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XLV

toxic

🔴🔴

Alexander POV

-Ci sarà un'ondata di calore in Inghilterra.-

È così, con mio immenso dispiacere, nei giorni seguenti il termometro arriva a sfiorare i quaranta gradi.

-Mi fa piacere Catherine, hai fatto riparare l'aria condizionata?-

Non voglio rimproverarla, è solo che sembra sempre che alla fine mi debba occupare di tutto io.

-No.-

Lei si stringe nelle spalle con fare disinteressato.

-Ho capito, ci penso io.- bofonchio fingendo che la cosa non mi infastidisca più di tanto.

Da giorni non faccio che studiare, preparare biberon ed elemosinare uno sguardo di Juliet che mi ignora palesemente.

Che cazzo di vita è questa?

E come da previsione, alla fine c'è stata per davvero quell'ondata di calore, non era solo una bufala meteorologica.

Fa un caldo fottuto mentre sono al telefono con il tecnico.
E io odio il caldo.
Provo a seguire le istruzioni alla lettera, ma l'impianto è guasto e non c'è modo di ripararlo.
Così richiamo ancora. E ancora.

-Allora, che hanno detto?- domanda Catherine andando avanti e indietro per il salotto con Tristan tra le braccia.

-Tutti la stessa cosa, non hanno disponibilità fino a dopo domani. Troppe richieste.-

Catherine se ne va a cambiare il bambino mentre io provo a mettermi a studiare un cucina.
Non riesco neanche a stare seduto, le mani mi sudano e la maglia mi si appiccica addosso.
Mi chiedo solo dove diavolo sia Juliet.

🦋

-Al centro commerciale si stava così bene! Non stai soffrendo Alex?-

Dopo due faticosissime ore di studio, vedo Catherine rientrare a casa con il bambino insacchettato al petto e uno stuolo di buste.
E insieme a lei c'è anche Juliet.
Sono andate a fare shopping e come al loro solito ci mettono ore infinte, poi tornano a casa continuando a parlare di ciò che hanno appena comprato, come se fosse l'unica priorità della giornata.

-Ancora il condizionatore rotto?-

-Alla fine sono riuscito a strappargli un appuntamento. Verranno a ripararla domani pomeriggio, Catherine.-

Juliet mi fissa a bocca aperta per qualche secondo, poi si lecca le labbra abbassando sguardo.

-Che c'è?- chiedo senza mezze misure.

-Niente.-

-Ti ho fatto una domanda, Juliet.- insisto rude.

-Hai un buon profumo.- mormora lei con noncuranza.

Seguo i suoi passi con i miei occhi puntati sulla sua figura esile avvolta da un vestitino bianco, va a prendersi un bicchiere d'acqua fredda come se quel gesto fosse quasi più prioritario che parlare con me.

-Sono tutto sudato.-

E odio quando mi volti le spalle e non mi consideri per tutto il santo giorno.

Lei comincia a rovistare tra le buste poi si volta verso di me per lanciarmi un'occhiata intensa.
Tra le mani giocherella con qualcosa composto da lacci scuri e trasparenti, sembra un indumento intimo.

La mia attenzione si accende.

-Volete pizza o cinese?-

Catherine arriva in cucina ad interrompere i miei pensieri che stanno capitolando verso una direzione ben precisa. E di sicuro non è quella culinaria.

-Ehm...-

Non riesco a staccarle gli occhi di dosso. Le sue labbra mi ipnotizzano, i capelli leggermente mossi le si appicciano alla fronte mentre tenta di ricacciarli via.
Quando fa per tirarseli su in una crocchia lasciando scoperta la nuca esile, per poco non mi manca un battito. Le parole tra di noi ci avranno anche allontanati, ma è impossibile ignorare quanto i nostri corpi si attraggano magneticamente.

-Secondo me Alex vorrebbe una bella limonata fredda.- ridacchia lei prendendomi in giro come al suo solito.

Sogghigno appena, Catherine intanto va nell'altra stanza per mettere il bambino nella culla.
Con un gesto rapido mi alzo in piedi  provocando un rumore che fa sobbalzare Juliet.

-Tanto lo sai già cosa ci faccio con quella bocca se non la smetti di darle aria. Pizza per tutti allora?-

Raccolgo i miei libri mentre Catherine torna in cucina per estrarre dalle buste tutte le cianfrusaglie inutili che hanno acquistato.

-Questo ti sta benissimo. Per non parlare di questo!-

Fisso diffidente i pezzi di stoffa che si passano tra le mani.

-Cos'è quella roba?-

Juliet assume un tono malizioso che non mi piace affatto.

-Ho pensato di rifarmi il guardaroba nuovo dato che tra poco inizio a lavorare in ufficio e ho bisogno di qualcosa di elegante, ma allo stesso tempo carino.- civetta lei, rivolgendomi un'espressione da smorfiosa.

Una persona intelligente dovrebbe sapere quando parlare e quando tacere. E io, meglio che sto zitto in questo momento.

-Tu perché studi già se neanche hai cominciato l'università?-

E se io decido di non parlare a sproposito, Juliet invece sembra non conoscere altri modi per comunicare con me, se non quelli di provocarmi. Arriccia il naso come una bambina viziata e mi segue in corridoio.

- E tu perché non stai zitta e dai una mano a tua madre?- ribatto secco, quando vedo Catherine riporre alcune confezioni di latte nella dispensa.

-Io vado in camera a studiare, così non vi distraggo dalle vostre cose.- annuncio poi, con il tentativo di allontanarmi.

-Alex guarda che non ci dai fastidio..-

Juliet mi trattiene. La sua manina sta letteralmente aggrappata alla mia maglia provocandomi un leggero fastidio.

-Sì ma fa troppo caldo ho bisogno di spogliarmi.- mormoro contro le sue labbra.

- Io non mi lamenterei...-

-Meglio per te se mi chiudo in camera. Fidati.- ringhio accaldato.




Studio mezz'ora poi abbandono il libro, i miei pensieri sono più martellanti delle pagine di biochimica.
Non riesco a smettere di pensarci.
Vuole prendere casa e non ha più intenzione di tornare qui, vuole che sia io ad andare da lei, sennò non sarò in grado di vederla.
Perché ha deciso di testa sua?
Mi sento mancare il controllo dalle mani, odio questa sensazione.

Esigo sapere dove vuole andare a vivere, quando e in che modalità.
Ma sopratutto..come può chiedermi di scegliere tra lei e la mia famiglia?
E poi lei è la mia famiglia..

Affogo entrambe le mani nei capelli. Maledizione, fa troppo caldo e non riesco a ragionare.
L'unica cosa che so è che non mi è possibile starle lontano.
E a quanto pare neanche lei sembra riuscirci, infatti dopo poco sento bussare timidamente alla porta.

-Desidera?-

-Ehm...Studi davvero così?-

Juliet mi fissa i boxer neri, anche perché non ho nient'altro addosso.

-Sei veramente venuta qui per chiedermi questo? Non senti quanto diamine fa caldo?- sputo aspro, per via della sua uscita inutile.

-Non c'è bisogno di arrabbiarsi, ti ho solo fatto una domanda.- spiega calma.

-Sono nervoso. Cosa c'è?-

-Mia madre mi ha preso alla lettera e ha preparato della limonata fresca, ha chiesto se la vuoi.-

La guardo per qualche istante, mentre lei guarda me.
Cosa stiamo facendo?
Finta di niente?

-Sì grazie, mettici il ghiaccio.-

Non dovremmo parlare?

- Oh. Okay.-

- Mi raccomando non troppo zucchero. E ricordale che va fatto sciogliere prima..-

Lei scoppia a ridere.
-Sì e poi?! Che vuoi ancora??-

-Poi portamela senza vestiti addosso, grazie.- rispondo serio.

Juliet sbatte le palpebre un innumerevole quantitativo di volte, ma i miei occhi ricadono sul vestitino bianco che le si appiccica addosso.
Perché non porta il reggiseno?

-Sei sempre il solito...- sussurra maliziosamente quando mi sorprende a fissarla in modo inquietante.

Va bene, è ufficialmente arrivato il momento di farmi una doccia ghiacciata.

-Vedi di non farmi aspettare troppo, Juliet.- concludo prima di chiudermi in bagno.

Mi scappa un lamento di odio profondo, quando dalla doccia fuoriesce un getto gelido che si riversa sul mio corpo bollente, dandomi i brividi.
Però poi mi ci abituo. Il freddo mi scuote le membra, risvegliandole completamente.
Ma il vero risveglio, sembro avercelo quando esco dalla doccia e torno in camera con un asciugamano avvolto in vita.

-Avevo detto nuda.- ammonisco Juliet che con mia sorpresa sta in intimo, in piedi di fronte a me.

Mi porge il bicchiere e io non posso fare a meno di curvare le labbra in un sorriso soddisfatto.

Mi piace quando lo fai, piccola Juliet.

-E così, mhm... si potrebbe dire che mi dai ancora ascolto.-

Con una mano mi scompiglio i capelli bagnati, lei non schioda la schiena dalla porta.

-A quanto pare...-

Poi si morde il labbro prendendosi la libertà di squadrarmi da capo a piedi.
Ne bevo una sorsata gelida senza staccarle gli occhi di dosso.

-Hai chiuso la porta a chiave?- la interrogo con occhi sottili.

-Sì Alexander.-

-Sei qui solo per portarmi la limonata?-

-Sì....- fa una pausa breve.

Poi ripete il mio nome.

-Alexander.-

E lo fa in modo tutt'altro che innocente, stuzzicando la parte più sadica del mio essere.

Sollevo un sopracciglio. È involontario.

-Mi stai dicendo una bugia, Juliet?-

La vedo avvampare nelle guance.

-Allora abbiamo un problema...-

Comincio a girarle intorno, posso avvertire la sua eccitazione e la sua impazienza liberarsi nell'aria.

-L'hai messo apposta per me?-

Indico il completino nero che ha addosso.
Il reggiseno a balconcino raccoglie alla perfezione il suo seno piccolo e sodo, mentre indossa delle mutande così striminzite che non lasciano molto spazio alla mia immaginazione.

-Sì.-

-Mhm... sbaglio o prima...-

Compio un giro intorno a lei per raggiungere la sua schiena liscia contro la quale premo due dita, con l'intento di slacciarle il reggiseno.

-Non lo avevi?-

-Non sbagli Alex.-

-Sei uscita di casa senza?- domando liberandola dall'intimo.

-Avevo caldo e..-

-Ah. Ah.- Le faccio cenno di stare in silenzio. -Non mi interessa.-

Un gemito di frustrazione resta incastrato tra le sue labbra, quando compio il gesto di lasciar scorrere il bicchiere ghiacciato contro i suoi capezzoli tesi.
Poi la osservo: lei si lecca le labbra guardando le mie.

Le piace. Iniziamo.

Così ripeto lo stesso movimento, stavolta con più insistenza.
La guardo abbandonarsi contro la porta.
La guardo perdere il fiato.
La guardo stringere le gambe per poi arrossire.
La guardo come se fosse la cosa più eccitante che abbia mai visto.

Le piace. Tanto.

Juliet prova a muovere le braccia per sfiorarmi il petto con le mani, ma l'ammonisco con uno sguardo intransigente.

- Ferma.-

Lei torna con i polsi dietro alla schiena, mentre io lascio che la mia bocca assapori la zona appena torturata, alternando il movimento dolce della mia lingua calda a quello ruvido del ghiaccio.
Infine chiude gli occhi e assapora la mia lenta tortura ancora una volta.

-Ti sta piacendo troppo...- mugolo prima di raccogliere il suo seno piccolo e perfetto in bocca. Succhio la pelle sensibile prima di addentarla con decisione.
Ne tiro l'estremità con i denti e lei viene scossa da un brivido.

-Alex..-

La fulmino con lo sguardo.

- In silenzio.-

-Scusa.-

-Brava bambina. Ti voglio obbediente.-

I suoi occhioni, di solito grandi e distesi, si assottigliano in un'espressione stizzita.
Le dà fastidio quando faccio così, quando la tratto come una bambolina..come darle torto.

-Che ne dici se leghiamo i capelli?-

Lei mi passa l'elastico che ha intorno al polso, lo fa senza fiatare.
Io intanto raccolgo il mucchietto di capelli fluenti, poi li strattono un po' più del dovuto nel farle una coda alta.
La visione del suo collo scoperto mi provoca una tensione notevole sotto all'asciugamano che mi stringe i fianchi.

-E ora che ne dici se...te lo avvolgo intorno al collo?-

Le indico nastro rosso che tengo tra le dita.

La vedo deglutire.
Questo sì che le costa fatica.

Ma che divertimento c'è nell'indurla fare cose che le piacciono troppo?

- Rispondi, Juliet.- scandisco con lentezza.

Si sta prendendo il suo tempo per riflettere. Poi la sua richiesta, che mi giunge inaspettata.

-E se non faccio come dici, che mi farai?-

Affogo una mano nel bicchiere per raccogliere ciò che è rimasto di un piccolo cubetto di ghiaccio e glielo faccio scorrere sulle labbra socchiuse, il gesto le causa un fremito, ma non abbastanza forte da smuoverla.
Così porto il ghiaccio in bocca, dove si scioglie completamente mentre Juliet non mi stacca gli occhi dalle labbra. La mia lingua comincia a pizzicare forte, ho bisogno di calore e lo trovo quando mi inginocchio tra le sue gambe.
Un gemito prolungato. Quasi un lamento sensuale.
La vedo portare gli occhi indietro, godendosi il freddo della mia lingua in contrasto con la sua carne ormai bollente.
Assaporo, strofino e torturo il suo centro pulsante finché lei chiude gli occhi pronta ad esplodere di piacere nella mia bocca.

Quindi mi fermo.

-Riformulo la domanda, Juliet.-

-Fallo, ti prego.-

Ci voleva tanto?

Così mi sollevo in piedi e compio un nodo intorno al suo collo esile e aggraziato, poi con un colpo secco la tiro con violenza verso il basso, facendola cadere ai miei piedi.

Ora va meglio.
Mi sento decisamente meglio.

-Guardami, Juliet.-

Lei perde un battito, poi innalza gli occhi.

-Ti stringe troppo?-

Fa un cenno con la testa dicendomi di no.

-Bene. Apri la bocca adesso.-

Juliet fa esattamente quello che le chiedo, e se vederla in intimo mi aveva fatto venire un'erezione memorabile, ora che le infilo il pollice in bocca e lo faccio ruotare sulla sua lingua, mi sento pronto.
Pronto a legarla al letto a pancia in giù e...

no.

-Brava.-

Parlare dovrebbe distrarmi, ma osservare la sua espressione appagata quando le dico che è stata brava, non mi lascia molta via d'uscita. Mi sfilo l'asciugamano lasciandolo scivolare a terra, lei solleva un sopracciglio come se lo vedesse per la prima volta. Lo fa sempre, mi chiedo cosa le passi per la testa quando mi vede completamente nudo.

-Tutto bene?-

Annuisce. Lo so che sono grande e lei è piccola e stretta, ma forse è proprio per questo che la paura di farle male per davvero mi accompagna sempre.
Ma quella paura poi mi abbandona, trasformandosi in fretta in una voglia fottuta di farle del male, non appena l'afferro dalla coda di cavallo ed inizio a prendere possesso della sua bocca. La forzo appena, provocandole un verso strozzato che le muore in gola.
Lo sguardo di Juliet si inasprisce.
Avanti non è neanche metà

Non riesco a staccare gli occhi dal suo corpo, dai suoi capezzoli inturgiditi che si muovono accompagnando i movimenti ritmici della sua bocca.
Come faccio, dannazione?
Come faccio a guardarla come niente fosse dopo, a cena?
Non c'è la faccio.
Forse Juliet ha ragione, non possiamo continuare cosi. Non siamo più due ragazzini, tra poco inizierò l'università e lei comincerà a lavorare.

-Dobbiamo...parlare... dopo.- ansimo a scatti per l'eccitazione.

Lei mi abbandona con uno schiocco.

-Di cosa?-

-Di noi.-

-Ora?-

Ho detto dopo.

-Ora non mi sembri in grado di poter parlare, Juliet.-

Sorride divertita dal basso.
Io non sto ridendo però.

-Mettiamo una cosa in chiaro.-

Devo aver assunto un tono di voce autoritario e convincente, perché lei sta pendendo dalle mie labbra.
Prendo un respiro lungo per non farmi distrarre dalla bellezza del suo viso così pulito.

-Non mi importa cosa ci siamo detti. O cosa abbiamo deciso di fare della nostra vita.-

Mi fissa con i suoi occhi color nocciola, è attenta come non mai.

-Tu, Juliet, qui dentro sei mia. -

Continua a guardarmi senza dire nulla.

-Annuisci, subito.-

Ero già pronto alla mia prossima mossa, sicuro che avrebbe annuito al primo colpo ma...lei non dice nulla, neppure un cenno con la testa.

Sento il sangue ribollirmi furiosamente nelle vene, il mio pollice segna le parti più spigolose del suo viso.

-Provo a spiegartelo meglio. Tu sei di mia proprietà. Il tuo corpo.
La tua mente. Tutto. Hai capito?-

Rispondi maledizione

-Juliet...-

Le sfioro il volto puntellandolo con le dita.
La sto pregando di rispondere, ma lei non sembra volermi accontentare.
Le do un buffetto leggero sulla guancia, per stimolare una sua reazione.

La sento emettere un versetto quasi impercettibile.
E io sono costretto a chiudere gli occhi mordendomi il labbro involontariamente.
No, non credo di aver mai fatto nulla di così eccitante.

-Rispondi.-

Lei trattiene un sorriso.

-E questo che vuoi? Mhm?-

La guardo sollevare appena il mento, senza interrompere la nostra connessione di sguardi. Devo farlo di nuovo, così le accarezzo la guancia, poi scendo il più vicino possibile alla bocca e le accenno un altro schiaffetto.

È così leggero che lei non si muove neanche, forse non l'ha nemmeno sentito. Di sicuro l'ho sentito io.

Juliet resta immobile, a testa alta, io invece non riesco a trattenermi dall'emettere un gemito gutturale ogni volta che la colpisco.
E usare l'altra mano per pomparlo davanti al suo viso non è di certo la cosa più elegante da fare, ma fatico a contenermi in questo momento.

-Sei mia, Juliet.-

Le vengono gli occhi lucidi quando mi immergo di nuovo tra le sue labbra. E lei finalmente annuisce.

-Ci voleva tanto, Cristo?- la redarguisco con uno sguardo coriaceo.

Le ho mostrato debolezza e lei mi ha risposto così, chiedendomi di portarla al limite.
Forse dovrei essere più duro con lei. Ma il pensiero se ne va in fretta, perché Juliet riesce a farsi amare anche in queste occasioni, in un modo così dolce e profondo, che non mi lascia alcun dubbio: non amerò mai nessuno così.

Perciò ci prendiamo il nostro tempo: io in piedi, lei è ancora in ginocchio mentre sfrega la fronte contro i miei pantaloni in un gesto così dolce che mi fa tremare. Non posso fare a meno di accarezzarla affettuosamente, prima la testa poi il viso. L'aiuto a sollevarsi in piedi, e senza che nessuno le abbia dato il permesso, abbandona le mani nei miei capelli e cominciamo a baciarci come due innamorati che non riescono più a fare a meno l'uno dell'altro.

È come se io provassi costantemente a spingerla più in basso, ma lei riuscisse sempre a farmi desiderare di tenerla più vicino.
Non riesco a resisterle, dannazione.
Se solo non fossi innamorato.
Se solo non fossi così perdutamente innamorato di lei ora la starei frustando, forse umiliando.
Ma non ci riesco, adesso ho bisogno di lei.
Cadiamo sul letto come fosse un manto di nuvole.

-Alex stavo pensando di..-

-Pensa mentre apri le gambe.- ringhio indirizzandomi dentro di lei con una spinta lenta.

Mi lascio andare ad un gemito di piacere quando le affondo dentro, faccio con calma perché voglio sentire cos'ha da dirmi.

-Che anche se prendo un appartamento tutto per me, tu potresti sempre tornare qui da loro. Non devi rinunciare.-

Il fatto che sia così bagnata, calda e piccola è una distrazione.
Ma quello che ha appena tirato fuori è importante.

-E io e te quando ci vediamo?-

-Quando torni dal campus vieni qui, ceni qui, stai con loro quanto vuoi e poi vieni a dormire da me. Nessuno ti chiederà nulla.-

-E questo ti basterebbe?-

Il suo sguardo solitamente spensierato, si rabbuia.

Mi fermo all'improvviso per farmi il tempo di capire il suo stato d'animo, ma lei si aggrappa alla mia schiena e muove il bacino contro di me, invitandomi a continuare.

-Così possiamo stare insieme e non dobbiamo nasconderci in queste quattro pareti.- sussurra languidamente.

Sarebbero altre quattro pareti, cosa cambia?

-Diamoci una possibilità.-

Sorrido davanti alle sue parole, voglio darle quello di cui ha bisogno.
O almeno provarci.

-Quello che ti rende felice, Juliet.-

Lei porta la testa verso di me, cercando la mia bocca che ormai è fatta solo di lingua e voglia di segnarla.
Il piccolo morso che le lascio vicino alla clavicola le provoca dei gemiti sommessi.

-Preferisci senza, Alex?-

Annuisco all'ovvietà della domanda.

- Lo sapevo...-

Mi soffocavano quei maledetti preservativi, sempre troppo piccoli, e poi non mi permettevano di sentirla a pieno.

-Adesso basta parlare, c'è solo una cosa che devi fare.-

La penetro con una spinta decisa e mi fermo in profondità, facendole inarcare la schiena per il piacere.
O forse per il dolore.
Poi mi ritraggo uscendo completamente.

-Ma cosa.... Alexander?-

La pelle di Juliet viene scossa da un brivido, mi vibra sulle labbra che continuano a sfregare contro il suo collo tremante.

-Ora comincia a supplicare piccola Juliet.-



🦋

-Ma è tutta sudata...- biascico ancora in estasi, quando lei torna dal bagno con la mia maglietta addosso.

-Lo chiami sudore questo?-

La guardo immergere la faccia nel tessuto bianco per inspirare a fondo il mio profumo. Alzo il lenzuolo per lasciarle lo spazio a fianco a me.

-Vieni qui. Ho bisogno di parlarti.- le sussurro abbracciandola da dietro, quando finalmente si rannicchia con la schiena sul mio petto.

-Ti ho sentita distante mentre eri via.-

-Beh ero a mille chilometri...-

-Hai capito benissimo.- l'ammonisco stringendola più forte.

-Voglio che prendi casa per te. È giusto così, solo... -

Lei scivola tra le mie braccia voltandosi verso di me con uno sguardo deciso.

- Vuoi? Non hai capito... sono io che devo volerlo, non tu. Tu puoi solo accettarlo.-

E me lo dice guardandomi dritto negli occhi.

- Ho detto che voglio ma...-

Devo dirglielo?
È la persona che amo.. dovrei fidarmi di lei, no? Perché mantenere la maschera se mi sento debole quando si tratta di Juliet?

-Di cosa hai paura, Alex?-

Mi solletica la fronte con le dita, prima di accarezzarmi la guancia con un bacio.

-Mi fa paura l'idea che tu possa scappare di nuovo.-

-Non sono fuggita. Ne avevo bisogno Alex.-

-Fatico ancora a capirlo però.-

Lei sorride.

-Non possiamo capire tutto l'uno dell'altro al cento per cento. Anche io a volte non ti capisco, eppure mi fido ciecamente di te Alex.-

-Va bene.- mormoro poco convinto.

-E voglio che anche tu ti fidi di me.-

Sento che vuole dirmi qualcosa di più.

-Arriva al punto Juliet.-

-Se fossi stata via di più, tipo... dei mesi.-

Sento un dolore all'altezza della gola, vorrei deglutire ma non ci riesco.

-Tu mi avresti aspettata, vero?-

- In che senso?-

- Non mi avresti voltato le spalle.-

-Mai, Juliet.-

Mi sta chiedendo se l'avrei tradita? Assurdo.

-Non ti farei mai del male.-

Buffo, eh.

Tant'è che lei ridacchia portandosi una mano davanti alla bocca.

-Non in quel modo.. cioè.. hai capito.- mi irrigidisco.

-Sì Alex. Quello che voglio dire è che.. anche se non hai capito a pieno il mio bisogno di andare via, sei intelligente. E sei stato abbastanza paziente da assecondarmi: non mi hai assillato e non mi hai cercata continuamente, anzi...mi hai lasciato vivere da sola quei mesi in cui stavo cercando la mia indipendenza.-

-È stato faticoso però.-

-Mi sei mancato tanto, ma dirtelo tutte le sere e chiamarti di continuo avrebbe solo fatto più male e non mi avrebbe dato l'occasione di sperimentare me stessa.-

Mi acciglio, è inevitabile.

-Cosa mi stai dicendo? Che ne hai ancora bisogno?-

-No, sto dicendo che dipendo troppo da te. Me ne sono accorta quando ero lì. Prima mi sembrava una cosa normale.-

-Non c'è niente di male a..-

-Alex, dipendo da te per ogni decisione. Anche la più stupida. Se tu mi dici che devo fare una cosa, io la faccio senza pensarci due volte. E se a volte non faccio come dici tu, è solo per provocarti, ma dentro muoio dalla voglia di accontentarti. Mi sento male a non farlo.-

Sembra quasi preoccupata nel raccontarmi questa sua piccola verità.

-Non c'è niente di male nell'avere un bisogno di compiacere innato.-

-Non sto parlando di sesso.- asserisce poi.

-Beh, farai anche come dico io ma...devo dire però che con la scuola hai fatto certe storie...-

Alleggerisco l'atmosfera. Strano sia io a farlo, ma finalmente lei abbandona l'espressione seria e scoppia a ridere.

-Diciamo che..stando lontana da te, mi sono trovata per la prima volta a prendere decisioni da sola. Dalle più insulse alle più importanti.-

-Ora sei qui.-

Non voglio più sentirne parlare.

-Sei contento di cominciare l'università?-

-Sì.-

-Dici che cambierà le cose Alex?-

-Non so dimmelo tu-

-No per me no.- sbuffa mettendo su un broncio da bambina.

Ma le cose si sa, cambiano continuamente.



♥️



È l'alba di Lunedì mattina e io devo partire per il campus. Juliet è ancora addormentata nel mio letto, quindi la bacio dolcemente sulla schiena nuda per evitare di svegliarla.

-Alex...-

Il suo sospiro si fa lieve nella penombra.

-Sì?-

Non sono da "ti scrivo quando arrivo", nè "ti chiamo stasera", non fa per me.
Ma neanche il "ti amo" faceva per me, eppure devo lottare per non dirglielo ogni volta che la guardo negli occhi.

- Ti amo- dice lei, chiedendomi un bacio sulle labbra.

- Ti amo anch'io. Ricordati di posticipare la sveglia oggi. Inizi il primo giorno di lavoro.-

- Sì.-

- Portati dell'acqua e qualcosa da mang..-

- Alex.- mi rimprovera ridendo con voce ancora assonnata.

- Ti chiamo stasera così ti racconto tutto.-

"Brava, così mi piaci."

In cucina aleggia un leggero aroma di caffè nell'aria, mio padre dev'essere già sveglio.

-Quindi questa è la tua decisione?-

La sua voce frantuma i miei passi, ormai diretti verso la porta d'ingresso.

-Ora che io e Catherine siamo impegnati con la nascita del bambino, di nuovo con questa farsa di fingere davanti a tutti?-

-Papà...-

Lui si alza dal tavolo per cercare di avvicinarsi a me.

-Ma ogni notte dormi con lei, vero?-

-Devo andare. Non posso fare tardi.-

Mi curvo a raccogliere lo zaino, poi le chiavi della macchina.

-Dovrai affrontarla questa cosa.-

-La sto affrontando papà, la sto vivendo.-

—Quindi hai fatto le tue scelte?-

Oltre alla delusione, il sentimento più lampante che gli trafora le pupille, è la speranza.
Ci spera ancora che tra noi finisca.

-Ho fatto la mia scelta.- rispondo asciutto.

-Ed è Juliet.-

-Alexander!-

Ormai gli ho voltato le spalle.
Sbatto forte la porta e vado via.

🍍

-Una domanda veloce per una risposta altrettanto veloce.-

Sfoglio il libro senza degnarla di un'occhiata.

-Vieni ad una festa Alexander?-

-Vai anche alle feste?- sollevo il sopracciglio, ma non lo sguardo dal libro.

- Certo. Se tu venissi al seminario che tiene mio padre, scopriresti che il divertimento, se moderato, è concepito come...-

-Non cominciare con queste cazzate. Non mi interessano.-

- Allora vieni alla festa.-

- No.-

- Perche sei così?-

-Così come?-

Stringo le mani sul tavolo, poi la guardo.
Nicole è senza un filo di trucco, sembra si sia appena svegliata. Mi chiedo cosa passi per la mente di una ragazza che, subito dopo essersi alzata dal letto, viene a cercare uno come me.

-Sei così... Sempre sulle tue, Alexander.-

-E questo non ti basta a lasciami in pace?-

-Vuoi essere lasciato in pace? Davvero?-

La sua domanda ha un filo sottile che racconta qualcosa, ma non capisco di preciso cosa.
Possibile che io le piaccia così tanto?
È solo ostinazione o è talmente masochista che le piace farsi trattare di merda?

-Allora vuoi essere lasciato in pace sul serio o no?-

-Non è ovvio?-

- Hai una ragazza?-

Sbuffo spazientito, per finire ad incrociare le braccia al petto.

-Sono cose che non ti riguardano, non trovi?-

-Beh è una domanda come un'altra.-

-Guarda caso, qualsiasi sia stata la domanda, io non ti ho mai risposto.-

Si volta chinandosi verso la piccola zona caffetteria della biblioteca. Traffica tra le stoviglie poi sceglie una tazza e aziona la macchinetta del caffè.

Non farlo

Ma lei ha già posato la tazza fumante accanto al mio braccio.
La guardo accigliato dal basso.

-Mi fa piacere portarti il caffè, cosa c'è di male?-

Nulla se fossimo amici, ma visto che non lo siamo..

-Niente di male nel gesto in sé. Mi chiedo se per caso non ci sia qualcos'altro dietro a questa tua...come vogliamo chiamarla, premura?-

Lei non risponde, compie un giro intorno al tavolo poi fa la vaga.

-Comunque...-

-Mhm?-

-Io e Andrew non stiamo insieme.- precisa con un tono quasi suadente.

Scrollo le spalle.

-Ovviamente a te non interessa, certo. Vuoi lo zucchero, Alexander?-

-Una bustina. Grazie.-

Non sollevo lo sguardo dal caffè perché tanto si sta nuovamente piegando a novanta sulla caffetteria.

Ci sta provando?

No, sono io a soffrire di manie di grandezza.
Quando però vedo le sue mutande a brasiliana spuntare dai jeans, non posso non pensarlo di nuovo.

Lo sta facendo apposta.

-Cosa speri di ottenere facendo così?-

La mia domanda le provoca una risata sincera.

-Non ho mai conosciuto uno strano come te. Ma ti pare una cosa da chiedere ad una ragazza?-

-Sì se la ragazza in questione ci prova e io non sono interessato.-

-Ma... Voglio solo essere gentile. Dio mio se sei strano forte!-

-Questo non ti impedisce di starmi sempre davanti però.-

- Beh...-

Lei si lecca le labbra con un gesto involontario.

-Non ci vengo alla festa.- taglio corto tornando ai miei appunti e al mio caffè.

Sarà tiepido a forza di perdere tempo in chiacchiere. Dovrebbe avere la decenza di farmene un altro.

-Andrew dice sempre che torni a Londra. Cos'avrai mai di così tanto importante da fare a Londra?-

Ora sta cominciando a stufarmi sul serio.

-Ho una persona che mi aspetta.-

- Una ragazza o un ragazzo?-

Ma perché, dico io .. perché?

-Fa differenza? -

Lei sorride.

-Allora.. a presto, Alexander -

E con la scusa di riprendersi la tazza ormai quasi vuota, mi sfiora le dita.

Ritraggo la mano immediatamente, ma lei sta già sorridendo, soddisfatta per quel contatto inaspettato.



La prima giornata di lezioni scorre veloce. Non vedo l'ora di tornare in dormitorio e parlare con Juliet.
Mentre esco dall'aula, il trillo di una notifica mi obbliga ad estrarre il cellulare dalle tasche.

troverai una sorpresa in camera, ho violato le regole!!! scusa poi ti spiego

Resto impassibile dinnanzi al messaggio di Andrew, ma so già che la cosa non mi farà piacere.
Dal corridoio sento degli schiamazzi femminili provenire dalla camera.

Cristo no.

-Non è Andrew.- constata una ragazza bionda quando apro la porta.

Sono in due e stanno beatamente bevendo birra nella mia stanza.

-E lo vedo.- dice l'altra ammiccando.

Decido di lasciar perdere e non proferire alcuna parola. Lo faccio per il bene della quiete comunque, quindi le sorpasso fingendo non esistano.

-È lui, il suo compagno di stanza. Te l'avevo detto..- bisbiglia sottovoce l'altra.

Perché per andare ad una festa devono svestirsi in questo modo?

Le ignoro palesemente, infilo gli auricolari e mi metto alla mia scrivania a studiare.
Il loro parlottare però è troppo insistente, non riesco a concentrarmi.

- Possiamo mettere un po' di musica?-

- Certo che no.-

Scrivo subito ad Andrew.
Spero tu stia venendo a portartele via.

Sono le amiche di Nicole, andiamo alla festa insieme ma sono arrivate un po' prima

E questa sarebbe una spiegazione?

Le due continuano a ridacchiare dandomi sui nervi.

-Io dovrei studiare, potete finirla?-

Ma ovviamente non accennano a smettere, anzi.

-Adesso, grazie.-

Le vedo fare delle smorfie per prendermi in giro, finché una delle due non può più farne a meno e ricomincia a parlare. Con me.

-Ma scusa tu non vieni? Andrew voleva farti conoscere la mia amica.- dice indicando l'altra ragazza.

Ha due righe nere lievemente asimmetriche sugli occhi, la cosa mi infastidisce e non poco.

-Non vengo alla festa e non voglio conoscere nessuno. Avete finito?-

-Cosa dovremmo fare scusa, stare immobili come due bambole?- chiede l'altra.

Mhm. Sarebbe gradito.

È inutile mettermi a parlare con queste persone, saranno già ubriache e vogliono solo provocare, perciò mi rimetto auricolari causando loro altre risatine.

-Oh no, l'hai fatto arrabbiare.- dice una delle due.

-Ahi ahi.-

Finalmente arriva Andrew, ma invece che portarsele via come speravo, me le presenta.
Non ottenendo risposta da parte mia, tornano a parlottare della festa.

Era meglio restare in biblioteca

Vedo con la coda dell'occhio una delle due ragazze baciare Andrew, mentre l'altra mi si avvicina porgendomi una birra ghiacciata.
Ha le gambe completamente scoperte e una scollatura profonda.
Mi è bastato darle un'occhiata veloce, che lei interpreta il mio gesto distratto come un invito a parlarmi.

-Alexander..-

E all'improvviso Istologia non mi è mai sembrata così interessante.
Mi rifugio nel libro ma senza risultato.

- Ha detto Nicole...-

-Non mi va di sentirti parlare. Quindi no.-

-Cioè tu non vieni?-

-No.-

-Cosa?-

-Non mi interessa.-

-Ma cosa!?-

-La festa. Né mi interessi tu.-

La sua faccia è uno spettacolo in questo momento.

-Ma chi cazzo ti credi di essere???-

-Lo stesso di cui stavi parlando con la tua amica. Tu lasciami in pace e fingerò di non aver sentito le parole che hai detto su di me.-

"È sicuramente gay ma mi farei aprire in due lo stesso"

-Beh le ho solo detto che sei meglio di quanto mi avevano riferito...-

Con la testa chinata sollevo di poco lo sguardo, lei si fa piccola.

-Sei...-

-Uno a cui anche tu non interessi, tanto difficile da capire? Una terza volta lo memorizzi meglio?-

La ragazza ha una reazione improvvisa, impulsiva oserei dire.
Esce dalla stanza come una furia.

-Hai fatto piangere la mia amica?- esclama l'altra, rimasta sulle ginocchia di Andrew.

-Piangere? Addirittura?- chiede lui divertito.

-No, pero l'hai vista, se n'è andata offesa.-

-Non era mia intenzione.-

L'indifferenza segna la mia voce.

-Ti vedo sempre sulle tue, volevo solo presentarti un'amica. Hai già una ragazza?- mi domanda Andrew curioso.

-Sì.-

-Qui al campus?-

-No.-

La curiosità più spietata gli si disegna sul volto.

- Se sta con te, chissà che tipo è. Vorrei conoscerla.-

Guardo il cellulare. Sono già le sette, neanche un messaggio.

-Non stavate per uscire?- li aggredisco svogliatamente.

Dopo poco, tra battutine e insinuazioni varie, escono dalla stanza e Juliet finalmente mi telefona.

- Okay. È più facile di come pensavo.-

E mi sta raccontando del suo primo giorno di lavoro.

-Il tizio...come hai detto che era, figo? Quello che ti ha fatto il colloquio?-

-Ahhhhm ma no...Alex l'avevo detto di proposito l'altra volta!-

- Certo certo.. E lui lavora con te?-

- Alex...-

-È una domanda come un'altra, puoi rispondere?-

E anche subito

-No è uno dei manager e non lo vedo quasi mai. È sempre barricato nel suo ufficio. Ma guarda che io sono super concentrata, devi vedere quanti appunti ho preso per potermi ricordare tutto!-

Scoppio a ridere, Juliet non è famosa per le sue doti di memoria.

-E tu Alex?-

-Solito. Lezioni la mattina e pomeriggio, poi studio la sera.-

Una pausa.

-Le ragazze sono carine?-

-Puoi venire a vedere di persona se ci tieni.-

-Dovevi dire di no?!!!!- ridacchia come una bambina.

-Anche se lo fossero, non ci ho fatto caso.-

-Ti amo Alex.-

-Anch'io, fa la brava piccoletta.-




E sono sporadici gli attimi che ci concediamo.
Juliet è presa dal nuovo lavoro per tutta la settimana e ha cominciato la scuola serale.

-Mia figlia si vede raramente a casa..- si lamenta Catherine al telefono, quando talvolta mi chiama.

-È così strano non avermi entrambi qui.-

-Beh lavora e studia, mi sembra normale che sia impegnata.- le spiego io tentando di rassicurarla.

Non potrà sparecchiare tavola e occuparsi di ordinare la sua camera. Non lo faceva prima, figurati ora.

-Alex quanto mi manchi!-

Mancavo a tutti, solo mio padre non mi degnava di una chiamata, una domanda. Niente.
L'ho deluso iscrivendomi a medicina, l'ho deluso continuando a vedermi con Juliet di nascosto e l'ho deluso quando gli ho voltato le spalle e ho smesso di rivolgergli la parola.


La prima settimana di università scorre veloce, ma il tempo che mi separa da Juliet mi sembra infinito. Siamo stati settimane senza toccarci in passato, ma ora che so che potrei averla e per via della distanza non posso, mi si accende l'eccitazione nelle vene al solo pensiero di rivederla.

Così arriva finalmente venerdì sera, torno a casa e un gran silenzio mi avvolge quando metto piede nel salotto.
Fantastico, nessuno ad accogliermi.

-Alex, oh sei qui.-

Catherine mi abbraccia.

-Stanotte non abbiamo chiuso occhio, Tristan aveva mal di pancia...tuo padre è distrutto, sta già dormendo. Ci vediamo domattina.-

Mi lascia un bacio sulla guancia.

-Ma... Juliet?-

-È uscita subito dopo il lavoro, dovrebbe rientrare a breve. Buonanotte.-

Biascico una buonanotte, poi guardo l'ora.
Le dieci.

Dove sei?

Scusa, arriva appena
posso, promesso 😇

Sto a fissare lo schermo del cellulare come un idiota.
Ho ancora lo zaino in spalla, la giacca e le scarpe.
Abbiamo solo il sabato e la domenica per stare insieme, talvolta il venerdì sera.. e ora che sono tornato apposta per vederla, lei non c'è.
Mi sembra assurdo.
Sono stanco morto, così mi faccio una doccia, poi mi stendo sul mio letto pulito a fissare il soffitto.

-Alex! Sei già qui!-

-E dove cazzo dovrei essere, Juliet?-

Le lancio addosso i miei occhi sottili, quando dopo circa un'oretta entra in camera mia.
Non è vestita elegante, né in maniera provocante.
Indossa un paio di jeans e una camicetta a maniche lunghe.

- Avevo una cena di lavoro con miei colleghi. Ci siamo andati subito dopo il turno di lavoro.-

-E quindi?-

Lei abbassa la testa nella udire il mio tono arrabbiato. Lo so, non ne ho il diritto, ma non me ne importa nulla.
E ora non mi guarda neanche, si sfila i jeans e la camicia, poi cerca una mia maglia dall'armadio.

- Guardiamo qualcosa su Netflix?-

-Aspetto una fottuta settimana per stare con te e quando torno a casa, tu non ti fai trovare?

-Te l'ho detto che sarei tornata tardi...Avevo questa cena.-

Mi alzo in piedi per avventarmi su di lei.

-Pensi mi interessi qualcosa?-

Lei passa dall'essere dispiaciuta ad essere irritata in un secondo.

-Senti, se credi di essere il centro del mondo, ti sbagli!- sbraita acida.

Io sono il centro del mondo, stupida ragazzina

Dio quanto mi fa arrabbiare.

-Ci sono io. Poi c'è tutto il resto.- asserisco deciso.

-E questo lo dice una persona egoista.- ribatte lei a testa alta.

No questo lo dico io che ti amo e ti metto al primo posto, sopra ogni altra cosa.

-Tu sei il centro del mio mondo.- dico senza esitazioni.

-Ne sei sicuro Alex?-

-Non ho dubbi.-

-Beh se non sbaglio c'è la famiglia, l'università e poi io e te.-

-Cosa stai dicendo?-

Adesso mi fa arrabbiare seriamente.

-Hai voluto tu restare qui.-

-Non ricominciare con le cazzate.-

-Hai voluto tu rimanere qui a Londra perché avevi da studiare a Oxford, perché dovevi stare accanto a tuo padre, perché mia madre ha bisogno di aiuto...-

Si ferma per restringere lo sguardo.

-Tutte queste scuse le hai dette tu, Alexander!-

-Sono scuse, Juliet? -

Devo calmarmi, ma so già che non mi sarà facile.

-Mio padre ha bisogno di noi, avrà un processo a breve e tua madre ha appena partorito. Perché non usi mai il cervello, eh?-

Lei sgrana gli occhi.

Lo so, sono sempre io ad andare oltre.

-Lo sento con che disprezzo mi parli, Alexander!-

-Cosa avrei dovuto fare, Juliet? Scappare da tutti e venire via con te? Perché hai la testa piena di cazzate!?-

Non c'è neanche lo spazio per mostrarmela la sua delusione, si infila una t-shirt delle mie poi esce dalla camera infuriata, così si ritrovo la rincorrerla per il corridoio.

-Non voltarmi le spalle quando mi parli, Cristo!-

La mia voce velenosa sembra quasi colpirla in pieno, tant'è che le sue spalle vengono scosse da un brivido pungente.

-Ammettilo che non ti basto allora!- Torna a lanciarmi addosso le sue urla.

Mi fermo con un respiro profondo, riabbassare i toni è l'unica soluzione per venirne a capo.

-Non è questo il punto, Juliet.-

-Invece sì, non ti piace neanche l'idea di venire da me il fine settimana. Perché tuo padre finirebbe per odiarti ancora di più!-

Devo trattenermi.

Posso fingere quanto voglio, ma ho un piccolo pensiero nel cervello che non mi fa stare tranquillo. Forse è per il fatto che sono abituato ad avercela in casa tutto il giorno. Ventiquattro ore su ventiquattro. Per me, solo me.
E ora, non è più così.

-Come si chiamano i tuoi colleghi?

-Come si chiamano le tue compagne di università?-

Ci fissiamo negli occhi, quasi sconcertati per come riusciamo ad essere prima tanto intimi, poi così estranei.

-Siamo stupidi.- ribatto sprezzante.

-Siamo umani Alex.-

Juliet si avvicina. Le sue gambe sfiorano la mia mano agganciata al muro, ma la rimuovo di scatto come se fossi appena stato colpito da qualcosa di rovente.

- Avevi detto che ti fidavi di me.- insisto.

-E infatti mi fido di te. È solo una domanda la mia, identica alla tua. Non hai conosciuto nessuno?-

-Che diamine vuoi? Nomi e cognomi? Andrew, il mio compagno di stanza e Nicole.-

-Non me ne hai mai parlato. È carina?-

Non te ne ho mai parlato perché non ha alcuna rilevanza.

-Juliet... stai facendo la bambina.-

E probabilmente siamo in due.

-È carina quindi. Tu non sai mentire, avresti detto di no.- soffia lentamente, in una constatazione innegabile.

-Non mi interessa. E poi anche se fosse? Io non mi dilungo in apprezzamenti, cosa che invece tu sei solita fare. Era così tanto attraente il tizio che ti ha fatto il colloquio? Tanto da dovermelo far notare?-

Mi stringo nelle spalle, come a fingere un'indifferenza latente. Non è sufficiente però a nascondere le mie reali intenzioni: voglio sapere tutto di lei.

-Pensi che questi stupidi dubbi ce li abbia solo tu? Anche io potrei averceli, dato che non sarò intelligente o interessante neanche la metà rispetto alle tue compagne di università.-

Scrollo il capo.

-Queste però sono cazzate per cui non possiamo metterci a litigare.-

-Infatti dovremmo fidarci l'uno dell'altro o non andiamo da nessuna parte, Alex. Io te l'ho detto che mi fido di te. Per lo meno ci provo. Ma tu...ti fidi davvero di me?-

- Sì.-

Non aspettava altro che sollevare il mento per guardarmi dal basso con la sua espressione da bambina.

-Ho già firmato il contratto d'affitto per la casa.-

La mascella mi si contrae duramente, creando una tensione involontaria.

-Senza nemmeno consultarmi una volta?-

-E così che ti fidi di me? Non fidandoti delle mie decisioni?-

- Juliet, lo sai...le tue decisioni a volte sono così...-

Provo nuovamente a calmarmi, ma le reazioni di Juliet sono talmente fulminee da non lasciarmi il tempo di razionalizzare ciò che ci stiamo dicendo.

-Non ti va che sia già successo, vero? Dicevi sì sì, ma poi speravi fino all'ultimo che non me ne andassi di casa!-

-La nostra famiglia ha bisogno di noi. Non voglio deludere mio padre. Ci stanno con il fiato sul collo e se qualcuno scoprisse che vengo da te..-

Juliet affila lo sguardo, senza mascherare il disappunto che prova nei miei confronti.

-Sono tutte scuse. Abbi il coraggio di ammetterlo. Dì come stanno realmente i fatti! Tu hai bisogno di laurearti e fare tutte le cose per benino sennò impazzisci, vero?-

-Scusa tanto se voglio crearmi un futuro! Torniamo in camera. - sputo con tono acerbo.

Vorrei darci un taglio dato che stiamo urlando in corridoio.

Lei però non mi dà retta, presa com'è dalla discussione.

-Cosa vorresti insinuare Alex? Vuoi dire che io non lo faccio? Non mi voglio creare un futuro?-

- Ma per favore...Stai solo facendo la segreteria.-

-Dio mio! Sei e sarai sempre il solito stronzo!-

La fermo dal polso prima che possa scapparmi via.

-Non voglio sminuirti, è solo che tu potresti lasciare il lavoro e fare qualsiasi cosa.-

-Anche tu.-

-È il sogno di una vita studiare medicina e fare il medico, perché non lo capisci?-

Non mi vuole stare a sentire, glielo leggo negli occhi.

-Lasciami!- grida quando la blocco contro il muro con entrambi i polsi imprigionati nelle mani.

-Juliet ascoltami..-

I passi di mio padre tagliano l'aria tesa.

-Alexander? Volete svegliare il bambino?-

Una voce fantasma, nessuno dei due sembra considerarlo, impegnati come siamo ad incenerirci con gli occhi.

-Ma cosa diamine sta succedendo?-

-Lasciami! Mi stai facendo male!- Juliet questa volta urla più forte, strattonando i polsi immobilizzati nelle mie mani.

La libero immediatamente sotto allo sguardo esterrefatto di mio padre.

-Dove cazzo vai?-

Provo a fermarla invano.

-In camera mia.-

-Juliet!- la richiamo con voce rabbiosa.

-Non mi seguire!-

Mio padre mi sta guardando confuso.
C'è una sorta di "te l'avevo detto" nei suoi occhi.

-Dovresti riposare. Sembri stanco.- mormora sottovoce, prima di lasciarmi solo nel corridoio con lo sguardo al pavimento.

Se prima era un dubbio, ormai è una certezza. La sto perdendo.
Me lo sento.
Vorrei solo capire il perché.

♥️

Passo la nottata a rigirarmi nel letto, senza però trovare una posizione che riesca a garantirmi del sonno continuativo.
Mi sveglio alle sei e non riesco più a riaddormentarmi, così decido di alzarmi e preparare la colazione per tutta la famiglia.

-Non puoi venire a casa dopo una settimana di lezioni e svegliarti presto per viziarci in questo modo, Alex! Dovremmo essere noi a coccolarti...-

Catherine mi cinge in un abbraccio, stritolandomi tra le sue braccia.
E io mi irrigidisco.
Juliet arriva in cucina e ovviamente se la sta già ridendo sotto ai baffi nel notare quanto io poco apprezzi l'affettuosità di sua madre.

-Non è un martire, mamma. Sta solo studiando in questi giorni..- mi provoca lanciandomi un'occhiata che ricambio facendola scorrere lungo tutto il suo corpo.
Non si è neanche degnata di vestirsi, è ancora il pigiama.

-Juliet, dai! Non essere scontrosa come al tuo solito di prima mattina.- la rimprovera Catherine.

-Mi fa piacere preparare la colazione, Catherine.- mi affretto a spiegare, mentre servo in tavola i piatti con i pancake ancora caldi.

-Anche perché sennò, sta sicura che non l'avrebbe fatto.-

Juliet mi sta istigando e sta parlando di me in terza persona.
La cosa mi fa infervorare talmente tanto che mi ritrovo costretto a rivolgerle uno sguardo duro. Questo però mi rimbalza addosso, perché lei sta seduta a tavola senza neanche preoccuparsi di togliere la faccia e tutte le sue attenzioni dal cellulare.

- Juliet.-

La guardo battere le ciglia un paio di volte nel tentativo di sostenere i miei occhi, ma a quanto pare il messaggio non le è arrivato, perché continua a lamentarsi.

-Comunque sono secchi questi pancake.- sbuffa.

Mi mordo la lingua per non aggredirla con una rispostaccia affrettata.

-Ma cosa stai dicendo! Sono buonissimi! Ah lo dico sempre a tuo padre...Fortunata la ragazza che sposerà Alexander.-

Sul viso di Catherine poi si disegna un'espressione strana, come se si fosse appena resa conto della frase  poco infelice appena pronunciata davanti a sua figlia.
Così guardo Juliet per studiare la sua reazione ma lei ruota gli occhi al cielo, infine sussurra: -Uh, sì certo come no! Proprio fortunata.-

-Tu continua e da me non avrai più niente.- l'ammonisco sottovoce quando Catherine si volta a scaldare il biberon nel microonde.

-Niente....?-

E siccome Juliet sembra non capire, le afferro la mano e la porto sotto al tavolo dove la premo sul cavallo dei miei pantaloni della tuta.

-Niente.-

Il rumore della forchetta che casca sul tavolo fa voltare Catherine che ci guarda spaesata.

Juliet riesce solo ad emettere un versetto.

-Oh..-

Poi però non ritrae la mano, ma continua a strofinarla contro i miei pantaloni facendomi mordere il labbro.

-Cristo, finiscila.-

Sorride soddisfatta, intanto il piccolo ha cominciato a piangere tra le braccia di Catherine.

-Sei messo proprio male..- sussurra poi approfittando dei lamenti del bambino che coprono le nostre voci.

Allontano la mano di Juliet da sotto il tavolo con una gesto deciso.

-Ti chiudo dentro camera mia per tutto il weekend, vediamo poi chi sarà messo male, dopo.-

-Sì Alexander è proprio da sposare!!-

Juliet esplode in una risata, poi cambia subito tono di voce.

-Se sentisse cosa mi dici-..- mormora maliziosa.

- Tieni. Mangia e sta zitta.- le dico passandole lo sciroppo d'acero. -Ma non esserne ingorda come al tuo solito.-

Lei trattiene una risatina, sembra avere già pronta la risposta.

-Beh, già che ci siamo...oggi Alex potrebbe farci pranzo e cena, tanto non ha niente da fare quando non studia!-

Sua madre le rivolge un'occhiataccia sfuggente, ma è troppo impegnata a cullare vigorosamente il bambino che non smette più di piangere. Come al solito ha scaldato troppo il latte, adesso le tocca aspettare che si raffreddi e quel povero bambino intanto urla perché sta morendo di fame.

-Mettilo sotto all'acqua corrente. Gelida. Così si fredda prima.- sputo controvoglia massaggiandomi le tempie. Non lo sopporto più, quella creatura piange notte e giorno.

Juliet mi fa il verso. -Sai sempre tutto tu eh.-

Mi sto versando del tè quando le sue parole mi fanno sogghignare.

-Vuoi?- chiedo gentilmente.

-Sì grazie.-

Le verso del the caldo nella tazza e quando gliela porgo compio una vibrazione volontaria che le fa schizzare il liquido addosso.

A quel punto Juliet spalanca la bocca, non le esce neanche un suono mentre il tè le cola sul seno, bagnando la maglietta del pigiama. Si guarda intorno preoccupata, Catherine è ormai andata in salotto a dare il biberon al piccolo.

-Aleeeex!! E se arriva tuo padre???-

Chiude gli occhi poi prova a nascondere con le mani il capezzoli ormai evidenti.

-Sei un fottuto sadico. Era bollente! - esclama con le guance arrossate e il respiro affannato.

-Non mi dire...-  mormoro disinteressato, masticando lentamente.

Non era bollente sennò l'avrei ustionata, era solo caldo.

-Oddio...-

Sembra ancora scossa, poi prova a strizzare il tessuto della canottiera.

-Ti si vede tutto, Juliet.-

-Vorrei vedere se te lo versassi io!!-

-Oh di sicuro non mi piacerebbe quanto piace a te.-

- Ti odio quando fai così.-

-Meglio se vai a cambiarti, questa mattina mi sembri un po' troppo..-

- Ha parlato.- mormora lei tra i denti prima di tirarsi in piedi.

La seguo a ruota, l'afferro dal polso poi la spingo contro il tavolo.

-Sei solo un...-

Non le lascio più il tempo per parlare, le tolgo il respiro baciandola con foga.
Lei si sorregge con le braccia strette intorno al mio collo, come a non voler perdere l'equilibrio per il bacio troppo impetuoso.

-E se ci vedono....-

La mano mia mano è già dentro ai suoi pantaloncini del pigiama, mentre l'altra viaggia sotto alla canottiera bagnata per strizzarle il seno.

-Alex era bollente..-

-Preferivi del ghiaccio?-

Faccio del sarcasmo spicciolo, senza riuscire a smettere di baciarle il collo.

-Stronzo.-

-Gradivi molto, la scorsa settimana.-

-Ti odio...te l'ho detto.- ansima febbricitante quando le mie dita cominciano a farsi spazio dentro di lei, ritmicamente.

-Alex non qui in cucina..-

Le nostre fronti collidono e la mia occhiata si fa più penetrante. Juliet ci prova ad abbassare lo sguardo, ma le spingo il mento verso l'alto con due dita.

-Decido io dove e quando. Ti è chiaro?-

-Dio, quanti mi sei mancato..- mugola sulle mie labbra. Mi sottraggo al suo respiro, solo per farle desiderare di più il mio bacio.

- Juliet...-

E poi dei rumori.

Sta arrivando mio padre, lo sento dai passi che si avvicinano.

Riesco a staccarmi da lei in tempo, mi allontano così tanto da sembrare quasi innocente. Come se fino ad un secondo fa, non stessimo l'uno con le mani nei pantaloni dell'altro.

-Buongiorno ragazzi.-

Il silenzio piomba pesante nell'aria.

-Io vado a... farmi una doccia.- dice Juliet coprendosi il petto con le mani.

-Io vado a....studiare?- accenno la solita cantilena da studente modello ma non mi smuovo da dietro all'isola della cucina. Ho bisogno ancora di un attimo per stemperare l'eccitazione.

-Alex, sicuro vada tutto bene?-

- Certo.-

Prendo un respiro profondo.

-È così che litigate voi? Come ieri sera?-

Vedessi come facciamo pace

-No di solito è peggio.- sbuffo per poi andarmene da lì, lasciandolo ancora più confuso.


Juliet mi aspetta davanti alla porta di camera sua con una faccia interrogativa, ma io le faccio cenno di seguirmi in bagno, dove mi appresto a chiudere la porta a chiave, poi le sfilo la canottiera con foga.
La imprigiono contro il lavandino, lei invece mi afferra dal braccio e sollevandosi in punta di piedi, raggiunge il mio orecchio.

-Continua da dove eri rimasto.-

Il suo sussurro così eccitante porta il mio sguardo a scendere sui suoi pantaloncini.
Mi bagno le labbra poi la guardo mentre se li abbassa sotto ai miei occhi assottigliati. Mi approprio dei suoi fianchi con una stretta decisa, ma inaspettatamente Juliet prova a prendere il controllo dei miei movimenti, esercitando con le mani una lieve pressione sulla mia nuca, con l'intento di farmi scendere a portare la testa verso il suo centro sensibile.
Non oppongo resistenza e mi metto in ginocchio, mentre lei mi dirizza tra le sue cosce, dove inizio a succhiarla e assaporarla con avidità finché non la sento ansimare a denti stretti il mio nome.
Le sue guance di tingono di un rosso scarlatto, lasciandomi godere della sua espressione in estasi dopo un orgasmo rapido ma intenso.

-Soddisfatta ora?-

Lei sorride, io l'afferro dai polsi e la faccio voltare, costringendola contro il lavandino.

-Mi vuoi a questo punto o preferisci che torno in camera mia, Juliet?-

Le bacio una spalla mentre la vedo sollevare di poco il bacino contro di me, la sento premere il sedere contro la mia erezione invitandomi a prenderla in quel modo.

Un fremito lungo tutta la mia lunghezza quando penso di non dover mettere quel maledetto preservativo, poi abbasso i boxer e la penetro senza troppi complimenti.
È violento, forse un po' troppo, il mio modo di possederla, ma lei mi viene in contro e ansima come se fosse la cosa migliore del mondo.

-Devi stare in silenzio.-

Il suo viso è un groviglio di capelli creato dell'incessante movimento con cui la trafiggo, senza pietà. L'immagine è chiara nello specchio di fronte a noi, ma anche senza vederla, lo sentirei quanto le piace.
Aumento sempre di più il ritmo senza fermarmi, finché non le infilo tre dita in bocca per attutire i gemiti incontrollati che lei riversa per l'orgasmo straziante.

-Cristo, mi hai morso, Juliet.-

-Scusa mi sono fatta prendere. Ma anche tu non sei stato da meno.- mi prende in giro con un sorriso disteso.

Sì, mi sono fatto prendere anch'io.
Sarò durato a malapena trenta secondi.

Juliet si volta verso di me, mi sta guardando con occhi innocenti.
È arrossata e sudata.
E dannatamente bella.
È questo il momento in cui ci ritroviamo, ci abbracciamo e ci accarezziamo come se non esistesse altro di più importante al mondo.

Ma non ora.

Quello che mi ha detto ieri sera mi fa uscire di testa. Senza parlare del fatto che non si è sentita minimamente in dovere di darmi spiegazioni per non essersi fatta trovare a casa.

-In doccia. Avanti.-

-Ma...-

Non voglio darle tregua.

-In doccia ho detto.-

Le pizzico un capezzolo facendola gemere mentre siamo già dentro al box doccia.

-Ti ho versato il tè addosso, ricordi?-

-Come dimenticarlo..- dice lei, mentre il mio sguardo cade sul suo seno ancora segnato dai lividi della scorsa settimana.

-Siamo stati rapidi..- mi canzona chinandosi a raccogliere il bagnoschiuma.

Dannazione, lo facciamo una volta a settimana. Sto impazzendo.

-Una volta può accadere, no? Di finire in fretta.-

La scruto attentamente per capire se la sua sia una provocazione o meno.

-Certo Mister Perfettino. Può capitare. Non prenderci gusto però.-

Le sollevo il mento con due dita.

-Sappi che non ho finito con te.-

-A me pare di sì.- cinguetta arricciando le labbra.

Sta diventando una sfida e io voglio vincere.

-Voglio sentirti implorare Juliet.-

-No.-

-Invece sì. Voglio che mi implori di smetterla.-

Innalza un sopracciglio, incuriosita.

-Che vuoi farmi?-

-Secondo te, Juliet?-

Inizio a tracciare con il dito il suo corpo perfetto e liscio. Come se mi pregustassi i lividi di cui vorrei macchiarlo.

-No Alex.-

-No?-

-Non mi va adesso. Voglio solo fare una doccia.- mormora facendo scorrere l'acqua calda sui nostri corpi.

Sbuffo mentre lei si volta con la faccia verso il muro.

-Dici sul serio o è una presa in giro?-

Si stringe nelle spalle.

-Tu ne hai voglia e io no. Non puoi farmi niente, non è divertente?-

Sta sorridendo maliziosa.

Ma che cazzo di gioco è?

Siamo entrambi nudi e bagnati fradici sotto la doccia.
Devo uscire da qui.
Sto per far scorrere il vetro, quando la visione della sua schiena nuda mi incatena, resto fermo nella mia posizione e non muovo più un passo.
Juliet fa ruotare verso di me solamente il viso, che si affaccia oltre alla spalla.

-Se vuoi puoi aiutarmi, Alexander.-

Ecco chi è il più debole.

L'afferro dai fianchi manovrando il suo corpo contro il mio, poi stappo il bagnoschiuma che inizia a sgorgare sulla sua pelle. Seguo con gli occhi la traiettoria del sapone che scivola subdolo lungo la sua schiena e finisce sempre più in basso, dandole un brivido.

-Io ti aiuto ma tu fai come ti dico,Juliet.-

Parto a massaggiarle il collo, prima delicatamente poi applicandovi sempre più pressione, fino a stringerla così forte da causarle un'espressione appagata. Riversa la testa all'indietro contro il mio petto, sono fottutamente tentato di divorarle il collo di baci e morsi, ma reprimo l'istinto e la spingo contro la parete.

-Mani sul muro e resta immobile.-

Ed è mentre le insapono le spalle e poi la schiena, che mi rendo conto di quanta fatica devo fare per resisterle. Le sento così mia che vorrei baciare la sua pelle perfetta, segnare ogni centimetro e sentirla andare a fuoco tra le mie labbra.
Traccio il suo seno con la punta delle dita per poi scendere tra le sue gambe, con una leggera pressione la porto verso di me, facendo combaciare il mio petto con la sua schiena.

-Non ti eccitare troppo Alexander.-mugola quando la mia erezione le solletica il sedere.

La tengo ferma dal collo mentre con l'altra mano zittisco le sue parole con due dita piene di sapone. Gliele premo dentro.

-Alexander..-

-Ti sto solo lavando, sta tranquilla... non iniziare a pensare male.-

Sento le sue pareti contrarsi involontariamente, quindi ritraggo le dita immediatamente.
È pregna di sapone, così le sfrego il clitoride con tutta la mano, intanto lei si muove timidamente, godendo del mio tocco piacevole. Abbandona nuovamente la testa all'indietro chiudendo gli occhi, ma mi basta fermare le carezze che lei emette un piccolo lamento.

-E no, piccoletta. Adesso chi è che ci sta prendendo gusto?-

Juliet si morde il labbro e smette di provocarmi nel momento esatto in cui le cingo la vita con un braccio e le piego la schiena leggermente in avanti con una leggera pressione della mano, lei si apre davanti a me così la insapono per bene, ovunque.

La sensazione del suo sedere perfetto a contatto con la mia erezione mi fa tremare, letteralmente. Sento le vene del collo gonfiarmisi a dismisura quando decido di usare quel pretesto per far scorrere il pollice tra le sue rotondità sode e lisce.

-Rilassati.- sussurro nel suo orecchio, bramoso di quel contatto così proibito. Le mie dita iniziano a formicolare impazienti, quando s'insinuano più a fondo.
La vedo stringere i pugni contro la parete quando con un dito lacero la sua pelle, mi prendo qualche centimetro di carne lasciandola a bocca aperta per qualche secondo.
Lei non sembra capace di parlare in questo momento e io mi godo il suo respiro che si fa spezzato quando la pressione aumenta. Spingo più a fondo e lei si abbandona con la testa contro il muro, mordendosi il labbro, facendomi sentire ancora una volta il suo Dio.

Così le bacio la spalla, poi lo rifaccio. Il mio dito scivola fuori per tornare con più prepotenza dentro di lei. Lei stavolta emette una sfilza di gemiti sofferti.

-Fa male, Alex ...-

Capirai, è solo un dito.

Lei si volta verso di me mostrandomi il suo viso imbarazzato percorso da minuscole goccioline d'acqua, io non le dico niente. Non le chiedo scusa. La guardo assetato della reazione che ha il suo corpo sotto alle mie mani.
Ci puntiamo occhi negli occhi per qualche attimo, senza fiatare. Lo facciamo finché con un cenno del capo interrompo quel gioco di sguardi e le indico le sue cosce.

-Non ho più intenzione di inginocchiarmi. Quindi finisci di lavarti da sola.-

Esco bruscamente dalla doccia.
Juliet sembra parecchio confusa ma ciò non le impedisce di trattenermi dal braccio.

⁃ Ma dove vai Alex..-

Esce anche lei e mi trascina a sé timidamente.

-Hai detto che non ti va, no?-

Mi infilo un accappatoio pulito senza preoccuparmi di far congiungere i nostri sguardi.

-Magari ho cambiato idea.-

-E sentiamo Juliet, cos'è stato a farti cambiare idea?-

Arrossisce così violentemente che inizio pensare che la mia incursione non sia stata così sgradita.

-Tu ti prendi gioco di me vero? Come hai fatto oggi a colazione? Come fai sempre quando siamo con altre persone e non posso farti niente?- la interrogo con voce pressante, mentre lei si guarda intorno per sviare i miei occhi, o forse è solo in cerca di un asciugamano con il quale coprirsi.

-Mhm? Pensi che ti basti sbattere le ciglia e aprire le gambe per avermi?-

-Ma come ti permetti!-

Lo schiaffo che mi arriva sulla guancia non è forte, ma è così inaspettato che mi lascia interdetto.

-Che cosa hai appena...-

I miei denti collidono, la mascella mi fa male.
Juliet mi ha appena tirato uno schiaffo.
La tensione tra noi si fa così forte che mi sento soffocare, non ci sono vie d'uscita.
O me ne vado subito o le urlo addosso.

- Non parlarmi così! Non farlo mai più!- insiste lei rigida come un ghiacciolo.

Le rivolgo uno sguardo sconcertato e in un attimo lei si scioglie, scoppiando a piangere.

-Juliet?-

Anzi, no, sta proprio singhiozzando.

-Cosa c'è? Perché piangi ora?-

-Scusa, non volevo. È stato... mi è venuto d'istinto.-

-Va tutto bene. Niente che non mi sia meritato. Devo solo... imparare a smetterla di parlarti così, se ti dà fastidio.-

-A volte esageri. Come quando ieri hai detto che faccio solo la segretaria.-

I suoi occhi sembrano immensi quando si riempiono di lacrime, sono in grado di scalfire la mia durezza, lasciandomi in un attimo davanti a tutte le mie paure.

-Piccoletta, non.. io non volevo....-

-Mi fai sentire inferiore a te.-

-Scusa, dico sul serio.- mormoro sottovoce.

-Mi perdoni?- chiede lei con un forte singhiozzo.

Mi appresto ad avvolgere con l'asciugamano il suo corpo ormai tremolante.

-Certo, ma non piangere più.-

Vorrei prenderla in braccio e portarla via, ma lei resta tutta infagottata nell'asciugamano e prosegue timidamente fino alla sua camera. Così la seguo, senza però dimenticarmi di prendere la spazzola di legno posata sul lavandino.

-Juliet.—

- Litighiamo ogni volta che ci vediamo.- confessa abbassando la testa.

Mi stringo il laccio dell'accappatoio, poi chiudo la porta.

- Siediti sul letto.- le ordino posizionandomi in ginocchio sul materasso, alle sue spalle.

- Sicuramente ci sono delle cose che dobbiamo risolvere.-

Faccio slittare il suo asciugamano un po' poi in basso, in modo da lasciarle scoperta la schiena, poi prendo a spazzolarle i capelli bagnati.

-Senti, ho pensato all'altro giorno... -

-Quando?- chiede lei.

-La scorsa settimana, Juliet.-

La sento degluire profondamente. Ci sta pensando.

Nella mia testa scorrono le immagini del suo viso arrossato per gli schiaffi e del suo seno torturato dai lividi. Le sue urla bloccate dalla mia mano.

-Non hai avuto paura vero?-

-No.-

-Mi avresti fermato, vero?-

-Ma che ti prende Alex?-

-Niente, è che ogni volta che piangi... -

-Mica ho pianto la scorsa settimana. Poi non devi sentirti in colpa. Se ti ho chiesto di continuare e perché mi andava.-

-Ma magari l'hai fatto solo perché te l'ho ordinato io di farlo.-

Lei sembra meno impacciata nel parlarmi apertamente, forse perché sono dietro di lei e non è costretta a guardarmi negli occhi.

-Alex la tua bravura sta nel farmi desiderare qualcosa che non pensavo di volere. E se ho continuato a supplicarti di farlo... è perché lo volevo.-

-Capisco.-

-Poi sì, ogni tanto mi ritrovo a non sapere cosa vorrai fare..-

-E questo ti piace, Juliet?-

-Sì certo.. però...-

-Cosa?-

Sbuffa come se stesse per dire un'ovvietà.

-È che sei talmente sadico ..-

-E dimmi Juliet, quale parte del mio essere sadico ti da fastidio?-

-Quando...-

Sentiamo, voglio proprio sentire

Continuo a spazzolarle i capelli, ma visto che lei non dice più nulla, decido di parlare io.

-Quando ti faccio spogliare nuda mentre io resto vestito?-

-No quello mi piace.-

Ah però

-La mia espressione compiaciuta quando gemi per il dolore che ti provoco?-

-No...quella mi fa andare fuori di testa..- sussurra con voce imbarazzata.

Ho un sussulto sotto all'accappatoio.

-Quando allungo il momento dell'attesa lasciandoti aspettare le mie parole dure? Quando non sai cosa sto per farti?-

-Mmm no. In realtà non c'è nulla in particolare che cambierei. Ma c'è un momento iniziale..in cui mi costa fatica arrendermi. Quel momento di passaggio. Non lo so. Quello non lo sopporto.- ammette con voce pulita.

-Credo sia normale. E io non voglio che tu sia completamente passiva con me. Mi piace la sfida.-

Juliet compie una mezza giravolta con il collo, mi guarda stranita.

-Sul serio?-

- Sì, mi fa apprezzare ancora di più il momento in cui ti lasci andare con me.-

-Qual è la cosa che non ti piace di me, Alexander?-

-Non penserai sul serio che ci sia qualcosa di te che non mi piaccia.-

Sei perfetta per me

-Non lo so...-

Lei trema appena, ha ancora i capelli bagnati che le inumidiscono le membra, così la copro con il lenzuolo e compio un giro per chinarmi tra le sue ginocchia. Voglio guardarla negli occhi.

-C'è stato il momento in cui mi sono innamorato di te, Juliet. E poi c'è stato il momento in cui me ne sono accorto.-

Lei solleva lo sguardo dalle mani per incontrare il mio.

-Ma prima che questo accadesse, anche se ti conoscevo poco, ho provato a farti vedere quello che ero. Forse i modi sono stati sbagliati, ma tu mi sei stata vicina. Sempre.-

-Se togliamo la parentesi in cui sono fuggita.-

La sua affermazione sembra rivelare un po' di imbarazzo, come se si vergognasse per non essersi fidata di me in passato.

-Non è stato facile accettare di stare con una persona che anche solo per un attimo, ha creduto io fossi un assassino.-

-Lo so Alex e ti ho già chiesto scusa per questo, ma te l'ho detto... Se tu mi avessi raccontato tutto sin dall'inizio, non avrei mai dubitato di te.-

-L'avrebbero fatto tutti al posto tuo, Juliet. Io sono quello strano, no?-

La nota vagamente malinconica delle mie parole non le sfugge, Juliet mi prende entrambe le mani costringendomi a tirarmi su.

-Alzati Alex.-

Così mi siedo a fianco a lei.

- Io ti amo così tanto... E se tu fossi diverso, probabilmente non mi sentirei così nei tuoi confronti.-

Il nodo del mio accappatoio si scioglie nel momento in cui lei vi immerge le braccia dentro, per abbracciare il mio torace nudo.

-Dici sul serio Juliet?- chiedo stringendomela più forte al petto.

Voglio che sia sempre sincera con me, perché vorrei tanto fidarmi di lei...ma la paura che Juliet non mi accetti al cento per cento, quella ci sarà sempre.

-Sì Alex. Non amo solo una parte di te, amo tutto. Anche le parti più difficili.-

E non parliamo di poco

-Perciò non devi sentirti in colpa se a volte le tue reazioni mi feriscono o mi fanno piangere..Cioè, voglio dire.. quando questo accade, è solo un litigio. Non sto mettendo in discussione te nè sto mettendo in discussione tutto quello che c'è tra di noi. E lo stesso vale per tuo padre, ti vuole bene lo stesso anche se lo deludi o lo fai arrabbiare. Le persone non scappano anche se non ti dimostri sempre al massimo della perfezione, Alex.-

Le sue parole non scivolano via, anzi, mi restano addosso. Juliet si sdraia sul letto e in un attimo rimane completamente nuda, senza l'asciugamano, ma io non me ne rendo neanche conto.

-Mi piace sentirti parlare così, Juliet. Ma resta il fatto che non voglio che piangi per me. All'inizio piangevi spesso, credevo mi odiassi dopo quei momenti che trascorrevamo insieme. Pensavo non avessi il coraggio di dirmelo. Mi sentivo in colpa, veramente.-

Rotolo tra le sue cosce per sdraiarmi tra le sue gambe.

-Già, e poi dicevi che non volevi più farlo Alex... Ma era più forte di te.-

Obiettivamente la coerenza non è il mio forte quando si parla di Juliet.

-Sì. Ma poi quando ho capito che ti piaceva farti sottomettere, ho cominciato anch'io ad accettare me stesso.-

-Alex perché dobbiamo parlarne ora..? Quando parliamo, ultimamente finiamo sempre per litigare.- sussurra lei accarezzandomi i capelli.

-Perché voglio che tu sia sicura di quello che facciamo, non voglio dubbi. E sì, probabilmente litigheremo ancora ma non vuol dire niente, no?-

C'è una richiesta nascosta tra le mie parole, vorrei mi tranquillizzasse ancora, perché lo so che a volte la ferisco con i miei modi troppo duri, ma non riesco a farci niente. In certe occasioni il suo comportamento fa leva sulla mia parte più istintiva e irremovibile, andandosi a scontrare con la mia mania del controllo. Come quando è tornata tardi e io non sapevo dove fosse, o come quando decide di fare di testa sua senza coinvolgermi nelle decisioni importanti.

-Lo so che è tutto un casino tra di noi, ma...non per questo metto in dubbio il nostro amore, Alex.-

-Sarà meglio.- affermo con aria seria facendola scoppiare a sorridere.

-Posso venire a trovarti al campus, settimana prossima?-

Oh, che richiesta ardita.

-Certo. Perché no, piccoletta.-

Certo perché no.

Le ultime parole famose.

🦋🦋🦋🦋





Ahahhaha che parto ragazze!
Spero vi sia piaciuto.

🦋Ce l'ho fatta a completare questo capitolo! Capitolo in cui Juliet prova a testare l'autorità di Alexander 😅 mentre lui ha qualche "vago" accenno di gelosia🤦🏼‍♀️

Alcune cose

🦋Non so se l'avete notato ma le discussioni tra Alexander e Juliet avvengono sia sotto forma di liti ignorantissime (dove sono se ne dicono di ogni), sia sotto forma di dialoghi ponderati. Sono due forme di comunicare all'apparenza contrastanti, ma che fanno parte comunque della normalità di una coppia.
Quando Juliet dice "siamo umani", è come dire.. possiamo sbagliare e commettere l'errore di essere arrabbiati o gelosi senza motivo, ma questo non significa che il nostro amore valga meno.

🦋 Alexander non è uno da troppe sfumature (paradossalmente😅).
Quello che lui vede o pensa è sempre bianco o nero. È abbastanza assolutista in tutto e lo è anche nelle discussioni e nelle relazioni.
Perciò Juliet gli fa capire che non c'è niente di male nel litigare, perché lui tende ad estremizzare e a vedere minacciata la sua figura ogni qualvolta che sbaglia o che non si dimostra perfetto. E lo stesso vale per il loro rapporto, ha paura che lei smetta di amarlo solo perché lui la delude o le dice una parola di troppo.

🦋Sicuramente questo atteggiamento deriva dal suo rapporto con John, che è una figura di padre troppo esigente.
Alexander non riesce a deludere suo padre nemmeno se ci prova, come quando ad esempio dice "ho fatto la mia scelta ed è Juliet", quando in realtà poi quando parla con lei mette di nuovo suo padre sullo stesso piano di Juliet.

🦋 Questo perché ha paura di deluderlo e ogni volta che accade, è come se vedesse minato l'amore incondizionato che un padre dovrebbe provare sempre, a prescindere dagli errori del figlio.

🦋John non è cattivo, un sacco di genitori si comportano così senza pensare di fare del male ai propri figli, ti fanno sentire meno amata/o solo perché hai preso un brutto voto o hai fatto una cazzata.

Psicologia a parte, spero vi sia piaciuto.

🦋I prossimi capitoli metteranno alla prova la fiducia e la gelosia dei nostri protagonisti, insomma.. avete capito 😊

🦋Alla prossima, ragazze!
(non so ancora quando) 🦋

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