XLIX
🔴🔴🔴
Delle urla ripetute mi strappano via dal sonno.
Mi sveglio di soprassalto, per un attimo non capisco dove mi trovo, né che ore siano.
Mi sfugge un piccolo sorriso quando ruoto la testa a lato per incontrare il profilo perfetto di Alexander che dorme beatamente, rischiarato da un piccolo faccio di luce che entra dalla finestra.
Mi stropiccio gli occhi, mentre in lontananza comincio a sentire i pianti di un neonato.
-Ahi...-
Un lamento soffocato abbandona le mie labbra, provo a muovermi sul materasso per cercare il telefono, senza però riuscirci.
Dio, che male.
Avverto il bruciore intenso che si irradia lungo la mia schiena, sul sedere e nella pancia.
Il mio piccolo gemito deve aver svegliato Alexander, perché allunga un braccio nella mia direzione per attirarmi a sé.
- Abbiamo dormito tutte queste ore?- domando facendomi piccola contro il suo corpo caldo.
Lo sento sorridere, il suo respiro solletica la mia nuca dandomi i brividi.
-Credo proprio di sì piccoletta.-
- Non abbiamo neanche cenato ieri...-
Il ticchettio di una pioggerella leggera comincia a battere sui vetri, il suono è così melodico che culla i miei sensi, inducendomi a chiudere gli occhi di nuovo.
Alexander intanto mi lascia un bacio sulla fronte, prima di tirarsi su a sedere.
- Vado a prepararti qualcosa, Juliet.-
Io invece non voglio uscire dal letto, si sta così bene qui al calduccio.
-No, restiamo ancora un po' qui...- mi lamento sottovoce.
-Devi farti una doccia, avrai ancora i residui di cera ovunque.-
Oddio.
-Ma voglio dormire ancora!- piagnucolo come al mio solito, mentre Alexander è già in piedi per spostare le tende e lasciare entrare luce dalle finestre.
-Dieci minuti, non uno di più.-
-Sei cattivo!- sbuffo affondando la testa nel cuscino per ripararmi dalla luce.
-Nah.-
-Sì!-
Lo vedo sorridere.
-Mi dici che mi ami?- chiedo con la bocca nascosta dal lenzuolo.
-Solo se prometti che non ti rimetti a dormire.-
Annuisco mentre lui si avvicina con l'intento di scoprirmi lentamente dalle coperte. Con lo sguardo ancora assonnato, lancia un'occhiata veloce ai lividi sul mio corpo, poi mi si accosta all'orecchio con le labbra.
-Ti amo, Juliet.-
Sorrido, senza neanche il bisogno di riaprire le palpebre.
-Mi prepari la colazione Alex?-
-Certo che ti preparo la colazione. Mi faccio una doccia e scendo.- afferma poi, chiudendosi in bagno.
Rotolo nel letto ancora un po' e mentre sento i miei occhi assopirsi ancora, avverto una vibrazione proveniente dal comodino.
È il cellulare di Alexander.
Sono a malapena le sette del mattino. Chi lo sta chiamando?
Non dovrei, lo so, ma siccome non riconosco il numero che appare sullo schermo, decido di rispondere.
Schiaccio il bottone verde e non parlo.
Poi una voce femminile.
-Alex?-
Avrei preferito non riconoscere la voce, invece la riconosco eccome.
È Nicole.
Metto giù subito.
Il cuore mi batte a mille.
E sono confusa.
Lui non hai quel numero memorizzato, perché lei lo chiama?
-Tutto bene, Juliet?-
Neanche il tempo di uscire dalla doccia con un asciugamano bianco avvolto in vita, che Alexander si accorge dello stato d'animo che mi si dipinge sul volto.
-Stai bene? Che ti succede?-
Annuisco e intanto reprimo una strana sensazione di angoscia, mentre lo osservo rivestirsi lentamente.
Rimango in silenzio.
Non posso di certo fargliene una colpa se tutte le ragazze lo vogliono.
Nicole è solo una delle tante. Spero.
-Niente.- biascico controvoglia, lanciandomi un braccio sul viso, senza però smettere di sbirciare nella sua direzione.
Lo guardo avvolgere il suo corpo longilineo con una camicia azzurra.
Il pallore della pelle di Alexander mi ipnotizza, perciò resto incantata a guardarlo.
Non ho dubbi sull'amore che lui prova per me, ma perché mi sento quasi stupida al pensiero di credere che possa essere solamente mio?
Mi basta guardarlo per accorgermi di quanto sia assurda la presunzione di legarlo a me. Solo a me.
È così bello.
Nicole sarà solo una delle mille ragazze che vorrebbero essere al mio posto.
"Questo però non significa niente" mi dico con il tentativo di rassicurarmi. Alexander non mi tradirebbe mai, lo so, eppure è così difficile non essere gelosa di uno come lui...
-Allora verrai con me?-
Mi scruta abbottonandosi i polsini della camicia con le sue mani solcate da vene bluastre.
Mi sono persa nei pensieri, dimenticandomi per un attimo della giornata di oggi.
Ah già l'anniversario della morte di sua madre.
-Certo. Ehm... in chiesa?- domando stranita.
-No. Io e te saltiamo quella parte.-
-Paura di prendere fuoco se ci entri?- lo punzecchio provando a sollevarmi dal letto a fatica.
I miei occhi cascano lenti sugli strumenti di tortura che albergano indisturbati sul comodino, intanto Alexander mi guarda di sbieco.
- Scusa Alex, dico cazzate... a volte.-
Lui mi punta con occhi sottili.
-Juliet non sei obbligata a venire, se non ti va.-
-Certo che mi va!- replico quasi offesa per la sua insinuazione.
Dovrò solo chiedere di uscire prima da lavoro.
Così mi alzo in piedi, trascinando con me il lenzuolo, poi stringo la mano che ciondola lungo il fianco di Alexander, non appena lo vedo incupirsi un po'.
La mia stupida gelosia come al solito sembra un problema minuscolo, in confronto al suo stato d'animo.
-Avanti. In doccia.- mi intima indicando la porta del bagno.
Annuisco mentre con la coda dell'occhio lo vedo ritirare tutto quello che abbiamo usato ieri sera.
-Ti accompagno a lavoro?- propone ad un tratto.
-No tranquillo.- urlo per farmi sentire dal bagno.
-Mhm.-
-Davvero, non ce n'è bisogno. E chiederò di uscire con anticipo, per venire alla commemorazione!- esclamo prima di chiudere la porta.
Alexander POV
Finiamo di fare colazione in silenzio.
Juliet ha i capelli ancora umidi per via della doccia, le ciocche bagnate le contornano quel viso così angelico e delizioso, che mai nessuno si sognerebbe di toccare.
A parte me.
La osservo mangiare mentre curva il suo collo affusolato sul cellulare, distrattamente.
Ieri sera sembrava si fosse liberata di tutte le paure, ora appare di nuovo pensierosa.
Seguo con lo sguardo la traiettoria delle spalline della sua canottiera, finché i miei occhi puntellano le clavicole leggermente arrossate, così come i suoi polsi marchiati dalle corde. Le impronte leggermente in rilievo rovinano la sua pelle lattea e perfetta.
Il processo si avvicina, devo cominciare a darmi una regolata e smetterla di lasciarle segni in punti troppo visibili.
-A che pensi Alex?-
Mi sorprende a fissarla, così mi stringo nelle spalle.
- Niente di che, solite cose.-
Aspetto che Juliet finisca quello che ha nel piatto e non appena sentiamo dei pianti provenire dal piano di sopra, mi alzo in piedi, facendole cenno di seguirmi in silenzio.
Non ho nessuna intenzione di imbattermi in Catherine e mio padre, la giornata sarà già sufficientemente pesante per me.
- A che ora comincia la commemorazione?-
- Alle due.- rispondo secco mentre la guardo vestirsi per andare a lavoro.
La osservo attentamente dallo specchio del bagno, mentre sono intento a lavarmi i denti.
Si infila un paio di mutande striminzite con dei dettagli in pizzo nero, poi un reggiseno in coordinato. È quasi una sofferenza vederla mettersi quelle calze che mi piacciono tanto. Indossa un maglione che le arriva sopra al ginocchio, infine si china verso l'armadio per prendere un paio di stivali, intanto le morbide onde castane le scivolano sul volto.
È come un quadro perfetto che nessuno dovrebbe mai rovinare, io però mi eccito al solo pensiero di farlo.
- Che c'è Alex?- domanda non vedendomi fiatare.
- Niente. Te l'ho detto.- sbuffo prima di sedermi sul letto. - Vieni qui.-
Allungo una mano nella sua direzione e le afferro il fianco per portarla più vicina a me. Juliet si curva appena per giungere alla mia bocca e baciarmi.
Non sopporto i baci a stampo.
- Te l'ho già detto mille volte che non mi baci così, Juliet.-
Il mio piccolo rimprovero le causa un sorriso al lato delle sue labbra morbide e delicate, che dura finché non le aggredisco con un bacio più intenso.
Le separo le labbra con la lingua, leccandogliele appena, pretendendo un contatto più approfondito che lei mi concede con un gemito sommesso.
Affondo poi la mano sotto maglione per trovare il suo sedere rotondo, che stringo con forza, mentre la sua lingua che sa di menta mi esplode in bocca.
-Alex...-
La sento piagnucolare per il dolore, quando inavvertitamente le sfioro i lividi violacei, ma la mia mano sta ormai scendendo tra le sue cosce.
Litigo con il cotone delle mutandine che si inumidiscono appena, sotto al tocco dei miei polpastrelli insistenti.
-Oh oh.-
Mi prende in giro lei, mentre sto già arpionando le sue pieghe lisce e morbide con la punta delle dita.
Juliet mi indica il rigonfiamento dei pantaloni, sorridendo come una bambina dispettosa.
-È l'effetto che mi fai. Sempre. Non c'è nulla da ridere.- mormoro mentre lo scontro tra le nostre labbra si fa più avido.
-Devo andare Alex.-
Lei si dimena sotto al mio tocco deciso.
-Ora?-
- L'autobus passa tra cinque minuti e rischio di fare tardi.-
Appunto
È inutile farle notare che non c'è una motivazione valida dietro alle sue scelte, lo fa solo per il gusto di farmi storcere il naso e forse, dimostrare che non deve sempre dipendere da me. Ma non capisce che queste sono piccolezze sulle quali c'è poco da impuntarsi.
-Sì ma dammi un altro bacio, allora.-
Juliet obbedisce e mentre le risistemo il maglione sulle gambe, lei sfrega le sue manine sulle mie ginocchia.
Le nostre lingue si attorcigliano ancora, finché non decido di fermare il bacio.
Poi la guardo.
E il calore mi si espande nel petto, perché mi torna in mente quello che le ho fatto ieri sera. La sensazione di essere al sicuro con lei, nel nostro mondo.
Non vedo l'ora di farlo ancora.
Sento i pantaloni darmi fastidio per quanto diventano soffocanti.
Juliet si lecca le labbra dopo avermi baciato, i suoi occhi scuri e grandi luccicano di malizia quando vede la mia eccitazione innegabile.
Nessun essere di sesso femminile mi fa questo effetto.
-Hai ragione, è meglio se vai. Farai tardi.- la rimbecco controllando l'ora al polso.
Le ho promesso che le lascerò i suoi spazi, non è mia intenzione intossicarla con il mio essere possessivo,però... non faccio che pensarci.
Mi ha chiesto mille volte cosa c'è che non va in questi giorni e io non ho avuto il coraggio di dirglielo.
Il silenzio prolungato con mio padre.
E poi quel tizio che le ronza intorno.
Mi fido del genere maschile? No.
Il mondo è pieno di tipi come David, stronzi senza un minimo di fantasia che nascondono il loro essere anonimi e noiosi, con finte qualità, come la disponibilità e l'eccessiva gentilezza. Che schifo.
Scommetto che è pure fidanzato, ma riesce a venire solo masturbandosi pensando a Juliet.
Perché qualsiasi David vorrebbe una Juliet.
Ma io mi fido di lei? Potrei, ma inizio a non sopportare le sue uscite, soprattutto perché non so con chi si vede e con chi passa il suo tempo.
- Ci vediamo dopo Alex.-
Lei scrolla la testa di folti capelli color nocciola,poi mi saluta con un ultimo bacio, lasciandomi sul letto a fissare la sua figura minuta che abbandona la mia camera.
Resto da solo con i miei pensieri, maledicendo la mia soffocante gelosia, finché non mi decido ad uscire dalla stanza. Quando scendo cucina per farmi un altro caffè, la sagoma ricurva di mio padre mi sorprende. È strano vederlo così stanco, sembra più vecchio, scommetto che il bambino gli sta succhiando tutte le energie.
-Comincio a credere non sia più un capriccio.-
- Buongiorno anche te.- sbuffo prima che parta in quarta con le sue ramanzine.
-Tra te e Juliet.-
- Non lo è mai stato infatti.-
-Potresti davvero avere qualsiasi ragazza Alex.-
Come se non lo sapessi.
-Appunto.- confermo mentre mi verso del caffè bollente nella mia tazza degli Avengers.
Lui però non prosegue oltre, non mi rimprovera né esprime il suo disappunto per la nostra relazione.
È stranamente taciturno.
C'è qualcosa che lo preoccupa.
Di sicuro il giorno non è dei più allegri, ma sembra esserci qualcos'altro, oltre alla memoria di mia madre.
Sto per uscire dalla cucina quando l'inquietudine nella sua voce mi trattiene.
- Ho come l'impressione che non finirà bene come credevo.-
Sollevo un sopracciglio. Se c'è una cosa che mi ha insegnato è quella di essere forte, sempre. Di non mostrare le mie debolezze. Ma ora le sue, di debolezze, sembrano zampillargli dagli occhi.
-Che vuoi dire?- domando osservando le piccole rughe che gli si formano sulle tempie.
-La prima udienza è tra meno di un mese e... Non sarà facile come credevo.- ripete mio padre, con voce atona.
-Perché? Lui mi ha sparato e tu mi mi hai difeso, cosa c'è di così complicato? La legittima difesa mi sembra più che ovvia.-
Dinnanzi alla mia domanda, lo vedo togliersi gli occhiali per strofinarsi la fronte con fare preoccupato.
- Giusto papà?-
-Giusto, ma... C'è una piccola aggravante. Era pur sempre un poliziotto. Scaveranno ovunque Alex.-
-Scaveranno in che senso?-
La sua testa compie un gesto impercettibile, di disappunto.
-Nel senso che Juliet non è completamente fuori dalla questione. Ci sono stati troppi collegamenti tra lei e quell'uomo.-
- Okay, sì. Le impronte a casa sua... ma che può significare? Lui ti ha teso una trappola, ha utilizzato Juliet per arrivare a te. Voleva vendicarsi di sua moglie. Mi sembra chiaro.- mi impongo io, non ottenendo la reazione sperata.
-Figliolo ci vogliono basi solide per far reggere la storia che voleva vendicarsi di sua moglie, uccidendo me o te.-
-Ma è la verità.-
- Ai loro occhi questa verità è plausibile quanto la storia che io volessi vendicarmi.-
Poso il bicchiere d'acqua sul tavolo, sento la mano cominciare a tremare e questo non dovrebbe accadere.
Non a me.
-Sì ma tu non volevi e non l'hai fatto papà.-
- No io no... ma forse...-
Si prende il tempo di un sospiro, io invece sto diventando impaziente.
-Ci sono prove di numerose telefonate tra lui e Juliet, lei ha vissuto a casa sua per un breve periodo...Sembrava un piano premeditato.-
- Da lui, che l'ha ricattata perché voleva vendicarsi con te.- insisto deciso.
- Oppure da noi che volevamo vendicarci con lui. Fino a prova contraria è lui ad essere sottoterra.-
Non capisco da dove arrivi tutto questo pessimismo, l'avvocato deve sapere qualcosa in più che io non so.
- Mi ha sparato, papà. Questo non basta a provare che voleva farci del male?-
- Sì. Ma è quello che avremmo pensato se avessimo deciso di premeditare un piano del genere.-
- Cioè come si può arrivare a credere che mi sarei fatto sparare pur di rendere veritiera una messa in scena... e poi con una pistola che...-
Le parole mi scivolano in gola, deglutisco a fatica mentre lui annuisce.
-Con una pistola che aveva anche le impronte di Juliet.-
-Stai dicendo che la pista della messa in scena da parte nostra, potrebbe avere senso? Tipo che Juliet mi avrebbe sparato per rendere il tutto più credibile? No....è assurdo...-
Mi fermo per appoggiarmi contro il tavolo della cucina, inizio ad avere le vertigini.
-E poi se fosse stato un piano organizzato da te, che senso avrebbe il coinvolgimento di Juliet, papà?-
- Infatti il coinvolgimento di Juliet ha senso nell'ipotesi che il piano fosse organizzato da te Alex.-
Sbarro gli occhi. -Da me? Questo te l'ha detto l'avvocato?-
-Visti i collegamenti di Juliet con Whitman nel periodo precedente all'omicidio, potrebbero non prendere sul serio la mia confessione. Tu potresti aver usato lei per arrivare a lui.-
-Stai scherzando vero?-
La mia voce appare quasi incontrollata per un attimo.
- Alex, forse non ti è chiaro che questo diventerà un caso mediatico... secondo te cosa farà più notizia? La storia di un poliziotto corrotto che prova a saldare il conto con un vecchio nemico o la storia di due fratellastri amanti che decidono di vendicarsi con l'assassino della madre?-
Scrollo il capo, tornando padrone delle mie emozioni, nonostante dentro di me io stia tremando.
-Chi ti ha messo in testa queste cose...-
-L'avvocato non è poi così sicuro della bontà delle indagini. L'opinione pubblica sarà spietata. Non importa che voi siate innocenti, appena dal processo trapelerà il vostro rapporto, perché sicuramente accadrà, i media non vi daranno più pace.- continua lui con tono mesto.
- Sì ma non stiamo facendo niente di male. Ci amiamo e non vedo perché questo debba influire così tanto sull'opinione pubblica...-
- I processi sono sempre anche mediatici, sopratutto quando viene ucciso un agente di polizia. Non è un buon momento, ma se non riuscite a star separati... io non so che farci.- sputa voltandomi le spalle, con la voce di chi ormai ha gettato la spugna.
Ho un caos in testa, ma una cosa l'ho capita, la giornata che mi aspetta sarà molto più funesta del previsto.
Juliet POV
-David posso?-
-Entra pure.- lo sento dire attraverso la porta semichiusa.
- Scusa il disturbo. Volevo solo chiederti se posso uscire prima oggi...-
Mi punta con i suoi occhi castani da lontano, io non so mai se la sua occhiata prometta bene oppure no.
- È che ho una cosa importante oggi pomeriggio, non posso mancare.- provo a spiegare.
- Ieri hai saltato un giorno senza preavviso.- annuncia congiungendo le mani sulla scrivania.
Oh mamma che figura, non ho il coraggio di guardarlo negli occhi.
-Si lo so, ma oggi ho una cosa a cui tengo molto.-
Lui corruga la fronte con fare poco convinto, mi sta osservando attentamente, lo sento.
-Chiudi pure la porta.- mi fa un cenno con la mano oltre alle mie spalle e io obbedisco.
-Sicura che vada tutto bene?-
-Sì ehm.. Si tratta di una ricorrenza familiare molto importante.- abbozzo un sorriso mentre mi avvicino lentamente alla scrivania.
-Beh, ovviamente puoi prenderti il pomeriggio libero, ma...-
- Grazie.- mi affretto a dire prima che lui prosegua.
-Sì ma...-
-E scusa ancora per l'altro giorno. Non avrei dovuto chiamarti così all'improvviso. Mi hai riaccompagnato a casa senza fare domande.- lo interrompo nuovamente.
Lo guardo posarsi una mano tra i capelli scuri che adornano un viso leggermente corrucciato.
-Eri molto scossa però.-
-Avevo solo litigato con il mio ragazzo.- mormoro abbassando lo sguardo.
I miei occhi cascano sulle sue mani che raggruppano una serie di fogli a mucchietti.
-Tutto a posto ora?-
Annuisco in silenzio, mentre lui si alza dalla sedia e compie un giro intorno alla scrivania.
-Juliet... io te lo dico perché mi sembri un po' stanca e non voglio che le tue vicende personali abbiano ripercussioni sul lavoro... Non so che problemi tu abbia, ma spero si risolvano presto.-
Accenno un timido sorriso.
È davvero dolce a preoccuparsi per me, considerando che è praticamente un estraneo.
-Sì certo.- ammetto convinta. -Grazie davvero.-
-Mi fa piacere poterti aiutare, anche se con poco.-
Sebbene a lavoro David mantenga una certa distanza da me, un filo di imbarazzo tra noi si crea sempre.
Lo sento che non gli sono del tutto indifferente.
-Ora devo andare.- taglio corto, fuggendo dal suo ufficio in tutta fretta.
🦋
Arrivo al cimitero con mia madre, Alex e John sono già lì con un piccolo gruppetto di persone che non conosco.
Il quadro che mi si presenta davanti è grigio, uggioso come la giornata di oggi, ma la persona che noto per prima è Alexander: sta in piedi, immobile, stretto nel suo cappotto scuro.
Resta in silenzio per tutta la commemorazione, con le spalle dritte e il vuoto al posto degli occhi.
Vorrei stringergli la mano quando mi affianco a lui, ma ci sono troppi amici di famiglia e non so se sia il caso di farlo.
Il prete parla da mezz'ora, ma non credo che lui lo stia ascoltando.
Sta per piovere di nuovo.
Prima che la cerimonia finisca, Alexander compie un passo indietro e comincia ad allontanarsi dal gruppetto, così senza pensarci due volte, lo raggiungo sotto agli sguardi indiscreti.
Camminiamo fianco a fianco, lui tiene le mani in tasca e il viso apatico.
-Alex, se lei fosse qui...-
-No probabilmente no.- chiude il discorso ancor prima che io possa cominciarlo.
-Non sai cosa volevo dire!-
-Che sarebbe fiera di me, Juliet?-
-Beh...sì.-
- Di cosa?- domanda con tono quasi di sfida.
-Come di cosa? Di tutto quello che fai. Sei uno dei migliori studenti della facoltà, sei brillante e...-
-E..? Ho sempre dato la colpa alla sua morte per ciò che ho fatto a Mya. Dici sarebbe fiera anche di quello?-
Le parole lapidarie di Alexander mi ricordano che questi sono sensi di colpa che ti segnano, non quelli che riguardano me che rifiuto gli inviti a cena di David.
Che stupida, avrei dovuto dirglielo.
-Inizia darti un po' di pace.- sussurro massaggiandogli la spalla tesa.
- L'ho superato, il fatto che non sia più qui. Credo.-
-Questo è un bene Alex. Dovresti perdonarti anche per ciò che è accaduto a quella ragazza. Tu non ne hai colpa.-.
-Solo... Non riesco a capire perché...-
Lo vedo stringersi nel cappotto, non so se sia il freddo a farlo tremare così.
-Cosa?- chiedo facendogli cenno di sedersi sul marciapiede di fianco a me.
-Riesco a superare la morte di Mya, quella di mia madre, la sera in cui Withman mi ha sparato ma.. Non riesco a superare quella notte.-
- Parli di quando l'hanno aggredita?-
-Quella sensazione di impotenza. Non puoi capire, Juliet.-
Nell'atteggiamento solitamente apatico di Alexander, sembra si sia formata una piccola crepa che rivela il suo stato d'animo inquieto.
-È per questo che tenti in tutti i modi di controllare ogni aspetto della tua vita?-
E della mia.
Ma questo non lo dico.
-Così hanno detto tutti i dottori che hanno provato a rimettermi a posto.-
Allungo un braccio verso l'alto, a cercare la sua mano.
-Non c'è niente da rimettere a posto. Siediti qui con me. È solo un po' d'acqua.- insisto poi, notando quanto sia schizzinoso e poco incline a sporcarsi.
-Da quando cominci a darmi ordini, Juliet?-
La fiammella di un piccolo sorriso si fa strada sulla sua bocca perfetta.
-Devo dirti una cosa.- dico di getto.
Gli occhi seri di Alexander mi puntano dall'alto. -Dimmela allora.-
-Sei sempre sincero con me, vero?-
-Certo. Lo sai.- replica inclinando il viso verso il mio.
-Tu e Nicole...-
- Non c'è nessun "io e Nicole"- spiega, quasi spazientito.
-Va bene.-
Lo sento teso, perciò decido di andarci con delicatezza.
-Ti ha chiamato questa mattina, quando eri in doccia.-
Alexander corruccia le sopracciglia, regalandomi un'espressione confusa.
-In che senso? Non ho il suo numero, non mi ha mai chiamato.-
-Era lei. Magari l'ha chiesto ad Andrew.- ipotizzo io.
-Hai risposto al posto mio, Juliet?-
-No. Cioè sì...Ho sentito la sua voce e ho messo subito giù.-
-E non me l'hai detto?-
Sollevo le spalle. -Perché ti chiama?-
-Come posso saperlo? Forse perché sono andato via dal campus senza avvisare Andrew. Comunque non ho niente da nascondere. Tieni.- sputa porgendomi il telefono appena estratto dalle tasche del cappotto.
- Perché lo fai Alex?-
-Ti farebbe stare più tranquilla, no?- dice senza smettere di piantare i suoi occhi taglienti nei miei.
In realtà mi è bastato il gesto.
- Non ne ho bisogno. Mi fido ciecamente di te. Solo delle volte sono gelosa e...-
-Tu faresti lo stesso vero?- mi interrompe bruscamente indicandomi il cellulare.
- Con il mio di telefono?- domando restituendogli il suo.
- Mhm.-
- Sì certo.- ammetto con un filo di voce.
-Comunque resta il fatto che non devi toccare le mie cose, te l'ho già detto mille volte.-
-Sì ho capito.- borbotto con il broncio sulle labbra.
Alexander mi afferra il mento con due dita, sollevandomelo verso l'alto.
- Scusa.- aggiungo poi sotto al suo sguardo ferreo.
-Comunque devi parlare con tuo padre Alex. Non ne posso più di vederlo così. Non so che gli è successo, ma sono giorni che lo vedo strano.-
Con una smorfia riluttante, finalmente Alexander decide di sedersi accanto a me.
-Ci ho parlato. Non siamo io e te il suo problema, ci sarà un processo. E lui verrà indagato.-
-Ma l'avvocato non aveva detto che, trattandosi di legittima difesa, non ci sarà bisogno del processo?-
-Te l'ho già detto che quell'avvocato è penoso. Withman era un poliziotto. Ed è comunque pur sempre di omicidio che parliamo.-
Perdo un battito, solo stringere la sua mano fredda mi rassicura.
Così lo faccio.
-Verremo interrogati?- chiedo mentre vengo scossa da un brivido.
-Credo proprio di sì, Juliet.-
-O mio Dio...-
-Non pensarci ora. Al momento opportuno ti dirò io cosa dovrai dire.-
La sua affermazione mi lascia disorientata.
-Cioè scusa? Non dovrei dire la verità? Non si fa quello in tribunale?-
-Perché non inizi a dirla a me la verità, Juliet?-
Alexander si rivolge a me con un tono di voce così cupo che mi fa tremare.
-Che verità?-
-Sono giorni che c'è qualcosa che ti turba. C'è qualcosa che vorresti dirmi?-
E lui come lo sa? Sono così ovvia?
-Ma no.... niente di che..-
-L'altro giorno mi hai detto di non tornare a casa e ti sei inventata di avere la febbre pur di non venire al campus.-
Che fastidio, ma possibile sia così penosa a mentire?
- Ma poi ci sono venuta..-
Ed era quasi meglio non venirci.
-Non vuoi mai che stia con te quando esci con i tuoi colleghi, non vuoi farti accompagnare da me a lavoro. Sicura di non essere tu quella a nascondere qualcosa?-
No, non posso lasciare che Alexander insinui questo.
Meglio confessarglielo, sennò potrebbe credere che gli stia nascondendo qualcosa di più grande.
-Mah... niente di che, David mi ha chiesto di uscire un paio di volte.-
Non avverto fiatare, perciò mi volto verso di lui: mi sta fissando con occhi sottili e attenti.
-In amicizia. Con i tuoi colleghi. Giusto?- lo sento chiedere.
Sarebbe una bugia a fin di bene. Posso farcela, posso dirgliela...
-Ehm... sì, cioè...-
No, maledizione! Non ci riesco.
-No. Mi ha invitata a cena, io e lui da soli.-
- Ti ha... Ti ha chiesto di uscire?-
La sua voce fredda mi fa raggelare, sento il cuore cominciare ad accelerare furiosamente.
- È capitato che me l'abbia chiesto.-
- Quante volte, Juliet?-
Deglutisco e l'aria aspra di inizio autunno mi solletica la gola.
-Beh...-
-E perché non me l'hai detto?-
Il botta e risposta è rapido, Alexander sa essere incalzante, troppo. Non c'è spazio per riflettere, né di soppesare le risposte.
-Perché, tu mi hai detto di Nicole?-
Lui si alza in piedi di scatto, sento che si sta per arrabbiare. Lo vedo da come affila lo sguardo, mentre il suo viso perfetto si contrae in una smorfia irritata.
-Non dire che non te ne sei accorto.-
-Non ricominciare Juliet.-
-Tu non ricominciare ad usare due pesi e due misure! Te ne sei accorto eccome... fai finta di non vedere perché ti fa piacere, ti fa comodo! Ti porta il caffè, ti passa gli appunti...Vuoi essere adorato, così com'era con Charlotte!-
-Tutte queste parole inutili per nascondere la verità?-
Il suo tono di voce così distaccato mi fa sussultare.
-Che verità?- tremo alzandomi in piedi davanti a lui.
-Mi hai mentito.-
-No...- ribatto sfiorandogli la guancia con una mano, in un contatto che però Alexander evita e rifiuta all'istante.
-Hai continuato a uscire con lui. E mi hai mentito.- insiste glaciale.
-Non ti ho mentito, ho solo omesso qualcosa per non farti arrabbiare.-
-Hai continuato ad uscirci sapendo che prova un interesse per te. E ieri ti sei fatta venire a prendere da lui.- sentenzia voltandomi le spalle.
-Alexander quella frequenta camera tua, e tu glielo lasci fare sapendo che gli piaci!-
-La frequenta perché si vede con il mio coinquilino, non con me. E poi ti ho fatto una cazzo di domanda. Riesci a rispondere? Ti è venuto a prendere lui al campus sì o no?-
-E allora io lo frequento perché è un mio collega!- cinguetto facendolo innervosire ancora di più.
-Cristo, non sopporto di essere geloso di te.- lo sento imprecare tra i denti quando è ormai di spalle.
E certo, la gelosia non la sopporta... lo fa sentire troppo debole, umano.
-Non sta andando come volevo.- erompe ad un tratto.
La freddezza con cui Alexander pronuncia quella frase mi fa accapponare la pelle.
-Cosa?-
-Questa cosa tra di noi. Stiamo bene due giorni, ma poi finiamo sempre per litigare. È un continuo.- replica insofferente.
-E quindi Alex?-
-E quindi a me non sta bene.-
Una botta al cuore che non avevo previsto.
-Non vedevi l'ora vero?- lo provoco.
-Non provarci nemmeno, Juliet. Sei tu che mi hai mentito.-
Avverto il groppone in gola sciogliersi non appena le lacrime cominciano a scendermi sulle guance. -Te lo sto dicendo ora, non ho mentito!-
Lui non sopporterà di sentirsi geloso, ma io non sopporto la disperazione che emerge dal mio tono di voce. Riesce sempre a non capirmi e a farmi stare così male...
-Hai di nuovo tradito la mia fiducia, Juliet.-
-Non ti ho mentito, ho evitato di dirtelo perché c'era la commemorazione di tua madre e so quanto sei suscettibile in questo periodo. Non volevo caricarti di altre preoccupazioni, l'ho fatto per te!-
Strattono appena la manica del suo cappotto, Alexander sembra credermi per una frazione di secondo, poi torna a scrollare il capo.
-No. Avresti dovuto dirmelo lo stesso.-
-Tanto qualsiasi cosa faccio, io sbaglio sempre vero?-
Mi lancia un'occhiata di sbieco, sembra sorpreso dalle mie parole dirette.
-Non ho detto questo, Juliet.-
-E allora cos'ha detto?-
-Hai sbagliato.-
Chiudo gli occhi per ingoiare l'ennesimo fallimento di cui mi fa carico.
Non c'è verso. È duro. Irremovibile.
-Sono stufa. Di te, delle tue imposizioni, delle tue regole, non ne posso più!- sbotto ormai al limite.
La sua mano gelida mi ferma dal braccio, quando provo ad allontanarmi.
-Non andartene.-
-Mi sento in trappola.- confesso con gli occhi pregni di lacrime.
-Sono io? Ti faccio sentire io così?- sussurra intensificando lo sguardo nel mio.
Come faccio a dirgli di no, se è la verità?
-Juliet...-
Abbasso lo sguardo per non farmi rapire dai suoi occhi profondi.
-Cosa c'è Alex?-
-Forse non è quello che vorresti sentirti dire, ma...-
-No, non dirlo.- lo supplico tra i singhiozzi.
-Non voglio che ti senti così per causa mia.-
-Ti prego non farlo.-
Affondo naso nell'incavo del suo collo lasciato scoperto dal cappotto.
Mi basta il suo profumo a rassicurarmi.
Ho bisogno di lui.
- Juliet...-
Ogni mio respiro è appeso alle sue parole: non ho più fiato. Ho paura di ciò che potrebbe dirmi.
- Andiamo a casa.-
E finalmente tiro un sospiro sollievo.
Sento la pioggia battere più forte mentre mi giro e mi rigiro nel letto.
Da quando siamo tornati a casa, Alexander non ha fatto altro che stare in silenzio, lasciando che nelle mie insicurezze, s'insinuassero altri mille dubbi.
Lui è nella sua stanza, c'è solo una parete a dividerci, basterebbe così poco... Che mi dicesse una parola, che mi desse un bacio o forse una scusa...
Ma ciò non accade.
E se lui è il re degli orgogliosi, il mio di orgoglio, non è altro che una piccola fiamma al vento.
Così dopo qualche ora mi decido a tornare sui miei passi. In camera sua.
Voglio parlagli.
Apro la porta senza bussare e mi rendo conto che il letto è stato appena fatto, mentre il suo zaino non è qui.
Se n'è già andato.
Scendo le scale di corsa.
-Juliet... mi terresti un attimo il bambino devo solo...-
- No.-
-Juliet!-
- Sto uscendo, mamma.-
Arrivo all'ingresso, dove afferro la borsa e ci butto dentro il cellulare, poi controllo di avere il portafoglio ed esco di casa.
Aspetto un po' più del previsto alla fermata del treno, fortuna che ora ha smesso di piovere.
Dopo un paio d'ore di viaggio sono finalmente arrivata.
Dalla stazione prendo un taxi che mi accompagna fino all'università di Alexander.
Quando giungo al dormitorio, comincio a bussare alla sua stanza senza ottenere risposta.
Così decido di aprire la porta, ma l'ansia mi assale quando mi rendo conto che in camera non c'è nessuno.
Resto a fissare il letto, poi la scrivania, chiedendomi dove possa essere Alexander in questo momento.
Neanche il suo cappotto è qui.
Il sole sta ormai tramontando quando esco dal dormitorio e trovo il coraggio di chiamarlo.
Il cellulare squilla ma lui non risponde.
Credo di aver perso tutte le speranze, perciò attraverso i giardini del campus con uno strano nodo in gola.
-Juliet?-
La voce squillante di Andrew mi richiama da lontano.
- Sei tu!? Mi sembrava di averti riconosciuta!- esclama correndo nella mia direzione con dei libri in mano.
- Sai dov'è Alexander?-
-Sì perché?-
- Dov'è?! Dimmelo.- lo aggredisco senza neanche salutarlo.
Andrew solleva un sopracciglio, è sicuramente stupito dalla mia maleducazione ma poco mi importa. Finalmente si appresta ad indicarmi un punto nel prato, dove i miei occhi scorrono rapidi.
Vedo la sagoma longilinea di Alexander seduta contro un albero, con un libro abbandonato sulle gambe.
-Se ti va io e i miei amici stiamo organizz...-
Ho smesso di ascoltare Andrew dal momento in cui il mio sguardo si è perso nell'immagine di Alexander.
Mi avvicino accelerando il passo, mentre lui senza neanche sollevare lo sguardo dai libri, mi fulmina.
- E tu cosa ci fai qui?-
- Ti ho cercato dappertutto.- mi lamento prima di rannicchiarmi vicino a lui.
-Ti sporchi le ginocchia, Juliet.-
Quella stupida frase mi fa sorridere.
-Non avevi altre calze oggi pomeriggio?-
La sua solita attenzione maniacale verso i dettagli. Anche quella mi fa sorridere.
-Mi sono cambiata, avevo freddo.- spiego tremando un po'.
Lo sento darmi qualche colpetto con la mano sulle ginocchia, per liberarmi dal terriccio che si è appiccicato ai miei collant.
-Vieni qui.- sussurra poi, abbracciandomi.
-Ti ho appena chiamato Alex.-
- Metto il silenzioso quando studio, non voglio essere disturbato.-
Mi trattengo dal sbuffare.
-Leggi anche a me?- mormoro poi indicando il libro fitto di scritte per me incomprensibili.
- Sono argomenti noiosi.-
-Magari mi fanno addormentare...- lo punzecchio poggiandomi con la testa sul suo grembo.
-Sciocca che sei.-
-Dai ti prego, voglio sentire la tua voce.-
Sfrego con la guancia contro il suo cappotto, Alexander invece mi scompiglia i capelli, poi inizia a leggere a bassa voce.
Non appena torno a rilassarmi mi rendo conto di quanto io sia stanca, la giornata è sembrata molto più lunga di quanto lo sia stata in realtà, forse per via del litigio che abbiamo avuto oggi pomeriggio. Mi sono sentita persa per un attimo, ora invece, mi sento di nuovo a casa.
Chiudo gli occhi, la sua voce calda e profonda arriva sempre più lontana, mi sto per assopire per davvero, finché lui non mi richiama.
-Andiamo Juliet.- lo sento sospirare tra i miei capelli.
-Dove?-
-Ho da ritirare dei libri e devo andare ad una presentazione.-
-Posso venire?- domando nella speranza di non imbattermi in Nicole.
Alexander annuisce, poi mi aiuta a risollevarmi in piedi.
I nostri corpi protetti da mille strati di cotone si sfiorano, perciò mi innalzo sulle punte per baciargli le labbra. Lui però resta immobile, muove solo le dita per portare la mia ciocca di capelli ribelli dietro all'orecchio.
La sua mano scende lenta sulla mia nuca, prima di imprimervi una stretta possessiva.
- Vieni con me.-
Certo, avrei preferito un bacio prima, ma decido comunque di seguirlo in silenzio.
Finiamo in un corridoio dal gusto leggermente retrò, dove Alexander si imbatte in un signore anziano che dovrebbe essere uno dei suoi professori.
-La lezione è posticipata.- sento dire dall'uomo prima di salutarlo.
-Juliet?-
E io riconosco immediatamente quel tono.
Le mie antenne si drizzano più che mai.
-Che c'è Alex?-
- Andiamo. Ti mostro una cosa.- annuncia facendomi strada verso un'aula deserta.
- Mi porti a lezione con te?-
Arriccio il naso, mentre lui sogghigna con aria scaltra.
- Mhm... più o meno.—
- È una lezione noiosa? Dimmi di no...-
- No tranquilla, ti divertirai.- scandisce con voce bassa e calma, prima di sorprendermi alle spalle con un sussurro avido. -Magari non subito però...-
I brividi che crea la sua bocca tiepida a contatto con la mia pelle, si spargono dal collo fino al mio basso ventre.
Non so cosa mi aspetta, ma di sicuro sto fremendo per scoprirlo.
Dopo aver attraversato il corridoio, giungiamo in uno stanzino poco illuminato. Alexander prende a fissarmi con un'espressione impassibile, mandandomi in confusione.
Vuole parlare di oggi? Dobbiamo ancora chiarire?
I suoi occhi però, stanno già comunicando: le sue iridi scure scintillano nel buio e mi stanno dicendo che in realtà non ci sarà nessuna lezione da seguire.
-Ma dove siamo? Si intravede l'aula da qui.-
Indico verso il basso, dove attraverso la vetrata, si vede l'enorme classe composta da innumerevoli seggioline deserte.
- Quella dove siamo è una saletta per le proiezioni.- chiarifica Alexander, avvicinandosi a me con le mani in tasca.
-Ci possono vedere, come noi vediamo loro?-
Mi sfilo la giacca, inizio a sentire caldo lì dentro.
-L'aula è vuota.- sussurra lui nel buio.
-Sì ma se ci fosse qualcuno lì dentro....-
- No. I vetri sono oscurati. Qui vengono solo per proiettare slide o filmati.-
Ci scrutiamo nella penombra per qualche istante.
Lo sa l'effetto che mi fa, perché se ne sta immobile a fissarmi senza battere ciglio?
-Riguardo alla discussione di oggi alla commemorazione...-
- Voltati e piegati sul tavolo.- mi ordina ignorando completamente la mia affermazione.
Non c'è molto lì dentro, un piccolo proiettore e una vecchia scrivania, ma sembra che per Alexander sia già sufficiente.
-Non farmi aspettare Juliet.- incalza poi, come al suo solito.
Così giro su me stessa, fino a piegarmi sulla superficie fredda del legno.
-Ti è passata?- gli chiedo sperando in una risposta esauriente.
Alexander si toglie il cappotto, lo posa su una sedia poi compie qualche passo pesante nella mia direzione e solo dopo essersi fermato dietro di me, fa scorrere languidamente due dita lungo il retro della mia coscia, fino a sollevarmi il maglione.
Emetto un soffio eccitato quando senza preavviso, il suo respiro si concentra tra le mie gambe. Ho ancora strati di vestiti addosso, ma sento il calore della sua lingua irradiarsi contro il tessuto delle calze, finché non arpiona con i polpastrelli i collant e me li strappa con un colpo deciso.
Il respiro mi muore in gola in quell'esatto istante, non ho più il coraggio di parlare.
-Che cosa ti ho detto, Juliet?-
La sua voce così intensa mi fa tremare dal profondo.
-Non mi dai mai ascolto...- lo sento dire, accompagnando quelle parole con un suono familiare.
Il mio corpo ben presto viene attraversato da una calda ondata di desiderio, quando il cigolio della cintura mi sorprende alle spalle.
-Rispondi Juliet. Che cosa ti ho detto?-
Sono ovviamente confusa dinnanzi alla sua richiesta, ma a rinfrescarmi la memoria è il colpo secco che mi arriva dritto sul sedere, ricordandomi serata che abbiamo trascorso ieri.
-Che non devo...-
La cinghiata successiva è così decisa che mi impedisce di continuare, un singulto rumoroso prende il posto delle mie parole.
-Cosa Juliet?-
-Mettere le mutande?- chiedo con un sussurro inesistente.
-Non quando stai con me.- asserisce prima di posare il suo strumento di tortura preferito sulla scrivania.
Rimango senza fiato, immobile, mentre con la coda dell'occhio lo guardo avvicinarsi alla vetrata che dà sull'aula. Alexander si massaggia le labbra con le nocche, sembra pensieroso.
-Toglile.- ordina ad un tratto.
Aspetto che aggiunga altro ma non lo fa, perciò faccio come mi ha chiesto. Intrufolo una mano sotto al tessuto di lana, ma sfiorandomi i collant mi rendo conto di come me li abbia strappati senza ritegno.
-Anche il reggiseno.- aggiunge Alexander, mentre mi risistemo il maglione per coprirmi.
Lo sbuffo rumoroso che abbandona la mia bocca lo fa voltare di scatto. Mi osserva con sguardo sottile, quindi decido di accontentarlo.
-Tieni...- bofonchio sottovoce porgendogli il reggiseno.
-È inutile che fai quella faccia. Non ne hai bisogno di questo.-
-È un modo per dire che ho le tette piccole?-
-No, è un modo per dire che le hai perfette.-
Sollevo gli occhi al soffitto.
-Sei un subdolo ... manipolatore.-
Alexander in tutta risposta sorride candidamente, mostrandomi i suoi denti bianchi.
-Non ci voleva tanto, vedi?-
-Sì ma come faccio ad andare in giro per il campus, mi hai strappato tutto...-
Quando però lui si avvicina pericolosamente mia figura, scivolo con lo sguardo in basso, sul cavallo dei suoi pantaloni.
- Dicevi, Juliet?-
Mi mordo il labbro inferiore con un gesto istintivo, mentre una scossa di adrenalina mista ad eccitazione mi fa vibrare lo stomaco.
-Sembri...uhm...eccitato?-
E i brividi si intensificano non appena si accosta al mio orecchio con il suo respiro di menta e caffè.
-Guardami ancora in quel modo e te lo faccio vedere da vicino quanto sono eccitato, mentre stai a bocca aperta.-
Distolgo subito gli occhi con aria colpevole, Alexander invece sorride, poi spinge la bocca ricurva contro la mia, per lasciarmi un bacio.
-Ce l'hai ancora con me per la discussione di prima, Juliet?-
- No...- mormoro contro le sue labbra. -Tu invece?-
-Mmm...-
-Che intenzioni hai Alex?-
-Ho voglia di scoparti. Non è ovvio?-
La voce calda di Alexander vibra contro il lobo del mio orecchio, mentre mi aiuta a sfilare il maglione.
Non smettiamo di baciarci neanche quando con foga mi spinge verso la scrivania facendomi urtare il sedere nei punti più doloranti.
Mugolo un lamento, ma la maniera famelica in cui assalta i miei capezzoli, prima mordendoli, poi succhiandoli, non mi lascia modo di respirare.
Mi afferra dai fianchi, inducendomi ad allacciare entrambe le gambe al suo bacino. La sua erezione nascosta dai pantaloni ha fremito a contatto con la mia intimità scoperta.
Mi sdraio sotto al suo corpo, mentre Alexander scivola tra le mie cosce aperte con il solo intento di far puntellare la lingua esperta nella mia zona più esposta e sensibile.
È così piacevole che non riesco a tenere ferme le ginocchia, sebbene ci provi, perché lo conosco bene e so che è quello che vuole.
- Juliet... ferma.-
Con un gesto rapido lo vedo agguantare la cintura abbandonata sulla scrivania.
-Ho detto ferma.-
La sensazione calda del respiro che s'insinua nuovamente tra le gambe mi fa fremere e serrare le ginocchia, causando ad Alexander un gemito di disappunto.
-Non ci siamo, Juliet.-
Il cuoio nero è di nuovo nella sua mano, avvolge la sua pelle chiara mettendo in risalto le vene sporgenti che l'attraversano.
Il mio labbro inferiore invece, finisce tra i suoi denti, lo sento mordere poi succhiare con lussuria fino a farmi male, mentre con il pollice accarezza la mia intimità ormai pronta per lui.
Lancio un urlo prolungato, quando in seguito ad un movimento involontario del mio corpo, Alexander mi sferra un colpo di cinghia sul seno scoperto, poi nell'interno coscia, per obbligarmi a tenere le gambe spalancate.
Mi sfugge un'imprecazione, perché subito dopo al bruciore intenso, segue la sensazione di pienezza. Schiudo le labbra quando Alexander si abbassa i boxer e senza preavviso si spinge dentro di me, obbligandomi prendere la sua eccitazione fino in fondo.
-Non provare a muoverti.- ansima allacciando i miei polsi dentro alla sua mano, prima di portarmeli sopra alla testa. Li sento stringersi dentro al nodo della sua cintura.
-Alex ma se qualcuno dovesse entrare...-
- Ho chiuso a chiave.-
-E se dovessero proiettare qualcosa nell'aula...?-
-Quale sarebbe il problema? Sei uno spettacolo.- mormora aumentando il ritmo.
L'intensità delle spinte mi fa perdere la ragione, non ricordo più cosa volevo dirgli. Non ricordo neanche più perché ce l'avevo così tanto con lui oggi.
La sua fronte si abbandona contro la mia, così posso allacciare i miei occhi nei suoi, creando una connessione più profonda, più intima.
- Ti odio...- sospiro con la mascella contratta.
- Mhm. Davvero?-
Annuisco divertita per la sua reazione stizzita, finché non non mi lascia un bacio sulla fronte ed esce da me per accostarsi al mio volto.
-Te la do io una buona ragione per odiarmi allora...-
Alexander striscia il suo pollice sul mio labbro inferiore, obbligandomi a separarlo da quello superiore per lasciare spazio alla sua grandezza monumentale.
Mi è impossibile dire altro, mentre mi riempie la bocca con ogni centimetro della sua lunghezza, spingendosi sempre di più in fondo. Lo sento scivolare in gola, slittando sulla lingua in un movimento secco e ritmico, accompagnato dalle sue anche e dai gemiti che si fanno via via più intensi. Con le lacrime agli occhi, fatico a lasciare pulito quando lo sento venire a piccoli sbuffi eccitati.
Lui esce dalla mia bocca e comincia a gocciolare anche sul tavolo, forse appositamente.
-Avanti Juliet.- sussurra affannato.
-Stai scherzando vero?- scoppio a ridere, quasi divertita per l'assurdità dei suoi pensieri perversi.
Alexander però fa cenno di no con la testa, poi mi indica con lo sguardo assetato e pungente, il suo liquido cosparso sul legno.
Non ho coraggio di muovere la testa.
-Lo sai cosa devi fare.-
Lo vedo riaggiustarsi i boxer, infine riabbottona i pantaloni, ma i suoi occhi taglienti sono ancora eccitati.
-No, te lo scordi.- ribatto asciutta.
-Lo so che vuoi farlo.-
-Come potrei volerlo...?-
La mia risatina è nervosa, mentre curvo il collo e avvicino le labbra alla superficie del tavolo con aria di sfida.
-Con la lingua. Voglio che lasci pulito.-
Faccio cenno di no, mentre sollevo gli occhi nei suoi.
-Fa la brava Juliet.-
Chiudo gli occhi solo per interrompere il nostro gioco di sguardi.
Lo fa apposta.
Lo odio in questo istante.
Non perché mi stia obbligando a fare qualcosa che non voglio... ma perché alla fine, qualsiasi cosa che mi induce a fare, si rivela sempre più piacevole del previsto.
E sul suo volto si dipinge la soddisfazione di un altro orgasmo, quando mi vede passare la lingua sul suo liquido per raccoglierlo dalla superficie.
- Cristo, sì.- mugugna Alexander, portando la testa all'indietro con aria soddisfatta.
-Questo per che cos'era?-
-Piacere personale, piccoletta.-
-Stronzo.-
Lo guardo sistemarsi il golfino, poi mi tende una mano per aiutarmi a rialzarmi dal tavolo.
- Fingerò di non aver sentito, ma solo perché sei stata perfetta.-
Mi porge il maglione e mi aiuta a rivestirmi, unicamente dopo aver sigillato le mie labbra con un altro bacio lussurioso.
-Andiamo? Sta arrivando gente...- esclamo allarmata dalle luci che si accendono, proprio nell'aula sotto di noi.
Alexander invece preme l'interruttore dello stanzino, lasciandoci completamente al buio.
-Non c'è fretta, Juliet.-
Delizia il mio orecchio con voce maliziosa e suadente, mentre mi giunge alle spalle per accerchiarmi i fianchi.
E non c'è bisogno di dire altro, perché gli basta insinuare una mano tra le mie cosce nude, per lasciarmi intendere cosa vorrà fare.
- Alex...-
- Non ci vede nessuno. Tu preoccupati di fare silenzio e vedrai che non finiremo nei guai.-
Sbarro gli occhi quando il torpore delle sue dita risveglia le mie pieghe con bramosia.
- Ma....-
-Apri la bocca.- soffia caldo nel mio orecchio, mandandomi in confusione.
Eseguo l'ordine, senza però scollare gli occhi dagli studenti che riempiono le gradinate dell'aula, ignari di ciò che accade nella piccola saletta per le proiezioni alle loro spalle.
Alexander affonda due dita dentro di me, mentre con l'altra mano rovista nella tasca dei pantaloni. Estrae qualcosa e solo quando il cotone appallottolato si fa spazio nella mia bocca, arrivo a capire.
-Ahdfhaee-
Mormoro qualcosa di incomprensibile, mentre lui spinge le mie mutande tra le labbra, fino a farmi quasi mancare l'aria.
-Tra poco arriverà qualcuno per azionare il proiettore. Hai pochi minuti, Juliet.- bisbiglia incastrando il mio collo nella sua mano forte.
Mi obbliga a voltarmi verso di lui, per mostrargli la mia faccia imbarazzata. Un impeto di rabbia mi attraversa, quando noto l'espressione appagata di Alexander, nel vedermi umiliata per l'ennesima volta.
-Non sai da quanto volevo vederti così...- sputa serrando la presa possessiva intorno al collo con maggior impeto.
Io mugugno un lamento irritato, l'istinto di sputarle via è forte, tant'è che Alexander se ne accorge, difatti preme la punta del pollice sul cotone per inserirle meglio.
- Tienile in bocca ho detto.- ripete con voce dura.
- Ma...-
-Nessun "ma", girati e lascia fare a me.-
Con la bocca così divaricata fatico persino ad inghiottire la saliva, ma dimentico in fretta il fastidio del mio bavaglio quando Alexander spinge il mio corpo contro la vetrata, obbligandomi ad aggrapparmi ad essa con i palmi di entrambe le mani.
- Sarebbe più divertente vederti fare da sola...-
Alexander solleva il mio maglione lasciandomi esposta dai fianchi in giù.
"Spero davvero che i vetri non lasciano trapelare nulla" mi dico mentre la saliva comincia a crescermi in bocca, nonostante io non abbia la possibilità di deglutire.
La lentezza con cui la sua mano raggiunge il mio interno coscia mi fa smaniare, muovo appena i fianchi per andare incontro alle dita di Alexander, speranza che tornino a sfiorarmi ancora, ma finisco per scontrarmi con l'erezione prominente che preme contro il mio sedere.
Lo sento mugolare un lamento, quando mi sfrego sfacciatamente sulla sua lunghezza marmorea.
- Hai tre minuti esatti.- sussurra caldo, dopo aver controllato l'orologio al polso.
- Cosa... che vuoi dire...-
- Voglio sentirti venire. E voglio che tu lo faccia prima che vengano ad azionare il proiettore.- continua poi, provocandomi la tachicardia.
- Ma...- mi agito così tanto che non riesco più a parlare.
- Fallo per me, Juliet.-
Risucchio un respiro pesante, poi un gemito, quando Alexander immerge una mano sul mio fianco sinistro, tenendomi stretta a lui.
- Due minuti, Juliet...- scandisce il tempo alla rovescia, facendomi accelerare il respiro.
Lui però non torna a toccarmi, ma continua a stuzzicarmi con le parole, senza darmi quello che vorrei in questo momento.
- Non è così che ottieni quello che vuoi.- sentenzia poi quando riprovo a spingermi con il sedere verso di lui.
Il mio corpo lo sta supplicando per avere di più, ma Alexander finge di non sentire.
- Da sola Juliet.-
No, questo è troppo.
Così mi decido a sputare a terra le mutande, prima che la saliva cominci a gocciolarmi copiosamente dal mento.
Sottomessa in questo modo, no.
Mi volto con aria di sfida.
Alexander mi sta fissando con occhi incuriositi.
- Hai davvero appena sputato...?-
Poi il suo sguardo scende al mio intimo abbandonato sul pavimento.
Io muovo un passo verso le sue labbra.
-Un minuto, Alexander. Sei ancora in grado di farmi venire?-
Forse ho osato un po' troppo, ma poco mi importa. Le mie parole sfacciate richiamano le scintille di lussuria che attraversano le sue iridi buie.
Alexander mi afferra la gola con una stretta soffocante, immobilizzandomi di spalle contro la vetrata.
Allaccio le gambe al suo bacino, quando lo vedo sbottonarsi i pantaloni con foga.
-Apri la bocca, Juliet.- mi ammonisce con sguardo predatorio.
Faccio cenno di no con la testa, mentre la sua punta tesa è già pronta a spingere contro la mia apertura.
-Apri quella fottuta bocca. Subito.-
È inevitabile. Spalanco le labbra per la sensazione piacevole, quando Alexander, dopo aver sfregato la sua erezione contro la mia carne pulsante, affonda dentro di me con un unico e rapido gesto.
Era quello che voleva, perché mi rivolge un ghigno compiaciuto, prima di avvicinarsi alla mia bocca e sputarci dentro senza pensarci neanche per un istante.
La sua saliva calda mi scivola in gola, mentre mi tiene dal sedere con entrambe le mani, le sue dita affondano nella mia carne, probabilmente lasciando i segni, o forse solo ricalcando quelli più vecchi.
Lo sento pulsare di desiderio dentro di me quando mi vedere serrare le labbra, prima di passarci la lingua in mezzo.
Un'infinità di brividi mi esplodono lungo la schiena non appena Alexander decide di fare sul serio, sfrega con il pollice sul mio clitoride facendomi gemere e lo fa ripetutamente, mentre mi riempie e mi svuota ad un ritmo sempre più incessante.
-Hai trenta secondi, Juliet.- ringhia trattenendo a fatica un'espressione di puro piacere.
Sto ansimando, pronta ad esplodere insieme a lui. Ho dimenticato dove siamo, tutto ciò che è successo un secondo fa, ho scordato qualsiasi cosa. Vedo solo i suoi occhi affamati e le sue labbra calde che sbattono ripetutamente contro il mio orecchio.
- Sfidami ancora una volta Juliet e...-
Lo sento ingrandirsi dentro di me fino a diventare solido, poi liquido e caldo.
Gemo a gran voce, forse urlo.
Mi libero completamente e lui con me.
Restiamo in silenzio per qualche istante, quasi increduli di fronte alla velocità con cui abbiamo preso fuoco.
- Bella mossa piccoletta.- ansima Alexander, con il respiro ancora accelerato.
- Si può dire che ho imparato dal migliore.-
Alexander curva lo sguardo verso il basso e sogghigna nel buio con i suoi occhi piccoli e belli.
- Ora è meglio se ce ne andiamo per davvero.-
Così ci dirigiamo mano nella mano verso la sua stanza, fortunatamente Andrew non è ancora rientrato questa sera.
-Puoi guardare la tv. C'è da mangiare qualcosa se vuoi, Juliet.-
-Ma tu che fai?- chiedo confusa.
-Io devo studiare.-
Vedo Alexander sedersi alla scrivania. Non solleva lo sguardo dai libri, quando un sorrisetto sadico fa capolino sulle sue labbra ricurve.
-Oppure puoi stare qui intanto che studio.- dice indicandomi le sue ginocchia.
Mi avvicino alla sua figura e decido di sedermi sulle sue gambe, mentre avvolgo il suo corpo coperto dal golfino scuro con le braccia.
Mi fa sentire così bene il suo petto caldo premuto contro il mio.
-Dimmi la verità. Prima ho esagerato, Juliet?-
-Sei capace di andare avanti per ore, è frustrante.- mi lamento io sollevando le spalle.
-È che adoro vederti così.-
Scrollo il capo. -Non so, non riesco a capirti a volte.-
- Non ti piace?-
- Perché adori vedermi così?-
- Perché sei bellissima.-
Le sue parole mi sorprendono, proprio mentre vengo colta dai miei particolari riflessi nello specchio appeso alla parete.
-Non è vero, sono spettinata con tutto il trucco sbavato...-
-Juliet lo so che ti porto sempre al limite...ma è solo un gioco, un modo per divertirmi e fare divertire te, non voglio vederti soffrire.-
-Non è in quelle circostanze che mi fai soffrire Alex...- ammetto ripensando ad oggi pomeriggio.
- Ti amo e mi dispiace se delle volte ti ferisco. Non è mia intenzione.-
I suoi occhi hanno un leggero sfavillio quando incontrano i miei, io non ricambio il suo "ti amo" a parole, ma accerchio entrambe le sue guance lisce con le mani, per portare il suo viso vicino a me.
- Sei sicuro di amarmi?-
-Oh Cristo sì.-
Lo sento mugolare sulle mie labbra, intanto lascio che la mia lingua cerchi la sua ripetutamente.
Mi abbandono al movimento lento e ritmico che mi impone la bocca di Alexander, mentre i miei capelli diventano vittima delle sue mani che ordinano il tempo e le pause più giuste da seguire.
Lo guardo leccarsi le labbra con occhi famelici, prima avventarsi sul mio collo.
La sua bocca è morbida, ma il contatto soffice dura troppo poco, perché dapprima usa i denti per scalfire la pelle della mia gola, poi comincia a succhiarla con una morsa piacevole e dolorosa allo stesso tempo.
Mi perdo in una serie di piccoli lamenti sussurrati, finché non serra la bocca così tanto da applicare una pressione insopportabile.
- Ahia!- salto su agitata.
Alexander si asciuga la bocca con il dorso della mano.
-Mi hai... oddio! Guarda il collo!- esclamo scandalizzata quando vedo il mio riflesso nello specchio vicino alla scrivania.
-Dovrei essere dispiaciuto?- domanda disinteressato quando i suoi occhi si posano sui segni violacei che mi ha appena lasciato.
-Secondo te posso andare in giro in questo stato?! A lavoro così?-
-Secondo me sì.-
-Egoista del cazzo.- sputo sottovoce.
-Come hai detto?-
-Hai capito bene.- l'ammonisco seria.
Alexander mi sovrasta con la sua altezza e quando mi giunge davanti, imprigiona i miei polsi mentre tra le dita fa scivolare qualcosa di morbido, che viene a contatto con la mia pelle sensibile.
È il nastro rosso.
Mi irrigidisco quando lo vedo.
-Non voglio.-
Alexander dapprima non fiata, solleva solo un sopracciglio con fare interrogativo.
-Perché?-
-Perché penso sia lo stesso che usavi con Mya.-
-È solo un ricordo.- minimizza sollevando le spalle di poco.
-Sì ma di una cosa che per te è stata importante.-
-Esatto. Ed è proprio per questo che lo do a te. Così come la collana, che era di mia madre.-
-Non me l'hai mai detto...-
-Perché mi sono reso conto che ormai ti avevo dato la cosa più importante.-
Il suo cuore?
Vorrei avere il tempo per chiedergli a cosa si stia riferendo, ma vengo subito distratta.
-Che succede?- domando allarmata, quando vedo Alexander sedersi sul letto con la testa tra le mani.
-Ci sono cose che non ti ho detto del processo.-
Mi acciglio nell'udire le sue parole ben scandite.
-Dovremo mentire, Juliet.-
-Su quello che c'è tra noi, vero? Ma perché? Il nostro rapporto che rilevanza ha per le indagini?-
-L'accusa non chiuderà gli occhi sulle incongruenze della tua versione, né su quella di mio padre.-
Torna a fare capolino quella sensazione pesante nel petto, di angoscia.
Non posso dimenticare ciò che ho fatto.
- Va beh, metti che dovessi dire la verità...anche se la mia versione ha delle lacune, è vero che ho mentito, ma alla fine sarebbe sempre e comunque legittima difesa.-
- La legittima difesa non esclude che tu abbia potuto commettere un piccolo reato, come l'intralcio alle indagini. Finiresti nei guai e io non posso permetterlo.- spiega Alexander, innervosendosi appena.
- È questo che ti preoccupa?-
- Sei l'unica cosa di cui mi importa. Certo che è questo che mi preoccupa, Juliet.-
Resto a subire l'influsso del suo sguardo tormentato che marchia il mio viso, leggermente arrossato per l'agitazione.
- Non posso fare giuramento e poi mentire...-
- E invece puoi.- mi secca perentorio.
- Alex non puoi importi su una cosa così importante..E anche per la storia di David, non puoi tenermi il broncio a vita.-
È bastato nominarlo che gli occhi di Alexander diventano due fessure infuocate.
- Quante volte ci ha provato?-
-L'ho rifiutato. Ti basta sapere questo.-
-Pensi a me freghi qualcosa di quello che fai tu, Juliet?-
Di nuovo.
-Non voglio ti stia intorno.-
-Non ricominciare Alex.-
Alexander si alza in piedi con un gesto meccanico.
-Sei mia. E non voglio che qualcuno ti sbavi addosso per tutto il tempo.-
-E io voglio solo la normalità Alex. Tu che ti arrabbi, ti ingelosisci e finisce lì.
Mi terrai il muso per mesi adesso?-
Ma lui non sente neanche, è troppo preso a rimettere in ordine i demoni nella sua testa.
-Vorrei...-
- Cosa?- domando già sul filo dell'impazienza.
-...che lasciassi il lavoro.- conclude chinando la testa.
Resto a bocca spalancata dinnanzi alla sua richiesta assurda.
-Tu sei pazzo. Completamente. Tu...-
Alexander inarca un sopracciglio. Ho paura a continuare, ma devo farlo.
-Tu non puoi permetterti di chiedermi una cosa del genere. Voglio dire... Questa non è la normalità Alex.-
-Queste cose non mi interessano.-
-Infatti ho notato.- mugugno stizzita.
-Cosa vuoi dire, Juliet?-
-Tipo l'altra sera che eravamo qui... Con la scusa che ero ubriaca non hai voluto farlo...- spiego indicando il suo letto.
-Beh lo eri.-
-Hai capito perfettamente che non è questo il punto.-
-Cosa vuoi sentirti dire, Juliet?-
-La verità.- lo supplico con occhi sinceri.
- La verità è che ti amo. Ma ciò non toglie che io ...-
-Cosa?-
-Ho bisogno di averti in quel modo.-
-Tanto da provare quasi rifiuto nel farlo in modo normale!? Questa cosa è pesante da digerire. Sono due giorni che non riesco neanche a sedermi.
E per tutta la prossima settimana sarà così.-
Lui annuisce, c'è troppa convinzione nei suoi occhi profondi.
- Esattamente, Juliet.-
Scrollo il capo.
-Fammi capire... prima ti prendi il meglio e poi ti lamenti?- mi rimbecca posando una mano sul fianco.
Non vuole capire o non capisce per davvero?
-Ma no, dico solo che la normalità è un'altra cosa. Non ti sto dicendo di non fare così, solo diamoci dei limiti.-
-Non esiste la normalità.-
- Esiste e io la vorrei.-
Alexander mi volta le spalle facendomi innervosire.
Ovviamente tutto dev'essere come dice lui o finge di non sentire. È sempre così.
Lo amo, certo, ma non sono ancora abbastanza sicura di chi sono per permettergli di comportarsi in questo modo con me.
-Vedo che la cosa non ti tocca.- lo istigo furiosa.
-È meglio se abbassi la voce.- si avvicina con voce intimidatoria.
-Sei arrabbiato con me ora? Sul serio?-
- Non dovrei? Mi hai appena detto che vorresti la normalità. Mi stai dicendo che non vuoi più stare con me, Juliet.-
-No, ti sto chiedendo di essere sincero. Io sto cambiando e anche tu stai cambiando, non te ne accorgi?-
-Di che parli?-
-Che me ne sono resa conto Alex.. certe cose non ti bastano più.-
Pensavo di coglierlo di sorpresa con la mia affermazione, invece lui mi conferma ogni dubbio.
-No, certo che non mi bastano più.-
-Ti ho chiesto mille volte se il nostro rapporto e il tuo essere così dominante, fossero cose confinate solo al sesso e mi hai detto mille volte di sì.-
-Ed è così.- sostiene poi, senza guardarmi negli occhi questa volta.
-Non è vero. Forse provi a combattere la tua natura, ma sappi che non ci stai riuscendo. Tu sei così, vuoi impedirmi sempre di fare le mie scelte.-
Lo guardo scuotere la testa, come se mi stessi inventando tutto.
-Ora è David, poi sarà il processo, prima era la storia del lavoro, dell'andare a vivere da sola... Vuoi sempre importi su di me e questa non è la normalità.-
Alexander sbuffa come se le mie lamentele non fossero importanti quanto le sue.
-Tu vuoi che si faccia come dici tu e basta. Ho ragione?-
-Si sì hai ragione.-
Mi sta dando il contentino, probabilmente non ha neanche voglia di discutere. Lo vedo da come mi guarda impassibile, mentre io sono un fascio di nervi tesi.
-Fino all'altro giorno hai detto che David non ti preoccupava e che dovevi lasciarmi libera di scegliere... ora perché hai cambiato idea?-
-Ho dei limiti anch'io, Juliet. Non sapevo che ci provasse con te.-
Mi fermo e prendo un respiro più ampio.
Provo a calmarmi, magari riusciamo a parlare civilmente.
-Sei troppo possessivo. Può provarci quando vuole ma a me non interessa.
Come a te non interessa Nicole. Giusto?-
-Esatto.-
-Quindi perché usi due pesi e due misure tra me e te, se la situazione è la stessa?- domando con tono calmo, armandomi di pazienza come se parlassi con un bambino piccolo.
-Perché mi fido solo di me stesso. Non è difficile da capire.- ringhia duro.
-È sempre questo il punto. Tu non ti fidi di nessuno, neanche di me.-
-No.- sussurra fermando le sue labbra in una linea netta.
-Non ci posso credere. Dopo tutto quello che abbiamo passato, Alex!
Dici di volerlo, di volerti fidare...-
-Ci provo ma non ci riesco, okay?
Come posso dimenticare...-
Alexander risucchia il suo labbro inferiore bloccandosi, ma ormai ho capito dove voleva arrivare.
-Cosa? Quello che ho fatto? Non mi hai ancora...-
-Sì, ti ho perdonata... certo. Ma tu sei così impulsiva! Che cazzo ne so di cosa ti passa per la testa quando stai con lui.-
Sbatto le ciglia, le sue parole mi feriscono in pieno viso.
-L'hai fatto con Withman quando hai lasciato che ti baciasse. L'hai fatto quando hai lasciato che incastrasse mio padre. Come posso fidarmi ciecamente di te, dimmelo!-
-Non puoi e sai perché?! Perché sei talmente pieno di te che non riuscirai mai a mettermi alla tua altezza! Mai!- sbraito afferrando la mia giacca dal porta abiti.
-Non è così, Juliet.-
-E invece sì! Sei tanto spaventato perché uno ci prova con me?! Beh svegliati, Alexander! Questa è la vita! Non è fatta di perfezione e controllo, come vorresti tu!-
Sono già faccia alla porta, quando lui si lascia andare ad un sussurro lento.
-Ho solo paura di perderti, Juliet. Non è difficile da capire.-
-Beh se continui così sei sulla buona strada! Il tuo iper controllo mi soffoca.-
-Sono solo protettivo.-
Mi volto per lanciargli un'occhiata lapidaria.
- No, tu sei solo stronzo.-
Lo vedo sgranare gli occhi, questa non se l'aspettava.
-Juliet?-
-Mi hai stufato Alexander. Ho bisogno di starti lontana. Me ne vado.-
🦋🦋🦋🦋🦋
🎀 io lo so che siamo abituate a leggere storie in cui il bad boy si innamora e cambia per la protagonista, ma per quanto Alexander sia cambiato sotto certi punti di vista nei confronti di Juliet... non mi viene da snaturarlo così tanto e trasformarlo nel fidanzato perfetto, non sarebbe lui.
🎀 in tante mi chiedono come finirà questo libro, se bene o male.
Sono istintiva e sto facendo seguire alla storia un'evoluzione in linea con i personaggi. Ciò non significa che finirà per forza male, anzi.
🎀 per quanto il loro sia amore, da parte di Juliet c'è una forte dipendenza emotiva nei confronti di Alexander, è un po' come se lei non fosse nulla senza di lui.
Non c'è niente di male nel vivere un amore totalizzante ma, affinché questo amore non diventi tossico, è importante che le due personalità che compongono la coppia siano ben delineate. C'è una frase importante in questo capitolo:
"Lo amo, certo, ma non sono ancora abbastanza sicura di chi sono per permettergli di comportarsi in questo modo con me."
Significa che l'amore tra i due potrebbe anche funzionare, sono diversi ed è anche bello che si completino in questo modo, il problema è che Juliet è ancora molto acerba, senza esperienze e con troppa poca auto consapevolezza.
Il carattere di Alexander potrebbe risucchiarla completamente, non lasciandole spazio per la crescita.
🎀🎀🎀🎀
detto ciò... ho la testa solo per
love me love me
in questo periodo.
Non vedo l'ora di pubblicare il nuovo capitolo 🔥🔥🔥
a presto ❤️
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