Would you rescue me? Would you get my back?
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Alexander si stropiccia gli occhi come un bambino, poi lascia cadere il polso esile sulla maniglia della porta. Lo guardo tenerla ferma per qualche istante, come se si stesse prendendo il lusso di decidere se farmi rimanere o meno. Rimango senza fiatare, quando infine chiude la porta.
-Juliet, stavo dormendo e mi hai svegliato.-
Lui compie un piccolo cerchio intorno a me, io non mi smuovo di un centimetro dal centro della camera.
-Voglio che mi racconti cos'è successo a Mya.-
C'è un attimo di silenzio in cui i nostri occhi si sintonizzano, come per ritrovare la complicità perduta.
-Lo pretendo.- insisto imperterrita.
Incrocio le braccia allo stomaco, mentre lui siede sul bordo del letto.
Lo guardo dall'alto.
Non ha più quel potere su di me.
-Cosa vuoi sapere? L'ho conosciuta in clinica, te l'ho già detto. Soffriva di vari disturbi, erano anni che entrava e usciva da quell'ospedale.-
Sta parlando controvoglia. Quando ci metterà a sbattermi fuori?
-E tu ci sei finito perché?-
Alexander però, stavolta mi punta con iridi spietate.
-Secondo te?-
Il gelo che mi regalano i suoi occhi sembra impregnare quelle stesse pareti, camera sua mi ha sempre dato i brividi. Eppure ci eravamo scambiati tutto lì dentro.
-Amava sentire dolore e tu l'accontentavi. Niente di nuovo, Alexander.-
Pensavo finisse per innervosirsi data la mia sfacciataggine, ma lui sembra quasi non darci peso quando finisce con lo sguardo a terra.
-Mi ero solo innamorato.- lo sento mormorare sottovoce.
Con mia sorpresa Alexander si alza in piedi, riallaccia i suoi occhi bui ai miei. Per un attimo perdo il contatto con la realtà, mi disconnetto dalle mie stesse sensazioni.
Provo davvero gelosia?
E lui è sincero?
Lo fa per provocare una mia reazione?
-Poi ho scoperto che facendo quelle cose con lei, riuscivo a controllare le mie emozioni. Quelle emozioni.
Il trauma e tutto il resto.
Così diceva il mio psichiatra.
Ho iniziato a manifestare comportamenti ossessivi compulsivi. E sì, sono incline a comportamenti sadici, lo so, ma non ho mai fatto del male a nessuno, Juliet.-
Eccolo di nuovo il suo potere: non me n'ero neanche accorta, ma persa nella subdola melodia della sua voce, sono finita spalle al muro.
-Potrei obiettare.-
Le mie parole fuoriescono come un sussurro.
Alexander si avvicina al mio volto con un movimento rapido ma fluido, facendomi sentire improvvisamente piccola.
Le sue labbra perfette compongono frasi pericolose.
- Non ti ho mai forzata a fare niente. Ti bastava dire una parola e mi sarei fermato. Le volte che mi hai detto basta mi sono fermato all'istante.-
Gli ho mai detto basta?
-All'inizio però...-
Comincio ma non finisco.
Provo a divincolarmi dal suo sguardo piacevolmente soffocante, ma è troppo difficile. Non riesco a scollare i miei occhi dai suoi.
-Se all'inizio ho forzato la mano con te, è perché mi piacevi. Avevo paura di non piacerti allo stesso modo. Non è una scusa, lo so. Ma fattela bastare, Juliet.-
La mia vecchia me avrebbe fatto i salti di gioia dinnanzi a tale confessione.
Alexander. Proprio lui, aveva paura di non piacere a me, Juliet. Io, che pendevo letteralmente dalle sue labbra giorno e notte.
Ora però non posso accontentarmi.
-Quindi non le hai mai fatto nulla contro la sua volontà.-
- Mai.-
-È perché sono emerse delle sue denunce nei tuoi confronti?-chiedo ricordando le parole di Jacob.
-Juliet, le denunce che lei mi avrebbe sporto non esistono. Sono uscite mesi dopo, ma persino gli stessi genitori e i responsabili della clinica ne erano all'oscuro. Nessuno ne sapeva niente.
Qualcuno ha iniziato a far circolare quelle voci nel dipartimento e mio padre ci ha creduto. Persino io ci ho creduto.
Ho creduto di essere io quello sbagliato quando...-
- Quando hai solo trovato un nuovo modo per affrontare il dolore...-
Alexander annuisce nell'udire le mie parole, poi si abbandona sul suo letto, sorreggendosi la testa tra le mani.
-Già. Nonostante il nostro rapporto si basasse sulla fiducia e sul consenso... per gli altri e per mio padre era solo violenza. Non capivano.
E con Mya ormai fuori dai giochi, nessuno mi credeva.
Lo scandalo fu grande. Ormai in quella città ero stato dipinto come l'orfano di madre che era diventato un mostro.
Perciò mio padre mi portò via.-
-Però in tutto ciò la polizia ha confermato il suicidio?-
-Assolutamente sì. Mya teneva un diario di cui non ero a conoscenza. Lo hanno trovato nella sua camera. Non c'era una singola parola negativa nei miei confronti. Perciò non sono mai stato realmente indagato per la sua morte.-
Lo vedo deglutire rumorosamente, infine lancia lo sguardo nel vuoto.
-Sì è tolta la vita. È per me è stato devastante.-
Non avevo mai pensato a quanto lui potesse aver sofferto per quell'avvenimento. L'ennesima sofferenza.
Alexander è un cumulo di sussulti quando decido di fare la mia mossa. Mi getto sul letto e gli lancio le braccia al collo.
Sembra una scena al rovescio: io sto salda in piedi, lui seduto con le spalle ricurve.
Finisce tutto in un abbraccio.
Il suo corpo è così freddo che mi pare impossibile possa scorrere del sangue caldo in quelle vene. Poi provo un brivido delicato quando sento la sua testa abbandonarsi su di me.
Ci scambiamo uno sguardo furtivo, ma intenso.
"Non ti volevo lasciare da solo, non lo farò mai più!"
I miei occhi colmi di lacrime glielo stanno comunicando, gridando, ma non posso prometterglielo adesso.
Alexander mi trascina con lui fino ai cuscini facendomi sdraiare con la testa sul suo petto.
-Juliet, io non verrò a cercarti. Non verrò più a controllare cosa fai. Ma se dovessi...se hai bisogno di me...-
La sua voce si fa sempre più cupa, respiro dopo respiro.
-Ieri volevo mandarti via perché avevo paura ti facesse del male.- confesso finalmente.
-Non mi piace quel tipo, Juliet.-
-Già.-
E poi non so cosa accade: la paura, i dubbi e il risentimento svaniscono. Rimane solo una tranquillità inaspettata. Mi addormento tra le sue braccia. E mi sento di nuovo a casa.
🏠
Il risveglio nel letto di Alexander non l'avevo previsto.
-Stai bene, Alex?-
Rimaniamo impigliati in quell'abbraccio ancora un po', finché lui non si tira giù dal letto.
-Sì.-
Ancor meno mi aspettavo una risposta così positiva. Lo guardo e non posso fare a meno di notare quanto sembri nervoso e stanco.
-Hai dormito bene?- chiedo sbadigliando sguaiatamente.
Lui non risponde ma si allontana dal letto, poi sposta le tende davanti alle finestre, lasciandomi accecare da una fastidiosa luce mattutina.
I raggi riscaldano il suo fisico snello, fasciato da una maglietta a maniche corte.
-Cosa c'è, Alex?-
-Quel tipo non mi piace, so che non posso dirti cosa fare ma... te lo chiedo per favore.-
Sprofondo nuovamente con la testa tra i cuscini.
Ci risiamo.
- Senti, forse non hai capito. Guarda che non ho intenzione di tornare da lui.-
Così Alexander si volta e sorride appena.
Si sporge verso il letto, contro di me. E io mi spingo verso di lui, come fosse naturale darci un bacio, come se lo facessimo tutti i giorni, da una vita.
I nostri profili si sfiorano appena, poi delle voci in corridoio ci ricordano della cruda realtà.
-Che ne dici se andiamo via?-
-In che senso?- chiedo smarrita per via della richiesta insolita.
-Ho bisogno di schiarirmi le idee...- lo sento borbottare, intento ad aprire un cassetto dove tiene i vestiti puliti.
- Va bene.-
Sono ancora assonnata, quindi non sto troppo a discutere.
-Vado a farmi una doccia.- tuona lui dopo aver afferrato una camicia stirata e dei boxer puliti.
"Dovrei farla anche io..."penso tra me e me.
Esco dalle coperte e Alexander mi rivolge un'occhiataccia quando intuisce le mie presunte intenzioni.
-Non possiamo.- mi dice freddandomi nel pensiero.
-Chi ti credi di essere penserai mica che voglio...?-
Ma poi lui sorride e la mia faccia cambia in un istante.
-Lo penso io come lo pensi anche tu, Juliet. Ci penso ogni maledetto istante.-
Vengo sedotta ed infastidita dalle sue parole subdole. Possible che non riesca mai lasciarmi decidere in che modo io possa avvicinarmi a lui?
-Tu ora va a prendere una coperta. Ieri ho preparato dei croissant.-
-Cosa?!-
Questa è bella.
-Hai capito. Metti il caffè nel termos e se riesci prendi della spremuta d'arancia. Bicchieri di vetro, non di plastica. Grazie.-
Fa una pausa per sfilarsi la
t-shirt scura con cui ha dormito, lo fa in un modo disinteressato, proprio davanti ai miei occhi.
-Hai capito, bene?- domanda con uno sguardo serrato, avvicinandosi minaccioso.
Deglutisco rumorosamente.
-Sì okay e cosa ne faccio di tutto ciò?-
-Va' nel capanno. C'è un vecchio cestino che mia madre usava quando andava in campagna. Mettici tutto dentro.-
-Ma devo...-
-Va' in camera tua, fatti una doccia e mettiti un vestito carino. Ti devo dire proprio tutto?- sbuffa infastidito prima di chiudersi in bagno.
🦋🦋🦋🦋🦋
Lo ammetto, sto facendo fatica a continuare questa storia... ho già scritto tutto quello che succederà fino alla fine del libro, devo "solo" (per modo di dire!) metterlo sotto forma di romanzo. Eppure, è come se mi mancasse la "passione" nel farlo. Ho la testa persa completamente nella nuova storia Bad Guy, che però non sto pubblicando molto, proprio per non rallentare Badlands... spero mi torni un pochino l'ispirazione, faccio del mio meglio 🤞🏻😊
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