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XLVIII

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🔴🔴🔴🔴

-Che bello vederti, Alex! John aveva detto che non saresti venuto.-

Mia madre abbraccia Alexander ancor prima che lui possa entrare dalla porta di casa.

Sto finendo di apparecchiare per il pranzo, così mollo i tovaglioli sul tavolo e butto un'occhiata distratta all'ingresso.
Mi sento quasi in colpa nel sbirciare quell'abbraccio. Tutte le litigate sul tornare a casa o meno, sul voler prendere un appartamento per me perché qui inizio a sentirmi stretta... mi sono sempre focalizzata su cosa desidero io, senza però pensare a cosa vorrebbe lui.
Alexander vorrebbe solo una famiglia. Forse è per questo che fa più fatica di me a staccarsi dal nido.
E non ci sarebbe nulla di male, se solo la nostra famiglia non fosse la stessa...

La freddezza con cui risponde a quell'abbraccio non viene minimamente registrata da mia madre, forse perché persino lei è consapevole di quanti passi lui abbia fatto prima di arrivare a darle anche una minuscola dimostrazione d'affetto.

- Vieni entra, c'è anche Juliet.-

Nel petto mi divampa un piccolo incendio quando da lontano, Alexander slega l'abbraccio e mi trafigge con un'occhiata affilata.

Gli volto le spalle e torno a fare ciò che stavo facendo.
Non sarò io a parlargli.
Non ha mosso un dito per difendermi questa mattina, questo non lo dimenticherò di certo.

C'è da dire che però sono fuggita senza dirgli niente e non mi sono preoccupata di rispondere alle sue chiamate. Conoscendolo, non sarà per nulla felice di questo.

-Oh non fraintendermi mi fa piacere che tu sia qui, ma perché sei tornato prima del solito?- si impiccia mia madre, facendogli strada in sala da pranzo.

Sapessi, mamma. 
È tornato solo per controllare che io fossi qui a casa, da buon maniaco del controllo.

-Alex è già qui?- mi domanda John presentandosi davanti a me con il bambino in braccio.

Annuisco a testa bassa, poi sollevo lo sguardo solo per incontrare i suoi occhi scuri che brillano come lame affilate.

- E invece... eccolo qua.- sbotto io, aggirando un'ulteriore occhiataccia da parte di Alexander.

Se prima potevo avere un minimo dubbio, ora ne ho la certezza: la mia fuga non è stata gradita, affatto.

Così John mette Tristan a dormire e finalmente possiamo cominciare il pranzo. Alexander non parla né mi guarda, mentre mia madre prende a vagare come al suo solito da un argomento all'altro.
Le migliori marche di biberon, le visite del bambino per monitorare il peso, le vacanze di natale, fino ad arrivare a me.

-Juliet non te l'ho chiesto ma...- si porta un tovagliolo all bocca prima di proseguire -Chi era il ragazzo che ti ha accompagnata a casa questa mattina?-

L'attimo di silenzio che piomba nella stanza è così funesto che vengo scossa da un fremito.
Con la testa ancora china sul piatto, Alexander pianta i suoi occhi scuri avanti a sé, in quel modo inquietante e sinistro che solo lui sa fare.

Prendo un respiro, ma incamerare aria mi risulta alquanto impossibile al momento.
Fortuna che John si accorge del disagio che si è appena creato e redarguisce mia madre immediatamente.

-Catherine.-

-Che c'è?-

-Ehm.... tesoro, non sono affari nostri, non credi?-

Le rivolge un occhiata esplicativa, come di tentata intesa. Lei dapprima casca dalle nuvole, infine sembra capire.

-Ohhhh sì sì certo.-

Sì peccato che con questa uscita mi abbiate messo nei guai più del dovuto.

-Un amico.- specifico fissando Alexander direttamente negli occhi.

Tento di mantenere tutta la calma possibile ma non avevo previsto la sua reazione, ancora più pacata e distaccata della mia.
Per un attimo mi pare non ci sia nulla di preoccupante nella sua reazione, l'attimo dopo invece, mi muore un singulto in gola.
Non appena i nostri genitori distolgono lo sguardo, le sue iridi si specchiano nelle mie e appaiono così taglienti da sembrare in grado di farmi del male a distanza.
Inizio a sentire la pelle del viso scottare.

- Un amico. Vedi? Juliet ha degli amici.- sottolinea John agitandosi appena, mentre il suo sguardo slitta da mia madre ad Alexander.

Lui però non fiata.

-Vabbè devo dire che sto migliorando anche con gli spaghetti. Caffè?- domanda lei, come se la sua uscita fosse sufficiente a rompere l'atmosfera tesa.

Alexander si alza subito per darle una mano in cucina, io finalmente prendo un respiro di sollievo. O forse semplicemente, un respiro.

-Non sapevamo tornassi, noi usciamo oggi pomeriggio sennò te l'avrei detto. C'è il rinfresco per il matrimonio di una mia collega.- sento mia madre parlare con Alexander.

John allunga il collo verso di loro per poi stamparsi in faccia un'espressione contrariata.

-Già da oggi pomeriggio Catherine? Non dovevamo andare solo la sera?- si lamenta quest'ultimo.

-John e dai! Se per un giorno non lavori, non casca il mondo.-

-Tristan vogliamo portarlo?- chiede mia madre corrucciata, facendo capolino dalla porta.

Perché sta guardando me?
Starà mica pensando che io sia in grado di fare la babysitter ad un neonato per un intero pomeriggio?

-Stiamo via molte ore..?-

John non sembra particolarmente allegro di porre questa domanda.

-Beh sì ci tratterremo fino a stasera..-

I due continuano a parlottare, anche quando gli occhi profondi di Alexander hanno un guizzo nella mia direzione.
Mi fulminano rapidamente, provocandomi un brivido intenso dalla punta della spina dorsale fino allo stomaco.

-Ehm... Sentite forse è meglio se Tristan lo portate con voi. Oggi pomeriggio sono impegnata.-

Vedo Alexander annuire a testa bassa, come soddisfatto della mia risposta, mentre un ghigno tagliente graffia le sue labbra perfette.

Non so davvero cosa aspettarmi da questa giornata.

❤️

-Juls non lasciare le finestre aperte che se comincia a piovere...-

- Entra l'acqua, vero? Mamma non ho dieci anni!! E dai. Mi dici sempre le stesse cose!-

- Perché tu fai sempre le stesse cose!- mi rimprovera lei.

-Tieni ti stai dimenticando il ciuccio. Non stressarti che quel povero bambino lo fai impazzire.- le dico aiutandola a preparare la borsa.

- Solo il bambino?- chiede John guardandomi.

Scoppio a ridere.

- Senti, non ti invidio.- glielo sussurro sottovoce per non farmi sentire da mia madre.

Li lascio ai loro preparativi in salotto, quindi salgo al piano di sopra e quando attraverso il corridoio, mi accorgo che Alexander ha stranamente lasciato la porta socchiusa.
Rimango perciò sulla soglia, dove lo osservo rimettere a posto vestiti e libri con una cura quasi maniacale.
Probabilmente non sa che lo sto guardando: non fiata, né si volta a cercare i miei occhi.
Sobbalzo non appena sento la porta dell'ingresso chiudersi con un tonfo, segno che i nostri genitori sono appena usciti di casa.

- Juliet?-

Oh no, mi ha sentita eccome

-Hai due scelte.- tuona con voce profonda.

È ancora di spalle quando mi parla e non accenna a voltarsi verso di me.

-Alex non credi che dovremmo parlare?-

Lui però non sembra starmi a sentire. Fa slittare entrambe le maniche del golfino verso i gomiti, scoprendo i polsi esili, infine mi guarda.

-Fuori o dentro.-

Il suo tono non sembra arrabbiato, ma di sicuro è deciso e lascia poco spazio alla mia immaginazione in questo istante.
Mi stacco dalla stipite della porta e muovo un passo dentro alla sua stanza.
Sono ancora a braccia conserte, quando i miei occhi vengono attratti da qualcosa. La sua cintura di pelle è perfettamente stesa sul letto.

Sarà un caso?

-Sicuro che non vuoi parlare... di questa mattina?-

In fin dei conti me ne sono andata senza dirgli nulla e lui non ama queste reazioni. Tanto meno avrà gradito le battutine di mia madre sul ragazzo che mi ha accompagnata a casa.

-Non voglio parlarne.-

I suoi occhi si assottigliano pericolosamente, mentre lo guardo infilare le mani in tasca.
-E sto aspettando, Juliet.-

Mi permetto di dare un'occhiata in più alle sue spalle, con un pizzico di coraggio oso addentrarmi in camera fino ad arrivargli davanti.
È ancora primo pomeriggio, ma la luce sembra scarseggiare nella stanza. Sento il mio stomaco attorcigliarsi in modo inequivocabile quando Alexander tira la tenda per oscurare maggiormente la finestra, infine accende la piccola lampada poggiata sulla scrivania.

Approfitto di quel momento per ispezionare la superficie del comodino di fianco al letto.
Vi sono due lunghe candele, una corda non troppo spessa, poi una benda.
Quando torno a guardarlo noto che mi sta fissando.

- Curiosa?-

- Beh...-

Un soldato vuole pur sapere di che morte andrà a morire, no?

-Che cos'è quella?- chiedo quando lo vedo afferrare una corda sottile per farla slittare tra le dita bianche e affusolate.

Alexander non ha un battito di ciglia, i suoi occhi neri però, sembrano scintillare nella penombra.

-Mi servirà per legarti.-

La saliva mi si incastra in gola.

-Legarmi dove?-

-Legarti e basta.-

Non riesco più a reggere l'irrequietezza, perciò devio il suo sguardo e scoppio a ridere.

-È un modo un po' brusco per riappacificarsi, non credi?- lo punzecchio con l'intento di alleggerire la tensione ormai percepibile.

Ma questa risale vertiginosamente quando lui compie un giro intorno a me, aumentando le mie pulsazioni.

-Senti il bisogno di riappacificarti con me, Juliet?-

-Beh..-

E ora che dico?

- E poi pensi che voglia usare il sesso per fare pace con te?-

Mi gira intorno.
E mi gira la testa.
Troppe domande.
Come al solito lui sa cosa sta facendo, io sono confusa.

-Non lo so.-

Lo vedo compiere un cenno con il capo, sta dicendo di no.

-Non di tratta di sesso, Juliet.-

-E di cosa...?-

-Ti ho fatto una domanda prima: dentro o fuori? -

-Di cosa si tratta Alex, non girarci intorno.- insisto causandogli un'espressione accigliata.

Il ghigno sadico che irrompe sul suo viso perfetto mi fa tremare.

-Tu, Juliet, pensi davvero che io voglia girarci intorno?-

Ripone con cura la corda sul comodino, poi si avvicina a me con uno sguardo così penetrante da obbligarmi a chinare la testa verso il basso.

-Guardami e rispondi.-

Non sarebbe lui a dovermi delle risposte? Ma che domande mi faccio... come al solito mi manipola a suo piacimento.

-Mi pare proprio di sì Alexander. Sembra tu stia sviando il problema.-

- Quindi pensi ci sia un problema...tra di noi.-

Il modo sinistro in cui pronuncia la parola "problema" mi fa trasalire.
Ho capito a cosa si riferisce. Non gli è andato giù cosa ha scoperto poco fa, durante il pranzo.

-Perche sei così freddo ora?-

Mi avvicino alla sua figura il più possibile. La mia domanda però, non è in grado di intaccare il suo orgoglio, sempre così accecante.

- Non mi sembra che tu mi sia corsa incontro per baciarmi.-

Ma perché devi sempre confondermi?

Mi sollevo in punta di piedi, fino a raggiungere la sua altezza, poi strofino le mie labbra contro le sue. Immobili. Provo ad insinuarmi nella sua bocca senza risultati, mentre con la lingua assaporo il suo labbro inferiore.
Alexander resta fermo con gli occhi fissi nei miei. Se non lo conoscessi, penserei che non gli vada di baciarmi oppure di non piacergli. Non muove un muscolo quando provo a baciarlo, cosa dovrei pensare?

Mi allontano per guardarlo in viso, forse per capire le sue intenzioni, ma lui mi afferra dai fianchi prima che possa distanziarmi troppo, premendomi contro il suo corpo. Sento le labbra andare a fuoco quando le assalta facendo roteare la lingua vorticosamente nella mia bocca e sempre più a fondo.
Con le mani mi circonda il viso ed inclina la testa come a voler trovare l'angolazione giusta per insinuarsi ancora di più. E se prima pensavo non mi volesse neanche baciare, ora sembriamo entrambi dipendenti l'uno dall'altro, entrambi bisognosi di questo contatto, così intenso.

-Avrò bisogno del tuo consenso questa volta Juliet.-

Quella frase fa sussultare tutto il mio corpo, non mi sono ancora ripresa dal bacio.

-Pe...perché?-

Alexander non si scompone, né mi risponde. Rimane saldo nelle sue parole, come se avesse già un copione da seguire.

-E sopratutto ho bisogno che mi prometti una cosa.-

-Cosa?-

-Mi fermerai.-

La sua affermazione mi disorienta. Fermarlo? Come mai?

-Perché dovrei?- chiedo sotto al suo sguardo dritto e pressante.

-Solo qualora lo ritenessi necessario.-

-Oh... Okay.-sussurro stringendomi nelle spalle.

-No.- lo sento dire tra i denti.

Ma no cosa?!

-Ti ho detto che va bene.- sbuffo ad un tratto.

-No. Ti voglio convinta.-

-Dio mio Alex, non ti si può mai accontentare!-

Sogghigna avvicinandosi a me nuovamente. Con i denti cattura il mio labbro inferiore attirandolo tra la sua lingua e la sua bocca calda.

-Strano che tu lo dica Juliet, dato che sarai proprio tu a fare di tutto per accontentarmi.- sibila tra i miei capelli sciolti.

Poi però si distanzia da me troppo frettolosamente.

-Mi sbaglio?- insiste con occhi pungenti.

-Credo di no...-

E si acciglia ancora di più nell'udire la mia insicurezza.

- No.- mi correggo subito, utilizzando un tono più deciso.

-Brava la mia Juliet.-

La nota possessiva che trapela dalle sue parole non passa inosservata, ma c'è una cosa che mi preme domandargli adesso.

-Cosa vuoi farmi?-

-Te lo dirò una volta che accetterai. Perché tu accetterai vero?-

-Di fare cosa?-

- Di affidarti a me. Di passare tutto il giorno qui, con me.-

Lo dice indicando con la mano i suoi oggetti di tortura, disposti in maniera ordinata sulla superficie del comodino.

Prima d'ora non aveva mai verbalizzato in modo così chiaro le sue richieste, ora mi sta domandando di esprimere la mia volontà a voce alta?

-Sì. Però perché me lo stai chiedendo in questo modo così...-

-Te l'ho detto. Perché questa volta, il tuo consenso esplicito è più che necessario.-

Sono confusa. C'è distanza tra di noi, o mi sto sbagliando? Non solo fisica però. Forse di ruolo. Probabilmente c'è sempre stata, anche se spesso e volentieri ho avuto come l'impressione di riuscire ad abbatterla. Ma ora?
Perché mi sembra così evidente?

-Dimmi solo una cosa prima che io accetti. Che cosa hai intenzione di farmi?- chiedo facendomi più piccola sotto al suo sguardo duro.

-Voglio sottometterti. Possederti. Dominarti e...-

Deglutisco leggermente impaurita per le sue parole così lapidarie e precise, capaci di cadenzare il ritmo della mia strada verso l'inferno.

-Solo finché siamo qui dentro, vero?-

Lo sento chinarsi tra i miei capelli per raggiungere il mio orecchio.

-Come sempre, Juliet.-

Restiamo così vicini per qualche istante, le sue labbra mi sfiorano la guancia ormai bollente, facendo aumentare la mia temperatura corporea alle stelle.

-E per quanto riguarda la tua domanda sul sesso...C'è solo un modo in cui voglio farlo. Ed è questo.- lo sento dire prima di voltarsi a raccogliere la cintura.

Lo sapevo.

-Non ti è piaciuto al campus, vero?-

Sto trattenendo tutta l'acidità che mi provoca il suo atteggiamento così arrogante, ma mi viene sempre più difficile.

-Non fa per me quel modo.-

-Quel modo? Farlo normalmente come le persone normali, dici?-

-Non fa per me, ho detto.- asserisce facendo scoccare la cintura contro il palmo della mano.

- Allora, Juliet? Devo aspettare ancora tanto?- incalza poi.

Poco mi importa che lui sia impaziente ora, voglio prima di tutto capire il suo stato d'animo.

-Sei arrabbiato?-

-Non sono arrabbiato. Ho motivo di esserlo?-

-No.-

Il mio sguardo titubante solletica la sua sensibilità. Alexander si avvicina al mio volto, come a volerlo scrutare più a fondo.

-Tu lo sei, Juliet? Se preferisci parlare prima, sii chiara e dimmelo.-

Quando inclina la testa alla mia altezza io non riesco più a ragionare, lo desidero così tanto che è solo più il mio impulso ad avere la meglio.
Inizio a baciare le sue labbra carnose che restano di nuovo immobili.

-Quindi? Dentro o fuori, Juliet?- chiede impassibile.

Inclino il capo verso il suo petto, sfregandovi sopra la fronte, poi immergo il naso nel golfino scuro che emana il suo solito profumo divino. Sollevo di poco la testa per affondare tutto il viso nell'incavo del collo sottile ed affusolato. Non posso negarlo: mi fa sentire protetta, al sicuro, l'attimo prima di farmi compiere un pericolosissimo salto nel vuoto.

-Brava piccola Juliet.- sussurra dolcemente tra i capelli.
-Ora spogliati.-

Alexander non si smuove, mi permette di godere fino all'ultimo di quel contatto così intimo, aspettando che sia io a decidere quando cominciare.
Resto aggrappata al suo profumo e, solo quando mi sento pronta, indietreggio e rompo quel momento d'amore, sapendo che quando lo riavrò, dopo, sarà ancora più bello.

Mi sfilo il top, prima di posare una mano sul bottone dei jeans.
Mi sento più impacciata del normale, forse perché ora c'è troppo silenzio mentre mi spoglio, solitamente Alexander parla.

-Alex...- bisbiglio quando sono ormai in intimo.

-Dimmi, di cosa hai bisogno Juliet?-

-Di te.-

Come al mio solito indugio un pochettino sul reggiseno e sulle mutande. Vorrei restare con qualcosa addosso ed evitarmi l'ultimo momento di imbarazzo.
Alexander però compie un passo indietro, fulminandomi con uno sguardo lapidario.

- Lo sai che non hai finito di spogliarti?-

C'è una nota canzonatoria nella sua voce profonda, quando mi invita ad abbassarmi le mutande e a sganciare il reggiseno, mentre i suoi occhi gelidi restano fissi nei miei.

-Finché non sarai in ginocchio a supplicarmi non avrai nulla da me, sai anche questo, vero?- mi provoca restando in piedi.

È un gioco di forze e io sono quella che sta andando giù.
Vedo Alexander leccarsi il labbro inferiore con occhi ardenti, quando mi inginocchio davanti a lui.
Mi solleva il mento con due dita.

- È così che devi stare di fronte a me.-

Sbatto le ciglia confusa.
Guardarlo mi confonde, anche la maniera in cui mi parla mi destabilizza.
È passato del tempo da quando l'ho conosciuto: io sono cresciuta, lui è cresciuto e di sicuro anche il nostro rapporto è cresciuto, così come i nostri sentimenti.
Ma nonostante ciò, arrivo alla realizzazione di una cosa: questo suo lato non è mai cambiato e forse non cambierà mai.

Con il pollice sfrega rudemente sul mio labbro inferiore facendomi emettere un gemito soffocato.

-So di averti già espresso la mia volontà.-

Lo guardo attentamente, in attesa che dica di più.

-Riguardo a ciò che vorrei farti, ma... ho dimenticato un particolare. Neanche poi così piccolo.-

Cosa vuole farmi, ora?

-Tranquilla. Ti piacerà.- mormora soddisfatto nel mio orecchio.

Lo fa apposta per vedere la paura disegnarsi nei miei occhi, non ho dubbi.

-Alexander...-

Lo afferro dal polso con un gesto di coraggio.
Lui osserva con riluttanza la mia mano stretta intorno al suo braccio.
Sgancia le mie dita ad una ad una, allontanandole dalla sua pelle chiara, poi si china verso di me per spostarmi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

-Ti amo. Ricordatelo sempre.-

Chiudo gli occhi e sorrido come una bambina.

-Ma un paio di cose.- dice con il suo solito tono di voce secco e apatico.

Riapro immediatamente gli occhi.

-È meglio se i capelli li tieni raccolti.-

Ma cosa c'entra ora?

-E pretendo che tu non indossi biancheria intima quando siamo solo io e te.-

Annuisco confusa. Non è il momento per mettermi a sindacare sulle stranezze che dice. Queste condizioni mi sembrano il male minore, in confronto a ciò che probabilmente vorrebbe fare. O che farà.

Il dito che strofina lentamente sull'interezza della mia bocca mi manda in confusione.
Con una mano intrecciata alle mie ciocche di  capelli, mi obbliga ad abbassare la testa.

-Da brava. Ferma.-

Resto con il capo chino, mentre Alexander mi volta le spalle. Sollevo solamente gli occhi per notare che lui è ancora completamente vestito e sta cercando qualcosa.

-Qui. Avanti.- indica il suo letto con un gesto rapido.

Mi sollevo in piedi e mi avvicino cauta al suo materasso, ricoperto da un copriletto liscio e perfettamente stirato.

"Okay tranquilla" mi dico.
"Farà come al solito: ti immobilizzerà sul letto per stuzzicarti, ti provocherà un po' di dolore mentre ti nega il piacere finché non resisti più. Niente di nuovo. Intenso ma bello."

Lui non parla mentre io mi inginocchio sul suo letto e mi siedo sui talloni, continuando a pensare.

"Ti fidi di lui? Sì.
Sarà doloroso? Sì... eppure alla fine estremamente piacevole."

Mi rilasso dopo questo pensiero, ma ovviamente ho cantato vittoria troppo in fretta perché Alexander mi sorprende con la sua voce cupa.

-Mani dietro alla schiena.-

Faccio come richiesto, incrocio i polsi dietro alla mia schiena, poi lo guardo.

-Così?-

-Esattamente.-

Nell'atmosfera semi buia risplende la fibbia argentea della sua cintura nera, posizionata a fianco a due candele.

Servono per creare l'atmosfera, giusto?

-Rilassati. Anche perché ci metterò un po' a legarti e...-

In che senso? Mi agito subito.
Alexander però se ne accorge e si ferma prima ancora di cominciare.

-Juliet?-

-Sì.-

-Stai tremando.-

Non so che rispondere.

-La temperatura è troppo bassa? Hai freddo?- chiede indicando il termostato appeso alla parete.

-No.-

-Che cosa c'è?-

La sua domanda scaturisce la mia curiosità.

-Davvero non sei arrabbiato?-

Lui solleva entrambe le sopracciglia.

-No, perché?-

-Dimmi la verità.-

Abbassa sguardo sulla corda che tiene in mano, per una frazione di secondo.

-Vuoi saperlo?-

- Sì.-

- Non sono arrabbiato ma mi ha infastidito sentirlo dire a voce alta.-

Prevedibile

- È solo un mio collega.- confesso tirandomi su il lenzuolo fino a coprirmi il seno.

- Sì ma non ho sopportato che tua madre abbia dovuto dirlo. Qualcuno che non sono io ti accompagna a casa...-

Lo guardo scuotere la testa, come a cancellare un'immagine mentale.

-Non mi fa piacere, lo ammetto. Ma il fatto che possa darmi fastidio non implica il fatto che tu non debba farlo.
Non hai fatto nulla di male. Non posso impedirti di vivere, ne abbiamo già discusso. Se vuoi la tua indipendenza, fare le tue scelte, non sarò io ad intralciarti. Te l'ho già detto mille volte... solo...-

È più forte di me l'istinto di rassicurarlo, gli lancio le braccia collo per baciarlo.

-Solo cosa?- chiedo nelle sue labbra.

-Solo non fare cazzate, ti prego.-

Sorrido per la schiettezza della frase, il modo sincero in cui mi guarda.
Ho sempre dato per scontato di essere l'unica a farmi problemi, quando in realtà, è probabile che io ed Alexander condividiamo le stesse paure.

-Voglio fidarmi di te. Posso farlo vero?- domanda a labbra strette.

-Certo, Alex. Paura di perdermi eh?-

Lo prendo in giro con la voglia di allentare questo divario tra noi, ma lui non è del mio stesso avviso.

- Pensi di scherzarci sopra?-

Il tono della conversazione ritorna subito serio.

- No io...-

-Mettiti in posizione. Subito.-

Rimetto le mani dietro alla schiena mentre lui mi scopre dal lenzuolo e prende a far scorrere quella corda ruvida sul mio corpo.

-L'importante è che tu sia sincera con me.- sussurra prima di darmi un bacio a fior di labbra mentre continua a legarmi.

-Mi ha solo chiamata per chiedermi come mai non ero a lavoro e siccome mi ero innervosita con quella stronza, volevo andarmene dal campus al più presto... ho reagito d'impulso e gli ho chiesto un passaggio. Tutto qui.-

-Capisco. Ma il tuo reagire d'impulso ti costerà qualche livido in più sul culo. Questo lo sai, vero? -

E poi sorride in quel modo che mi fa sciogliere.
Scoppio a ridere anch'io ma la mia è una risata amara, perché non sono stata al cento per cento sincera con Alexander.

David mi ha anche chiesto di uscire più di una volta, ma come faccio a dirglielo?

-Vuoi che ci fermiamo?- domanda poi con i suoi occhi belli.

Forse è trapelata un po' di angoscia dai miei occhi.
Scaccio subito il pensiero.
-No.-

Torno immediatamente a chinare la testa, ma non prima di avergli rivolto uno sguardo carico di supplica. Lui risponde con un ghigno laterale, un bacio leggero sul collo, infine prosegue ad avvolgermi busto e braccia con la corda, creando un intreccio perfetto.

-Alex...-

-In silenzio, Juliet. Girati di spalle.-

Le sue mani grandi mi afferrano dai fianchi con facilità, neanche fossi leggera come una piuma. Mi aiuta a voltarmi di schiena, poi spinge un cuscino sotto alla mia pancia facendomici poggiare sopra.

-Esattamente. Proprio così ti voglio.

Bene ora si che sono dolori

-Ehm...-

-In silenzio ho detto. E abbassa la testa.-

Spingo la fronte sul materasso, prima di rilasciare un lungo sospiro.

-Brava piccola.-

Non ho neanche cominciato a prendere confidenza con quella posizione scomoda, che inizio a percepire il freddo del cuoio carezzare la mia schiena.
Sono completamente immobile e non posso muovermi.

-Ti prego fa piano Alex...-

Lo sento sbuffare in un ghigno.

-Sono io a decidere. E di sicuro, Juliet, Farò tutto fuorché piano.-

Lo bisbiglia nel mio orecchio, mentre un tessuto delicato mi solletica la fronte.
Mi posiziona una benda davanti agli occhi, impedendomi di vedere oltre.

Ora capisco cosa voleva farmi intendere poco fa.
Questo vuole.
Di più.

Lo schiocco di un accendino rapisce la mia attenzione, poi il distinguibile odore di bruciato sotto alle narici. Vorrei vedere cosa succede intorno a me, ma probabilmente non ho bisogno di guardare. Ci pensa lui a farmelo capire. Lo sta facendo apposta.
Mi agito inevitabilmente.

-Ferma.-

Sento l'adrenalina scorrere con prepotenza nelle mie vene, viaggia più rapida della paura di ciò che potrebbe accadere.
Poi il silenzio.
Il cuore comincia a cavalcarmi in gola, non esiste più il confine tra paura ed eccitazione.

-Juliet.-

Sentirlo pronunciare il mio nome mi fa fremere, come l'idea che abbia tutte le sue attenzioni rivolte solo su di me.
Resto in attesa, finché finalmente qualcosa accade.
Una striscia bollente cola sulla mia spalla causandomi un urlo non indifferente.

Senza accorgermene sto trattenendo il fiato, non posso vedere perciò affino tutti i sensi nella speranza di sapere cosa accadrà ancora.
Ma il tatto è il senso più sollecitato, ora che un'altra scia calda sfiora il mio fianco e si intiepidisce prima che possa scivolarmi più in basso.
Ringhio un altro grido di dolore.

-Non voglio sentirti urlare.-

Come posso non farlo?
Mi irrigidisco in attesa della sua prossima mossa e senza volerlo, sollevo la testa. Alexander mi sfiora la nuca, sento la sua mano calda spingervi sopra obbligandomi a tornare con il capo sul materasso, proprio mentre una colata bollente segna la zona bassa della schiena fino a slittare sul mio sedere.

E poi continua a marchiarmi di cera bollente come più gli piace, finché non sento le sue dita insinuarsi tra le mie gambe per andare a solleticare le mie pieghe vulnerabili, esposte al suo volere. Mi mordo il labbro lentamente quando il suo pollice preme caldo sulla mia apertura.

-Prendi un bel respiro Juliet.-

Respiro? Mi sento morire il fiato in gola, quale respiro...

-Se ti muovi farà solo più male.-

Provo a restare immobile, ma è difficile non dimenarmi davanti a quel dolore così pungente.

Piagnucolo a lungo quando il liquido bollente scorre nella zona più bassa della schiena, scivolando giù tra le mie curve. Il bruciore è soffocante, la cera scende fino a sfiorare la mia zona intima coperta dal suo pollice.

Ancora? Basta, è una tortura

Lo sento posare la candela, poi mi afferra dai fianchi per farmi ruotare a pancia in su. Mi posiziona la testa sul cuscino per permettermi di stare più comoda.

-Apri le gambe.-

Fossi pazza.

-Te lo scordi.-

Protesto, privata della visione del suo volto.
Alexander sbuffa in un sorriso.
Non lo vedo, ma lo sento.
Lo conosco perfettamente.

-Apri quelle fottute gambe o giuro che te le lego e ti scopo così forte da farti perdere la sensibilità.-

- Fallo allora.- lo provoco sollevando il mento.

-Lo farei solo per il gusto di svuotarmi dentro di te. Ma poi ti lascerei legata e bendata tutta la notte.-

-Non lo faresti mai.-

-Ah no, mhm? A te la scelta, Juliet.-

Avverto il tintinnio cintura che si slaccia.
Oddio.

-Lasciarti insoddisfatta sarebbe piacevole quanto riempirti di lividi, perciò se è questo che vuoi...-

Sento la sua punta tesa sfregare contro le mie pieghe umide, pronta a perforare la mia carne pulsante.

-Vuoi questo? Vuoi essere la mia bambolina?- sussurra nel mio orecchio facendomi aprire le gambe in modo osceno.

- No.-

- Allora fa come ti dico.- ordina con voce solida e priva di indecisioni.

Mi concentro sul mio respiro accelerato, con il solo tentativo di rallentarlo mentre sento le cosce tremare. Le sue minacce così dure mi fanno dimenticare anche il dolore della provocatomi dalla cera.

Ma quell'attimo di pace dura poco, perché avverto di nuovo l'inconfondibile odore di bruciato.
La cera cola sulla mia pancia questa volta. Mi mordo la guancia per attutire il dolore.
Poi il basso ventre. Mi dimeno come un'anguilla impazzita e chiudo le gambe con forza, per paura che il liquido caldo scivoli lì in mezzo.

Alexander me le riapre applicandovi un po' di pressione, senza esagerare.

-Sai cosa devi fare per fermarmi.-

Maledizione, lui la fa facile.
Io vorrei dirgli di non spingersi fino a lì.
Ma non conoscere la sua prossima mossa e restare con il dubbio che possa farlo, è così eccitante che la paura viscerale si trasforma inevitabilmente nel brivido dell'ignoto. Mi fa sentire viva.

Non ho il tempo di formulare una frase che tra i miei seni una scia bollente mi fa sussultare. Mi mordo il labbro con foga.

-Juliet. Sta ferma.-

Lo sento posare una mano sulla pancia per tenermi salda, mentre il mio corpo incomincia a pizzicare in più punti. Piagnucolo quando sento la cera ardente segnarmi una gamba, per poi saettare nell'interno coscia, dove la pelle è più sensibile.

Alexander mi afferra dalle spalle e mi aiuta a sollevarmi, mentre io mi sento dolorante e stranamente eccitata.

-Shhh.- lo sento mormorare con le sue labbra morbide in prossimità del mio orecchio.

Mi bacia tra i capelli, stringendomi a lui. Finalmente torno a rilassare i nervi tesi, il suo profumo ed il calore che emana il suo petto mi fanno sentire così bene...
Solo il mio respiro affannato che sta per rallentare, ma l'urlo che lancio quando la cera cola intorno al mio capezzolo, rimbomba nella stanza.

L'ha fatto apposta.

-Se è troppo, sai che puoi fermarmi.-

Mi sta testando.
Sento il suo mugolio eccitato scaldarmi il lobo dell'orecchio, quando lascia cadere una singola goccia su ognuno dei due capezzoli.
Non riesco a trattenermi, devo urlare e così faccio.
Lui mi afferra dai capelli mi attira a sè, facendomi sentire la sua forza quando mi abbraccia.

Biascico un lamento non appena lo sento pizzicare entrambi i miei capezzoli, lo fa così violentemente da farmi accartocciare su me stessa.

-Sta dritta.-

Sono un fascio di nervi, l'adrenalina galoppa inarrestabile sotto alla mia pelle. Ho perso il senso del tempo. Non saprei dire da quanto tempo siamo qui, cinque minuti? Un'ora?

Stavolta lo sento indistintamente il rumore dell'oggetto che viene riposto sul comodino. Alexander posa la candela, poi mi stringe di nuovo a sé concedendomi il suo buon profumo.
Mi sento al sicuro per davvero ora.
O forse no?

-È ancora qui vero?- indico con la testa a lato, dove presumo ci sia la candela.

-Non ho finito.- scandisce con voce roca e profonda.

-Alex...-

-C'è solo una cosa che devi fare se vuoi fermarmi.-

Sono restia nel lasciarmi manovrare ancora, infatti quando mi aiuta a piegarmi in avanti e mi riporta a faccia in giù, ho un sussulto. E ora?
Avverto le sue dita fredde modellare i miei fianchi, mentre con il viso si immerge tra le mie cosce.
Lo sento puntellare la lingua sulle mie pieghe che si bagnano della sua saliva.
Se avessi saputo che ora voleva mettermi in questa posizione per farmi stare così bene, l'avrei fatto anche prima... ma con Alexander è sempre un'incognita.
Le sue dita si insinuano dritte dentro di me, poi si arcuano facendomi contrarre ad ogni movimento esperto che compie.
Sono in balia delle sue mani, il tocco di Alexander è così minuzioso e ben calibrato, che sembra conoscere il mio corpo alla perfezione e la cosa mi fa sentire inevitabilmente sua.
Risucchio un respiro pesante tra i denti, quando sento i polpastrelli caldi e ormai umidi, slittare sul mio clitoride. Ne aggiusta il ritmo, sempre più circolare e sempre più bagnato.
Tutti i miei sensi sono in procinto di esplodere.
Se non fosse che Alexander si ferma proprio un attimo prima.
Ma che cazzo...

Il suo dito medio scivola via dalla traiettoria, va più in alto, fino a bagnarmi anche dove non dovrebbe.
Lancio un urlo quando lo sento forzare l'ingresso.

-Immagina avermi tutto qui dentro.-

Oh no ti prego

-No.-

-Perché no, Juliet? Devi solo rilassarti, penso a tutto io... tu devi solo lasciarmi fare.-

Ringhio un respiro rotto, spalanco la bocca come a mordere il cuscino per bloccare quel turbinio di sensazioni. Prima di piacere, poi di paura.

-Si ma...-

- A parole tue, Juliet.-

-Sei troppo grande.- piagnucolo con un filo di voce.

Mi sento stupida a dirlo, ma è la prima motivazione che mi viene in mente.

-Non mi sembra sia mai stato un problema finora.-

Finalmente un sospiro di sollievo.
Il suo tono ironico è palese, mi sta solo prendendo in giro.

-Beh oddio non è mai stato un problema no, però...-

-Stai parlando troppo e io ti ho detto di fare silenzio.- mi rimprovera con prontezza.

Oh no

- Perciò...-

È inconfondibile il tintinnio metallico, nonostante la benda sugli occhi lo riconoscerei ovunque.

- Saranno dieci colpi. Resta ferma immobile e io non ne ne aggiungerò altri.-

Arriccio persino le dita dei piedi quando mi arriva la prima cinghiata.
Non emetto un fiato, ma non riesco a non dimenarmi.

-Ogni volta che ti muovi, saranno cinque in più.-

Percepisco un leggero spostamento d'aria quando la fa saettare verso l'alto e il tempo che passa da quel momento a quando arriva la vergata sulla mia pelle, è più lungo del solito. Significa che ci sta prendendo gusto e ha tutte le intenzioni di farmi male.

-Ne aggiungiamo altre o le preferisci solo più forti?-

Più forti di così?

-Sto facendo piano Juliet.- sogghigna come se già conoscesse la mia mente.

Lui sta dicendo troppe cose, io voglio solo lasciarmi andare alla sua volontà e non pensare più a nulla.

-Allora?-

-Tutto quello che vuoi Alexander.-

-Brava la mia piccola Juliet.-

Un gemito lascivo abbandona la mia bocca quando avverto i polpastrelli freddi giocare con il mio clitoride pulsante, lo sfrega dolcemente tra indice e pollice, andando su e giù. E io non me lo aspettavo che in questa posizione così scomoda, immobilizzata e totalmente vittima di ogni sua perversione, potesse essere così piacevole.
Ondeggio con le anche per seguire il suo movimento.

-Vedo che i miei complimenti sono stati affrettati. Ti stai dimenando di nuovo.-

-Alex ti prego ...-

-Brava bambina. Se implori te lo darò solo più forte.-

Cosa?

Ma la sua voce diventa lontana quando riprende a far saettare dei colpi secchi sul mio sedere con la punta della cintura, mentre con le dita continua a darmi piacere.

-Andrei avanti all'infinito.- mugola eccitato. -Tu piccola Juliet ?-

- Io? Io non no...-

-No, perché ti fa troppo male? O no perché non riesci a trattenerti e stai già per venirmi sulle dita, mentre ti riempio il culo di frustate?-

Abbandono testa sul cuscino e piagnucolo.
Non capisco più niente.
Vorrei piangere, urlare.
E soprattutto dirgli di continuare.
Mi spingo con i fianchi all'indietro come per andargli incontro.

-Non ne puoi fare a meno.-

-Ti prego.-

-Mi stai pregando di continuare?-

Non lo so. Non so più nulla, non ho più un'anima, me l'ha rubata.

Quando Alexander mi sfila la benda resto accecata dal suo viso perfetto.
Non mi aspettavo la togliesse, ma il suo sorrisetto soddisfatto dice tutto.
Si inumidisce il labbro inferiore, poi torna a sfiorare la mia zona intima.
Questa volta in modo distratto, senza farlo con intenzione. Solo per stuzzicarmi senza darmi realmente ciò che voglio.

Non ci posso credere. Prima lo odiavo perché aveva cominciato a farlo, ora lo odio perché non vuole finire.

-Ti prego Alexander, continua.-

-Fammici pensare. Non lo so ...-

Lo guardo slacciarsi i pantaloni.
Mi si secca la gola quando si abbassa anche i boxer. È eccitato all'inverosimile, sembra ancora più grande. Qualcosa si risveglia in me. Rabbia e impazienza. Non voglio più aspettare.

-Senti ti sto supplicando di fare una cosa che adori fare e tu fingi anche di pensarci su?!-

Oddio perché ho parlato?

Alexander dapprima serio, si scioglie in un ghigno laterale.
Si lecca labbra nuovamente, come a pregustarsi meglio il momento.

-Vedo che oggi sei particolarmente coraggiosa, nonché loquace...-

Chiudo gli occhi.

-Che ne dici di zittire quella bocca?-

Con il palmo della mano mi obbliga a tenere la testa ben salda sul materasso mentre affonda con la sua lunghezza tra le mie labbra, in profondità, fino a farmi venire un conato.
Sento la saliva slittare fuori dalla mia bocca insieme alla lingua quando esce con un colpo secco.
Passa un dito in prossimità del mio inguine, dove raccoglie la mia eccitazione che comincia a scivolarmi giù per le cosce.

-Leccami le dita.-

Faccio segno di no, facendo bene attenzione a tenere la bocca serrata.

-È chiaro no, Juliet?-

-Che cosa...-

-Che ti piaccia.-

-Non è vero!- esclamo inviperita tirandomi su con un colpo di reni. Resto in ginocchio a guardarlo, mentre Alexander mi osserva con aria dura.

-No? Dici che cento cinghiate basterebbero a farti capire che non voglio mai più sentire quel tono di voce?-

-Cento?- ridacchio divertita.

Sta scherzando.

Lui però non ride, assume uno sguardo serio.
Merda no. Non sta scherzando.

-Oppure...-

Vedo la lingua rossa vibrare sulle sue labbra mentre pianta gli occhi tra le mie gambe, come se morisse dalla voglia di assaggiarmi ancora.
Vorrei lo facesse di nuovo, ma non ho modo di stuzzicarlo, non ho voce in capitolo in questo momento. Sono legata e completamente soggiogata alla sua volontà.

- Oppure preferisci ringraziare mentre ti frusto fino a portarti all'orgasmo?-

Mi sento pulsare così forte che devo chiudere le gambe.

-Risposta chiara, Juliet.-

-Alex, cosa vuoi...-

-Scommettiamo che riusciresti a venire senza neanche il bisogno che io debba sfiorarti?-

-Oh no ti prego.-

Basta torture

-Ti lascio libera di dirlo, puoi cominciare quando te la senti. Ad ogni colpo voglio sentirti ringraziare.-

Faccio cenno di no.

-O ti negherò ogni cosa che desideri.-

Ti odio, ti odio...
I miei pensieri vanno in quella direzione, finché lui non si posiziona dietro di me. Sfrega di nuovo sul mio clitoride con la sua punta calda pronta a penetrarmi.
Mi lascio andare ad un sorriso, in previsione della sensazione di benessere e pienezza che sta per avvolgermi. Ma ciò non succede.

-Dove stai ...-

Mi si spegne la voce in gola quando lo vedo scendere giù da letto.
Ho il terrore che mi lasci qui, legata e insoddisfatta, ne sarebbe capace.

Alexander però si abbassa i pantaloni poi i boxer, per sfilarseli completamente.

-Hai qualcosa da dirmi, Juliet?-

-Ti voglio Alex. Da impazzire.-

La mia risposta così rapida e diretta sorprende entrambi.

-Oh davvero?-

-Sì, ti prego.-

"Anche se sei uno stronzo sadico" penso con un sorriso.

-Non riderei al tuo posto, Juliet. Non ho finito e sopratutto...non ho intenzione di prenderti in questo modo.- sussurra nel mio orecchio. -O perlomeno non finché mi ringrazierai.-

Il suo ghigno mi colpisce in pieno volto. Sento la corda cominciare ad ardere sul mio corpo. La pelle brucia per le cinghiate ripetute, ma nella mia testa c'è una rivolta.

Sprofondo con la fronte nel materasso, quando con entrambe le mani Alexander allarga la mia zona pulsante, dove la sua lingua segna il clitoride alternando risucchi violenti a morsi leggeri.

-Devi stare ferma.-

La minaccia risuona lapidaria, così mi concentro con tutte le mie forze a non muovere un muscolo, mentre il mio desiderio trova pace sulle sue labbra esperte.

-Cristo, però sei così buona...- mormora accaldato.

-Allora finisci.-

Ringhio quelle parole con avidità, facendo scaturire sul suo viso un sorrisetto sadico.
Mi afferra dai capelli obbligandomi con una presa stretta a mettermi seduta in ginocchio sul materasso. Lo guardo scendere dal letto per posizionarsi in piedi dinnanzi a me.

-Oh...Non credo proprio, Juliet. Apri la bocca.-

Mi avvicino muovendomi a fatica, con le mani legate ho paura di perdere l'equilibrio più facilmente, ma ci pensa lui a raccogliere la mia nuca e spingerla con fermezza contro il suo corpo ormai marmoreo.
Faccio come ha richiesto, apro la bocca pregustandomi il contatto, ma il sapore della sua eccitazione sulle mie labbra dura poco, perché Alexander si allontana sferrandomi uno schiaffo sulla guancia.

La cosa mi disorienta all'inverosimile.
Come potrebbe essere altrimenti?
Ha appena schiacciato l'acceleratore senza avvisarmi minimamente.

-No.- dice secco -Apri la bocca.-

Lo guardo rabbiosa, digrignando i denti. "L'ho appena fatto, stronzo"

-Apri quella fottuta bocca prima che te la apra con la forza e ci sputi dentro.-

Sgrano gli occhi, anche le mie labbra si spalancano da sole nell'udire quelle parole.
Alexander si avvicina con le sue labbra alle mie per darmi un bacio, il suo sapore è così buono. Non capisco come ci sono arrivata a questo punto, come mi ci ha portata a questo punto. Farei qualsiasi cosa per averlo.
Succhio languidamente il suo labbro inferiore.
Lui mi osserva soddisfatto, prima di guardarmi scendere a riempirmi la bocca della sua eccitazione.
Vi serro le labbra intorno per assaporarlo al meglio, ma lui si ritrae. E mi arriva un altro schiaffo.
Stavolta più secco.

-Devi fare come ti ordino. Non ti ho chiesto di succhiarmelo. Solo di tenere quella bocca aperta, per me.-

Chiudo gli occhi e stringo la mandibola. Vorrei mandarlo a quel paese.
Dio, erano meglio le frustate... mi sta facendo perdere la pazienza. Ingoio il groppone e abbasso lo sguardo.
Le sue dita continuano a muoversi tra le mie gambe, continuano a sfregarmi con avidità facendomi ansimare a piccoli sbuffi, mentre mi forza il mento con il pollice fino a farmi aprire la bocca.
La sua erezione scivola sul mio viso, cercando le mie labbra.
Trova facilmente accesso fino alla gola. Non resisto e stringo labbra intorno a lui causandogli un forte gemito di piacere, Alexander ne gode finché ne ha voglia, poi scivola via dalla mia bocca ansimante, dritto e bagnato. 
Questa volta lo schiaffo è così forte che mi sento pulsare tra le cosce fino a quasi venire.

E poi è bastata una parola.
Una sola parola.
In intimità non ho mai visto Alexander in preda alla confusione o senza sapere bene cosa fare, né l'ho mai visto vulnerabile.
Ma quando il mio grazie esce naturale, lo vedo perdere un battito.

-Cristo, Juliet.-

Con rapidità agguanta il cuoio e mi sferra una cinghiata sulle cosce ben assestata che mi fa gemere insoddisfatta. E il mio grazie non tarda ad arrivare.
Non è una messa in scena, sono troppo ubriaca di sensazioni per poter calcolare le mie mosse in questo istante.
Lo sto davvero ringraziando per quello che mi sta facendo?
A quanto pare devo sembrare convincente, perché in lui inizia ad aumentare respiro.

-Così mi fai impazzire però.-

Chi è che ha il potere ora?

Si passa una mano tra i capelli, poi curva il capo senza smettere di guardarmi come fossi la cosa più preziosa al mondo.

-Ripetilo.-

-E per cosa dovrei...-

Mi afferra dai capelli con forza attirandomi a sé, il mio l'orecchio combacia con la voce calda che gli scivola via dalle labbra morbide.

-Ripetilo, ho detto.-

Gli sorrido, ma stavolta lo guardo senza obbedire.

La cinghiata che mi arriva sul culo è impietosa e mi fa tremare del dolore.
Mi si rompe il fiato, lui ha ancora gli occhi nei miei, in attesa.

-Grazie Alexander.-

Vedo le scintille esplodere nei suoi occhi di ghiaccio. Mi spinge sul letto con forza, perciò mi stendo mentre lui mi apre le gambe per raggiungere con la bocca la mia parte più sensibile. La sua lingua prende a torturare il mio clitoride portandomi in paradiso e io sono un miscuglio di gemiti, piagnucolii e parole sconnesse.

-Sei stata brava. Te lo meriti.-

-Cosa?- domando guardandolo avvicinarsi al comodino.

-Di essere legata.-

E quando mi afferra dalle caviglie capisco.

Oddio, non è un po' troppo così?

-Ma poi non mi posso muovere se mi leghi così...-

Alexander allaccia due fibbie alle mie caviglie, agganciandole alle estremità del letto.

-Esatto, piccola Juliet. Non hai bisogno di muoverti ora.-

Così torna ad immergere i pollici nel mio inguine per avere il miglior accesso alla mia intimità, si riempie la bocca di me fino a farmi esplodere in un orgasmo che mi fa tremare a lungo.
E ogni volta credo che non ci sia mai stata volta più bella. Più intensa.

Non ho più forze, neanche di sollevare il capo dal cuscino.
Le sue dita insistenti intanto, concludono il lavoro magistrale che le sue labbra e la sua lingua hanno saputo creare.

-Stai bene Juliet?-

-Sì.-

Sento il corpo liquefarsi sul letto, mentre Alexander mi slega dalla corda che mi impediva di muovermi.

-Sei stata ...-

Sorrido, ma non abbastanza per dimenticarmi della candela ancora accesa. Perciò mi porto involontariamente le mani sul petto.

-Ti ho slegata ma ciò non significa che muoverai le braccia per coprirti, intesi?-

Chiudo occhi mentre Alexander si posiziona sopra di me, mi afferra entrambi i polsi per portarli sopra alla mia testa.

-Guardami Juliet.-

E con una spinta decisa si immerge dentro di me.
Mi sfianca con lentezza e io mi godo quel contatto, sapendo che il paradiso è di nuovo vicino.
Ma non so se posso rilassarmi completamente, dopotutto ha di nuovo quella candela in mano.

-Non c'è qualcosa che devi dirmi, Juliet?-

La sensazione è così piacevole che non riesco neanche a comporre un suono. Allaccio le gambe intorno al suo bacino, la mia pelle segnata dai lividi sta ardendo a contatto con le lenzuola, e il dolore cresce ad ogni sfregamento causato dalle sue spinte profonde.

-Rispondi.-

-Alex...-

All'improvviso la mia gola è vittima della sua mano che stringe con forza sul mio collo, avvolgendolo completamente. Imprime le dita nella mia pelle, come volesse lasciarvi i segni.

È tutto così intenso che il bruciore della cera che comincia a segnare la mia pancia si assopisce, non è più dolore ma solo un modo per farmi tornare alla realtà.
Quasi non ne sento più il calore, finché Alexander non aumenta il ritmo dentro di me mentre con la candela scivola sempre più in basso.
Lo vedo prendere le misure.
E tanto lo sapevo che l'avrebbe fatto, non avrebbe mai resistito.

Avrei dovuto chiedergli di non farlo e solo in quel caso, lui non l'avrebbe fatto.
Ma ormai sto solo trattenendo il respiro.
Lui mi guarda con occhi assetati mentre la cera marchia il mio clitoride facendomi esplodere in un orgasmo inimmaginabile.

Mi sento contrarre intorno a lui così violentemente, da provocargli un'espressione di sofferenza sul viso. 
E poi lo fa di nuovo, stavolta più in basso.

- Cristo, Juliet...-

Alexander si lascia andare ad un'imprecazione mescolata ad un ringhio di dolore, quando la cera sfiora anche la sua lunghezza che mi riempie e mi svuota portandomi di nuovo al piacere. Lo sento gonfiarsi e pulsare dentro dandomi i brividi, i suoi muscoli dell'addome si tendono, duri come roccia, mentre si riversa dentro di me con ansimi contenuti a fatica.
Lo vedo afferrare la sua erezione per farla scivolare fuori, sento il suo liquido caldo gocciolare nella mia parte più esterna.
Lui intanto si assapora le labbra con sguardo febbricitante, poi rientra in me e con un sospiro di sollievo, si abbandona sul mio corpo.

Il respiro affannato di Alexander mi solletica il viso, mentre io gli accarezzo i capelli.

-Ti sono venuto dentro.-

-Grazie per averlo specificato.- ridacchio strofinando le labbra sulle sue guance morbide.

-No, voglio dire... La prendi tutti i giorni vero?-

- Devi sempre rovinare i momenti romantici?- lo prendo un giro io.

Lui scoppia a ridere, poi rotola sotto di me, facendomi sdraiare su di lui, senza mai slegare l'abbraccio.
Le sue mani scendono lentamente sul mio sedere e con le dita sfiora i lividi appena formati.
Mi irrigidisco.

-Hai male?-

- Un po'.- mormoro scansando il suo tocco.

Scivolo via da quell'abbraccio per rifugiarmi sotto alle lenzuola. Non voglio che mi tocchi ora.

-Juliet devo solo vedere se c'è qualcosa da disinfettare e la cera dovresti...-

-Dopo. Adesso brucia troppo.-

Gli si dipinge un'espressione dolce sul viso mentre mi sposta i capelli dalla fronte.

-Cosa preferisci? Gelato sotto alle coperte o bagno caldo?-

- Se stiamo qui nel letto possiamo guardare quello che voglio?- domando indicando la tv.

-Facciamo tutto quello che vuoi dopo, lo sai.- sussurra avvicinandosi al mio naso, sfiorandolo appena con la punta del suo.

Mi nascondo con il viso sotto al lenzuolo, mentre lui si alza in piedi per rivestirsi.

-Non fare la pigra, prima dovrei lavarti via la cera.-

- Non ho voglia!- esclamo con un broncio che lo fa sorridere.

Alexander si infila i pantaloni della tuta, mi scompiglia capelli, poi si siede a fianco a me.

-Stai bene sul serio, vero?-

La sua preoccupazione mi fa sentire così potente, è una sensazione inspiegabile.

-Sì, non mi hai fatto così male...-

-Non parlo del dolore Juliet.-

Mi accarezza il viso con una tenerezza infinita, ricordandomi l'umiliazione di quegli schiaffi.

-Ci sono andato troppo pesante?-

-A te è piaciuto.- affermo saettando lo sguardo nella sua direzione.

I suoi occhi si rimpiccioliscono mentre si morde il labbro, come se trattenesse un pensiero troppo eccitante.

-Cristo, non immagini quanto.-

-Beh.. se devo dirla tutta, a volte mi vergogno di come appaio ai tuoi occhi in quei momenti.-

Lui sorride.

-Sempre bellissima?-

-No. Non in quel senso...-

La sua espressione così dolce mi fa ridacchiare come una bambina.

-In che senso Juliet?-

- Ho paura che pensi male di me. Perché mi faccio dire o mi fare fare certe cose...-

Lo vedo scoppiare a ridere di gusto.
Mi acciglio, anche perché succede così raramente.

-Stai scherzando?-

-No.- rispondo con espressione seria.

-Nell'intimità non giudicherei nessuno... tantomeno la persona che amo. Poi scusa, se io ti faccio o ti chiedo determinate cose va bene, ma se tu obbedisci è sbagliato?-

-Boh perché sei un maschio.. magari potrei essere vista male...-

-Ma da chi? Assolutamente no. Non rinuncerei mai a nessuna parte di te.-

-Neanche a quella in cui metto quello che voglio su Netflix?-

-A quella ne farei volentieri a meno.- dice stringendomi forte.
-Dimmi solo una cosa.- aggiunge poi con voce pacata.

-Sì.-

-Perché hai chiamato lui?-

Il nostro abbraccio è caldo, ma il brivido che percorre la mia spina dorsale è di ghiaccio.

-Mi ha telefonato per sapere perché non ero a lavoro, io volevo solo andarmene dal campus perché ero arrabbiata per ciò che ho sentito dire a Nicole e Andrew.-

Lo vedo corrucciare lo sguardo.

-Tu non mi hai difesa.- insisto sotto ai suoi occhi sottili.

-Mi devo fidare di te, Juliet?-

Ma cosa c'entra?

- Certo.- rispondo sollevando le spalle.

- Va bene, non hai bisogno di dire altro..-

-Alex c'è una cosa che devo dirti.-

In realtà più di una... ma non voglio rovinare questo momento, perché è quello che succederebbe se gli raccontassi che David mi ha invitato a cena fuori in svariate occasioni.

-Ho sentito cosa Andrew pensa di me. Per un attimo ho creduto...-

-Cosa che lo pensassi anche io?

-Per questo non mi hai difesa?- mi lamento smangiucchiando il bordo del lenzuolo con fare nervoso.

-No Juliet. Ero solo confuso dalla situazione. Mi ero appena svegliato e mi stavo vestendo per venire a rincorrerti. Lì per lì ero arrabbiato con Nicole. So di piacerle e avevo paura ti avesse detto qualcosa per ferirti.-

Annuisco, con l'intento di farlo continuare a parlare.

-Non mi piace quella ragazza. E non mi importa cosa dicono gli altri di me o di te.- prosegue lui.

-È però vero che siamo diversi...-

La riflessione di Nicole, seppur mossa dalla gelosia, ha un fondo di verità.

-Ed è quello che amo di te. Non ti voglio diversa da come sei. Lo sai. Te l'ho detto mille volte e te lo ripeterò ancora se serve.-

Nascondo il sorriso sotto alle coperte.

-Non mi hai difesa però.- protesto con voce piccola.

-Da cosa? Dalla loro opinione? Ma tu pensi mi importi qualcosa del loro parere? E poi secondo te li sto ad ascoltare? Ho una bassa considerazione e stima di quei due, come della maggior parte delle persone che ci circondano.-

Prende un respiro, poi continua.

-La mia unica preoccupazione era vestirmi per venire da te. Mi conosci, ti avrei lasciata andare via così?-

O porca miseria, non avrei dovuto chiamare David...

-Ma tu non c'eri più. Né hai risposto alle mie chiamate Juliet.-

-Se fossi più simile a te...-

-Se fossi simile a me, saresti una noia mortale piccoletta.-

Sorrido chiudendo gli occhi.
Sono davvero stanca, spossata. Avrei bisogno di dormire.

- Allora cosa vuoi fare, Juliet?-

Senza dire niente mi accoccolo sul suo petto, poi mi circondo con il suo braccio che mi stringe, mentre con le dita mi lascia qualche carezza sulla pancia.

-Stiamo qui così Alex.-

-Mmh.-

Riapro gli occhi per cercare i suoi.

-Eri strano ieri sera.-

-In che senso?-

- Boh... Più pensieroso del solito. È per la ricorrenza di tua madre?-

Lui annuisce baciandomi la fronte.

-Parlerai con tuo padre?-

-Ci tieni tanto piccoletta?-

-Sì.-

-Va bene, lo farò.- lo sento sussurrare tra i miei capelli mentre ho ormai chiuso gli occhi.

Vorrei rimanere così per sempre.

🎀🎀🎀🎀🎀🎀

🎀 In questo capitolo non succede nulla a livello di trama, ma sta scena mi ha preso 9000 parole quindi ho dovuto fermarmi qui 😅

🎀 Ci tengo a dire che nel capitolo scorso, Alexander non ha mentito riguardo a Nicole. Lei era davvero la stagista del suo dottore, l'ha conosciuta lì qualche capitolo prima... e lei sapeva di Juliet proprio perché lavorava nell'ospedale dove l'hanno curato post incidente.

🎀 Sto preparando il capitolo del processo, ma siccome non posso inventarmi un'udienza di sana pianta, mi sto informando su come funzionano determinati meccanismi di giustizia e quant'altro... vi dico solo che mi viene voglia di sbattere la testa al muro perché non ci capisco niente ahahahah

🎀 Nei prossimi capitoli si torna a movimentare un po' la situazione...

🎀 A parte ciò, l'altro giorno ho pubblicato un annuncio ma poi l'ho cancellato per sbaglio. Come dicevo, avrò poco tempo per scrivere da agosto in poi, quindi vi prego portate pazienza. Sto pensando al finale di questa storia e poco a poco si sta delineando nella mia testa. Credo manchino ancora una quindicina di capitoli

Grazie a tutte di cuore per le letture e per i commenti 🦋

A (spero) presto ❤️

🦋🦋🦋

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