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XLII



Il capitolo è molto forte 🔞⚫️

[Sono stata indecisa fino all'ultimo se pubblicarlo censurato o meno]


🔴🔴🔴🔴

Alexander POV

Mi sono riempito di lei e poi svuotato. Tante di quelle volte che ho persino smesso di tenerne il conto. Sarebbe dovuto bastare. Probabilmente con qualsiasi altra ragazza mi sarei sentito appagato, tanto da essere pronto a voltare pagina.
Ma non con Juliet.
Torno a desiderarla di nuovo ogni volta che riapro gli occhi e comincia una nuova giornata.

E per notti e notti siamo crollati insieme sul letto, ancora tremanti ed eccitati.
Juliet ha sempre fretta di coprirsi con il lenzuolo anche se fa un caldo fottuto.
Io ho sempre fretta di levarmi quel dannato preservativo che mi stringe troppo, non lasciandomi respirare.
Poi sprofondo nelle coperte insieme a lei.
Il mio momento preferito.
Di silenzio.
È una cascata di brividi leggeri, quella che le si disegna sulla pelle quando l'abbraccio da dietro.
Poi glielo sussurro con un filo di voce.

-Ti amo.-

Lei sta sorridendo.
In controluce vedo la pelle d'oca formarsi sulla sua schiena esile, sto percorrendo il suo braccio con un dito. Lo segno con una carezza leggera, lo incido con traiettorie immaginarie. I nostri respiri stanno lentamente rallentando.

All'improvviso lo dice di nuovo.

-Sai Alex, stavo pensando...
Voglio andare negli Stati Uniti.-

E io la sto ascoltando.

-Un viaggio da sola... mi piacerebbe.-

La lascio parlare, chi sono io per impedirle di avere dei sogni?
Me l'ha già accennato una settimana fa, dopo la festa di Greg. Ho annuito, come adesso, ascoltandola in silenzio, senza darle troppo peso però.

Poi le parole si sfumano fino a diventare respiri lenti, mentre ci addormentiamo abbracciati nel buio.


🌹

-Voglio dirtelo prima che tu venga a scoprirlo dai nostri genitori.-

Ho appena fatto una doccia e mi sto strofinando i capelli con un asciugamano, quando il giorno seguente Juliet viene davanti a me con un vestitino color giallo limone.

Blocco i miei movimenti, solo i miei occhi si stanno muovendo su di lei.

-Partirò prossima settimana.-

Mi scivola a terra l'asciugamano e rimango nudo di fronte a lei.
In tutti i sensi.
Letteralmente e non solo.

-Ho già comprato il biglietto.-

Corruccio le sopracciglia, poi muovo il capo in segno di dissenso come per scansare via le parole che Juliet ha appena pronunciato.

- Prima pensavo di andare con Mini, ma alla fine lei non può venire e...-

Le do la schiena e comincio a rovistare nel cassetto della biancheria.

-Alexander?-

La sua voce è stridula.
Insopportabile, oserei dire.

-Alex, ascoltami.-

Ma io non le voglio dare ascolto.
Il tessuto morbido mi accoglie quando mi infilo i boxer, poi una maglietta fresca e pulita.

-Perché non mi guardi... non mi...-

Lei mi sfiora il braccio e io indietreggio di scatto.

-Cosa devo dire? Cosa devo guardare?-

-Senti, Alex forse non capirai...ma io devo imparare a cavarmela da sola. E finché ci sarete tu e John a proteggermi, non crescerò mai. Ho bisogno di andare avanti anche senza...-

Poi lei si ferma. E io con lei.

Sono imperfetto. Sono dannatamente imperfetto sennò il mio cervello non comincerebbe con questi pensieri infimi e striscianti. Non ti ama più.

Così mi volto e la stringo contro il mio petto.

-Ti amo.-

Glielo dico aggrappandomi all'unica cosa di cui sono certo.
Il mio amore per lei.

-Anche io Alex, ma...-

Non c'è nessun "ma".

-Sì o no?- sputo secco.

Non ci sono vie di mezzo.

-Certo che ti amo! Però... ho bisogno di stare da sola adesso.-

La doccia fredda.
La ferita che torna a far male.
Non quella sul fianco.
Perché puoi farci l'abitudine ad essere abbandonato, ma l'ennesima volta fa sempre male come la prima.

-Io non ho niente da perdere, Alex. Ma tu... i miei errori potrebbero costarti il futuro.-

-I tuoi errori? Che cosa diavolo stai dicendo? Ti ho trascinata io in questo casino.-

Giochiamo davvero a chi ha la colpa più grossa?

-Ho dato io l'appuntamento a quell'uomo, l'ho ucciso io!-

La vedo crollare per l'ennesima volta tra le mie braccia per qualcosa di cui lei non ha nessun colpa.

-Non piangere. Sistemerò tutto.- le sussurro piano, stringendola più forte.

Persino deglutire fa male.

-Solo... Non scappare via da me.-

-L'ho detto all'avvocato, mi ha detto che posso assentarmi per un po' ma dovrò essere sempre reperibile...-

-Quell'avvocato fa pena, mi iscriverei a giurisprudenza e studierei dieci anni, pur di diventare il tuo avvocato e difenderti io.- sbotto innervosito.

-Le nostre strade si separeranno inevitabilmente, tu andrai al college.- dice lei con voce tremante.

Ma chi le ha messo in testa queste cazzate?

-Non cambia nulla. Non cambierà nulla, Juliet.-

E se glielo lo dico è perché ne sono fermamente convinto, non le direi mai e poi mai una bugia.
Ma forse devo impararlo a mie spese, che la sola convinzione a volte... non basta.



Juliet POV

Ho lasciato che Alexander si prendesse del tempo per metabolizzare la notizia.
Ieri sera non ho neanche bussato alla sua porta, l'ho lasciato solo perché in casi come questo, non sopporta neanche la mia vicinanza.

La mattina dopo la passo a lanciare i miei vestiti sul letto.
Voglio farmi un'idea più chiara di tutto ciò che ho nell'armadio per scegliere quello che mi sarà più utile da portare in valigia, quando Alexander mi sorprende sullo stipite della porta.

- Oddio che spavento, non ti avevo sentito!-

Lui non apre bocca finché non si siede sul mio letto.

-Vieni qui un attimo.-

Se ne sta fermo e immobile con lo sguardo puntato nel vuoto.
Lo so che vorrebbe dirmi qualcosa, ma non ci riesce. Così faccio l'unica cosa di cui ho voglia in questo momento.
Lo abbraccio.

-Non ti sto lasciando solo.-

Cerco i suoi occhi scuri con lo sguardo, ma sono troppo sfuggenti.

-Ne sei davvero sicura?- domanda facendomi sedere sulle sue gambe.

Comincio ad accarezzargli i capelli, il suo corpo sembra calmo. Eppure mi domando quale guerra stia avvenendo nella sua testa, in questo momento.

- Lo so che questa è la tua più grande paura.- sussurro con voce tremolante.

Lui solleva le spalle e mi parla come se stesse per dire la cosa più ovvia e naturale del mondo.

-Come puoi anche solo pensarlo, di stare senza di me? Non capisco, Juliet.-

Curvo le labbra a lato.
Chiunque si arrabbierebbe dinnanzi ad una mania di grandezza così eccessiva, ma a me fa sorridere.
È pur sempre Alexander, credersi al centro di tutto è la normalità per lui.

-Ascoltami.-

Lo vedo piantare i suoi occhi sottili nei miei.

-Ti sto ascoltando, Juliet.-

Prendo un respiro. È la persona più intelligente che conosco, sicuramente se glielo spiego come si deve... capirà.

-Il punto è proprio questo. Proprio perché credo di non potercela fare a stare senza di te...che voglio farlo.-

-Troppo contorto. Non può essere così.-

Alexander mantiene un'espressione corrucciata che non accenna a distendersi.

- Ti dico che è così.- ripeto, facendomi carico di tutta la pazienza che ho in corpo.

- No. Ti ho dato troppe sicurezze e ora ti stai annoiando?-

Sulle mie labbra si fa strada una risatina stridula che mi è impossibile trattenere.

-Io che mi starei annoiando con te, Alex?!?-

Infine scoppio a ridere per l'assurdità della sua affermazione.

- Ma se l'altro giorno dopo cena abbiamo fatto quel giochino...E ieri mi hai fatto fare quella cosa..-

Lui scrolla il capo.

-Non parlo di sesso. Parlo della nostra situazione, del fatto che siamo costretti a nasconderci costantemente. Perché non possiamo fare le cose che fanno le coppie che tu definisci "normali"-

Quindi lo sa che tutto ciò mi pesa ancora.

-Sono io a non stare bene in questa situazione, ma la causa non sei tu. Sono solo io.
Ho bisogno di sentirmi qualcuno anche quando non sto con te, Alexander.-

Le sue dita prendono a creare cerchi immaginari intorno al mio polso.

-E questo sarebbe l'unico modo?-

-Sì. Perché se mi stai intorno... non riesco a starti lontano.- mormoro sottovoce.

Alexander però non sembra apprezzare la mia scelta, neanche un po'.

-Mi sembra ovvio che non riusciamo a stare lontani.
Perché dovremmo? Non capisco perché dobbiamo subire questa lontananza, io..-

Scivolo giù dalle sue gambe per accovacciarmi davanti a lui, come una mamma che parla con il suo bambino.

- Ti prego. Lo so che non capisci, ma accettalo. Fai uno sforzo. Fallo per me.-

Lo vedo increspare la fronte.

-Ma io ti voglio qui. Con me.-

- Alex...-

La sua mano non è reattiva quando la stringo nella mia.

- Dimmi qualcosa.- lo guardo con occhi supplicanti.

-Non lo capisco, forse non lo capirò mai. Però... se è quello che vuoi..-

Lo conosco troppo bene, sapevo che avrebbe accettato, nonostante tutto.

-Puoi accettarlo, vero?-

-Ti amo troppo per permettermi di essere egoista, Juliet.-

Mi risollevo in piedi e mi avvicino alle sue labbra per baciarle, ma Alexander indietreggia appena.

-È che..lo accetterei più volentieri se sapesse quando torni.-

Faccio cenno di no con la testa. -Non ho preso il biglietto di ritorno.-

-Mhm.-

-Non avercela con me.-

-No.- sputa freddo, prima di alzarsi dal letto per giungere alla porta.

-Ma dove vai adesso?-

-Ho da studiare.-

🌹

Parto tra un paio di giorni e mia madre non fa altro che entrare in camera mia in maniera invadente. Come se lei fosse quella a cui mancherò di più e questo le desse il diritto di entrare ogni cinque secondi a farmi domande insulse.

Alexander si è barricato nel suo mondo con la scusa dello studio e io l'ho accettato, voglio dargli il suo tempo per digerire la mia scelta... ma tra poco parto e se non stiamo insieme in questi giorni, potremmo pentircene amaramente.

A cena John si diletta in consigli e spiegazioni riguardanti New York: i quartieri più sicuri, i luoghi da non frequentare, i musei da non perdere bla bla bla... Alexander invece non alza gli occhi dal piatto e non fiata.

Okay, smuoviamo un po' questa fantastica cenetta di famiglia..

- Mamma ma c'è ancora qualcosa in lavatrice? Mi mancano delle cose da mettere in valigia.-

Lei mi guarda con occhi smarriti. Se ne sta appoggiata al bancone della cucina con il suo pancione, a ruotare il mestolo in una pentola fumante, mentre con l'altra mano continua a buttare giù biscotti.

- No Juls, ho ritirato tutto stamattina. Che ti manca?-

Così mi rivolgo direttamente ad Alexander.

-L'ho lasciato da te?-

Lui deglutisce, ha già capito dove voglio arrivare.

- No.- taglia corto.

In realtà non sta rispondendo alla domanda, mi sta ordinando di farla finita.

- Ah, quindi non l'ho lasciato in camera tua? Intendo...sì, il reggiseno di pizzo nero.-

A John cascano gli occhiali sul tavolo. Letteralmente.

Alexander mi fissa immobile.

- Juliet! Per favore.- mi rimprovera John con una punta di imbarazzo.

- Ma che ho detto!?- esclamo stringendomi nelle spalle.

Alexander si lecca il labbro inferiore prima di morderlo. Fortuna che sono dall'altra parte della tavola e non di fianco a lui, sennò a quest'ora non so cosa mi farebbe.

Dopo una ventina di minuti John si distrae a parlare con mia madre, quindi vedo Alexander comporre qualcosa al cellulare.

In camera mia.

Lo leggo quando tiro fuori il telefono sotto al tavolo.

Perché non nella mia?

Perché lì ho quello che
mi serve per darti
una punizione che non dimenticherai facilmente.

-Juliet il cellulare a cena.- borbotta mia madre con un'occhiataccia storta.

Alexander si alza per aiutarla a sparecchiare, mentre io abbozzo una scusa per defilarmi all'istante.

- Devo finire delle cose.. ehm...-

-Juls domani o dopo domani andiamo a fare un po' di shopping? Passiamo almeno una giornata insieme.- piagnucola mia madre con una mano sul pancione.

Annuisco distrattamente. -Buonanotte.- dico senza guardare in faccia nessuno.

Sento già le gambe tremare.

Finisco di asciugarmi i capelli ancora umidi dalla doccia che ho fatto prima di cena, mentre fisso il mio riflesso allo specchio.
Di cose stupide e impulsive ne ho fatte tante da quando mi sono trasferita qui, sopratutto all'inizio.
Ma ora, che significato do a quello che faccio con Alexander?
È perché fa star bene lui?
O lo faccio per me?

Finisco di lavarmi i denti, infilo un elastico al polso poi entro in camera di Alexander.

Lui non c'è, è ancora giù a parlare con mia madre. Mi chiedo da dove gli arrivi tutta questa pazienza nel sopportarla. Io l'avrei mandata a quel paese, non fa che parlare del parto, del bambino...mi mette un'ansia incredibile. Lui invece l'ascolta, rassicurandola con le sue stupide percentuali sulle donne intorno ai quarant'anni che partoriscono bambini sani.

Sto diventando cinica ed egoista lo so, è solo che vorrei lui fosse tutto per me invece che continuare con la sua vita come se io non stessi per partire tra un paio di giorni.

Mi si spezza il fiato quando il tonfo della porta che sbatte mi coglie di sorpresa, strappandomi dai miei pensieri.

Alexander fa la sua apparizione, non c'è segno di sorpresa sul suo volto. Si aspettava di trovarmi qui.

-Non ho fatto altro che studiare oggi.-

Mi guardo intorno. E quindi?

-Sono stufo. Stanco. Ho bisogno di te.-

C'è un'insolita vena istintiva nelle sue parole, che solitamente sono calcolate al millimetro.

Lo dice quasi con rabbia e io distolgo immediatamente gli occhi dai suoi.

-Scusami Juliet.-

-Per cosa?- Metto il broncio all'istante.

-Non avrei dovuto dirlo..così.-

-Così come? Come se fossi un accessorio nella tua vita?- lo provoco guardando a terra.

-Non era mia intenzione.-

-Lo vedi??- esclamo a gran voce.

Lui mi fa cenno di abbassare il tono, poi si avvicina.

- Cosa vedo?-

-Lo vedi che tu stai cambiando? Non mi avresti mai chiesto scusa un anno fa.-

Corruga lo sguardo. -Quindi?-

-Sono bloccata Alex.-

-Tu non devi cambiare, Juliet.
Non voglio che scappi con l'intento di cambiare. Non me ne importa niente se sei immatura, se fai i capricci come una bambina perché è il tuo carattere o se lo fai apposta per farmi arrabbiare.-

Le sue labbra si posano lente sulle mie, il contatto è così intimo e dolce che chiudo gli occhi.

-A me piaci così.-

Le punte dei nostri nasi si sfiorano ancora, dandomi i brividi.

-Come quando a tavola ho chiesto se avevo lasciato il reggiseno in camera tua?-

Alexander affonda entrambe le mani nei capelli.
-Cristo,Juliet.-

Mi sfugge una risatina divertita.

-Lì sì che mi hai fatto incazzare.-

Sorrido intrappolando il lato del labbro sotto ai denti, mentre lui si avvicina al mio viso. Chiudo gli occhi per accogliere il bacio, ma Alexander mi afferra dai capelli attorcigliandoli intorno al polso. Poi uno strattone deciso che mi porta il collo all'indietro.

-E per questo, stasera non sarò affatto buono con te.-

Trattengo un brivido, ma ormai tutto il mio corpo ne è attraversato. Sento la mia pelle pizzicare quando mi guarda in quel modo così autoritario e privo di emozioni.

-È questo che volevi, vero?- insiste solleticando la mia testa con immagini così vivide che anche il mio stomaco inizia a pungere.

Poi i miei occhi inciampano sulle sue labbra carnose.
Perché solo il pensiero di non poterle avere sulle mie, me le fa desiderare mille volte di più.
E ne ho la conferma quando provo a riavvicinarmi a lui. Alexander indietreggia per sfilarsi la maglietta, restando a petto nudo. Sento un fremito.

-Vado a farmi una doccia.- annuncia duro.

La mia gola inizia ad inaridirsi.

-E quando torno voglio trovarti nuda. Sul pavimento. In ginocchio. Ad aspettarmi.-

Ha appena dettato il ritmo del mio cuore, che ovviamente comincia a martellare dolorosamente nel petto.

-Ad aspettarmi.- ripete senza togliermi di dosso quello sguardo pressante.

-Cioè devo avere la faccia di una che aspetta?-

Mi viene da ridere, ma a lui poco importa.

-Voglio vederti convincente o da me non avrei niente.-

Risucchio il labbro come per fermare la risatina nervosa, ma Alexander mi afferra il mento tra le dita.

-Hai capito bene?- domanda poi, lanciando la maglietta a terra.

Annuisco un paio di volte. E quando finalmente sparisce in bagno, riesco anche a deglutire.

Mi sfilo i jeans e la canottiera che poso sulla sedia, poi indugio un po' sul reggiseno.
"No, di sicuro non mi tolgo mutande e reggiseno" mi dico prima di mettermi a terra.

Dopo un po' Alexander esce dal bagno con addosso un profumo paradisiaco ed un paio di pantaloni della tuta. A differenza di quanto pensassi, l'espressione del suo viso è di pura soddisfazione.

- E così non hai fatto come ti ho detto...-

Anche la sua constatazione è accompagnata da un tono appagato, quasi come se non vedesse l'ora di vedermi sbagliare.

-Cosa aspetti, vieni qui.-

Gattono fino ai suoi piedi nudi senza scollare gli occhi dal pavimento.

- È una sfida la tua, Juliet?-

Lo guardo senza rispondere.

-O semplicemente ti piace disobbedire?-

Si inginocchia alla mia altezza e con i pollici inizia a premere sulle coppe del reggiseno per spingerle in basso in modo da lasciare fuoriuscire il seno, rendendolo esposto ai suoi occhi attenti.

Un ghigno al lato della bocca, poi si inumidisce le labbra.

- Sono certo che dopo stasera, ti passerà la voglia di fare di testa tua.-

Non ho il tempo di imbarazzarmi per le sue parole, che noto qualcosa di metallico e piccolo tra le sue mani.

Sembrano due pinzette minuscole, quelle che si usano come porta foto.

-Ma cosa...-

Oh merda

-Voglio essere gentile, dato che è la tua prima volta, Juliet.-

Alexander si gode mia espressione di puro terrore, mentre si china su di me per raccogliere tra le sue labbra morbide prima un capezzolo poi l'altro, facendoli indurire all'istante. Lo sento succhiare, mentre l'interno delle mie cosce comincia a pulsare di un calore inaspettato.

-Le terrai per poco. Giusto il tempo di legarti i polsi.-

Sta scherzando?

-Alexander..-

-Shh. Non voglio sentire una parola. Se vuoi fermarmi, sai cosa devi dire. Tutto il resto lo prenderò come una supplica a continuare.-

Sputo rantolo di dolore quando applica la prima pinzetta intorno al capezzolo destro.
Brucia a dismisura, perciò chiudo gli occhi. Non sento più nient'altro, non penso più a nient'altro. Solo a quella sensazione di pressione in quel punto preciso.

-Alexander...-

-Sì piccola, ora metto anche l'altra. Non essere impaziente.- aggiunge con tono sarcastico.

Ed il bruciore, che pensavo insopportabile, si livella non appena sollevo lo sguardo.

Dio,i suoi occhi. È così eccitato.

-Male?-

-Sì.- rispondo decisa.

-Bene.-

Mi volta le spalle per prendere qualcosa dall'armadio, poi lo vedo tornare con le dita in movimento, sta giocherellando con una corda.
Apre il palmo verso di me, come in attesa. Così gli porgo entrambi i polsi che stringe con una mano sola, li lega stretti dentro a quella corda prima di lascarli ricadere sulle mie gambe.

Alexander non smette mai di osservare attentamente il mio viso, come non volesse perdersi neanche una delle mie reazioni.

-Tutto bene?-

Ti prego levami queste pinze mortali

Annuisco.

Si china su di me, penso stia per togliermi le pinze quando invece sento la sua lingua calda scivolare lenta contro la mia gola. Inarco il collo sospirando per quel contatto così piacevole da risultare quasi insopportabile.

-Sicura ti faccia male?- chiede poi indicando le pinze.

Sbatto le ciglia, sono confusa.

-Certo... Perché me lo stai chied...?-

L'interezza della sua mano s'insinua tra le mie gambe e raccoglie la mia intimità racchiusa nelle mutande, mentre con il pollice sfrega dolcemente sulla parte più estrema e sensibile.

-Mhm. Non sembra.-

Poi inaspettatamente si rialza in piedi.

-Ma avevi detto che le avresti tolte..-

Comincio a piagnucolare, ma lui mi ferma sul nascere.

-Ho cambiato idea.- mi zittisce con voce ferrea.

E quando i suoi occhi si accendono nei miei, capisco subito quello che sta per succedere.
Il cuoio lucido sembra essere fatto apposta per stare tra le sue mani ricoperte di vene, lo stringe con forza tra le dita facendomi sussultare. Sento le mutande iniziare a darmi fastidio.

Ogni passo verso di me, io ho un respiro in meno.

L'estremità della cintura mi accarezza, la fa strisciare su tutto il mio corpo.
Dei brividi intensi si disegnano sui miei seni che si tendono dolorosamente, quando li sfiora con la durezza della pelle nera.
Mi obbliga a sollevare il mento mentre la fa salire dal collo fino alla mia guancia.
Poi si china sul mio viso e fa la passare attraverso la fibbia, stringendomela intorno al collo.

-Troppo stretta?-

Sento il metallo della fibbia grattare leggermente contro la mia gola sensibile.

-No.-

Alexander compie due passi indietro, solo per guardarmi.

Con un gesto rapido si allenta i pantaloni. I miei occhi restano incastrati proprio lì sul grigio della tuta.

Non riesco neanche più a sentire il dolore che mi provocano le pinzette. Sono le mutande a starmi scomode ora. Mi muovo come per scacciare quella sensazione di umidità fastidiosa. E lui se ne accorge.

-Se avessi tolto l'intimo come ti avevo ordinato, ora staresti molto meglio.-

- Ma puoi sempre..-

Lo vedo scrollare il capo.

-No. Ora le tieni addosso. Ma se non le avessi messe..-

-Cosa...?-

Si porta un dito davanti alle labbra per farmi cenno di stare in silenzio, prima compiere un giro intorno a me.

-...ti avrei già scopata con la lingua, Juliet.- soffia nel mio orecchio dandomi i brividi.

Okay sono decisamente pronta.

-Ma tu invece hai dovuto fare di testa tua...-

Lo vedo bagnarsi il labbro roseo con la lingua, abbasso immediatamente gli occhi per l'imbarazzo di fare pensieri così sconveniente mentre sto così di fronte a lui.

-Guardami Juliet.-

Ci metto un po' più del dovuto a sollevare le sguardo.

-Quando ti dico una cosa, tu devi farla.-

Poi con l'indice ed il pollice applica una lieve pressione sulla pinzetta facendomi urlare.

-Non ho sentito.-

-Si. Sì, va bene.-

E finalmente mi libera da quelle pinzette infernali.

-Sei stata brava.-

-Oh.- mormoro un sospiro di sollievo sotto al suo sguardo attento.

-Ora facciamo uno dei giochi che preferisco di più.-

È inutile fingere non sia così, sto cominciando a sentire quel formicolio piacevole tra le gambe che aumenta sempre di più quando lui comincia a spostarmi i capelli dal viso.

-Quale gioco?-

-Quello in cui tu fai tutto quello che voglio, senza ricevere niente in cambio.-

No

-Non ti dispiace, vero Juliet?-

Lui curva le sue labbra perfette, io lo guardo dal basso. Sono quasi certa di non aver mai visto niente di più attraente di Alexander in vita mia.
Lo amo.
Ed il fatto che lui mi conosca meglio di quanto io conosca me stessa, mi fa sentire speciale.
Non importa se sono io quella umiliata o in ginocchio.
Lui mi fa sentire viva in una maniera che non riesco a spiegarmi.

-No, se è quello che vuoi... Posso farlo.-

-Ottima risposta. E se sarai abbastanza brava, non ti legherò le caviglie.-

-Brava a fare cosa?-

-A non urlare.-

La testa mi gira vorticosamente, ma si ferma non appena i miei occhi si posano su quell'oggetto infernale in legno che aveva già posizionato e pronto sul letto.

-Alex..-

-È uguale alla spazzola, non capisco perché ti agiti tanto...-

"E questo dovrebbe rassicurarmi?"

Il mio stomaco fa le capriole quando si avvicina con quella cosa tra le mani.
Poi senza preavviso, Alexander si abbassa alla mia altezza.
Il suo pollice sfrega duro sul mio labbro inferiore, prima di assaltarlo ed intrappolarlo nella sua bocca. Lo risucchia facendomi gemere e subito dopo vi fa strisciare la sua lingua sopra con avidità. Schiudo le labbra, come a supplicarlo a baciarmi, ma lui si allontana prima che la mia lingua raggiunga la sua.

-Tranquilla. Farà solo male.-

Penso all'ultima volta, mia madre e John non c'erano... ma ho urlato così tanto che forse i vicini mi hanno sentita.

-Alex saranno in camera da letto e si sente se...-

-Se stai in silenzio non succederà niente. Gomiti sul pavimento.-

-Ma come faccio stare in silenzio?- piagnucolo accasciandomi a terra.

-Ci riuscirai.-

E non passa neanche un secondo che un colpo sordo mi arriva dritto sul sedere.
Prima il rumore secco, poi il dolore. Denso e bruciante.

Dio che male

Mi mordo le labbra per impedirmi di emettere un suono e vado avanti così finche lui non decide di cambiare ritmo e intensità.
Non riesco più a mantenere la mia posizione sento le ginocchia cedere da un momento all'altro.
Ad un certo punto, un lamento, seppur flebile, abbandona le mie labbra tremolanti.

-Non ci siamo, Juliet.-

Lo sento allontanarsi per prendere qualcos'altro.

Ma sono stata in silenzio!

Non fiato perché non voglio mettermi nei guai, ma la vergata che arriva secca sul retro della coscia l'ho sentita. Non so cosa stia usando, eppure una cosa l'ho capita: vuole lasciarmi i segni.

Sento la pelle del mio corpo pizzicare così forte in più punti, che non riesco più a decifrare l'origine del dolore.

-Ora stringi i denti piccola Juliet.-

E così faccio, ma se non avessi serrato la bocca, mi sarebbe sicuramente uscito un urlo disperato.
Mi ha colpita proprio lì.

È arrivata piano, ma l'inaspettato è stato più forte del dolore stesso.
Alexander mi viene davanti impugnando un frustino lungo e stretto.
Serro immediatamente le gambe tra loro quando capisco le sue intenzioni, ce le ha scritte nello sguardo. Profondo e crudele.
Sembra prenderci gusto nel allontanare con un piede prima un ginocchio, poi l'altro, con il solo intento di infilarmi quella cosa in mezzo alle gambe.
La striscia sulle mie mutande, facendomi provare sensazioni contrastati. Piccoli colpetti ripetuti si infrangono sul mio clitoride.
Inizio a dimenarmi.

- Sta ferma.-

Perché diavolo è così piacevole ora?

- Anche se hai le mutande, lo vedo.-

- Cosa?-

-Stai pulsando. E gocciolando.-

E lo dice dandomi una steccata così forte che per poco non scivolo a terra.

-Stai bene, Juliet?-

Annuisco disorientata.
I miei occhi si perdono sul suo petto ampio che si staglia sopra di me. Vorrei affondare il viso contro la sua pelle calda, sentirmi rassicurata.
Alexander sembra leggermi nella mente, perché si avvicina a me ed il gesto viene istintivo: mi sollevo sulle ginocchia con le mani ancora legate, fino a trovare un appoggio sul suo corpo. Sprofondo con la testa nel suo addome, mentre lui mi accarezza dolcemente i capelli. 
È una sensazione strana, di devozione, di amore, di totalità. Alexander è tutto per me, in questo momento. Sempre.

Striscio la fronte contro il tessuto della tuta, che però è tutto fuorché morbido in questo istante.
Ad ogni mio respiro caldo sento la sua sua eccitazione tendersi.
Apro immediatamente la bocca, quando con un gesto rapido si abbassa pantaloni e boxer, mostrandomi la sua erezione che si erge in tutta la sua grandezza.

Lo accolgo tra le labbra senza interrompere il gioco di sguardi, mentre Alexander mi accarezza la fronte con delicatezza. Ansimo intorno alla sua eccitazione pulsante ogni qualvolta mi sfiora le mutande con quel frustino rigido. Mi sta stuzzicando, non so quanto riesco a resistere ancora in questa posizione.

-Proprio così, Juliet.-

Lo vedo socchiudere gli occhi in un'espressione di estremo piacere, che non fa altro che mandarmi su di giri. Il pensiero di riuscire a fargli quell'effetto mi fa sentire elettrizzata, ma lui come al solito mi lascia quella libertà solo per qualche istante, sostituendo i miei movimenti fatti di lingua e labbra, con le sue spinte più decise e profonde.

- Ferma. Voglio muovermi io dentro di te.-

E lì non posso farci niente, mi tiene così saldamente dai capelli che è mi è impossibile fare nulla.
Gli occhi bruciano per la forza con cui mi sta riempiendo e svuotando la bocca e le guance prendono a pizzicare forte quando mi spinge la gamba tra le cosce, sfiorando il mio centro pulsante come a controllare che vada tutto bene anche per me. Per un attimo i miei fianchi si muovono contro di lui, come se il mio corpo avesse un bisogno disperato di quel contatto.
Come se io fossi completamente impazzita.

-Basta, ci stai prendendo gusto a tenerlo in bocca.-

Okay sì basta, slegami.
Non ce la faccio più. Vorrei sentire il suo calore contro di me, perché non mi può almeno sfiorare?

Alexander mi volta le spalle e la cosa mi fa annebbiare il cervello.

-Slegami almeno!- sputo d'istinto.

Lo vedo inarcare un sopracciglio, trattenendo un ghigno sadico.

-Stai scherzando vero?-

-No io..-

-Vorresti toccarti senza il mio permesso?-

-No.- replico con aria imbronciata.

-Però mi hai dato un'ottima idea.-

Seguo i suoi passi con lo sguardo, mentre con i pantaloni ancora addosso si siede sulla scrivania.
Con gli occhi mi godo la vista del suo viso perfetto, per poi scendere ai gesti delle sue mani che mi ipnotizzano.

Lo desidero da morire

-Cosa vuoi che ti faccia, Juliet?-

Qualsiasi cosa, ma fammi qualcosa

Apro la bocca ma non esce un suono, di sicuro è perché non mi aspettavo di dover finire così, bagnata e insoddisfatta su quel pavimento.

Lo guardo mettersi una mano dentro ai boxer, ma all'improvviso il tempo sembra fermarsi.
I nostri occhi rimangono incollati, non ho il coraggio di abbassare lo sguardo e vedere cosa sta facendo con la mano.
Perché lo sta facendo.

-Guardami.-

Avrei sopportato la cintura, le pinzette, qualsiasi cosa ma non questo... Non riesco a trovare sollievo, mi ha spinta troppo al limite. Sto impazzendo davanti alla sua immagine così eccitante.

-Cristo, sì. Sto per venire, Juliet.-

Le vene del suo braccio cominciano gonfiarsi a dismisura mentre mi punta con uno sguardo carico di desiderio.

Mi sento morire. Ho bisogno d'aria.

Lo vedo portare la testa leggermente all'indietro, mentre tutta la sua lunghezza gli si tende tra le mani. Aumenta il ritmo, così come il suo respiro, fino a sporcarsi l'addome con il suo liquido caldo.

- Vieni qui.-

Alexander mi afferra dalla cintura che è ancora bella stretta intorno alla mia gola, per spingermi contro la sua pelle macchiata del suo orgasmo. L'assaporo come se lui fosse la mia unica divinità e lui mi lascia finire, senza smettere di accarezzarmi i capelli.

-Sei stata bravissima.-

Continuo a leccarmi il labbro come a trattenere il suo sapore che non mi è mai sembrato così buono.

No, non sono bravissima.
Non sono in me in questo momento, è diverso.

-Vado a farmi una doccia.-

Le sue parole mi suonano lontane e non appena mi slega i polsi, gli prendo immediatamente un mano e gliela porto tra le mie gambe.

-Aspetta.- sussurro con voce rotta.

-Cristo, Juliet...-

Sono tesa come una corda di violino, così rigida che sento le lacrime farsi spazio nelle mie iridi ormai lucide.

-Shh.. va tutto bene piccola.-
Alexander mi solleva e mi abbraccia stretta, ma non me ne faccio molto della sua dolcezza, ora.

-Solo una doccia. Arrivo subito. Aspettami a letto.-

-Alex..-

-E non provare a toccarti.-

-Ma..-

Lui preme un dito contro le mie labbra, zittendomi.

-Ah, ah. Shhh. Fa come ti dico o torni sul pavimento.-

Così mi levo quelle mutande odiose e mi infilo sotto al lenzuolo.
Di solito, subito dopo crollo in un sonno fantastico... ma ora sono troppo agitata.

Alexander torna a letto con un paio di boxer puliti e i suoi occhi sottili e belli.

-Stai bene?- chiede scrutandomi.

-Beh..-

-Intendo ... ho esagerato?-

Gli faccio spazio accanto a me e non appena si sdraia, mi avvinghio al suo corpo accogliente.

-No.-

-Mi fa piacere che tu sia così risoluta nel rispondermi.-

Accerchia la mia guancia con il palmo della mano portandomi il viso contro il suo petto.

Poi spegne la luce.

-Alex..Ti prego...-

-Non fare i capricci.- sussurra nel buio mentre le sue dita mi regalano delle piccole coccole sulla guancia.

-Ma..-

-Parti tra due giorni, Juliet.-

-Sì.-

-Andiamo insieme da qualche parte, domani?-

-L'hai sentita mia madre? Ha detto che vuole che sto con lei tutto il pomeriggio.- mi lamento come una bambina piccola.

-Allora magari la sera..-

Non ho il cervello lucido per ragionare adesso. In questo momento il suo corpo a contatto con il mio sembra ancora più bollente del solito.

-È estenuante.- soffio sottovoce.

-Quello che ti faccio?-

-Sì-

-Non ne vale la pena?-

-Certo che ne vale la pena.- mi faccio stretta contro di lui, inalando il suo profumo divino.

-Se tu non fossi così premuroso dopo, probabilmente ci starei malissimo.-

Lo sento sorride nel buio, così sorrido anch'io.

-Ti amo tanto piccoletta.-




Mi sveglio di soprassalto. I tonfi alla porta mi fanno balzare su dal letto.

-Alex sveglia! Sono già le dieci! Abbiamo i parenti oggi!-

È mia madre.

Mi rimpicciolisco sotto alle lenzuola, fortuna che non è entrata.

Ma che parenti? Dio no.

Mi volto a guardare Alexander che dorme con il viso schiacciato nel cuscino. Le labbra imbronciate e la fronte distesa. Sembra un angelo.  Mi avvicino per accarezzargli la guancia, il suo profumo mi inebria. Non riesco a resistergli, quindi comincio a lasciagli dei piccoli baci, prima sulla bocca poi sul collo.

Lui apre gli occhi lentamente, è ancora assonnato. Il suo sguardo sottile mi scruta mentre con la mano accarezzo il suo addome fino ad arrivare alla durezza dei suoi boxer.

Avverto un piacevole formicolio nella pancia, ma prima che io possa decidere la mia prossima mossa, Alexander mi afferra dal polso per ribaltare le posizioni e mettersi sopra di me.

- Ti ho forse dato il permesso di fare quello che stavi facendo?-

Il suo tono è metà tra il serio ed il divertito.

-Ma non stavo facendo niente...- sussurro aprendo le gambe, mentre sento il suo corpo indurirsi contro il mio.

"I suoi occhi assonnati sono così sexy" penso mordendomi il labbro. Quella visione però dura poco, perché lui scende a respirare tra le mie cosce, lasciandomi con il fiato spezzato.
E quando ci passa la lingua dentro, finisco dritta in paradiso.

-Però un po' di pazienza non guasta, Juliet...-

-Alex ti prego! Non lasciarmi ancora così!-

Le mie lamentele non sembrano trovare scampo.

-Vestiti. L'hai sentita tua madre?-

-Da quando me ne frega di cosa dice mia madre..!?-

Alexander esce dalle coperte, poi mi rivolge un'occhiataccia con le mani sui fianchi.

-Abbiamo gente a casa oggi.-

-E quindi??-

-Metti un vestito che ti copra i segni. Le mutande non servono.-

Sto impazzendo, maledizione

🌹

–Juliet ma stai bene!?- chiede mia madre quando mi vede arrivare in cucina con un vestito lungo fino sotto il ginocchio.

-Con le maniche lunghe? Ci sono quaranta gradi fuori!!- esclama poi.

E ce ne potrebbero essere anche cinquanta, peccato che ho i polsi ancora arrossati per lo sfregamento della corda, il segno della cintura intorno al collo e.... lasciamo perdere tutto il resto.

-Senti mamma mi piaceva okay?!-

Sono l'acidità in persona questa mattina. Lancio il cucchiaino dello yogurt dentro al lavello come un'indemoniata.

-Contenta te! A me sembri uscita da Bridgerton!-

Alexander curva le labbra soddisfatto.

Lo guardo attentamente: lui e la sua camicia stirata mi danno sui nervi, gliela strapperei a morsi.

-Già Juliet, non hai un gran... caldo?- domanda con aria da finto innocente.

Sta bevendo il caffè, mentre con un'occhiata intensa trafigge il mio corpo già accaldato di suo.

John sta fissando Alexander di sottecchi.

Merda, che giornata infernale che mi aspetta..







Il giardino si riempie velocemente di parenti e amici che vengono per il brunch organizzato da mia madre.

Dopo un'oretta Alexander rientra in casa dove mi trova accasciata svogliatamente sulla cucina con il cellulare in mano.

-Hai mangiato qualcosa?- domanda con un bicchiere d'acqua tra le dita.

-No. Non posso uscire.-

Lui mi rivolge un ghigno subdolo.

-Vuoi?- chiede porgendomi l'acqua.

-No.-

- Non farti pregare, vieni fuori.- mi punzecchia.

-Non vedi che evito la luce del sole manco fossi un vampiro!?- esclamo irritata.

Alexander non risponde, ma compie un giro intorno all'isola della cucina per finirmi alle spalle.

- Non alzare la voce.- sussurra roco nel mio orecchio.

-Sennò?-

Si sporge quanto basta per posare il bicchiere sulla superficie della cucina, premendo il suo corpo contro il mio, in modo da farmi sentire tutta la sua eccitazione.

Perché non fa abbastanza caldo, vero?!

Con gli occhi incollati alle finestre che danno sul giardino pieno di gente, tento di regolarizzare il mio respiro che ormai è già schizzato alle stelle.

-Cosa vuoi da me, Juliet?-

Alexander sfiora la mia pelle rovente con la punta delle dita, sposta i miei capelli a lato per liberare il collo sensibile ormai pronto ad accogliere i suoi baci lenti e bagnati.
Succhia il mio collo avidamente, alternando qualche occhiata all'esterno in modo da assicurarsi che non stia entrando nessuno.

-È il fatto di non poterlo fare qui che ti eccita tanto, vero?- lo provoco con un gemito.

-No, è sapere che stai morendo per averlo dentro anche solo per un secondo.-

Resto a bocca aperta per la volgarità dei suoi pensieri, ma devo ricompormi in fretta perché una collega di mia madre entra in casa per recuperare la borsetta che aveva lasciato sul tavolo della cucina. Alexander si allontana da me con il fiato corto.

-Juliet, tesoro.- mi saluta la tizia di cui non ricordo il nome.

Non riesco neanche a rispondere. Lei se ne va così com'è arrivata e io ho solo più in mente una cosa.

Io e Alexander ci guardiamo intensamente per qualche istante prima di assalirci di baci.

-Mi stai torturando.- gemo contro la sua bocca calda.

-Lo so piccoletta. Non sai quanto mi piace.- risponde afferrandomi dai fianchi per farmi sbattere contro il lavandino.

Lo sento modellare sua erezione sempre più dura contro il mio fondoschiena.

-Fallo, Alexander.-

-Cosa?-

-Prendimi qui. Ti prego.-

-Cristo, supplicami ancora una volta e giuro che ti scopo adesso.-

Non lo farebbe mai.

-Ti prego Alexander...-

Sento la sua mano raggomitolare il tessuto del mio vestito, mentre con l'altra sfila giù le mutande con un colpo secco.

È fottutamente fantastico. Ma ho perso la testa. E lui con me.
Ecco cosa mi ritrovo a pensare quando lo sento scivolare lento dentro di me, fermandosi in profondità.

-E se entra qualcuno?-

Alexander mi copre bocca con la mano, facendomi tremare le gambe.

-Shhh-

-Lo vorresti così vero?-
Spinge più forte e la cosa mi fa smaniare.

-Ma l'ho lasciato qui!?!?-

-Oh cazzo.- sputa Alexander prima di riabbottonarsi i pantaloni alla velocità della luce.

Mio zio entra a recuperare un accendino dalla giacca guardandoci stranito.

-Ragazzi, ma che fate?-

-Eh.- rispondo confusa.

-Se non approfittate del buffet, Catherine non vi lascia neanche il tavolo!-

-Vai nello studio di mio padre.- mi sussurra Alexander nell'orecchio.

-Certo. Non vedo l'ora di togliermi questo maledetto vestito.-

Lo studio di John. L'unica stanza di cui ci eravamo dimenticati.

-È l'unico posto della casa dove non l'abbiamo mai fatto.-

-Vedrò di rimediare subito.- ringhia Alexander lanciandomi un'occhiata carica di lussuria.


Così senza farmelo dire due volte, metto piede nello studio di John: la prima cosa che cerco è il telecomando dell'aria condizionata. Prima l'accendo e prima smetto di sudare.

"E stavolta farò per filo e per segno cosa mi dice" mi ripeto in testa, mentre abbasso la zip del vestito.

Sto per far scendere una spallina dell'abito, quando entra John con aria confusa.

-Juliet?!-

"No dai e poi cos'altro deve succedere? Che mia madre partorisce in giardino!?"

Riaggiusto la zip con una finta nonchalance.

-Juliet cosa ci fai qui!?-

Quel tono non presagisce niente di buono.

Mi ricompongo all'istante, provando a risultare il meno impacciata possibile, ma ho come l'impressione che la mia faccia spaventata dica tutto.

-No...io...Cercavo una cosa.- farfuglio mentre tocco qui e là dei fascicoli sulla scrivania.

Cos'è tutta sta roba?

-Cosa, Juliet? Quello che cercavi ieri a cena?-

Le mie guance prendono fuoco all'istante.

-E dai...scherzavo.-

-Non fa affatto ridere.- mi rimprovera con le mani sui fianchi.

-Tua madre non ha bisogno di queste preoccupazioni. È già stressata abbastanza per la tua partenza. Lo sai.-

Annuisco rapidamente.

-Okay, ehm... io vado.- taglio corto.

-Ah, Juliet..- lui mi richiama.

-Eh.-

-Quello che mi hai raccontato l'altro giorno... - John sembra non avere il coraggio di continuare.

Io evito i suoi occhi in tutti i modi, è troppo imbarazzante.

-Vi vedete ancora di nascosto?-

Oh no, e ora che dico?

- Ehm..-

Ma che senso ha mentire?

-Sì. Certo.-

John dapprima spalanca gli occhi, poi congiunge le mani davanti alla bocca, sembra stia recitando una preghiera. In realtà è solo un modo per esorcizzare la rabbia che gli dà la mia risposta.

-Non lo accetterò mai e lo stesso vale per tua madre.-

-Ma scusa che significa? Alex ti aveva detto che avevamo smesso?-

Lui fa un cenno di sì con la testa.

Scoppio a ridere per l'assurdità della cosa. Come può credere ad una cosa del genere?

-Non succederà mai John, mi dispiace.- affermo tornando completamente seria.

Lui batte un pugno sulla scrivania talmente forte che mi fa trasalire.

-Juliet ma cosa...-

Alexander appare sulla porta con un'espressione rilassata, ma cambia improvvisamente faccia quando vede suo padre.
Tira entrambe le mani dietro alla schiena, come per nascondere qualcosa.

-Papà?-

-E tu cosa ci fai qui?-

Non ci vuole una laurea per poter fare due più due.

-Nel mio studio?! Santo cielo Alexander! Tu non sai cosa sia la decenza!-

John mi lancia un'occhiataccia e capisco che è arrivato il mio momento per farmi da parte.
Decido però di non muovermi, ma tanto John è così arrabbiato che inizia a parlare con suo figlio come se io neanche esistessi.

-Se sei innamorato di lei, per quanto la cosa non mi stia bene.. non posso fartene una colpa.-

-Papà.-

-No, adesso mi ascolti. Se la ami è un conto... ma se.. dovete vedervi alle nostre spalle per...-

-Papà cosa credevi...-

-Che per tutto il tempo ci guardassimo nelle palle degli occhi?- concludo io ridacchiando.

Ops.

John mi squadra da capo a piedi.

- È per questo che sei vestita così? È per coprirti...-

Oh no.

Scuote la testa poi si rivolge ad Alexander con un'occhiata di disgusto.

-Mi hai fatto buttare tanti di quei soldi per dottori, psichiatri e cliniche, quando in realtà...sei un caso perso.-

John se ne va dal suo studio adirato come non mai.

E io come al solito avrei dovuto stare zitta, perché quello che ho ottenuto è solo un Alexander ferito.
Tremendamente ferito.

Si appoggia alla scrivania con lo sguardo rivolto nel vuoto.

-Alex...Non volevo che lui ti dicesse quelle cose, solo non trovo giusto mentirgli ancora. Non ha più senso.-

Provo ad accarezzargli il viso ma lui mi scansa in malo modo.

-Non voglio farti tenerezza.-

-Per favore.-

-Cosa?- sputa infastidito.

-Non chiuderti nel tuo mondo come fai di solito. Lascia che io ti aiuti.- lo supplico.

Lancia i suoi occhi bui nei miei, facendomi sentire vulnerabile anche quando in realtà è lui ad esserlo.

-Dimmi almeno come ti senti.- bisbiglio dolcemente.

- Mi fa sentire così... sbagliato.-

Il suo sguardo tormentato mi spezza il cuore.

-Mi dispiace che lui non capisca.-

Mi appoggio alla scrivania accanto a lui, poi mi faccio piccola contro la sua spalla.

-Non hai niente che non va, non c'è niente di sbagliato in te. E lui ti vuole bene, solo non riesce a capirti a fondo. Forse non ci riuscirà mai nessuno, Alex.. ma questo non significa niente.-

Si acciglia improvvisamente.

-Devo cambiare?-

-Non devi farlo per lui, né per me. Qualora volessi farlo, sarà solo per te stesso.-

Con un braccio mi accerchia dalla vita, stringendomi a lui.

-Tu però mi capisci, Juliet.-

-Io ti amo Alex.-

Alexander lascia un bacio delicato tra i miei capelli.

-Rimarrà davvero l'unica stanza in cui non l'abbiamo mai fatto?- chiedo con l'intento di fargli tornare il buonumore.

-Non credo proprio.- sorride accarezzandomi il viso.

Poi le mie labbra si modellano alla perfezione sulle sue, prima di lasciare spazio alle nostre lingue che si cercano impazienti.

-Chiudi la porta a chiave.- mi ordina ad un certo punto.

-Fai sul serio? E se torna?-

Alexander scuote il capo in segno di dissenso. -Non torna, è troppo arrabbiato.-

-Dici che gli abbiamo rovinato la festa?- chiedo guardando fuori dalla finestra il giardino pieno di parenti.

-Ti importa?-

-Beh... diciamo che mi sento anche un po' in col..-

Alexander mi ghermisce dai fianchi per stringermi con una presa possessiva e zittirmi con un bacio.

-Io e te, Juliet. Nessun altro.-

Le nostre labbra si uniscono in un altro bacio, questa volta rude, necessario. Sento il mio corpo andare a fuoco sotto alle sue mani, mentre mi sfila quel dannato vestito con gesti rapidi, come più rapido si fa il mio battito nel petto.
Mi solleva lentamente per farmi sedere sulla scrivania

-Adesso apri le gambe.-

Il suo tono di voce così profondo e deciso mi fa sentire le farfalle nello stomaco. E non solo nello stomaco. Soprattuto quando si china tra le mie gambe e mi sferra un singolo colpo di lingua sopra alle mutande, proprio dove sono più umida.

-Oh, dio.-

Non riesco a dire altro, sollevo appena il bacino per lasciarmi sfilare l'intimo. Non c'è vergogna, non c'è paura. Non c'è più nulla.
Ci siamo davvero solo più io e lui.

Il suo viso sul mio, le sue labbra premono contro la mia guancia, così come il suo naso contro il mio zigomo mentre mi divarica le gambe con entrambe le mani.
Lo vedo afferrare la sua erezione grande e turgida per spingermela contro.

-Ti voglio sentire, tutta qui intorno a me.-

Mi penetra con una spinta forte e veloce che mi fa urlare.

Non faccio in tempo ad abituarmi che lo sento arrivare sempre più in profondità, mentre mi tiene salda dai fianchi. Le sue spinte mi fanno perdere l'equilibrio, provo ad aggrapparmi alla scrivania con le mani, ma ogni colpo è così piacevole e violento che perdo la presa, finendo sdraiata.

Vorrei chiudere gli occhi per assaporare a fondo quella sensazione divina, ma quando il mio sguardo si scontra con il suo, non riesco più pensare.
Mi fa stare così bene.
Vedo i suoi occhi affamati scivolare  sul mio collo.

-Hai dei segni perfetti.-

E in un attimo l'interezza della sua mano mi circonda la gola. Mi stringe fino a farmi perdere il fiato ed il controllo, mi abbandono completamente a lui, finché non riesco più a resistere.

-Ti prego Alex...-

Lui sorride, appagato dalla mia richiesta.

-Vieni, piccola Juliet.- mi ordina spingendosi sempre più a fondo.

Trattengo le urla quando il mio corpo incastrato al suo, si scioglie completamente. I suoi occhi mi costringono ad un orgasmo così intenso da farmi quasi perdere la sensibilità alle gambe.

-Juliet.-

Sento il suo ritmo aumentare, così come la presa intorno al collo si fa sempre più stretta.

Piccoli morsi, poi dei risucchi intorno ai miei seni ancora sensibili. Li stringe tra i denti facendomi ansimare, mentre la mia schiena dolorante sbatte contro il tavolo senza sosta. Con una spinta ben assestata mi sposta di qualche centimetro, provocando una scossone alla scrivania. Giro la testa di scatto quando sento qualcosa cadere a terra, ma Alexander richiama la mia attenzione con un bacio leggero sulle labbra, dove i suoi respiri affannosi si mescolano ai miei gemiti di piacere. Allaccio le gambe intorno alla sua schiena, invitandolo ad andare più a fondo.

-Juliet..- Lo sento godere nel mio orecchio, mentre vengo scossa da un fremito caldo, alla sensazione di lui che viene nel preservativo. E il mio corpo si contorce e trema, facendomi esplodere in un altro orgasmo intenso.

Sono senza fiato, frastornata e con ancora la testa piena dei miei gemiti e dei suoi mugolii.

- Vieni qui.-
Alexander mi porge una mano e mi aiuta a risollevarmi in piedi.

-Ma qui lasciamo tutto così?- domando indicando la scrivania ed il disordine di fogli, documenti e penne sparse ovunque sul pavimento.

Lui sorride.

-Direi proprio di sì.-



Alexander POV

Per i due giorni seguenti casa nostra si trasforma in un ritrovo di parenti e amici. Vengono tutti a trovare Catherine e portarle regali ed auguri per il parto imminente.

Tutto ciò che ci circonda è una realtà, realtà in cui noi non siamo amanti, ma fratelli.
E io comincio a capirla.
Il suo desiderio di fuggire non mi è così nuovo ora.
Forse potrebbe essere la soluzione migliore per lei.
Non sta a me giudicare le sue scelte, per quanto mi facciano male.

-Vieni con me. Andiamo via.- sussurra mentre il suo petto si muove veloce sotto al mio.
Mi stringe più forte, sento le sue unghie affondare nella mia schiena, sembra non voglia più lasciarmi andare e io mi perdo nel suo abbraccio senza mai rallentare il ritmo, le mie anche sbattono sempre più forte tra le sue cosce.
La stremo finché non cediamo entrambi ad un orgasmo intenso.

-No, Juliet. Ho l'esame d'ammissione e devo prepararmi in queste ultime settimane. Non posso buttare all'aria mesi di studio.-

-Va bene, Alex. Ti chiedo solo di capire me.-

Non sta facendo i capricci, mi sta solo chiedendo di avere comprensione.
Come posso dirle di no?

Così annuisco, riluttante al pensiero di non poterla vedere per chissà quanto tempo.

🌹

E Juliet ci è andata per davvero in America, durante l'estate.
Mi ritrovo a fissare il soffitto in attesa che lei mi chiami per la nostra telefonata serale.

Così chiudo gli occhi e le immagini della notte prima della sua partenza mi appaiono da avanti. Quella notte non riesco a dimenticarla.
Era tutto buio e silenzioso intorno a noi, c'erano solo i suoi gemiti e i miei occhi nei suoi. Non le dissi molto, ma lei lo sapeva cosa stavo passando.

-Alex, guarda che torno eh...-

Mi prendeva in giro mentre stavo disteso con la testa tra le sue gambe. Non riuscivo a smettere di lasciarle dei baci piccoli sulla pelle appena martoriata. Le stavo chiedendo scusa per quello che le avevo appena fatto o forse le stavo solo chiedendo di non lasciarmi solo.

-Alex...-

La sentii ansimare di dolore quando spinsi le mie labbra contro le chiazze violacee che le contornavano l'interno coscia.
Aveva il viso rilassato e le guance arrossate, segno che era reduce di un orgasmo intenso.
Che le avevo provocato io.
E mi sentivo Dio a guardarla.

-Dimmelo, non me l'hai mai detto. Perché ti piace così tanto...- chiese indicando i segni dei morsi e dei succhiotti che contornavano le sue gambe.

- Vuoi sapere il perché, Juliet?-

Lei annuì accarezzandomi la testa.

Perché sono un animale?

-Mi piace sentire il tuo sapore in bocca.-

Juliet arrossì, non troppo però.

-E perché ti desidero da morire e voglio ogni parte di te.-

-Oh...-
La guardai storcere la bocca.
-E ti eccita?- domandò con una smorfia ingenua sul viso.

-Mi eccita, se proprio vogliamo dirla in maniera elegante. Sì, Juliet. Molto.-

-Non c'entra niente con il possesso?-

Sentila, la ragazzina impertinente. Certo che c'entra con il possesso, sei solo mia.

-Posso frugare nel tuo armadio quando non ci sei?- le chiesi sviando l'argomento.

-Alex?? Ti vuoi mettere i miei vestiti quando vado via?!-

Scoppiò a ridere come una bambina, vederla felice mi fece tremare il cuore.

-No sciocca, nel caso in cui... dovesse mancarmi il tuo profumo.-

-Ti amo.- fece poi chinando il capo.

Le tolsi i capelli dal viso e tornai sopra di lei.

-Ancora Juliet.-

-Alex sono stanca.- mormorò mentre la spogliavo del lenzuolo.

-Ti prego.- sussurrai sfregando la bocca contro la sua pancia.
La amo, è così liscia e morbida.

-Mi stai pregando? TU ALEXANDER?- rise ancora.

Già ragazzina, perché io posso sottometterti quanto voglio, ma tu mi tieni per le palle ogni volta che mi guardi con quegli occhi.

La bruciai ancora. Con lo sguardo, con le mani. La consumai a lungo con gli occhi, prima di farla ancora mia, quella notte. Non so se il mio desiderio si riaccendeva quando guardavo i lividi bluastri sulla sua pelle sottile, o se era il profumo dei suoi capelli che scivolavano sul mio torace quando scendeva con la bocca a risucchiare ogni mia perversione. E la sua voce era sempre piccola nel pronunciare il mio nome.

Infine la strinsi a me con foga, accarezzando la sua schiena nuda e perfetta. Con le dita assaporai la sua pelle liscia, la superficie di un diamante sotto al tocco di chi ne ha riconosciuto la brillantezza troppo tardi.

-Torna presto, piccola Juliet.-

🌹🌹🌹🌹

Che dire 😅🐱

🌹 Spero che il capitolo via sia piaciuto!
Nonostante il suo essere sadico, credo che Alexander stia facendo passi avanti rispetto a Juliet nella sua maturazione personale..

🌹 Il rapporto tra Juliet e Alexander è questo e non lo cambierò per far piacere a nessuno

🌹Avevo intenzione di censurare una parte perché la trovavo troppo esplicita e "umiliante" ma poi mi sono detta ma... sticazzi 😂

🌹Questo capitolo serviva a chiudere un po' il cerchio, ci saranno molti cambiamenti nei prossimi capitoli 😙

Bye ragazze, ricordatevi di stellinare e di leggere la mia nuova storia Love Me, Love Me mi rendereste troppo felice, grazie ♥️

A giovedì prossimo 🤗

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