XL
Prendete i popcorn perché la storia qui si fa lunga 🍿
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Juliet POV
E come se non bastasse, ritorniamo a casa.
E con noi la dura realtà.
Siamo arrivati solo ieri, abbiamo appena finito di pranzare e io sto ancora disfando le valigie, quando viene a casa nostra un agente di polizia che non avevo mai visto.
E non vuole parlare con John. Vuole parlare con me.
Inizia a farmi una miriade di domande e io finalmente, comincio a capire.
Perché in aereo avevo avuto ore per pensarci...
Tutti i miei dubbi potranno mai allontanarmi da Alexander? Mai.
Lo amo così tanto che non permetterò a John e alle sue parole di dividerci. E anche se siamo diversi, troveremo sempre un punto al centro in cui incontrarci, nonostante lui sia molto più tosto da smuovere, so che mi ama per davvero. E ha detto che l'ultima cosa che vorrebbe è perdermi.
Perciò ci ho riflettuto... a parte ciò, esiste qualcosa di così grande, di così importante, da essere in grado di dividere me ed Alexander?
L'unica risposta è stata: Tristan.
Mia madre ha detto che vorrà chiamarlo così. E io non posso odiarlo, posso solo prendere atto di ciò che accadrà con la sua nascita: le cose saranno ancora più difficili, nonché strane, tra me ed Alexander.
Ma poi quel poliziotto mi sta aspettando in salotto, è qui apposta per interrogarmi e io non posso fingere di non vederlo.
L'ho visto da come mi guarda, l'ho visto nei suoi occhi: lo sdegno, la riluttanza, il disgusto.
Non ci sarebbe stato solo il bambino. C'era dell'altro che ci avrebbe separati.
- Juliet! Scendi! L'agente Sullivan vuole parlare con te.-
Mi agito ogni volta che sto davanti ad un'autorità, nonostante i numerosi interrogatori e nonostante io sappia quale sia il loro gioco, ovvero mettermi alle strette sempre e comunque. Ma quando il tizio ha cominciato a parlarmi, mi sono sentita mancare il terreno sotto i piedi.
E io che ingenuamente credevo che le domande potessero riguardare il mio coinvolgimento con l'omicidio di Withman...
Sto grattando la pelle della poltrona con le unghie.
L'agente mi guarda attento, ha i capelli spettinati e gli occhiali spessi. Sta seduto sullo stesso divano in cui io e Alexander abbiamo fatto tutto ciò che i nostri genitori non avrebbero mai voluto.
Poi lo chiede.
-Che rapporti ci sono tra lei e il signor Ackerman ?-
-Ehm sono buoni. È come un padre per me.-
Tento di mantenere il contatto visivo, non voglio che pensi io abbia paura.
-Mi scusi... forse non mi sono spiegato bene, intendevo: che rapporti ci sono tra lei e Alexander Ackerman?-
Oh no.
-Rapporti...ehm...buoni.-
Spero non mi veda deglutire.
-Di amicizia?-
I suoi occhi si restringono a due piccole fessure dentro a quegli occhiali spessi.
-Sì. Certo.- Annuisco con la speranza di rafforzare la mia affermazione.
E poi l'inaspettato.
-Perdoni la domanda, ma sono costretto a chiederglielo. È un rapporto intimo il vostro?-
Il silenzio che si crea tra noi è così eloquente che riesco quasi a sentire i suoi pensieri.
Mai nessuno me l'aveva chiesto in maniera così diretta.
-No, no...perché!?-
Serro con forza le labbra, come se bastasse a nascondere il tono stridulo che mi è appena sfuggito.
-Sono solo domande. La turba molto l'eventualità? Se sì, perché?-
Ma quali "sono solo domande", mi stai tartassando.
- Cosa.. non ... no. Non mi turba, non mi importa, non...-
Mi sto agitando. Dio, sono penosa a mentire.
-Alexander ha mai avuto atteggiamenti sconvenienti suoi tuoi confronti?-
-No!!-
Era ovvio che non fossero solo domande.
Me l'ha spiegato Alexander la sera stessa in cui l'agente è andato via.
La pistola che avevo trovato a casa di Jacob, corrispondeva all'arma del delitto che aveva ucciso la madre di Alexander. Ed era anche la stessa con cui quell'uomo aveva intenzione di far fuori John.
Fin qui tutto bene, se non fosse che c'erano delle mie impronte sopra.
-Il movente, Juliet. Ecco cosa cercano. Il tuo movente. Ciò che ti ha spinta ad uccidere a sangue freddo Withman, senza pensarci due volte.-
Perché l'avvocato della controparte batteva sul fatto che John avesse un motivo bello grosso per ammazzare Withman e che ovviamente non era stata solo legittima difesa, bensì una vendetta per far uccidere l'uomo che aveva assassinato sua moglie.
Ma dopo aver trovato le mie impronte, le cose iniziarono a cambiare. Sopratutto perché non c'erano prove effettive che riuscissero ad incastrare John, perciò cominciarono a prendere in considerazione qualsiasi cosa, anche le indagini fatte da Withman negli anni precedenti.
Ed ovviamente il coinvolgimento di Alexander nel caso di Mya.
Perché quell'agente ficcanaso mi ha chiesto anche di lei.
-Ha mai sentito parlare di Mya Stanford?-
-Mya si è suicidata.- ho risposto fredda, tentando di nascondere la tensione che comincia a disegnarsi sul mio volto per una domanda tanto scomoda.
-Alexander ha mai mostrato la volontà del farle del male?-
Il cuore ha cominciato a battermi nel petto come un martello pneumatico.
- A me??? No. Cioè a nessuno, che ho sappia.-
Ti prego, fa che finisca in fretta!!
-L'ha mai baciata?-
Deglutisco. È rumoroso stavolta.
-No.-
Sto mentendo proprio male, forse per questo lui comincia a torturami con domande inopportune.
-Ha mai visto le foto di Mya Stanford? Di come è stata ritrovata?-
Vengo scossa da un brivido così forte che tremo visibilmente.
- Vuole vederle?-
-Questa è cattiveria gratuita.- borbotto sottovoce.
-In che senso? Si spieghi.- chiede lui calmo.
Mia madre entra con il suo pancione per servirci il caffè.
- Agente Sullivan, vuole lo zucchero? Bianco o di canna?-
-Lo bevo amaro, grazie.-
- Oh.-
-Grazie signora Ackerman, la prego di lasciarci soli.- taglia corto l'uomo. Sembra notevolmente infastidito dall'incursione inaspettata.
Prima di andarsene, mia madre fa una smorfia alle spalle dell'agente, la situazione è così tesa che non riesco neanche a sorridere.
-Perché vuole farmi vedere delle foto del genere?-
-Di che genere, scusi?- chiede lui.
E ora che dico? So già che rabbrividirei se le vedessi.
-Ehm...-
- Come fa a sapere di cosa parliamo?- chiede lui scrollando le spalle.
Quest'uomo ci sta provando in tutti i modi.
Sospiro con forza.
-Beh ne hanno parlato tutti.-
-Tutti chi?- insiste lui, corrucciando le folte sopracciglia.
-Senta, cosa vuole sentirmi dire?-
Lui mi fissa con quell'aria di indifferenza che mi fa perdere le staffe.
-Quell'individuo ha ucciso una donna davanti a suo figlio, ha provato a farci del male e quando ha avuto ciò che si meritava, voi ve ne uscite con ste stronzate?!? Perché non fate il vostro lavoro?-
Lui è impassibile dinnanzi alla mia reazione. Sembra abituato a tali sfuriate, nonché molto bravo nel suo ruolo.
-Se lo meritava.- ringhio a denti stretti. "Se lo meritava, basta sentirti in colpa." Lo dico all'agente, ma in realtà lo sto dicendo anche a me stessa.
- Qui si parla di giustizia, signorina. Non esistono meriti o demeriti. Chi sbaglia, finisce in carcere.-
La sua affermazione è così secca che taglia l'aria già tesa, lasciandomi a bocca aperta.
-Ha sparato ad Alexander cos'altro doveva fare ucciderci tutti affinché capiste che era un criminale?-
-Secondo lei Withman voleva uccidere Alexander?-
-Boh penso di sì.-
Oh, no ma perché mi infilo nei pasticci?
-E come mai non l'ha fatto? Cosa mi sta a significare la ferita sul fianco?-
- E io che ne so! Era pazzo quell'uomo!- mi giustifico a gran voce.
-A giudicare dalla peculiarità della ferita, forse Alexander non era il target, forse se l'è procurata per salvare qualcuno?-
E ora che dico? Sì per salvare suo padre! Ah, no.
-E visto che John Ackerman l'ha colpito alle spalle, cosa stava facendo Kyle Withman? Chi stava mirando? Stava forse per sparare a lei, signorina?-
Le mie ciglia hanno un battito di troppo. Mi sta incastrando.
-Io...non lo so.-
-Come mai Alexander avrebbe dovuto salvarla? Siete amici o... cosa?-
Decisamente la seconda.
-Non sono tenuta a risponderle. Questo non è un interrogatorio ufficiale, mi sta facendo domande senza neanche la presenza del mio avvoc...-
- O forse quella ferita Alexander se l'è procurata da solo, per sviare le indagini?- mi interrompe lui.
La provocazione mi fa saltare su come una molla impazzita.
-Sta scherzando vero?!?- esclamo indignata.
Forse un po' troppo indignata.
E lui lo sta facendo apposta.
Sta provando a farmi innervosire per vedere fino a quanto io possa spingermi nel difendere Alexander.
E io ingenuamente faccio il suo gioco.
-Stiamo valutando tutte le ipotesi. Perché si agita tanto, signorina?-
-Che ipotesi assurda sarebbe questa, scusi?- domando ricomponendomi.
-Quella in cui tu hai ucciso quell'uomo perché Alexander ti ha indotta a farlo. Ti ha manipolata, magari come ha fatto con Mya Stanford.-
Di tutte le piste che ho sentito questa è la più assurda.
-Provami il contrario.- dice ad un certo punto. I suoi occhietti scuri nascosti dagli occhiali si infittiscono.
Ha cominciato a darmi del tu. Cos'è una tecnica psicologica?
-Cosa devo...-
-Se ti dicessi di venire in centrale per una perquisizione volontaria, lo faresti?-
- Senta io non ho niente da nascondere, eh.-
- Bene. Anche quando ti togli i vestiti? Anche lì non hai niente da nascondere?-
Ho un secondo di esitazione, così lui continua.
-Peccato che non ho un mandato, né ho il potere per farlo. Ma io ne sono fermamente convinto.-
Cosa?
-Ne ho la certezza.-
Si alza in piedi poi si avvicina per incenerirmi con un'occhiataccia sgradevole.
-Tu e Ackerman andate a letto insieme.-
L'uomo non mi dà modo di replicare, si congeda educatamente con mia madre e se ne va da casa nostra lasciandomi nello sconforto più totale.
_________
-Vogliono capire cosa ti ha spinta a farlo. Stanno valutando l'ipotesi che l'abbia ucciso tu.-
Alexander sta andando avanti e indietro per la mia camera facendomi venire il mal di mare. Non l'ho mai visto così nervoso.
-Dici che con la sua morte, hanno ripreso a scavare di nuovo nelle sue indagini? In quelle indagini che ha fatto Withman sul caso di Mya?-
-Credo che stiano prendendo in considerazione le denunce e tutto il resto. Sennò non vedo perché farti quelle domande...-
Ripenso alle parole dello stagista a Manchester.
"...Manipolare le indagini anche se il caso è ormai chiuso... puoi farlo per i posteri..."
Withman era riuscito nel suo intento, anche da morto ci stava dando filo da torcere.
Non sopporto più tutta questa pressione: gli interrogatori mi sfiniscono, John è sempre nervoso e Alexander ultimamente è così freddo con me, che sembra quasi gli faccia schifo sfiorarmi.
Sento una morsa così schiacciante nel petto che avverto l'imminente bisogno di fuggire da quella casa.
-Mi hanno messo così tanta pressione che stavo per confessare.- dico ad un certo punto, mentre mi siedo sul letto.
All'improvviso lo vedo perdere quel poco di abbronzatura acquisita negli ultimi giorni. Alexander sbianca come un lenzuolo.
-Che cos'hai detto!?-
Posa la tazza di caffè sulla scrivania creando un impatto sordo.
- Non alla polizia! All'avvocato!- mi correggo subito.
- Juliet non devi dire niente nemmeno a lui. Lo capisci? Non devi dirlo a nessuno, neanche a tua madre!-
Riesco a percepire il suo respiro corto, Alexander sta perdendo la solita freddezza che lo contraddistingue.
-Senti, che cosa ci devo fare se neanche il mio stesso avvocato sembra credermi!?-
-Beh, sforzati un po' di più allora!- mi rimprovera duramente.
Troppo duramente. Tremo nell'udire il suo tono così arrabbiato.
-Io non so che dirti, io non ce la faccio più! Sto impazzendo!- strillo a gran voce.
-Juliet, per favore... sta calma.-
E la sua voce si fa di nuovo piatta, mentre mi viene davanti e mi guarda senza battere ciglio.
-Non sto calma! Sembrate tutti degli automi! Nessuno che ha un'emozione in questa famiglia!
Persino mia madre fa finta di niente, pur di credere che non sia mai successo!!!-
La sua mano fredda si posa lenta sulla mia spalla, mi invita a calmarmi continuando a fissarmi.
-Ti hanno...di nuovo fatto quelle domande, Juliet?-
Annuisco con il groppone in gola. Sto per scoppiare a piangere, ancora.
Abbasso lo sguardo verso il pavimento, quando Alexander si china davanti a me. Lo sento allungare le mani verso le mie ginocchia, quando le sue dita si impossessano delle mie.
-Juliet ricordati sempre che mia madre è morta per causa sua.-
Lo guardo.
I suoi occhi cupi sono più spenti del solito, era da tanto che non lo vedevo così.
-Non puoi avercela con te stessa, né con mio padre.-
-Non c'è l'ho con lui, sto solo dicendo che John non può andare in prigione per causa mia. A te hanno fatto quelle domande?- chiedo tirando su con il naso.
-Le tue stesse domande.-
Fa una pausa.
-Ho negato tutto, Juliet. Ho detto che sei come una sorella per me.- Le sue mani dapprima intrecciate nelle mie, scivolano via rapidamente.
Forse sono le sue parole, forse è tutta questa situazione, o forse è la maniera in cui siamo così distanti in questo momento.
Scoppio a piangere a dirotto.
-Juliet, se confessiamo quello che c'è tra noi...non finirà più.-
Alexander riprende a vagare nervosamente per la mia camera senza curarsi minimamente del mio stato d'animo.
-Se possono appigliarsi a qualcosa, anche la minima cosa...lo faranno. E la giuria non credo che vedrebbe il nostro rapporto di buon occhio.-
Sento un peso nello stomaco così grande che non riesco neanche a ragionare in questo momento.
- Stiamo facendo qualcosa di così tanto sbagliato?- chiedo tra le lacrime.
-Non capirebbe nessuno.-
-Intendi per il fatto che siamo fratellastri o per...le altre cose che facciamo?-
-Con la storia di Mya e il mio passato, se trapelasse una cosa del genere...farebbero presa sul fatto che io ti manipolo, che uso violenza su di te o cazzate del genere.- sussurra lui, mordendosi nervosamente il labbro.
-Ma io sono abbastanza adulta per decidere e..-
-Juliet, io e Mya eravamo entrambi minorenni quando ci siamo incontrati ma...quando ho conosciuto te...-
Alexander si passa distrattamente una mano tra i capelli, sta guardando nel vuoto.
-Io ero già maggiorenne e tu non avevi neanche diciott'anni. Fidati, se volessero accanirsi contro di me, avrebbero tutte le motivazioni per poterlo fare.-
- Perché?-
- Perché hanno interrogato anche il mio psichiatra, che ovviamente non ha potuto mentire. Da quando ho quindici anni non esiste una fottuta valutazione psicologica in grado di dimostrare che io sia...normale.-
Mi si spezza il fiato.
-Senza contare che sono stato sei mesi in clinica psichiatrica dopo la morte di mia madre. Sono sicuro che qualsiasi agente di polizia si sia già fatto la sua idea a riguardo.-
-È per questo che, anche se non lo confessiamo, loro sospettano di noi due?-
Continuo a fermare le lacrime portandomi un dito sotto agli occhi, ma queste non arrestano la loro corsa.
-Il dipartimento vuole solo chiudere il caso il prima possibile e guadagnarsi una bella reputazione per aver risolto la faccenda. Non frega un cazzo a nessuno di come sono andate realmente le cose.- dice lui rabbuiandosi in volto.
- È per questo che sarebbero disposti anche ad incolpare te? Io non so controllarmi quando sparano a zero su di te, Alex...-
-Juliet ti ci metti anche tu?!-
Il suo tono è di nuovo un rimprovero.
- Ti costa tanto riuscire a controllarti, Cristo!?-
- Cosa vuoi dire, che è colpa mia? E perché non so mentire bene? O perché sono stupida e quindi tutti credono che mi faccio manipolare da te?-
-Non parlare di te stessa in questo modo.-
La testa mi scivola tra le mani, non riesco a smettere di singhiozzare.
-Ti hanno chiesto altro?-
-No.- biascico mesta, tra le lacrime.
-Adesso.. dovresti riposare un po'.-
Sento la mano rassicurante di Alexander sulla nuca.
Mi lascia una carezza, poi un bacio sulla fronte prima di andarsene per lasciarmi da sola in un mare di dubbi.
_______
Ma poi è inevitabile: nelle prime settimane di Luglio la pancia di mia madre si fa sempre più grande, segno che il grande giorno si sta per avvicinare.
E non so perché, ma è scattato qualcosa in me.
Forse anche in lui.
Perché non mi cerca più.
È come se le parole di John, quella sera in vacanza, avessero piantato il seme nelle nostre menti, poi il corso degli avvenimenti ha fatto il resto.
Ma di una cosa sono certa: nulla finirà per separarci per davvero, a meno che non siamo noi a volerlo realmente.
Mi chiedo se la forza di volontà sia sufficiente a tenerci insieme in questo momento, perché è un po' come se tutta questa faccenda dell'omicidio ci avesse messo di fronte alla triste realtà: ciò che facciamo non è poi così giusto. Lo direbbero gli avvocati, la polizia, l'opinione pubblica, la giuria in tribunale...
E la nostra lontananza, che dura da qualche giorno, mi dà il tempo di riflettere sul mio stato d'animo: sono terribilmente confusa.
Mi era capitato di rubare una bambola a mia cugina quando ero piccola. La desideravo così tanto che l'ho messa nella borsa di mia madre mentre lei prendeva il the con mia zia. Mi sento così adesso. Sto facendo qualcosa che desidero fortemente, ma so che in fondo, non dovrei farla. Perché è profondamente sbagliato. E se prima mi sembrava fottutamente giusto, ora so che non lo è. E io vorrei tanto stare dalla parte del giusto: raccontare tutta la verità, prendermi le mie colpe... ma sono troppo debole e non ci riesco.
Mi farebbe soffrire troppo.
Quello che c'è tra me ed Alexander, ora mi sembra così malsano.
Ogni volta che guardo in faccia un agente di polizia, l'avvocato, John, mia madre, persino mia nonna che è venuta trovarci con mia zia per qualche giorno.... sento che tutto questo è assurdo.
Ma non so cos'è di preciso.
È quello che facciamo?
È per come ci desideriamo così tanto?
C'è qualcosa di sbagliato.
E se quando nascerà, guarderò il mio fratellino e sentirò che tutto questo è ancora più sbagliato?
Forse sono io il problema.
Io ho commesso l'errore, ma nello stesso tempo non ho fatto nulla per meritarmi Alexander né John nella mia famiglia.
Li ho messi io nei guai questa volta.
John sta per affrontare un processo e io l'ho fatta franca?
Sto per permettere che quel bambino cresca senza un padre?
- Juliet! Zia Vera e la nonna stanno per tornare, e dammi una mano una buona volta!-
La voce di mia madre mi riporta alla realtà, rubandomi ai miei pensieri assillanti.
-Cosa c'è??- sbuffo innervosita dondolando con le gambe contro il bancone della cucina sul quale sono seduta.
-Devi solo aiutarmi ad apparecchiare tavola, ti sembra tanto complicato, vero?-
-Faccio io.-
Sollevo gli occhi al soffitto quando Mr. Figlio Perfetto mi sfila davanti.
Mi chiedo come faccia a non avere mai nulla fuori posto, dato che passa tutta la giornata a studiare. Io sono spettinata, struccata e stufa. Lui indossa una maglietta scura e dei pantaloncini sportivi, le vene blu scorrono prepotentemente sotto alla sua carnagione leggermente abbronzata.
-Smettila.- sbotta dandomi una spallata inaspettata.
Ed io ovviamente non smetto di fissarlo finché non finisce di apparecchiare tavola.
- Juliet...-
Oh, no. John.
- Posso parlarti?-
I miei occhi finiscono dritti in quelli di Alexander, prima di rispondere.
Lui abbassa lo sguardo scuro, poi un lieve cenno con il capo.
Mi ha dato il via libera, perciò seguo John in salotto, dove lo vedo poggiarsi con entrambe le mani sulla poltrona.
- Com'è andato il colloquio?-
-Bene. Mi assumeranno, inizierò a Settembre.- ribatto fredda.
-Oh, mi fa piacere. Senti Juliet...-
John si avvicina accerchiandomi le spalle con un braccio.
-Ci sono degli sviluppi nel caso di Whitman.-
Mi volto di soprassalto.
-Perché non ne stiamo parlando con Alexander?-
John con mia sorpresa però, mi accompagna verso la porta d'ingresso.
Non vuole che nessuno ci ascolti, l'ho capito.
- Le tue impronte... non erano solo sulla pistola. Le hanno trovate anche a casa di Whitman.- parla sottovoce.
-Oh.. Beh...-
Inizio a guardarmi in giro.
E ora che gli dico?
-Come lo conoscevi? Ho creduto alla storia che lui volesse incastrare tuo padre e ti avesse contattata per quel motivo ma... Tu sei stata a casa sua? Perché Juliet?-
John corruccia lo sguardo ed io mi sento così in colpa. Mi ha accolta in casa come una figlia e io non ho fatto altro che agire alle sue spalle e metterlo nei guai.
- Mi dispiace. Io l'ho fatto davvero per mio padre... se potessi tornare indietro...-
-Juliet, lo so che non sei mia figlia e non ne ho il diritto, ma... se tu lo fossi.. -
-Cosa?-
-Non vorrei questo per te.-
- Quanti anni sarebbero?-
- Non sto parlando del carcere, Juliet. Perché non ci andrai. Nessuno ci andrà.-
-Come fai ad esserne sicuro?-
-Non lo permetterò. La legittima difesa è palese in questo caso e il mio avvocato è uno dei migliori di tutto il Regno Unito.-
- Questi ultimi aggiornamenti non cambiano le cose?- chiedo mantenendo il tono di voce più basso possibile.
- Potresti essere accusata per intralcio alle indagini. Ma me ne occupo io, davvero. Non ti accadrà nulla.-
E John le risolve sempre così le questioni, aveva ragione Withman. Ma chi sono io per giudicarlo ora? Vuole solo aiutarmi.
- Juliet, quando dico che non vorrei questo per te... non sto alludendo a questa faccenda, sto parlando del fatto che tu sei stata a casa sua.-
Ai lati della bocca gli si formano due rughe accentuate.
-Ho dormito lì per una settimana.-
-Era vero quello che ha detto su di te?-
- Ha rilevanza nel caso?- domando stranita.
- No, ma ha rilevanza per me. Per me che ci tengo al fatto che nessuno ti faccia del male. E che tu non ti infili in situazioni sconvenienti.-
"Dio mio che imbarazzo"
-Ehm.. no. Non ci siamo frequentati era... stavo attraversando un momento difficile. Prima Alexander, poi mio padre. Mi sono solo fidata della persona sbagliata.-
Vedo le sue spalle tendersi, quando getta lo sguardo al pavimento.
-Juliet... hanno trovato del DNA, più precisamente dei tuoi capelli...-
-Dove?-
-Nel suo letto.-
Mi porto una mano alla bocca.
Ecco perché non c'è Alexander.
-Credo che tu sia in un momento delicato della tua vita. Dovresti riflettere meglio sulle scelte che fai, dovresti... fare un passo indietro e capire cosa vuoi per davvero.-
E suo figlio non le vorrebbe neanche sentire queste cose.
-Promettimi che ci penserai.-
Annuisco. Poi però è più forte di me, devo approfittare di questo momento.
- Perché pensi che io ed Alexander non potremo mai stare insieme?-
Lui mi osserva accigliato, quasi sorpreso dalla mia sfacciataggine.
- Vuoi un elenco dettagliato, escludendo la cosa più importante, ovvero che dovreste essere come fratello e sorella?
Ecco da chi l'ha preso il controllo ed il sangue freddo.
Da suo padre.
John sembra sempre senza emotività, anche quando tocca tasti così delicati.
E proprio mentre realizzo quel pensiero, lo guardo deglutire e poi curvare la testa con aria sconfitta.
-Alexander ha sofferto abbastanza, non voglio vederlo soffrire ancora.-
La sua espressione, chiaramente turbata, non mi lascia affatto indifferente.
Quindi si riduce tutto a questo? L'amore che ha per suo figlio?
-È solo questo?- chiedo ingoiando un macigno.
-È solo questo.- risponde senza sollevare il capo.
-Mi stai dicendo che non sono alla sua altezza, John?-
-Juliet hai bisogno di crescere.-
Le sue parole sono lapidarie.
-Ne avevi bisogno quando ti abbiamo accolta qui in casa e probabilmente ora, dopo tutto quello che è successo, ne hai bisogno ancora di più.-
Mi sta dando dell'immatura e da per scontato che ferirò suo figlio.
Questa cosa mi fa andare su tutte le furie ma non riesco a ribattere, sono così avvilita che mi sento male.
Suona il campanello.
-Andiamo adesso, è arrivata tua zia.-
Il pranzo di famiglia scorre lento, tra aneddoti del passato e racconti di progetti futuri, ma dopo circa cinque bicchieri di prosecco, zia Vera comincia con tutto il repertorio dei Beatles. Mia madre tira fuori le foto di quando aveva diciott'anni e mia nonna si addormenta sul divano.
E se un minuto prima vorrei uccidere John, il minuto dopo mi sento così triste.
E se John avesse ragione?
Dio mio, forse non avrei dovuto bere tutto quello champagne.
Sono già le tre di pomeriggio, mi sto annoiando a morte, Alexander sta sulla poltrona a fianco a me a fissare il vuoto da circa mezz'ora. Mi chiedo a cosa stia pensando.
Non c'è verso di attirare la sua attenzione. O forse sì.
Così allungo il mio bicchiere a zia Vera ogni volta che lei si versa dello spumante. E dopo tre bicchieri, quegli occhi scuri sono finalmente su di me.
-Smettila. Ora.- bisbiglia sottovoce senza neanche guardarmi.
Non gli do retta e quando mia madre mi chiede di andare in cucina a riporre i pasticcini in frigo, Alexander mi segue.
-Ti ho detto di smetterla, Juliet.-
Lancio il vassoio sul tavolo.
-Sparisci come hai fatto negli ultimi giorni! No?-
Sono risoluta nel rivolgergli la parola e lui non ha nessuna intenzione di lasciarsi parlare in questo modo.
Le sue mani fanno una presa stretta intorno alle mie spalle quando mi sbatte contro il frigorifero.
-Non parlarmi in questo modo. Lo sai perché l'ho fatto.-
Gli rivolgo una smorfia.
-Juliet, è per il bene di tutti. C'è troppa gente in casa in questi giorni.-
I suoi occhi sottili mi penetrano le pupille in maniera così brutale che penso voglia distruggermi in mille pezzi.
-Non ti hanno spaventato le parole dell'agente, l'altro giorno?- chiede poi, senza mollare la presa.
-No. Neanche un po'- rispondo con il mento verso l'alto.
Sto mentendo, in realtà mi ha spaventato e anche tanto. Sennò l'avrei fatto io un passo verso di lui, in questi ultimi giorni. Ma ora, non sono abbastanza lucida per essere fedele a me stessa.
Sento le nostre labbra sfiorarsi languidamente, senza mai toccarsi per davvero.
-Ti voglio. Io non ho paura a dirlo. Se vuoi lo dico davanti a tutti.- lo minaccio senza scollare lo sguardo dal suo, che mi punta con l'intento di incenerirmi.
-Non gli hai sentiti, Juliet?-
Vedo la sua gola dritta contrarsi davanti al mio viso.
-Co...cosa?-
-I miei occhi. Su di te. Continuamente.-
-Magari non mi basta.-
Sollevo ancor di più la testa, in cenno di sfida.
Alexander si ricompone in fretta, solo per farmi sentire vulnerabile davanti a lui.
Un ghigno, poi si rifugia contro la mia guancia per sussurrare sottovoce. -O magari stai morendo dalla voglia di ricevere una bella lezione...-
Mi gira la testa.
È la sua bellezza a farmi questo effetto o mi sta manipolando?
Lo fa di continuo, non se ne accorge neanche.
E io non lo sopporto.
-Non mi tocchi da una settimana. Sei talmente in astinenza che scommetto non riusciresti nemmeno a guardarmi mentre mi levo le mutande, che hai già finito...-
Lo provoco maliziosamente.
"Beccati questa."
Ma Alexander non si arrabbia, anzi sorride. Ed è così bello che sento le farfalle nello stomaco sbattere violentemente a destra e sinistra, come fossero biglie impazzite.
-Ti piace proprio così tanto, eh?-
Mi sono persa, mi è bastato vederlo sorridere.
-Cosa, Alex?-
Mi bagno le labbra, sento la gola andare in fiamme per quanto è secca in questo istante.
-Ci godi ad essere rimessa al tuo posto.-
Un brivido mi percuote la schiena.
-Magari con le maniere forti.- ringhia lui sulle mie labbra ormai bramose.
"Eh."
-Ora farai una cosa, Juliet.-
Spalanco gli occhi, sto annuendo con un po' troppa convinzione.
-Dimmi cosa devo fare.- dico ad un soffio dal suo broncio perfetto.
-Non quello due pensi tu, Juliet-
Mi lancia uno sguardo furtivo ma intenso.
-Smetterai di bere, intesi?-
E con rapidità mi priva del calice di vetro.
-Pensi che non sia capace di prendermene un altro?- lo punzecchio capricciosamente mentre lo vedo posare il bicchiere nel lavello.
-Pensi che mi verrà difficile togliertelo dalle mani, di nuovo?-
-Uh lo fai davanti a tutti? Wow che coraggio, e dire che sembra proprio che le palle ti manchino..-
Alexander si volta di scatto.
In un attimo mi ritrovo con tutta la sua mano intorno alla gola.
Spalanco occhi per la violenza con cui sua le dita mi stringono il collo.
-Juliet io non sto affatto scherzando. Smettila di bere. Diventi ingestibile.-
-Fo-ti-ti.- soffio debole, per via di quella morsa soffocante al collo.
-Molto volentieri. Con le tue mani e la tua bocca però.- mugugna mentre io mi sto sciogliendo tra il freddo delle sue mani ed il calore delle sue parole.
Ho una voglia di baciarlo che non mi fa ragionare, afferro il suo labbro inferiore coni denti. Alexander distanzia le labbra per farci passare la lingua, la fa scorrere dolcemente nella mia bocca socchiusa facendomi fremere. Ma non riesco neanche a pregustarmi il bacio che lui si è già staccato da me.
Poi si volta di scatto, prima di affondare entrambe le mani nei capelli.
Non mi aspettavo la sua reazione, non mi aspettavo si allontanasse da me. O forse sì?
Quindi non è stata solo una mia impressione, ci siamo realmente allontanati in questi ultimi giorni...
-Ti ho capito, Alexander.-
Torno ad istigarlo, ma la sua occhiata è inclemente questa volta. Arriva dal basso e mi taglia il viso con una freddezza che non avevo previsto.
-Non hai capito un cazzo di me.-
-No, invece. Ho capito che tu credi che io sia una stupida manipolabile, lo fai con mia madre, con tutti!-
-Juliet sei ubriaca. Non dire cose di cui ti pentiresti.-
Lo guardo increspare la fronte, qualcosa gli è saltato alla memoria.
- A tal proposito...Di cosa hai parlato con mio padre?-
"Di te, che - a quanto pare - sei troppo per una come me"
- Niente. Solite cavolate. Voleva sapere del colloquio.-
Lui però solleva un sopracciglio con aria curiosa.
-Alla fine l'hai fatto colloquio? Per quell'ufficio di contabili? Non mi hai neanche detto com'è andata.-
Abbozzo un sorrisetto, poi mi appoggio al lavandino.
-Sì, me l'ha fatto questo tizio....-
Mi basta mordermi il labbro, che lui si fa pressante.
-Come sarebbe questo tizio?- domanda serio.
-Uhm... un figo.-
Vedo Alexander chiudere gli occhi con una lentezza quasi dolorosa.
La sento, è accecante la sua voglia sottomettermi.
-Ha detto che sono piccola ma posso imparare.-
- Ha detto così... Che sei piccola?- lo sento ringhiare.
Annuisco sotto al suo sguardo duro.
Alexander scaglia le labbra sulle mie, potrei giurare di sentire i suoi denti perfetti farsi stretti tra loro.
-Sparisci dalla mia vista, ora. Prima che sia io a fare qualcosa di cui potrei pentirmi.-
Lascio che la mia bocca si schiuda sulla sua, prima di parlare.
-Come baciarmi davanti a tutti, Alexander?-
-Ora.-
Mi consuma con uno sguardo pregno di desiderio e rabbia, prima di voltarmi le spalle ed andarsene.
Così torno a deprimermi non appena Alexander mi lascia sola per chiudersi in camera sua.
Esco sui gradini del terrazzo quando zia Vera mi raggiunge.
-Juliet ma che succede?-
Scrollo il capo. Se contassi tutte le volte che sono scoppiata a piangere nell'ultimo mese, potrei vincere il record della più frignona dell'anno.
Dopo mia madre, ovviamente.
Ma lei è incinta, io che scusa ho?
-Oh, Juliet non piangere.- dice mia zia, stringendomi con le sue braccia robuste.
-Sono una stupida, lo so, ma... Lo amo così tanto.-
Lo sguardo piatto e brillo di mia zia dice tutto. -Chi? Cosa...?-
Chiaro segno che anche lei ha bevuto e non poco.
-Oh lui..- mormora aggrottando le sopracciglia, indicando il piano di sopra con il dito.
-Mhm sì, lui.-
Zia Vera mi guarda con una tranquillità che forse solo gli anni alle spalle ti possono regalare.
-Lo sai che ti appoggio e che la mia filosofia è sempre quella del "si vive una volta sola", anche se ormai sono vecchia e decrepita, ma ora...la situazione è delicata.- sibila senza un accenno di preoccupazione.
-Che vuoi dire, zia?-
-Tu ne stai passando tante e quel ragazzo... da quando è morta sua madre non ha avuto un momento di pace.-
- Ma John...-
-Lascia fuori quello stoccafisso. Lui non c'entra niente. Prova a metterti nei panni di Alexander una volta, non pensare solo a te.-
La calma con cui pronuncia quelle parole mi provoca una sana invidia, come fa ad essere così saggia?
Perciò prendo quel consiglio al balzo ed invece che tenermi tutto per me, quello stesso pomeriggio vado da Alexander e gli racconto del mio stato d'animo.
Apro la porta senza bussare.
Lui si sta sbottonando la camicia.
- Juliet che diamine...-
- Sono una persona orribile.-
Annuncio con tono ubriaco sotto al suo sguardo attento.
-Cosa stai...-
-Sto per permettere che il mio futuro fratellino cresca senza un padre.-
"Sono patetica? Sono patetica."
Vedo Alexander prendere un grosso respiro, prima di indicarmi il suo letto.
- Siediti, non ti reggi neanche in piedi.-
Vorrei un po' di dolcezza ora, ma forse sto chiedendo troppo perché il suo tono inflessibile non promette nulla di buono.
-Alex...-
-Mhm?- mugola, intento a togliersi la camicia.
Lo guardo infilarsi una felpa, intanto ricomincio a parlare.
-E se dovessero scoprire che sono stata io?-
-Non è accaduto e non accadrà.- dice scrutandomi serio.
- Devo prendermi le mie responsabilità.-
Alexander mi afferra da entrambe le spalle.
- La tua responsabilità ora è quella di dimostrarti una persona matura e forte, tanto forte da sopportare questa pressione. Ci riesci, Juliet?-
-Sì, era facile quando mi stavi accanto. Ora è tutto più difficile.
Mi sembra di combattere da sola.-
Finalmente si siede di fianco a me. Lascio che i miei occhi scendano ad ammirare i polsi chiari e sottili che fuoriescono dalle maniche della felpa.
-E se fossi stato tu al posto mio, Alex? Non avresti reagito come me?-
Lui annuisce.
Ma certo, lo conosco. I sensi di colpa l'avrebbero divorato. Non avrebbe mai permesso che suo padre si prendesse una colpa così grande al posto suo.
-Ho organizzato tutto io con Withman, sono stata così meschina e stupida...-
-L'hai fatto per tuo padre.- incalza lui.
-Sì ma ho messo la rischio la vita di John. È lui mio padre adesso. E se avesse ragione lui?-
Alexander si alza in piedi di scatto, lo guardo poggiarsi alla scrivania.
-Sei ubriaca e stai dicendo tante di quelle cazzate...-
-Ma è la verità, c'è lui quando ho bisogno!-
Lo so che non gli piacciono. Queste parole non gli piacciono, vorrebbe non sentirle.
- E non posso voltargli le spalle.- spiego con il groppone in gola.
- Non è tuo padre.- insiste Alexander.
La sua affermazione mi fa ribollire il sangue nelle vene.
Come può essere così egoista e non capire cosa sto provando?
Mi alzo in piedi per strattonarlo dal braccio.
-Sarebbe stato disposto ad andare in prigione per me. Lo capisci? Lo capisci che io non ce l'ho avuto un padre? E ora solo perché...-
-Solo perché cosa? Mhm?-
- Solo perché io e te...-
Comincio, ma mi blocco all'istante perché la sua occhiata mi impedisce anche di ragionare.
- "Solo" e "io e te" nella stessa frase, non mi piacciono.- sputa con occhi sottili.
- Voglio semplicemente dire che lo considero davvero un padre. C'è sempre stato nei momenti di sconforto, anche dopo il matrimonio. È stato più presente della mia stessa madre. -
- Vuoi punirmi con queste cazzate perché non ti sono più venuto a cercare?-
- Perché sei così cattivo, Alex?-
Gli occhi di Alexander non nascondono la delusione, né la rabbia di questo momento.
- Perché lui non è tuo padre, Cristo!-
Vedo le sue nocche strette farsi bianche per la pressione con cui stringe i pugni lungo i fianchi.
Resto senza fiato.
Come può dire una cosa del genere?
- Io non so davvero come io possa...-
Sarà anche l'alcol a parlare, ma io sono realmente sconvolta. Sento una lacrima calda rigarmi la guancia.
- Cosa? Avanti dillo! Non sai come? Come tu possa amarmi, Juliet?-
E lui non riesce neanche a guardarmi in faccia.
-Sei... così crudele...- sospiro tra le lacrime.
-Io sarei quello crudele? Ho detto a mio padre di amarti perché tu lo volevi! Non riesce neanche più a guardarmi negli occhi, di nuovo. E lo sai quanto ci ha messo per tornare a fidarsi di me, ma l'ho fatto per te, perché ti amo e ora tu...-
Vedo la sua mascella contrarsi duramente.
-L'unica ragazza di cui sono mai stato innamorato mi sta dicendo che vuole vivere il suo sogno della famigliola felice. Mi stai facendo capire che preferiresti perdere me piuttosto che lui, lo capisci?-
No non lo capisco, perché non era mia intenzione dire una cosa del genere.
-Non ho mai detto questo.- biascico asciugandomi le lacrime. Alexander si siede sulla sedia girevole alla sua scrivania, sembra quasi non abbia neanche più le forze di reggersi in piedi.
-Sì ma è quello che succederà se continuiamo ad allontanarci.- dice con gli occhi persi in un punto fisso, nel vuoto dinnanzi a sé.
Vorrei fosse lui a consolarmi per una volta, ad aiutarmi a superare questo casino, ma non facciamo altro che essere nemici in una battaglia in cui dovremmo andare avanti mano nella mano.
-Pensi che comincerò a vederti come un fratello solo perché voglio bene a tuo padre come fosse il mio? È di questo che hai paura Alex?-
Alexander scrolla il capo furiosamente.
-Aggiungici il fatto che vorremo bene anche al nostro di fratello. Che avremo in comune, Juliet.-
Le sue parole hanno un suono così terribile e stridente, che inizio ad avvertire un senso di nausea percuotermi lo stomaco.
-Tutto questo...-
Non riesco a parlare.
-Tutto quello che facciamo...è sbagliato.- confesso con un filo di voce.
Lui non riesce a stare seduto dinnanzi alla mia affermazione, lo vedo indistintamente quel velo di delusione che gli offusca gli occhi.
-Fantastico. Ci sei arrivata ora.-
Mi viene vicino e io mi raggelo.
Non so cosa sia peggio, se il tono di voce dannatamente cinico o il viso che lascia trapelare una freddezza assoluta.
-Oh scusa tanto mister perfezione, se tu ci sei arrivato prima a capirlo!-
-Sì che ci sono arrivato prima. Può essere anche tutto fottutamente sbagliato, ma indovina un po'? Non me ne frega un cazzo. Io voglio solo te, lo capisci?- esclama spingendosi con la fronte sulla mia.
Alexander è senza fiato.
Le sue parole, le desidero e le voglio disperatamente.
Così come voglio lui.
Ma non mi basta.
Sento che di fondo, c'è qualcosa che ci tiene lontani.
-Certo non te ne frega un cazzo, però dobbiamo continuare a nasconderci come due criminali!- urlo senza remore.
-Abbassa la voce. E poi cos'è? Vuoi comunicare la data delle nostre nozze a tutti i parenti?!-
Il suo sguardo di disprezzo mi uccide. Forse ha ragione John. Non sarò mai alla sua altezza, ma chi voglio prendere in giro?
-Forse ho voluto vedere in te cose che non c'erano.-
Lo sputo di getto, senza neanche pensarci.
Alexander chiude gli occhi, prima di provare a sfiorarmi la spalla.
-Non dire così ti prego.-
-Sei sempre così arrabbiato con la vita.- aggiungo indietreggiando.
-Scusa tanto se la mia vita ha sempre fatto schifo. Cambiamo le cose per lei, signorina? Così possiamo vivere tutti felici e contenti?-
-È sempre questo il punto, vero Alexander?-
Le mie frasi sono ormai respiri rotti.
-Non c'entra John, il bambino o la polizia. Siamo io e te il problema!-
Lui scrolla il capo prima di passarsi una mano sul viso con fare nervoso.
-Sentiamo adesso. Di quale problema parli?!-
-Alexander, tu non vuoi quello che voglio io.-
-E cosa vuoi?! Lo sai almeno quello che vuoi, Juliet?-
Abbasso testa.
-Ti ho sentito parlare con tuo padre quando eravamo in Sardegna, l'ultima sera.-
-Cos'hai sentito?-
-I tuoi conati quando ha pronunciato la parola matrimonio.-
Lo vedo ridere nervosamente tirando la testa indietro, ma è una risata finta.
-Non siamo io e te il problema. Sii sincera per una volta e dillo: sono io il problema per te, vero?
È perché non sono il principe azzurro che hai sempre sognato?-
Odio la maniera in cui mi fa sentire. Così stupida e piccola.
Come se desiderare queste cose per il mio futuro, fosse sbagliato.
-È allora che c'è? È illegale volere cose del genere?-
- C'è che allora mi vorresti diverso. Dici di accettarmi ma non è vero.-
No, questo non è vero.
-Alex... no, io..-
-Va via, Juliet.-
E rivedo quello sguardo.
Lo stesso sguardo perso di quel ragazzo che dormiva nella stanza a fianco alla mia e faceva gli incubi tutte le notti.
-Alex io non voglio ferirti...-
- È un po' tardi, Juliet. Vai via per favore.-
⚓️
Nel tardo pomeriggio resto in camera mia perché non voglio vedere nessuno dei miei parenti, sono in uno stato indicibile: ho gli occhi gonfi, mi sento a pezzi e mi sembra di avere degli spilli conficcati nel cervello. La testa mi gira vorticosamente e per l'ennesima volta, giuro a me stessa che non berrò mai più in vita mia. Sto da schifo. Ogni volta che litighiamo perdo il sonno, l'appetito e la voglia di vivere. Mi sento così impotente in questo momento, vorrei solo fare qualcosa per fare uscire tutto il dolore. Perché forse il concetto di "dolore" è riduttivo per esprimere tutto quello che sento dentro: c'è il senso di colpa per ciò che ho commesso, c'è la vergogna per quello che faccio con il ragazzo che dovrebbe essere il mio fratellastro, e poi c'è la paura, di perdere la libertà e l'amore delle persone che amo.
Lo sento forte e chiaro quell'impulso di farmi del male, poi sollevo lo sguardo sulla parete che divide le nostre camere.
Non posso farlo.
-Juls! A cena!-
Ero in dormiveglia quando la voce tutt'altro che armoniosa di mia madre mi richiama bruscamente. L'ennesima cena con la famiglia, che rottura di scatole. Spero che il bambino nasca al più presto a questo punto, perché non ce la faccio più.
-John ha ancora qualche giorno di ferie, perché non andiamo tutti insieme in campagna per il weekend?-
Mia madre è una fonte inesauribile di idee strampalate.
E le migliori cartucce le spara sempre quando siamo a tavola tutti insieme.
Sta parlando con mia zia, ma Alexander si alza in piedi in quell'istante esatto, senza neanche finire quello che ha nel piatto.
-Scordatevelo. Io non ci vengo.- sputa prima di andarsene, lasciando tutti a bocca aperta.
John mi guarda, i suoi occhi me lo stanno chiedendo "gli hai detto qualcosa?", così faccio cenno di no con la testa.
-John, però ci terrei venisse anche Alexander. Quando inizierà l'università cambierà tutto.- replica lei con una mano sul pancione.
Mia madre e la sua nostalgia mi mettono un'angoscia non indifferente.
- Va bene, ci parlo io.- borbotta John prima di congedarsi ed andarsene. Di una cosa bisogna dargliene atto, pur di fare mia madre contenta farebbe qualsiasi cosa.
__________
-La mia macchina è troppo piccola, carichiamo le valigie nella vostra.-
Zia Vera tira fuori dal garage di John il suo gioiellino, una vecchia cinquecento sgangherata. Mi chiedo se l'abbia fatto davvero, il viaggio di andata fino a Londra con quella.
Mia nonna è ultra-ottantenne ma perde dieci anni in più non appena rivede quel catorcio.
-Cath io non ci salgo mai più lì. Tua sorella vuole farmi fuori, sono sicura- le bisbiglia nell'orecchio tutta seria.
John finisce di caricare le valigie sotto le direttive di mia madre, mentre io accompagno mia nonna in macchina di John.
-Io mi prendo i ragazzi.- annuncia zia Vera, tutta fiera della sua scatoletta d'epoca con le ruote.
-Zia, quali ragazzi? Forse non l'hai capito ma ci sono solo io perché Alexan...-
Alexander chiude la porta di casa, poi scende i gradini fino a raggiungerci con faccia apatica.
-Sicura che questa ci porti a destinazione?- chiede corrucciando lo sguardo, già imbronciato.
-Che hai contro la mia vecchia?- ribatte mia zia, quasi offesa.
- Nulla che non sia ovvio, ossia il fatto che sia vecchia.- replica lui prima di andare a gettare la sua valigia nel bagagliaio di John.
Io resto a fissare la sua schiena fasciata dalla camicia, mentre mia zia mi sventola una mano davanti al viso.
-Devono essere molto, come dire... importanti... le sue doti "nascoste" -
La vedo farmi il segno delle virgolette.
-... perché sennò non vedo come tu faccia a sopportare la sua saccenza, tesoro.-
Scoppia a ridere ed io con lei.
Non mi aspettavo che alla fine Alexander venisse con noi, non posso nascondere che mi faccia davvero piacere.
-Cosa c'è da ridere, adesso?- domanda lui non appena entra in macchina, sedendosi nel sedile di fianco a zia Vera.
-Niente, Alex. Rilassati e goditi il viaggio, va bene?-
-Certo, sempre che riusciamo ad arrivare sani e salvi.-
Lei mi fa una smorfia dallo specchietto retrovisore, io trattengo tra le labbra la felicità che provo in questo momento.
È così effimera che riesco a sentirla scivolare via dalle dita ogni volta che lo guardo.
So che dovrei chiedergli scusa per la discussione di ieri, ma lui non mi rivolge la parola per tutto il viaggio. Neanche un "ciao". Spero solo che questa situazione tra di noi passi in fretta.
Fortuna che il repertorio musicale di mia zia sembra andare a genio ad Alexander, sennò sarebbero state due ore di lamentele continue.
-Zia ce l'hai ancora quei cd che mettevi quando ero piccola, Cheryl e Leona Lewis?-
-Certo che ce l'ho ancora!-
-Sì e poi? Vuoi ascoltare anche i One Direction?-
-Non sono ancora abbastanza Vintage per te, Alexander.- lo prendo in giro per i suoi gusti eccentrici.
-Da quando avere buoni gusti musicali significa essere vintage, scusa?-
-Oh guardatemi sono Alexander esperto di tutto.- gli faccio una smorfia snob arricciando il naso.
- Hei voi due! Non voglio vedere scintille nella mia macchina, che vi sia chiaro!- ci sgrida mia zia.
Peccato che la fare le scintille ci ha pensato il motore della vecchia cinquecento, che s'inceppa proprio a metà strada.
-Conosco un meccanico.- annuncia lei nel tentativo di tranquillizzarci.
-Non hai un'assicurazione che copra ... Ah, lasciamo perdere.-
Alexander ci rinuncia non appena la vede armeggiare con il cellulare.
È tardo pomeriggio, il sole sta per tramontare tra le stradine di aperte campagna.
Okay, questo è il momento.
- Alex..-
Pronuncio a malapena il suo nome, che lui esce dall'auto con aria infastidita.
-Ho bisogno di parlarti.- insisto io.
-Fa troppo caldo in quella cosa che si ostina a chiamare macchina.-
-Alex...-
Lo vedo gettare lo sguardo a terra mentre armeggia con i polsini della camicia per tirarli su.
-Eh.-
Sentiamo mia zia parlare con voce concitata, è al telefono con il meccanico, solo lei sa cosa sta confabulando.
-John mi ha chiesto di non dirtelo, ma... Ci sono dei risvolti nel caso.-
Vedo i suoi occhi bui accendersi all'improvviso. Finalmente mi guarda.
- Dimmi quello che sai. Subito.-
Mi faccio stretta contro la carrozzeria della macchina, poi prendo un gran respiro.
Non posso non dirglielo. John mi ha detto di tenermelo per me, ma credo che anche lui abbia il diritto di sapere.
E se John fosse troppo ottimista e ci fossero delle ripercussioni? Mi fido solo dell'opinione di Alexander, devo dirglielo.
-Hanno...hanno ritrovato le mie impronte a casa di Jacob. Non solo in cucina. Anche in camera da letto.-
Le sue sopracciglia hanno un sussulto.
-Perché c'erano le tue impronte nella sua camera da letto, Juliet?
- Ma non hai capito...-
-Perché?-
Il tono di Alexander è impietoso, ma io non volevo intendere quello che sta pensando lui.
-Lo sai perché, avevo cominciato a rovistare ovunque. La pistola l'avevo trovata nella sua cassaforte, l'ho solo toccata...-
Ma la sua reazione non me l'aspettavo affatto. O perlomeno non così plateale.
Lo sento sferrare un pugno alle mie spalle.
Povera cinquecento ammaccata.
-Alex calmati.-
Lui non mi sta neanche ascoltando, resta con un braccio steso sopra al tettuccio, mentre la sua testa scivola lenta a guardare verso il basso.
-Capisci che questo cambia tutto?-
-Sono solo impronte!-
-Sì e ti associano a lui. E se prima non c'era nulla che ti potesse collegare a lui, ora potresti diventare la prima sospettata. Ti chiederanno come vi conoscevate!-
-E io dirò la verità! Che lui mi ha ingannata, che si è finto mio amico per arrivare a John...-
-E pensi che non sia sospetto il fatto che tu non l'abbia raccontato prima? È una cosa piuttosto rilevante. Conoscevi la vittima meglio di me e di mio padre.. così tanto che... sei...-
Solleva il capo, ma sembra avere lo sguardo completamente vuoto.
- Sei stata nella sua camera da letto. Sei... sei stata a letto con lui.-
"Cosa? E questa da dove esce ora?"
- No.-
- Dov'erano le impronte? Nel suo letto, Juliet? Mhm? Rispondimi.-
Rifuggo dal suo sguardo crudele osservandomi la punta delle scarpe da ginnastica, mentire scaccio un sassolino dal terreno.
- Io..-
- Non mentire. Cosa ti ha fatto?-
Il mio petto si muove ritmicamente sotto al vestito.
- Alex, io ti mentirei mai.-
Lui però non sembra minimamente interessato a ciò che ho da dire.
-Perché stavi nel suo letto?-
- Alex.-
-Che cosa cazzo hai fatto con lui?-
Lo vedo spingere entrambe le mani tra i capelli, con una disperazione che non gli ho mai letto negli occhi.
-Non c'è la faccio più. Mi stai...-
-Mi dispiace, Alex. Volevo solo dirti come stanno le cose, non volevo farti stare male...-
- Vattene.- sputa infervorato.
"E dove vado ora???"
-Dove vado, Alex?!-
-Fila in macchina e sta zitta o giuro che me ne vado io.-
- Allora... il mio meccanico, Travis, che per la cronaca è un gran manzo, ha detto che c'è un'officina a due chilometri da qui. Anche se il motore fuma un po', dovremmo arrivarci.-
Mia zia rientra in macchina, senza accorgersi minimante del gelo che è calato tra me ed Alexander. Lei rimette la musica come se nulla fosse, ma non ci sono Neighbourhood o Arctic Monkeys che tengano, Alexander è troppo arrabbiato con me adesso.
-Stai scherzando vero? Non posso prendere un taxi?-
Alexander si sta lamentando, come al suo solito.
Non è colpa di nessuno se abbiamo dovuto mollare il prezioso gioiellino dal meccanico, mentre John è tornato indietro a prenderci. -Come facciamo a starci tutti in macchina??- ha chiesto mia madre apprensiva.
-E se ci ferma la polizia?- ha ribattuto mia nonna.
- La polizia? Hai della droga nella borsetta mamma?- le domanda mia zia, facendole prendere quasi un infarto.
-Ci stringiamo allora!-
-Noi ci stringiamo, perché tu sei lievitata un po' troppo, Cath. Juliet va in braccio ad Alex. Qual è il problema?-
Così mia madre fa sedere mia nonna davanti, poi si accomoda nel sedile posteriore accanto a mia zia ed Alexander.
John non può avere voce in capitolo in questo momento, perché ovviamente qualsiasi persona sana di mente sorreggerebbe me, dato che né mia madre, né mia zia rappresentano un peso sostenibile per un povero ragazzo.
-John spegni l'aria condizionata che mi viene la cervicale.- borbotta mia nonna.
Alexander trattiene un lamento soffocato, quando mi siedo sopra di lui, rimbalzando appositamente.
Vorrebbe imprecare, perché ho gentilmente posato il mio dolce peso sulle sue parti più preziose, senza troppa grazia.
-Fallo ancora e ti faccio male.- sibila sottovoce, approfittando del vociferare che si crea tra le tre comari.
John è ovviamente l'unico che non fiata.
Io mi smangiucchio un'unghia con fare nervoso, Alexander ticchetta con il ginocchio contro la portiera, dandomi sui nervi.
- Sta calmo.- gli dico sottovoce.
- E tu finiscila.- ribatte lui.
Ovviamente ho già provato a sfiorargli la mano ma lui l'ha stretta a pugno, schivandomi con prontezza.
Mi sono voltata a guardarlo, ho cercato i suoi occhi ma ho visto solo la sua mandibola stretta e lo sguardo teso al finestrino.
- Cambia gamba. Mi pesi.- dice ad un certo punto.
"Mi pesi? Te lo faccio vedere io come ti peso"
-Non farlo, Juliet.- lo sento mormorare quando comincio a risistemarmi su di lui, senza trovare una posizione comoda.
Mi si sta addormentando il sedere.
-Sto scomoda.-
-Continua a muoverti, vedrai come starai scomoda tra poco.-
Con la mano mi blocca dalla gamba con una presa serrata.
-Ferma.-
Mi appoggio contro il suo petto con la schiena.
Lui sbuffa irritato dai miei capelli che gli finiscono appositamente sul viso, poi me li sposta sgarbatamente, lasciandomi scoperto il collo.
Ho un sussulto in mezzo alle gambe.
Lo sento che mi sta divorando la pelle del collo con gli occhi, sarà anche arrabbiato ma è più forte di lui.
Mi avvicino al suo viso, riesco a sentire il suo naso strisciare contro la mia mandibola, il suo respiro più accelerato nel mio orecchio...
Chiudo gli occhi.
Non so quanto riusciremo a stare lontani finché vivremo entrambi nella stessa casa.
E io, non voglio stargli lontana.
Quando curvo il viso verso di lui, ci fissiamo per qualche istante le labbra.
- Sei comoda, adesso?-sussurra con voce profonda.
- Sì, tu?-
Lo sento spingere volutamente con il bacino contro il mio sedere, facendomi sentire tutta la sua eccitazione marmorea.
- Mhm.-
-Tutto bene lì dietro?-
La voce di John ci fa sobbalzare.
Mia madre e mia zia ovviamente rispondono al posto nostro.
Poi la mano di Alexander si stringe a pugno vicino alla mia coscia.
Lo guardo buttare il collo affusolato all'indietro, per fissare il soffitto con occhi intensi.
- Cristo, che caldo.-
_________
Finiamo nel bed&breakfast di mia zia e con la fortuna che ho, devo condividere la stanza con la mia cara nonnina.
Grazie John.
A cena andiamo nell'agriturismo antistante, dove a quanto pare si mangia benissimo, ma in realtà le uniche che vedo bacchettare sono le zanzare che mi stanno divorando viva.
Alexander chiede a mia zia di mostrargli la collezione di dischi che tiene nella reception del bed&breakfast e con la scusa, riesce a dileguarsi a metà cena.
Io ovviamente non sto più nella pelle.
Devo vederlo.
Devo parlargli.
E poi devo baciarlo.
Resisto fino al secondo, poi con la scusa del mal di testa mi congedo e mi allontano dalla tavolata.
Sono nel piccolo cortile adiacente all'entrata, intenta a scacciare zanzare e sudore dalla fronte, quando la sua voce mi fa compiere un balzo.
-Ti sei divertita in macchina?- domanda avvicinandosi con le mani nelle tasche.
Alexander compie un giro intorno a me per squadrarmi dall'alto ed io non riesco a dire altro se non: -Abbastanza.-
Indossa una camicia bianca che fuoriesce dai pantaloni, il tessuto è leggermente stropicciato. Vorrei avvinghiarmici e poi strappargliela, ma so che in questo momento non ho alcun diritto di avvicinarmi a lui.
-E sentiamo...-
"Oh oh, ora comincia."
- Dopo avermi provocato un'erezione che è durata per tutto il viaggio, davanti a tutta la famiglia, che cosa ci hai guadagnato?-
Incrocia le braccia e mi fissa in attesa.
-Alex...-
- Non ho sentito la tua risposta, Juliet.-
Il suo sguardo è fermo.
- Mi hai almeno... pensata, dopo?-chiedo in un moto di coraggio, nonostante le guance pizzichino forte per l'imbarazzo.
- Non sono in vena di scherzare.- risponde duro.
-E sì, Cristo. Certo che ti ho pensata.- mugugna sottovoce.
I suoi occhi si affievoliscono, dandomi l'illusione di potermi infilare da qualche parte, nella sua testa. Provo a sfiorargli il braccio, ma lui non è disposto a farsi avvicinare.
-Non mi toccare, Juliet.-
Maledizione, non può avercela ancora con me per quella storia.
-Non puoi essere geloso. Tutto quello che è successo te l'ho raccontato. L'ho solo baciato.-
Mi sembra assurdo, lui è qui davanti a me e io non posso averlo.
-Quindi l'hai baciato nel suo letto.-
-Sì, ma perché devi..-
-Voglio sapere. Devo sapere. Ti ha toccata?-
"Che senso ha torturarsi, ora?"
-No Alex, è stato solo un bacio.-
-Uno?- domanda sollevando entrambe le sopracciglia.
"Oddio, le cose si mettono male."
-Ti prego.- sussurro osservando il suo bel viso rabbuiarsi.
Lui però annuisce intensificando lo sguardo.
-L'hai baciato più di una volta quindi.-
-Perché stai facendo così?!- esclamo in preda al panico.
Tanto non c'è modo che io possa dirgli qualcosa per rassicurarlo, che senso ha continuare a darci addosso?
-Perché sei lontana. Ti sento lontana.- ammette ad un certo punto.
Ci guardiamo per un attimo che sembra quasi eterno.
-E se lui ti avesse fatto del male, Juliet...?-
La tensione mi scorre nelle vene fino ad arrivarmi agli occhi, mi si appannano inevitabilmente.
-Non è successo nulla e io... Perché sei così arrabbiato?-
Alexander elude il mio sguardo. Raramente gliel'ho visto fare.
-Perché ho paura che questo cambi le carte in tavola, io non voglio perderti. Lo capisci?-
È la paura a farlo stare così.
Forse dovrei solo stargli vicino, se solo lui me lo permettesse...
-Sospetteranno che l'abbia ucciso io? Questo vuoi dire?- sillabo a voce bassissima.
Ho sempre paura che qualcuno mi senta, anche se intorno a noi non sembra esserci nessuno, solo la campagna e le cicale che cantano nel buio.
-Se prima lo escludevano completamente... ora non più.-
Lo guardo mettersi una mano tra i capelli.
-Potresti diventare il principale sospettato. Siamo fottuti tutti e due così.-
-No! Non è vero! John ha detto che andrà tutto bene.- replico con uno slancio fiducioso.
Lui però mi sta guardando con occhi tristi.
-Mio padre lo dice dal giorno in cui è morta quella donna in sala operatoria, e guarda cos'è successo poi.-
-Non ti fidi di lui?-
C'è un momento in cui vedo le sue barriere crollare. Ormai li conosco i suoi occhi: sono duri e spigolosi, ma sanno diventare caldi ed avvolgenti quando mi sta per baciare, quando facciamo l'amore, quando mi abbraccia.
E ora rivedo quello sguardo, mentre le sue dita cercano le mie nel buio.
Vorrei solo che Alexander mettesse fine a tutto questo, che si gettasse addosso a me per darmi un bacio dolce, per poi spingermi in modo rude contro il muretto, facendomi dimenticare di tutto.
Ci era riuscito tante di quelle volte a farmi estraniare dalla crudele realtà...ci era riuscito persino al matrimonio dei nostri genitori.
-Alex, tu non ti fidi di lui?- ripeto con voce preoccupata.
-Dimmi che posso fidarmi almeno di te, Juliet.-
-Sì che puoi.- rispondo convinta.
Oh.
"No, non puoi."
C'è ancora una cosa.
Devo essere sincera al cento per cento, non posso mentirgli adesso.
- C'è ancora una cosa..- confesso con voce rotta.
-Cos'altro c'è? Dimmi tutto quello che c'è da sapere, Juliet.-
-L'ho detto a Mini.-
Potrei giurare di aver sentito un tuono in lontananza. O forse era solo lo sguardo di Alexander che si è frantumato in mille pezzi quando ha sentito le mie parole.
- Che...cosa..-
-Gliel'ho detto.-
-Stai scherzando vero?-
Faccio segno di no con la testa, senza riuscire a sollevare gli occhi impauriti dal pavimento di ciottoli.
-Dimmi che stai..-
-Non sto scherzando. Gliel'ho detto quella sera che avevo bevuto e..-
-Cristo ma sei inaffidabile! Sei... sei... io non ho parole! Sei talmente stupida che ...-
Le sue parole sono così affilate che s'infilzano nella mia pelle provocandomi un pianto disperato.
-Non piangere, non volevo dire che sei stupida però...-
-Però lo pensi!- piagnucolo innervosita.
La mia rabbia si mescola alla sua, diventando un tutt'uno pericoloso.
-Come fai ad essere così superficiale? Come fai a non capire che stiamo parlando di una questione importante? Non puoi fare la bambina in situazioni come questa. Juliet fai uno sbaglio e la tua vita va a farsi fottere, lo capisci?-
Alexander compie una pausa, ma non smette di scrollare la testa.
-Passeremo l'inferno, io lo so... Per la tua stupida boccaccia..-
-Mi stai rinfacciando che l'ho raccontato o che l'ho ucciso? Preferivi essere morto?-
-No! Cazzo! Preferivo che tu avessi tenuto quelle maledette gambe chiuse per una fottuta volta!-
Resto senza parole.
-Quando quello stronzo voleva scoparti dovevi venire da me. Non dovevi andare da lui, tu dovevi rimanere con me. Così magari non ci finivi a casa sua! E a quest'ora non eravamo nella merda! Non sei neanche in grado di capire chi ti sta davanti! Sei...-
-Smettila. Ti prego.- singhiozzo.
-Se penso che l'hai baciato, che hai dormito a casa sua..-
-Alex calmati..-
-Ti sei eccitata mentre lo baciavi? Mhm?-
- No! Smettila!-
- Ti ha toccata?-
Se mi ero trattenuta, ora ho perso ogni barriera. Sto singhiozzando rumorosamente.
-Non ho più voglia di guardarti piangere, sono stufo.- sputa allontanandosi.
-Alex, non dire così.-
- Vattene. Non è una richiesta, è un ordine.- dice prima di voltarmi le spalle.
-Sei solo arrabbiato non dici sul serio!!-
Vorrei trattenerlo. Con le unghie, con i denti, non mi importa come.
-Io prendo il treno e me ne torno a casa. Non riesco neanche più stare nello stesso posto in cui ci sei tu.-
⛓🌹⛓
Ehhh ragazze care, tutta sta roba c'era sotto sotto...è normale che arrivasse a galla☔️
Pareri ne abbiamo?✨
Il prossimo capitolo sarà giusto un po' rosso 🚦🔴
Ma giusto un po' ⚡️
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