e mi spinge contro di lui, facendo affondare la mia bocca sulla sua lunghezza, fino in fondo.
-Spero ti passi la voglia di leccarti le labbra quando mi guardi.-
Mi dà respiro ma non molla la presa. I miei capelli sono un mucchietto nelle sue mani, li tira indietro e io sono costretta a guardarlo negli occhi.
Ci guardiamo per qualche istante.
Sono in adorazione, come potrebbe essere altrimenti?
Lui è perfetto.
Sto ancora ammirando la bellezza sconvolgente di Alexander, ma lui mi riporta alla realtà quando sfrega la sua eccitazione sulla mia bocca. È così teso e sensibile che appena lo sfioro è costretto a mordersi il labbro per reprimere un gemito di piacere. Lo guardo chiudere gli occhi per qualche secondo.
Sarò anche in ginocchio, ma è lui a dipendere da me adesso.
Ho io il controllo delle sue emozioni, del suo corpo e ci gioco fino a fargli perdere i freni. Lo porto a stringere forte i pugni sulle lenzuola, per poi farlo rilassare completamente dentro alla mia bocca.
- Vieni qui, Juliet.- dice con voce suadente, non appena riapre gli occhi.
-Alex sei ancora in convalescenza dovresti riposare.- lo rimprovero prontamente.
Lui mi tende una mano per farmi alzare in piedi, poi sfiora le mie cosce fino a salire sempre di più.
- Però qui sei ancora umida.-
Lo vedo osservare maniacalmente l'interno della mia coscia che è leggermente arrossato. Ci sono ancora i segni delle sue dita.
-Sdraiati.- gli dico irremovibile.
Alexander sorride poi si lancia sul letto, lasciandosi andare ad un grosso respiro di sollievo.
- Meglio ora?- lo prendo in giro.
-Cos'è che ti ha eccitato tanto, Juliet?-
- Niente.- farfuglio rovistando nel suo cassetto della biancheria pulita.
- Dimmelo, è stato soffocarti con il mio...-
-Mi piace quando prendi il controllo— lo interrompo.
—Ma dai? Non l'avrei detto.- replica sarcastico.
- Ma anche quando lo perdi.-
Gli porgo un paio di boxer puliti.
Lui mi guarda interessato.
-Mhm. Grazie Juliet.-
- E di cosa!- scoppio a ridere.
Alexander però non sta più ridendo, è tremendamente serio.
-Ti stai occupando di me. Lo fai sempre, ogni giorno. Con la
ferita, con tutti i piccoli gesti che fa per me.-
E lo dice come se fossero cose di grande importanza.
-Tu faresti lo stesso...-
-Cristo, ci puoi scommettere.-
Mi volto a guardarlo incuriosita, così lui decide di concedermi qualcosa di più.
-Mi occuperò sempre di te piccoletta. Non devi aver dubbi a riguardo, hai capito bene?-
Contengo la felicità stringendola tutta in un piccolo sorriso a fior di labbra.
-Domani voglio portarti in un posto.-
-Alex ma non puoi camminare troppo!- mi lamento io.
-Sarà solo una cena fuori.- spiega lui.
Non credo alle mie orecchie.
Sta succedendo per davvero?
Quello che avevo sempre desiderato sta per succedere?
-Dici sul serio?- chiedo mentre risistemo i suoi libri sulla scrivania. Mi sto trattenendo, ma so già che sto per esplodere di felicità.
- Certo, Juliet.-
-Oddioooooooo!!!-
Mi getto addosso ad Alexander e lo abbraccio forte, sono troppo contenta in questo momento.
-Cristo, Juliet! La ferita!- lo sento imprecare, ma ormai non gli do più ascolto.
✨✨✨✨✨✨✨✨
Okay... il prossimo capitolo sarà un po' più sdolcinato, poi si ricomincia. Le montagne russe insomma. 🦋
Ah, e stay ready per la Sardegna ovviamente 😂😂😂
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