L
Alexander POV
Ti amo.
Me l'ha detto Juliet prima di uscire poco fa, l'ha sussurrato sottovoce davanti ai nostri genitori.
Non so perché l'abbia fatto.
Una settimana senza vederla e ora mi ritrovo costretto ad osservare la sua piccola sagoma che lascia la porta d'ingresso, senza poter fare nulla per fermarla.
E due giorni a settimana sono otto giorni al mese. In un anno saranno pochi quelli in cui staremo insieme. Mi chiedo se anche Juliet abbia fatto il calcolo come l'ho fatto io.
-C'era traffico?-
Sono seduto a tavola, abbiamo appena finito di cenare e Catherine culla il bambino mentre mi sommerge di domande di poco conto.
L'unica cosa a cui penso io però, è una soltanto.
Ho finito lezione tardi, sono riuscito ad arrivare a casa non prima delle otto di sera, ma lei stava per uscire.
"Stai con me" avrei voluto dirle quando, senza neanche bussare, sono salito di corsa in camera sua.
Ma non le ho detto nulla, mi sono limitato a togliermi la giacca e a guardarla.
Non ci siamo parlati per una settimana, è vero, ma avercela davanti non mi permette di mantenere il mio solito autocontrollo.
Mi è mancata, Cristo.
Ed il bacio è stato veloce, necessario. È stato facile averla nuda tra le mie braccia, Juliet era appena uscita dalla doccia, mi è bastato strapparle l'asciugamano di dosso.
- Quante settimane di vacanze avrai per Natale, Alexander?-
Non smetto di pensare al piccolo momento vissuto con Juliet qualche minuto fa, mentre Catherine e mio padre continuano a parlarmi.
Non mi ha detto nulla, quando ho preso il suo viso saldo tra le mani, mentre mi forzavo dentro alle sue labbra con avidità. Juliet ha accompagnato il movimento frenetico della mia lingua impaziente contro la sua, esplodendo in un bacio mozzafiato. Poi ha curvato il collo cercando di sottrarsi ai brividi che le dava il mio respiro contro il suo collo affusolato. L'ho sentita gemere a lungo, senza che io le avessi fatto niente.
-Sono stato bloccato nel traffico, dammi il tempo di...-
-Alex...-
-Mi faccio una doccia veloce.
Finisci di vestirti qui in bagno, con me. Fammi compagnia. Parliamo un po'.- le ho detto poi, solleticando la pelle sottile e vellutata della sua schiena con la punta delle dita.
Infine mi sono schiarito la gola, accorgendomi un po' troppo tardi di come il mio tono di voce assomigliasse ad una supplica.
L'ho davvero pregata di stare qualche minuto in più con me?
-Sto per uscire.- mi ha freddato lei.
Juliet non sembrava minimamente toccata dalle mie parole, né dai miei gesti affettuosi. Devo averle detto qualcosa che non mi ha ancora perdonato.
L'ultima discussione è stata accesa, sì, solo non riesco a capire dove ho sbagliato.
-Mhm.-
Così mi sono seduto sul letto, lei intanto si è chinata per raccoglie l'asciugamano, come per coprirsi.
Quel gesto mi ha urtato nel profondo. Mi tratta come un estraneo adesso?
Quindi era tutto vero quello che mi ha detto durante l'ultimo litigio?
Non era solo arrabbiata?
-Tornerò presto, così stiamo insieme.- ha mormorato poi, mordendosi il labbro.
Cosa dovrei fare? Farmi schiacciare da questa morsa al petto tutte le volte che la sento sfuggirmi via dalle mani?
-Vedo che hai già deciso.- ho replicato con tono asciutto.
- Alex...-
- Va bene, Juliet.-
Gliel'ho detto senza entusiasmo e lei ha cominciato subito a squadrarmi. Voleva intuire il mio stato d'animo, ma non gliel'ho lasciata vinta, come avrei potuto? Come posso confessarle che io non vado a nessuna festa, che non faccio che studiare per tutta la settimana, pur di tenermi due giorni liberi e stare solo con lei?
Così l'ho guardata preparasi.
Ed è sempre una fottuta sofferenza. Vorrei non essere così possessivo, ma sono fatto così.
"E poi voglio sapere se ci sarà anche lui" mi sono detto prima di rivolgerle la parola.
-Dove vai?-
Non voglio impedirle di uscire, ma solo sapere. Troppo da chiedere?
-Vado a casa di una mia collega. Chloe.-
-Alexander?-
Sono ancora a tavola e mio padre sta ancora parlando, ma ha già capito che non lo sto ascoltando.
-Scusa ho altre cose per la testa.- bofonchio mentre lo vedo lanciare un'occhiata al portone d'ingresso dal quale è appena uscita lei.
-Va tutto bene?- chiede poi.
No.
Così torno con la mente a Juliet.
Non so chi sia questa Chloe, ma poco mi importa.
-Baciami prima, sennò non ti lascio andare da nessuna parte.- le ho sussurrato attirandola a me.
-Sì Alexander.-
L'ha bisbigliato contro le mie labbra pulsanti, con tono sottomesso. Mi chiedo se lo faccia apposta per farmi uscire di testa.
-Non sei un po' troppo sexy, però?-
L'ho un po' presa in giro, indicando il vestitino che le fasciava il fisico sottile.
-Tu lo sei sempre, cosa dovrei dire?-
-Ma ho una felpa e i pantaloni della tuta.- ho ammesso, guardandomi confuso.
-Appunto.- E poi si è morsa il labbro.
Così ho portato entrambe le mani sui suoi fianchi, l'ho stretta forte, immergendo le dita nella sua pelle poi l'ho spinta contro il muro. Mi sarebbero bastati dieci minuti per appropriarmi del suo corpo e dei suoi pensieri ma... No, così non mi va.
Non voglio essere una piccola parentesi nella sua giornata.
Rabbrividisco di rabbia alla sola idea che possa essere così.
-C'è anche lui?-
Mi si blocca il respiro, Juliet ci mette troppo tempo a rispondere. E lo fa senza alzare gli occhi, mentre le ciocche lisce le ricoprono il viso.
-Non lo so.-
-Juliet...-
E più quella sensazione nello stomaco si fa pesante, più la mia stretta intorno al suo avambraccio si fa dura.
Ma la pazienza di Juliet è già finita.
La guardo sollevare lo sguardo corrucciato, all'unisono s'incrina anche il suo tono di voce.
-Senti mi ha già chiesto scusa. Poi non appena gli ho detto che non sono libera, lui si è fatto da parte. Capisci?-
Capisco che se mi tratti come un idiota giuro che non mi vedi più.
La scruto dall'alto al basso, lei si irrigidisce un po', vedo le sue iridi scure ribellarsi al mio sguardo esigente.
- Alexander, devo andare.-
Lo dice tenendo gli occhi puntati sul suo braccio, dove la mia mano resta impigliata nella sua pelle candida. Rilascio immediatamente la presa, lei fissa i segni delle mie dita ancora impresse.
- Scusa.- bofonchio controvoglia.
-Juliet ha solo degli amici, Alexander.-
È mio padre, che si è reso conto di come sto a fissare la porta con sguardo assente.
La sua frase mi riporta a galla, mentre io vorrei solo affogare nei pensieri che mi riallacciano a Juliet.
Forse avrei dovuto fermarla.
Resta il fatto che non voglio che lo vedi
Non ho potuto dirle una cosa del genere, avremmo cominciato a litigare, perciò ho annuito sbuffando.
"Proviamoci a darle fiducia", mi sono detto poi. È solo per una sera, da domani Juliet sarà tutta mia.
-Ti devo aspettare sveglio?-
Lei ha compiuto un cenno di sì con la testa e mi ha lasciato lì in camera sua, con tutti i miei dubbi.
La mia fiducia però, è sottile come una piccola corda in tensione.
Basta un minimo sforzo per strapparla.
E no, in quel caso non potrei mai perdonarla.
-Juliet?-
L'ho richiamata ancora, quando era sull'uscio della porta.
-Dimmi solo dove ho sbagliato.-
La mia frase l'ha fatta sussultare, l'ho visto da come le sue spalle hanno cominciato a tremare.
-Davvero, Alex? Non te ne accorgi da solo?-
E poi ha sbattuto la porta.
Ho sentito i denti stridere e i pugni bruciare da quanto è stata forte la morsa di tensione che ha attraversato il mio corpo.
Devo avere pazienza.
Così sono sceso a fare cena con Catherine e mio padre, che stanno continuando a parlare delle vacanze di natale.
-Vado a letto. Buonanotte.-
- Ma Alex sta bene?- sento Catherine rivolgersi a mio padre con tono preoccupato, mentre io mi sono già dileguato al piano di sopra.
Dopo il litigio al campus non ci siamo parlati per tutta la settimana, mi chiedo come mai non abbia sentito l'esigenza di scrivermi o di chiamarmi.
Io non l'ho fatto, è vero, ma lei è pur sempre Juliet. Lei ha bisogno di me.
Guardo il telefono. Sono le undici.
E sì, volevo aspettarla, ma sono così stanco che mi addormento nella speranza che lei mi avrebbe svegliato, una volta arrivata a casa.
Non so che ore siano, quando avverto dei rumori al buio.
Accendo subito la luce sul comodino e quello che vedo è una Juliet in mutande che si sta infilando la mia maglietta per dormire.
-Juliet?-
-Oh Alex...- dice quasi stranita.
E chi sennò?
La punto con occhi fermi e indagatori.
-Stavi provando a non svegliarmi?-
-Ehm, no io.. beh dormivi...-
È strana.
-Sei ubriaca?- azzardo nella speranza che lei dica di no.
-Chi io? Noooooo.-
Mi metto a sedere, stropicciandomi il viso.
-Juliet?-
-Ahhhmmm... -
E mentre lei dondola vicino al letto, la prendo dal polso e la trascino sul materasso insieme a me. La sua bocca sa di dentifricio e alcool, non so che tipo di superalcolico, ma è quanto basta a farmi ghiacciare lo stomaco.
Controllo l'ora, sono le tre.
- Che succede? Perché torni a casa in questo stato?-
-Ohm no, ero in compagnia dei miei colleghi e il tempo è volato..-
Mi rivolge uno sguardo lucido di lacrime non ancora scese, inducendomi a preoccuparmi per lei.
Per un attimo vengo attraversato da un pensiero che mi causa un dolore lancinante al petto.
Juliet non è felice.
-Ti trovi bene con loro?- domando mentre la guardo accoccolarsi tra le lenzuola.
-Sì.-
-C'era anche lui vero? Cristo e se ti avesse fatto qualcosa mentre stavi così ubriaca?-
-Tranquillizzati. Il mondo non è fatto di stupratori Alex.-
-Ne sei sicura?-
-Abbiamo solo parlato.-
Il sonno mi passa all'istante, una fiamma di gelosia mi invade il petto.
Ha passato la serata a parlare con lui e non con me.
-Non gli parli di me vero?-
-Cosa?-
-A loro.-
-No ehm..-
Mi stendo di fianco a lei.
Pensavo si fosse già addormentata, invece mi sta guardando con occhi più grandi del solito.
-Non glielo dici che stai con me, Juliet?-
- Ehm... ma a chi?-
Sembra non capire.
Storce le labbra nervosamente, obbligandomi a fissargliele.
-Non glielo dici che sei impegnata?-
Che sei mia, Cristo. Non glielo dici?
-Ah beh non è mai uscito il discorso...- sussurra prima di allacciare un braccio intorno al mio petto.
-Sei stanca, forse è meglio se dormi.- mi irrigidisco, sottraendomi al suo abbraccio.
-Sei arrabbiato?-
-C'è un motivo per cui dovrei esserlo?-
-Ma...no.-
-Juliet, toglimi una curiosità.-
Lei sbatte le ciglia fissandomi con due occhi persi.
-Sono troppo morbido con te?-
-Che vuoi dire..-
-O sono troppo duro?
-Io non capisco...-
È troppo ubriaca e io non voglio sprecare altro fiato.
-Buonanotte, Juliet.-
Lei si addormenta all'istante, io non riesco a chiudere occhio.
Mi chiedo solo quanta profondità ci sia realmente, nelle sue promesse, nei suoi sentimenti per me.
Juliet POV
Abbiamo dormito insieme, ma quando mi risveglio nel suo letto, lui non è più qui. È già ripartito per il campus.
Probabilmente se n'è andato per farmela pagare, o forse voleva schiarirsi le idee. Ma io non faccio parte del suo piano. Mai. Perché devo sempre dirgli tutto per filo e per segno, ma quando si tratta di lui, non so mai cosa gli passa per la mente.
Ma forse il problema non è Alexander. Il problema è stare con una persona che ha subito traumi così grandi da essere in grado di sopportare qualsiasi cosa.
Lui sopporta benissimo la mia mancanza. Non ne soffre, mentre io sto con il magone tutte le sere. Forse perché ha vissuto di peggio e questo è nulla in confronto?
Non riesco però a capire come faccia a non rendersi conto di quanto sia sbagliato il suo comportamento. Finiamo sempre a parlare di cosa facciamo in camera da letto, ma il vero problema è cosa facciamo fuori.
Perché so che anche quando mi fa le cose peggiori, posso metterglielo un freno... ma non posso metterlo al suo modo di essere.
Sentirgli dire che non si fida di me e che dovrei abbandonare il lavoro, mi ha lasciato con un buco dentro.
Siamo ancora a quel punto? Arriverà mai il momento in cui riuscirà a fidarsi di me?
Mi asciugo la guancia, poi ingoio un singhiozzo. Non ho fatto altro che piangere per una settimana. Non ho fatto altro che fissare lo schermo in attesa che lui mi chiamasse, che mi mandasse anche solo un messaggio, una scusa, un "come stai".
Nulla. E se lui sa sopportare bene la distanza tra noi, io sono distrutta.
E a casa mi sento soffocare.
Guardare John negli occhi, è insopportabile. Rivivo il terrore di quella sera, il rumore dello sparo mi perseguita ancora. Così come l'immagine di quell'uomo senza vita, per colpa mia.
Ho bisogno di uscire da tutto questo, non mi spiego come Alexander non faccia a capirmi. E poi non vedo l'ora di poter entrare nella casa nuova, sto solo aspettando la fine del mese, quando all'inquilino scadrà il contratto e se ne andrà.
Perciò è ovvio che nel frattempo ne approfitto sempre, quando mi chiedono di unirmi per un aperitivo o una cena.
Ed è così anche stasera.
-Che c'è? Ho il rossetto sui denti?- mi domanda Chloe indicandosi la bocca.
Guardo il telefono prima di ributtarlo in borsa.
Ancora niente.
Non una scusa, non un messaggio, non un buongiorno.
Non esisto per Alexander.
E non so con che coraggio mi abbia chiesto se parlo di lui con i miei amici. Certo che parlo di lui.
E più Alexander mi ignora, più occupa uno spazio ingombrante nei miei pensieri.
E lui lo sa perfettamente.
-Ma state insieme sul serio o è solo...-
Chloe mi porge un analcolico mentre siamo sedute al bancone del bar.
-Certo che stiamo insieme. Solo che lui è un tipo così difficile da accontentare...-
- Tu non ce l'hai un padre vero?- domanda sorseggiando il suo Margarita.
Sollevo gli occhi al soffitto. Chloe tenta sempre di psicanalizzare tutti.
- Chloe e dai! Basta con questa psicologia spicciola.- si intromette David sedendosi sullo sgabello di fianco a me.
- Quel tizio laggiù voleva offrirvi da bere ma ho detto che siete impegnate.-
- Grazie capo.- lo prende in giro Chloe.
Il pub si sta ormai svuotando, perciò il rumore di sottofondo comincia a calare e si riesce persino a comunicare senza urlare troppo.
- Guarda che sto parlando di una cosa seria. Il rapporto con tuo padre segnerà che tipo di persona sarai in una relazione.- insiste lei con tanto di occhiata seriosa.
- Non darle retta Juliet...-
-Il tuo mancato rapporto con tuo padre ti renderà una facile preda per uomini problematici.- continua Chloe, imperterrita.
- Esagerata...- la canzona David sorridendomi.
- Sì certo, tu non sai proprio di cosa parlo eh.- lo punzecchia lei, riferendosi probabilmente alle sue conquiste passate.
-Se solo muovesse un passo, non chiedo molto.- mormoro io, scrollando il capo verso il pavimento.
- Hai una storia complicata, questo l'ho capito, ma...una storia dovrebbe essere composta da due persone alla pari.-
Chloe è sposata con il suo migliore amico delle elementari, la fa facile lei.
- Già e io sono una piccola parte della sua vita. Se non fossi io a rincorrerlo continuamente, magari lui non mi degnerebbe neanche di una parola.-
-Nel senso che siete solo come dire...?-
-No no, siamo già oltre da un pezzo. Io lo amo e sono sicura che anche lui, a modo suo, mi ama ma... Se non sono io a provocarlo o a trovare un modo per sfondare le sue barriere, lui non mi ci fa entrare.-
Mi guardo intorno spaesata.
Potrei parlare di Alexander per ore.
Sto andando troppo nei dettagli? I miei due interlocutori mi osservano incuriositi, perciò continuo.
-Non ci avevo mai pensato, però...sono io. Sono sempre io a tornare sui miei passi. Dopo ogni litigio, sono io a tornare da lui.-
-E poi che succede? Ti chiede scusa?-
-No. Finisce che non riesce a resistermi e finiamo per strapparci i vestiti di dosso. Non può funzionare così.-
Mi zittisco tirando giù una lunga sorsata dal bicchiere.
Forse non dovrei confidarmi con loro, Alexander non lo vorrebbe, ma non sto facendo niente di male, anzi... è terapeutico aprirsi con qualcuno e lasciarsi andare a queste confessioni a voce alta.
-Mi sembri piuttosto decisa.-
Chloe mi scruta con i suoi occhi di un azzurro calmo.
-In realtà non lo sono. Non so cosa farei senza di lui.-
-Sopravvivi, come facciamo tutti.- sento dire a David con voce convinta.
-David si è lasciato dopo sei anni.- spiffera Chloe.
-Eh!? Sei anni?-
E a me che sembra di aver condiviso una vita con Alexander e lo conosco a malapena da un anno.
- Che è successo?- mi intrometto nella loro discussione.
-Solite cose. Ci siamo conosciuti al liceo, poi dopo il diploma siamo andati a convivere e io ho cominciato l'università. Una sera ho scoperto che mi tradiva con un ragazzo che ha conosciuto in palestra. Se non l'avessi messa alle strette non me l'avrebbe mai confessato probabilmente.-
- Mi... mi dispiace.-
-Già. E nonostante tutto, la sincerità l'avrei apprezzata. Perché prima che amanti, in una coppia bisognerebbe essere complici.-
David si dimostra parecchio disilluso quando parla di sentimenti.
-Le persone mentono. Anche le più affidabili.- continua poi.
-Ma tu l'avresti perdonata?
Se te l'avesse confessato, intendo.- domando curiosa.
-Vuoi la verità? Credo di sì, l'amavo troppo per potermi permettere di perderla.-
Inarco un sopracciglio, sono sorpresa.
-Se io facessi una cosa del genere, lui non lo farebbe mai. Non mi perdonerebbe mai. Mai.-
-Sì ma sei ancora dotata di libero arbitrio, non devi lasciare che sia lui a condizionare le tue scelte.-
La frase di David ha il potere di spiazzarmi.
- In che senso?-
-Se tu senti di voler fare qualcosa, dovresti farla a prescindere. Vuoi?- domanda poi offrendomi un altro bicchiere.
-Sì grazie.-
Si crea un piccolo attimo di silenzio, non appena Chloe ci lascia soli per mettersi in coda per il bagno.
- Comunque non voglio annoiarti con i miei problemi.- mi stringo nelle spalle.
- Lo dici ad uno che se cominciasse a raccontare i suoi di problemi, non finirebbe più.- lo sento dire ridendo.
Sorrido, poi comincio a torturarmi il labbro con i denti.
-Mi sento trascurata, non apprezzata. E probabilmente non è neanche colpa sua, perché quando siamo insieme stiamo bene, è vero...-
-Ma...?- mi incalza lui.
-...ma oltre a quello... c'è il vuoto.-
-Parli di sesso?-
-No, parlo proprio dello stare insieme. Di quello che provo quando sto con lui, non sarei in grado di provarlo con nessun altro. Ma quando siamo lontani... non lo so.-
-Non sono il migliore a dare consigli.- lo vedo soffermarsi con lo sguardo nel vuoto.
- Perché mi dici così?-
-Se penso che l'avrei perdonata dopo tutti quei tradimenti...-
-Ma non l'hai fatto, vero?-
-Lei ha scelto di stare con l'altro.-
Ho sentito il suo cuore di David spezzarsi ancora una volta, nel raccontarlo.
-Mi dispiace.-
-Scusa non volevo interromperti, finisco sempre a fare la vittima. Affoga i dispiaceri con queste.-
Mi allunga il suo piatto di patatine fritte, ma io faccio cenno di no.
Ho lo stomaco sigillato.
-No ma che dici..sei umano anche tu.- mi affretto a constatare.
La mia affermazione titubante lo fa sorridere.
-Non mi ci facevi umano, Juliet?-
-Ammetto che mi fa strano vedere un ragazzo parlare dei suoi sentimenti in questo modo. Poi in ufficio ti vediamo un po' come un'entità superiore...-
Lui scuote la testa divertito.
-Non sono affatto un'entità superiore.-
Ci guardiamo negli occhi per un attimo, finché non abbasso lo sguardo perdendomi in un pensiero proibito.
Beh saresti molto più attraente se lo fossi
-E quindi tu cosa vuoi?-
La sua domanda mi fa trasalire.
Cosa voglio?
Stiamo parlando di Alexander.
Mi basta lui, perciò davvero poco.
Mi basterebbe poco.
-Vorrei solo che mi considerasse di più. Un messaggio, una telefonata, un pensiero carino. E non gliene faccio una colpa, lui è così. Ma ora che ho capito che io invece sono fatta diversamente, che ho questi desideri...beh...mi sembra di rinnegare me stessa, pur di accettare lui.-
David mi sta guardando con aria contratta, si massaggia la tempia come a voler comprendere più a fondo le mie parole.
- Non so, forse non mi so spiegare...- tentenno imbarazzata.
-No ma ho capito perfettamente, i compromessi in una relazione sono importanti. Magari quella che vi frega è solo la lontananza, magari se viveste insieme...-
-Viviamo insieme da un anno, è capace di ignorarmi totalmente per l'intera giornata.-
David mi fissa con un sopracciglio castano inarcato.
-Io sono sicura del fatto che lui mi ami, che farebbe qualsiasi cosa per me e anche nei momenti in cui mi ignora, lo sento quello che prova. Glielo leggo negli occhi, nella maniera in cui mi guarda...-
Prendo un respiro, parlare di Alexander mi crea una piccola fitta al cuore.
-...Ma quando siamo così fisicamente lontani, questa complicità non c'è e basterebbe fare affidamento ad altre cose, cose che forse nella nostra relazione ancora mancano.-
-Fiducia, stima e rispetto?- domanda lui, che sembra sapere di cosa io stia parlando.
-Sicuramente da parte mia ci sono, ma da parte sua non lo so...-
-Prenditi del tempo per pensarci, no?-
La sicurezza con cui David pronuncia quella frase mi lascia per un istante senza parole.
Pensare a cosa?
Non c'è nulla a cui pensare.
Non rinuncerei mai ad Alexander, per niente al mondo.
Non dopo tutto quello che ho fatto per averlo.
-Solo che... Siamo così diversi.- mi lascio andare ad uno sbuffo pesante.
-Lui ha mai avuto modo di dubitare di te?-
-In passato sì, io ho dubitato fortemente di lui e lui di me. Sono stata poco corretta, mi sono confidata e fidata delle persone sbagliate...-
-Ti colpevolizzi di qualsiasi cosa, ma ti senti? Tu non hai colpe, Juliet.- asserisce David con convinzione, inducendomi a riflettere sulla sua frase.
-Juliet non mi piace vederti così, non ci riesco proprio. Andiamo a ballare?- propone Chloe, una volta tornata dal bagno.
-Non mi va.-
-Non mi sembra dell'umore per festeggiare.- osserva David, guardandomi.
- Okay, se proprio ci tieni a parlare della tua relazione, dimmi una cosa.. ti senti costantemente con un nodo in gola?-
- Oh no, adesso parte con i quiz sulla personalità. Fermatela!- la prende in giro David senza smettere di fissarmi.
Io la osservo confusa, massaggiandomi il collo nervosamente, con le dita.
- Non avere paura, rispondi.- mi esorta lei.
- A dirla tutta... sì.-
Senza però accorgermene ho appena abbassato la sciarpa che usavo per coprire i residui dei segni violacei che Alexander mi ha lasciato la settimana scorsa. Mi si infiamma lo stomaco al pensiero. L'aveva fatto apposta.
-Sei condizionata dalla sue reazioni?-
La domanda di Chloe mi distrae dai miei pensieri.
-Beh sì, quello che lui pensa è molto importante per me...-
-E quello che pensi tu?-
-In che senso?-
-Juliet, dopo quello che ci hai raccontato...sei sicura che sì, insomma.. il tuo ragazzo non sia un po' troppo egoista?-
-Cosa?! No! Non sarà il principe azzurro, ma... mi fa sentire protetta, mi coccola quando ne ho bisogno, mi porta i dolci in quel periodo del mese, mi dà attenzioni quando sono stanca...-
-Tutto questo, in cambio di cosa?-
-Beh... niente. Non è uno scambio, lui mi ama.- mormoro accigliata.
Chiudo gli occhi per una frazione di secondo, immediatamente sento il calore delle sue mani sul viso, sul collo.
- Lui mi ama, farebbe qualsiasi cosa per me. Qualsiasi.- insisto con decisione.
- Gia... però c'è qualcosa che non mi convince...- asserisce Chloe.
I due si scambiano un'occhiata complice.
Non stiamo parlando di Mini, Amanda o dei loro giudizi acerbi, qui si tratta delle opinioni di due persone adulte.
Mi interessa il loro punto di vista.
-Quindi secondo voi cosa dovrei fare?-
-Tu un bel niente, Juliet. Lui dovrebbe darsi una mossa prima di perderti.-
Chloe fa schioccare la lingua al palato.
Questa ragazza ha un modo di fare sicuro di sé che non mi appartiene e tanto meno mi appartiene l'atteggiamento che ha appena descritto.
-Perdermi? Sono io che perderei lui, non il contrario.-
- Tu? Cos'avresti fatto per arrivare a perderlo?-
- Ci sono delle cose che non gli vanno a genio del mio comportamento..- ammetto quasi imbarazzata.
-Quindi la vita è tua, ma alla fine decide lui?-
-No...io...-
Inizio a sentire caldo.
Sollevo le maniche del maglione, Chloe è fulminea nel lanciare un'occhiata alla mia pelle appena scoperta.
I segni delle corde sui polsi sono ancora visibili.
Riabbasso le maniche immediatamente.
- Okay dai, andiamo a ballare.- provo a distrarla.
Lei mi fissa accigliata, ma decide di non parlare.
Chloe mi segue, poi dà uno spintone a David che si alza contrariato.
- E dai! Non so ballare!-si giustifica lui.
- Non farmi fare queste figure davanti a Juliet!-
Scoppio a ridere poi mi metto a seguire la musica spegnendo il cervello per una decina di minuti.
-Cosa sto facendo...- borbotto tra i denti ad un certo punto.
-Ti stai vivendo la tua età, non c'è niente di male Juliet.- sorride Chloe, alzando appena la voce.
- Forse è meglio se torno...-
- Ti accompagno a casa?- chiede David indicandomi la porta del locale con un cenno del capo.
-Non è il caso.-
-Voglio andare a casa anch'io. Ti do uno strappo, che sarà mai? Preferisci tornare a casa in metro a quest'ora?-
Osservo le labbra di David che si richiudono dopo aver pronunciato quella domanda.
Perché la differenza non è sottile, è abissale.
Preferisci tornare a casa in metro? non è paragonabile a Tu non torni a casa in metro.
-Okay, grazie.- rispondo leggermente agitata.
Recupero il cappotto e dopo aver salutato Chloe e alcune sue amiche, David mi scorta fino all'uscita del pub.
In auto parliamo del più e del meno, mi racconta dell'Università e dei sacrifici che ha dovuto fare per ottenere il suo posto di lavoro.
- Grazie per la chiacchierata.- mi appresto a dire quando siamo ormai davanti a casa.
-Grazie a te, di solito sono io a piangermi addosso...per una volta mi hai risparmiato la parte del disperato.-
Nascondo il sorriso abbassando lo sguardo sulle mie ginocchia.
- Stai dicendo che sono io la disperata?-
- Non lo penserei mai. E comunque non te lo meriteresti.- lo sento sussurrare nel buio dell'abitacolo silenzioso.
-Ci vediamo a lavoro. Buonanotte.-
Faccio per scendere dalla macchina, lui però mi ferma.
-Juliet?-
Torno a fare capolino con la testa dentro all'auto.
-Per quanto tu sia innamorata, non sono gli altri che decidono quanto vali, ricordatelo.-
Annuisco con un piccolo sorriso, infine gli faccio un cenno di saluto.
Rientro a casa in punta di piedi.
Vorrei continuare ad essere spensierata come qualche minuto fa, invece ho un groppone in gola.
-Alex ma cosa ci fai...-
E mi piacerebbe dire di essere sorpresa nel vedere la sua sagoma longilinea poggiata al bancone della cucina, nella penombra, ma in realtà non lo sono.
-Ti aspettavo.-
Mi sfilo il cappotto con lentezza, poi muovo dei piccoli passi finché non mi posiziono davanti a lui.
-Dobbiamo parlare.- bisbiglio con un soffio tremolante.
Alexander mi sta puntando con due fessure sottili, le mani nelle tasche e la postura dritta.
-Dimmi. Ti ascolto, Juliet.-
Poi il silenzio.
-Credo che...-
Mi prendo il tempo per schiarirmi la gola, ma è quanto basta per fargli guadagnare terreno.
-Lunedì torno all'università, dovresti avere il coraggio di dirmelo in faccia.- sentenzia senza battere ciglio.
-Cosa Alex?-
-Che io non ti sto più bene.- sputa uscendo dalla cucina.
-Ma non sei tu, sono le cose tra di noi non starmi più bene e...-
Mi fermo.
Sto parlando da sola.
Rabbrividisco difronte alla sua reazione.
- Alex...?-
È assurdo.
Quando ero piccola i litigi degli adulti mi sembravano superflui, inconsistenti, insensati.
Se due persone si amano stanno insieme, punto. Senza ma e senza se.
O almeno così credevo.
E invece cresci e ti rendi conto che la vita non è poi così semplice, ci sono troppe variabili e farle combaciare tutte è un casino.
E io ci provo ad evitarli i litigi con lui, perché mi distruggono, mi consumano e finisco a trascorrere giorni interi a piangere. Non riesco a concentrarmi a lavoro, né riesco ad andare a lezione la sera.
Così decido di essere egoista per una volta e ritagliarmi il mio spazio.
Non farò quello che lui dà per scontato: non lo seguirò e non andrò da lui questa notte.
Ma ovviamente se c'è una persona a cui questa cosa non andrà giù è proprio Alexander.
Il giorno seguente vengo svegliata dal rumore di passi insistenti provenienti dal corridoio.
È sabato mattina e madre è appena tornata da una visita con il bambino, non fa che andare avanti e indietro facendo rumore, incurante dell'ora.
Mi trascino svogliatamente in cucina, dove vi trovo Alexander che sta facendo colazione. Solleva gli occhi per un secondo, poi torna al cellulare.
-Continuerai ad ignorarmi? Quando non faccio quello che vuoi, farai così?-
Il suono delle mie parole rimbomba nella cucina silenziosa.
-Sto facendo colazione.-
E la sua calma è frustrante.
-Pensavo dovessimo parlare.-
Accenno un cerchio intorno al tavolo per avvicinarmi di più a lui.
-Sbaglio o sei tu che hai preferito uscire con i tuoi amici e tornare ubriaca alle tre di notte l'altra sera?-
-Sì ma ti ho aspettato tutto il pomeriggio ieri!-
-In lacrime, distrutta.. immagino.-
Il tuo sarcasmo mi distrugge.
Non riesco più a tenermelo dentro.
-Ci sto male Alex.- ammetto con un singulto.
-Non sembrerebbe.-
Mi basterebbe scorgere anche solo una singola emozione sul suo viso, per farmi sciogliere...ma non ce n'è.
- Vuoi vedermi in lacrime? È questo che vuoi? Perché sono in lacrime tutte le sere ma tu non te ne accorgi neanche!- esclamo fuori dai denti.
Alexander risucchia un respiro, prima di far scivolare lo sguardo lungo il mio corpo.
-No, non è quello che voglio.-
- Ma non ti chiedi cosa vorrei io, invece?- domando avvicinandomi al tavolo.
Lui torna a rinforzare gli occhi nei miei, senza però dire una parola.
-A volte Alex, mi sembra di voler fuggire...-
-Ed è esattamente ciò che fai. Preferisci evitarmi, Juliet.-
Mi verrebbe quasi da ridere per la sua risposta.
-Io?-
Alexander si alza in piedi, senza mai allontanare lo sguardo che resta fisso sulla mia figura.
-Come te lo spieghi? Sembra che tu non voglia stare con me neanche in quei due giorni a settimana in cui dovremmo vederci.-
-Perché tu tutti gli altri giorni non ci sei! Se non mi hai davanti, non ti ricordi neanche di me!- esclamo esausta.
Scrolla il capo, poi lo dice.
-Sei solo una bambina.-
Il suo tono apatico mi fa adirare e non poco.
-Tu non torni qui per me, lo fai per John e per mia madre, per sentirti a posto con la coscienza! Se poi ci sono anche io e ti stuzzico abbastanza da farti venire qualche fantasia perversa, allora sì... andiamo in camera con Juliet, tanto lei si lascia fare di tutto.-
Ed è così istintiva la mia uscita che Alexander schiude le labbra, sembra incredulo.
-Come puoi dire questo?- domanda quasi scandalizzato.
-È così che mi fai sentire!- esplodo prima di voltargli le spalle.
E trattenere le lacrime non è facile.
-E perché...Perché non me l'hai mai detto...?-
Il suo sussurro è così accennato che risulta quasi impercettibile.
-Perché prima non era così! Mi ci fai sentire ora. Prima ti avevo qui tutto il giorno e avevo come l'impressione di viverci, di vivere qualcosa con te, di reale. Il modo in cui ti prendevi cura di me..-
Non riesco però a continuare, i singhiozzi mi impediscono di parlare.
- E lo farei ancora, Juliet.
Ma se ora sono lontano, come cazzo faccio a versarti l'acqua tutte le volte che il bicchiere è vuoto quando siamo a tavola, o a prepararti un bagno caldo quando ti vedo stanca o a venire in camera tua quando mi chiami, solo per darti un orgasmo perché sennò non riesci a dormire.-
Singhiozzo più forte, causando un'espressione di sgomento sul suo viso. Alexander compie un giro intorno a me, poi si avvicina lentamente per accogliere entrambe le mie spalle tra le sue mani grandi.
-Juliet...Se siamo distanti e io non posso prendermi cura di te, cosa posso farci? Dimmelo.-
-Basterebbe un "buongiorno" al mattino, per farmi capire che mi pensi...un messaggio in più...-
-Sono cazzate. Ti chiamo quasi tutte le sere.- dice poi facendomi innervosire.
-Io ti chiamo tutte le sere.- sottolineo acidamente.
- Ma questa settimana eri troppo impegnata, vero?- mi incalza, rimproverandomi con voce dura.
-Finiscila. Sai perfettamente che se non sono io a muovere un passo nella tua direzione, tu non riesci a farlo!-
-Durante il giorno ho da studiare e di sicuro non perdo tempo a...-
Mi scrollo di dosso le sue mani, indietreggiando appena.
-Quando però non riesci più a tenerlo nei pantaloni, lì ti viene voglia di chiamarmi e ordinarmi di chiudermi in bagno. Anche se sono in ufficio e dovrei lavorare!-
Lo vedo attraverso il mio sguardo appannato dalle lacrime, sta negando scuotendo la testa.
-È diverso Juliet. -
-È che non sono capace a dirti di no.-
-Ti starei usando? Questo vorresti dire?!-
La sua voce si solleva appena, rendendo la mia più insicura.
-No.. però...-
-Buongiorno ragazzi!-
Mia madre ci passa a fianco, ma nessuno dei due la sta calcolando.
È così doloroso che sembriamo estranei alla realtà intorno a noi, sebbene sia proprio questa a dividerci.
- Juliet ma sei ancora in pigiama?- la sento dire.
-Non ce la faccio più.- ammetto sottovoce guardando Alexander dritto negli occhi.
-Scommetto che oggi devi uscire di nuovo.-
Mia madre si volta.
-Pensavo di avere lasciato la tv accesa...- dice tutta incuriosita.
- Sì e allora?-
-E allora un cazzo. Sei tu che mi fai sentire una piccola parte della tua vita, Juliet.-
Questa volta lei tossice volontariamente.
-Va tutto bene ragazzi?-
-Sì.- si affretta a dire Alexander.
-No. - ribatto io. -Non c'è niente che vada bene.-
Poi gli volto le spalle e salgo su per le scale.
Lo sento sospirare nervosamente, prima di decidersi a seguirmi.
E anche se mi fa male, ne ho bisogno.
Ho bisogno della distanza tra di noi.
L'ho capito solo standogli lontana.
Più gli sto lontana e più mi sento lucida.
Alexander sale le scale di corsa, abbandonando per un attimo la sua fermezza.
-Alex ho capito una cosa. Appena ti sto lontana...Inizio a vederci chiaro.-
Lo vedo stringere i pugni, finché non porta una mano contratta davanti al viso. Le sue nocche gli sfiorano le labbra.
-Certo. Immagino. Quindi adesso hai bisogno di starmi lontana?-
- Non ho detto questo, ho solo... Appena ti sto lontana...-
- Appena mi stai lontana finisci nel letto dell'assassino di mia madre.-
Mi si rompe il cuore in mille pezzi.
E succede ogni volta che torna a parlare di quella situazione.
Come se non mi sentissi in colpa abbastanza.
-Io non lo sapevo Alex...-
Ma a lui non importa.
-Non te ne faccio una colpa. Voglio solo farti capire che non sai compiere delle scelte da sola.-
-Smettila!- urlo dandogli uno spintone.
Il suo viso perfetto dipinto da un'espressione risoluta viene rovinato da una smorfia di disappunto.
-Juliet. Calmati.-
Calmarmi, certo.
-Smettila di trattarmi sempre come fossi un disastro completo! Che cosa speri di ottenere?-
-Non ti tratto come...-
-Avanti dimmelo! Cosa pensi? Che facendomi sentire uno schifo io torni a cercare la tua approvazione?- lo interrompo spingendolo verso la parete.
-Chi ti ha messo in testa queste cose?-
- Ah, già... perché io non ho una testa pensante con cui ragionare, vero?-
-Non dire così.-
-Cosa vuoi da me. Dimmelo. Cosa vuoi?-
Alexander è con le spalle al muro.
Vedo il suo petto muoversi rapido sotto alla felpa scura.
-Voglio che torni ad essere la ragazza di cui mi sono innamorato.-
Non riesco a rifiutare il brivido che mi dà la sua voce così profonda.
-Alex, io ti amo ma...-
E se fino ad un attimo fa la sua calma era irremovibile, ora sembra aver perso ogni compostezza. Lo vedo incenerirmi con una sola occhiata minacciosa.
-Io ti amo ma?- ripete con tono quasi intimidatorio.
Assottiglia le palpebre arricciando le labbra.
-Alex...-
Lo vedo compiere due passi verso di me e questa volta sono costretta ad indietreggiare se non voglio restare soffocata dal suo petto contro il mio.
-Basta, Juliet.-
-Basta? Basta cosa?-
-Non ci sono "ma".- tuona guardandomi dall'alto.
-Ci sono invece.-
-No, tu mi ami e basta.-
Ho un sussulto.
-È se c'è qualcosa che non va, me ne parli. Non voglio sentire "ma", mi hai capito bene?-
Oh no, caro Alexander.
Per la prima volta da quando ti conosco, sei proprio tu a non aver capito. Questa volta non mi manipolerai a tuo piacimento.
-Sei così sicuro di te che ti bastano due lettere a mettere tutto in discussione?-
-Sono sicuro di me, è di te che non mi fido.-
-Già. Perché io sono quella che apre le gambe appena ne ha l'occasione, vero!- lo provoco ricalcando i suoi pensieri.
-La storia dice questo.- afferma serio.
-Ti odio! Come potrei non odiarti quando mi tratti così!-
La mia impulsività sembra essere la scintilla che fa scattare la sua irrequietezza.
-Odiami, ma da quando Mya è morta, non ho mai toccato una ragazza che non fossi tu. Come cazzo vuoi metterla?- lo sento sibilare nervoso.
-Ma che cosa c'entra?!- sbraito ormai al limite.
-C'entra.-
-Sei troppo possessivo, il mio è solo un corpo! Ed è mio, non tuo!-
-Che vorrebbe dire?-
-Che quello che proviamo è molto più importante di ciò che ho fatto con Jacob.-
-Oh certo è solo un corpo, quindi non l'hai solo baciato.-
-Smettila, sei ossessionato e non te ne accorgi neanche.-
Lui mi fissa di sbieco. Mi chiedo se mi stia capendo.
-Ammettilo, anche per questo sei contento che sia morto.-
Lo vedo affondare le mani nei capelli.
-Dillo avanti.- mi faccio più incalzante.
-Sì e l'avrei ucciso con le mie stesse mani Juliet, se avessi scoperto che ti aveva toccata.-
-L'ho baciato perché volevo baciarlo io! Lo capisci o no che ho un cervello? Avrò anche sbagliato ma sono io a sbagliare! Sono io a decidere per me stessa! E lo stesso vale per David. È inutile che ti affanni tanto ad odiarlo, sono sempre io a compiere le mie scelte.-
E vederlo togliermi ogni responsabilità, non fa che minare la mia autostima.
- Mi stai ascoltando?- insisto nel vederlo rifiutare le mie parole ancora una volta.
Alexander chiude gli occhi, non può sopportare quello che sto dicendo. Lo so. Ma poco mi importa. Gli fa bene sentirmelo dire.
-Cristo. Non riesco più a starti a sentire. Ci vediamo dopo in camera mia.-
-No.-
Si volta verso di me, questa volta sollevando un sopracciglio, ma l'espressione sorpresa dura poco.
-Sì invece.-
-No. Tu resti qui e parli con me. Non scappi, Alex.-
-E chi l'ha deciso? Tu, Juliet?-
La sua aria di superiorità mi destabilizza.
-È più forte di te. Sullo stesso piano non ci possiamo stare vero?-
-Stai cambiando, Juliet.-
-Perché la colpa è sempre mia?-
- Perché non voglio che cambi, Cristo! Lo capisci?-
E nonostante non condivida le sue reazioni, né il modo in cui mi tratta, conosco le sue ragioni.
Alexander è testardo.
Alexander è troppo possessivo con me.
Alexander è egoista e poco empatico. Potrei stare ad elencare tutti i suoi difetti, ma in fondo lo conosco.
Si sente tradito.
Ha paura di perdere quello che abbiamo. Ecco perché reagisce così.
- Non vuoi che io cambi? Sul serio?- domando esterrefatta.
- No. Assolutamente no.-
-Ma io sto crescendo Alex. È questo che tu non capisci!-
E un attimo di silenzio segue la mia affermazione. Sospiro piano, poi gli sfioro lo zigomo con la punta delle dita.
Alexander deglutisce rumorosamente.
-Io voglio solo la ragazza di cui mi sono innamorato.- sussurra con un filo di voce.
-Non posso essere la stessa ragazzina, Alex. Non posso.-
-Perché? Dimmi perché.-
-Perché non ho più bisogno di essere salvata da te. Sono adulta.- spiego tentando di mantenere la calma, questa volta.
-Sei adulta ma questo non vuol dire niente.-
Chiudo gli occhi quando le sue dita morbide sfiorano dapprima la mia guancia, poi la mia gola, segnando con delicatezza la traccia dei lividi che mi macchiano la pelle.
Il suo tocco mi dà i brividi, sempre.
Ma ora non posso prendermi il lusso di perdermici.
-Non puoi usare me per sentirti utile. Ammettilo, hai bisogno di me per soddisfare il tuo bisogno di controllo.-
- No. Io voglio solo proteggerti e prendermi cura di te, non vedo cosa ci sia di sbagliato, Juliet.-
-Non c'è niente e nessuno dai quali mi devi proteggere, Alex. Lo fai perché ti senti meglio con te stesso.-
Alexander dapprima corrucciato, quasi riluttante nel sentire le mie spiegazioni, distende lo sguardo. Per un attimo sembra accettare la mia verità, seppur a malincuore.
-E allora? Lasciamelo fare ti prego.- sussurra contro il mio viso, spingendomi un filo di capelli dietro all'orecchio.
Poi con le labbra mi accarezza la fronte, ricordandomi con un semplice gesto rassicurante, tutto ciò che lui significa per me.
-Juliet...-
Eccolo, lo riconosco.
È il momento in cui firmo la mia resa.
In cui lascio che lui abbia ragione.
In cui lascio che mi trascini in camera da letto e mi faccia qualsiasi cosa pur di rimettere a posto il casino che gli ho creato in testa.
- No.-
- No cosa?-
E ne ha sentiti così pochi di no, che fatica persino a decifrarli.
-No. Perché è come se sacrificassi chi sono e lo facessi per te. Ho bisogno di rimettere l'ago della bilancia al centro.-
Vorrei riuscire a spiegarmi meglio, ma lui non mi dà modo.
-Facciamo così, tu dimmi che da domani posso venire a prenderti dopo il lavoro.-
Resto di stucco.
Alexander ha un Qi superiore alla media, è la persona più intelligente che conosco. Eppure quando si parla di me, non ragiona.
-No, Alexander.-
-Allora questa sera ti porto fuori a cena.-
-No, Alexander.-
La mia cantilena deve avere un suono odioso per le sue orecchie, perché corruga occhi e fronte in un'espressione stizzita.
-Dimmi di cosa hai bisogno, Juliet.-
-Di spazio. Per me. Dove tu non ci sei.-
E se i nostri visi si sfioravano dolcemente fino a poco fa, ora vedo solo il buio nei suoi occhi.
-Non ne hai abbastanza?-
-Sì, sto sgomitando per avercelo e mi basta. Vorrei solo lo rispettassi.-
-Non ci posso credere... è per lui vero?-
Ingoio un respiro soffocato, mentre stringo i denti.
-Mi hai chiesto di lasciare il lavoro, te ne rendi conto?! Dai solo importanza al tuo di punto di vista e mai al mio!-
-Perché non puoi farlo?-
Mi fissa impassibile e io mi chiedo se mi stia ad ascoltare o se stia facendo finta.
-Tu non capisci o non vuoi capire?- sbraito allargando le braccia.
-Non esisti solo tu nella mia vita!
Come io non solo l'unica cosa nella tua!-
Alexander sospira prima di fissare un punto alle mie spalle. Ha smesso completamente di ascoltarmi, ne sono certa.
-Alex a che pensi?-
Lo conosco, per lui è tutto o bianco o nero
"Juliet non mi vuole più perché vuole farsi scopare dal suo capo"
Ecco a cosa sta pensando.
-A che pensi?- insisto strattonandolo appena.
-Meglio che non te lo dica, Juliet. Potrei offenderti.-
Poi come se nulla fosse mi volta le spalle e se ne va in camera sua sbattendo la porta, lasciandomi in lacrime ancora una volta.
Alexander POV
-Catherine?-
-Sìììì?!-
Lei mi sorride, ma il suo tono sospettoso la dice lunga.
Mi siedo al tavolo mentre lei mi allunga una tazza di tè ancora fumante.
-Juliet come sta?- chiedo senza girarci intorno.
-Beh l'ho vista bella nervosetta, questa mattina...-
Non voglio ripensare alla discussione ancora una volta.
-Sì ma io intendo in generale, durante la settimana...-
Lei si alza in piedi, accosta la porta e si fa stranamente seria.
-La sento spesso piangere, Alex.-
Mi raggelo.
-E all'inizio pensavo fosse la situazione del processo a stressarla così, volevo parlarle ma tuo padre mi ha detto di lasciarle i suoi spazi...-
Abbandono lo sguardo sulle mie mani che stringono la tazza nervosamente.
- Ma poi... ho capito che forse è la tua mancanza a farla stare così.-
Il senso di vuoto nel mio stomaco si fa più accentuato, lo sento scavarmi dentro. E maledizione, non ero più abituato a sentirmi così. Solo.
-Non lo so, Alex... Tu sei molto più forte di lei e se uno dei due deve prendere una decisione per il bene di entrambi, quello sei solo tu.-
-Già. Lei non lo farebbe mai.- sussurro tra me e me.
Dovrei lasciarla andare?
Perché non mi racconta che sta così male? Forse non crede la capirei?
Perché finiamo sempre a parlare della mia gelosia?
Ripongo le tazze nel lavello e proprio in quel momento Juliet ci passa davanti come un fulmine.
-Dove stai andando?-
Sono rapido nel chiederglielo, lei invece guarda sua madre con un po' di timore. Come se non volesse discuterle davanti, ma a me non importa di nulla ora.
-Lavoro.- bisbiglia proseguendo oltre.
-Anche il sabato? A quest'ora?- sollevo entrambe le sopracciglia, seguito a ruota da Catherine.
-Vuoi controllare la mia agenda per vedere se ti sto dicendo la verità?-
Anche se fosse?
Okay, basta.
L'afferro dal braccio per portarla contro la parete del corridoio dove sua madre non ci può vedere. Mi stringo a lei, costringendola a guardarmi in volto.
-No, vorrei solo stare con te.-
Ma Juliet non fiata più. Tiene lo sguardo sul mio collo, si rifiuta di darmi l'accesso ai suoi occhi.
Lancio un'occhiata rapida lungo il suo corpo stretto alla parete.
Lei è bella come al suo solito.
Con il suo profumo delizioso e la sua pelle perfetta.
Ma quando i miei occhi si incastrano nelle labbra color vermiglio fatico a reprimere l'istinto di farle mie.
Sono rosse come le rose che piantava mia madre quando ero bambino.
Mi chiedeva di aiutarla a raccoglierle, ma io ero impaziente e le tagliavo troppo presto, quando il bocciolo era ancora troppo chiuso e il gambo troppo morbido.
Ma qualcosa negli occhi di Juliet mi dice che questa volta non posso prendermi la libertà di essere impaziente, dovrò aspettare.
-Dopo possiamo parlare?-
- Sempre ai tuoi comodi eh. Potevamo parlare prima.- ribatte senza pietà.
La sto implorando con lo sguardo, ma sembra che lei non voglia vederlo.
- Juliet...-
- Sì, va bene.-
Infine ci accarezziamo con una lunga occhiata, prima che lei esca di casa.
🦋
Juliet ha detto una cosa che mi ha fatto riflettere quella sera, quando è tornata a casa dopo il lavoro.
-Tu hai la tua vita e io ho la mia.-
La sto aspettando nel giardino sul retro, dove l'aria fresca mi scuote la schiena di brividi.
Siamo da soli, lontani dagli sguardi di Catherine e mio padre.
E lei ha pronunciato quella frase, prima di sedersi di fianco a me.
Io ho l'università, mi sta forse dicendo che anche lei vuole ritagliarsi la sua cerchia di amicizie?
Chi sono io per impedirglielo?
- Va bene.- mormoro sottovoce, ormai impaziente.
Provo ad avvicinarmi a Juliet, allungo la mano sul suo mento per sfiorarla ma lei indietreggia.
-Juliet, stai continuando a fare passi indietro.-
-Io? E chi è che non si fida di me?
Chi è che mi fa richieste assurde e non si degna neanche di darmi uno straccio di scusa?-
-Ho sbagliato?-
-Il fatto che tu me lo chieda mi lascia intendere che non hai capito niente.-
Sento la mascella serrarsi.
- E sentiamo, Juliet...secondo te cosa dovrei fare? Illuminami.-
Guardo di fronte a me.
Nel buio riesco a vedere le case in lontananza, alcuni camini accesi e oltre agli alberi che costeggiano il giardino, le luci della strada.
Niente che possa lontanamente compararsi alla bellezza di ciò che vorrei guardare in questo istante.
-Alex dovresti cominciare con l'accettare il fatto che anche tu sei umano e commetti degli sbagli. Tanti sbagli.-
E io non riesco più a trattenermi.
-Perché ti fai venire a prendere da lui?-
Lei sbuffa con quel suo modo infantile e smorfioso. E forse non l'ha capito, ma amo anche quegli stupidi atteggiamenti da bambina viziata che tanto le recriminavo, quando ci siamo conosciuti.
-È capitato. È solo un amico. Perché non ti puoi fidare di me?-
-Non lo so, Juliet. Posso fidarmi di te?-
-Sì.-
Sto incassando sempre più colpi ma sento che tra poco non reggerò più. Voglio limare il mio orgoglio e provare a parlarle a cuore aperto.
Mi volto aspettando che lei allacci il suo sguardo nel mio.
- Scusa per ieri, Juliet.-
Apre le labbra lentamente.
- Dici sul serio?-
Da quando non le bastano più neanche le scuse?
-Più o meno.- ribatto scrollando le spalle.
Adesso baciami, però.
-Non credi di doverti scusare, ma lo fai solo per farmi stare buona vero?-
Maledizione.
- No. Probabilmente hai ragione tu. Sono stato poco...mhm...comprensivo. E lo so che sono un insensibile.-
Lei incrocia le braccia, è in attesa.
-E mi fiderei di te, se solo fossi più trasparente.-
-Quindi se sei geloso è colpa mia?-
Cristo, non vuole cedere.
-No mi chiedo solo perché non vuoi mai che venga con te.-
-Dove?-
-Non so magari una cena di lavoro, ti posso accompagnare. Te l'ho detto mille volte. Non mi sembra di chiederti niente di assurdo.-
- Non sarebbe assurdo se lo facessi per condividere qualcosa con me. Ma tu lo fai solo per controllarmi.-
Mi ha affondato in pieno.
- Ti importa davvero?- domanda poi con aria sospetta.
Capirai che mi importa di stare con dei falliti che passano la vita in un ufficio
-Tu fammi venire con te.- insisto.
- Alex te l'ho già detto! Come ti presento? Come il mio fratellastro?-
E poi senza alcun preavviso, Juliet scoppia a ridere. Di una risata sincera, con quel suono allegro che solitamente lenisce ogni mia piccola sofferenza.
Ma non ora. Ora mi ferisce.
-No, questo non dovevi dirlo.-
Mi alzo in piedi senza degnarla di uno sguardo.
-Alex ma che ho detto!-
-Vuoi che io urli ai quattro venti che stiamo insieme, davanti alla nostra famiglia, con mio padre...con tutti e poi non puoi presentarmi ai tuoi colleghi?!-
Non amo alzare il tono di voce ma lei mi sta portando al limite.
- Ci hanno visto quella sera che siamo usciti con Norman e Mini! Ho detto che eri il mio fratellastro. Ora non posso uscirmene che stiamo insieme!- la sento dire mentre si fa più piccola sugli scalini.
-Ti importa così tanto del suo giudizio?-
-No ma che dici... è che...-
-Ti vergogni di me?-
-No, Alex. Assolutamente no.-
Mi curvo quanto basta per poter immergere entrambe le mani nei suoi capelli, portandole la testa all'indietro.
-Guardami e dimmelo: cosa c'è tra di voi, Juliet?-
-È solo un amico, te l'ho detto.-
-Sì un amico che ti vuole fottere nel suo ufficio mentre tu gli fai vedere i bilanci.-
La vedo strizzare gli occhi in una smorfia indolenzita, quando strattono appena i suoi capelli, prima di mollare la presa.
Lei si alza in piedi, sembra voglia fronteggiarmi dal basso.
-Hai troppa fantasia come al solito.-
-Certo, io. Perché tu non ci hai pensato.- la istigo.
-Alex!-
-Mhm? Non ci hai pensato?- insisto spingendo il mio viso contro il suo.
Sto distruggendo tutto, lo so. Ma non posso farne a meno.
Lei ruota la guancia, evita il contatto delle nostre labbra facendomi salire la rabbia.
-E tu hai pensato a Nicole?-
-No, Cristo.- sputo con occhi sottili.
-No? Davvero? Tu non hai pensato a lei in quel tuo modo malato di pensare alle ragazze?-
Stringo così tanto da mascella da sentire dolore, per un attimo mi appare quasi impaurita dinnanzi alla mia reazione.
È inutile fingere che non sia così, la sto perdendo.
Non riesco più a riconoscerla.
-Juliet, come hai detto?-
-Alex...-
La guardo aggrapparsi alla manica della mia camicia, intanto si porta una mano sulla bocca, quasi pentita di ciò che ha appena pronunciato.
-Lasciami.-
-Alex fermati, non volevo dirla così.
Sono arrabbiata e...Ho solo paura che se vieni con me, mi fai una scenata. Solo perché David mi ha chiesto di uscire!-
-Chissà perché me l'hai tenuto nascosto, poi!- asserisco cupo.
-Perché tu mi hai detto che Nicole voleva infilarsi nel tuo letto vero!??!-
-Juliet, io so quello che faccio.
Tu stai con lui il più delle volte ubriaca e...-
-Ma ti senti ?? Ti rendi conto che continui ad offendermi? Mi fa male sentire quello che pensi di me!-
I suoi occhi si stanno inevitabilmente riempiendo di lacrime. Ancora.
-Perché tu non sti senti quando mi parli? Il mio modo malato? Finché ti faccio divertire, nel mio modo malato, va tutto bene vero?-
-Non essere così cinico.-
-Ho capito cosa vuoi, Juliet. E lo sai anche tu, solo non hai il coraggio di dirmelo.- sputo prima di rientrare in casa.
Non mi volto neanche per un attimo, non voglio stare a sentirla un minuto di più.
Abbiamo trascorso l'intera domenica ad ignorarci.
Di solito non accade, Juliet prima o poi si ammorbidisce davanti al mio caratteraccio, ma questa volta sembra che la sua posizione abbia fondamenta più solide. È come se ci tenesse a farmi capire quanto tiene alle sue motivazioni, non cedendo davanti ai miei sguardi insistenti a tavola.
Avrei voluto fosse più facile anche questa volta, avrei voluto trascinarla nel mio letto per farle sentire quanto abbiamo l'uno bisogno dell'altro, ma così non è stato.
Ed è allora che ho capito.
Juliet vuole solo la normalità.
Un fidanzato da presentare agli amici, ai colleghi di lavoro. Qualcuno che le invii fiori e messaggini d'amore.
Ed io, lo sapevano tutti, ero solo il suo fratellastro. Il tipo strano e taciturno che faticava a toglierle gli occhi di dosso.
Così decido per tutti e due. Non ne posso più di vederla piangere e non ne posso più di tutte queste discussioni.
È lunedì mattina, sta piovendo a dirotto e l'aria è fredda. Sembra Novembre. Ma tra poco lo sarà, avrò solo più gli esami a cui pensare.
Fuori è ancora buio.
Esco dalla mia camera e quando passo davanti alla sua, noto che la porta è socchiusa.
Juliet sta seduta sul bordo del letto.
È struccata, ha il viso più sbattuto del solito ma è sempre bellissima.
Sembra abbia pianto e non dormito.
Mi appoggio allo stipite della porta e la guardo con occhi soffici.
Lei solleva timidamente lo sguardo nel mio, così capisco che posso parlarle.
-Dobbiamo finirla, Juliet. Non è così?- domando squadrandola da capo a piedi.
Indossa una delle mie magliette come pigiama. Mi fa sorridere perché le arriva al ginocchio, piccola com'è. Mi chiedo quando sia venuta in camera mia a rubarla.
-Alex, per favore. Non riesci a ...-
-Mi vuoi diverso, è sempre questo il punto?-
Lei non parla. Ed è un sì più che eloquente, finché non si decide a dire qualcosa.
-Io ti amo per come sei. È solo...quello che stiamo diventando, a farmi paura.-
I suoi occhi puliti sembrano macchiarsi di tormento e potrei giurare che quella morsa al petto la stia sentendo anche lei.
Non voglio.
Entro con passi lenti nella sua camera, lei segue i miei movimenti con occhi mesti.
- Juliet, è questo il rapporto che vuoi tra di noi? Ne sei davvero sicura?- domando con un tono paziente.
Non parla, ma so che questo non è ciò che vuole. Non è ciò che immaginava, vederci un paio di volte solo per sfogare i desideri accumulati durante la settimana e poi finire per litigare.
Mi sembra di averle strappato via tutti i sogni. Lo so che vorrebbe un rapporto alla luce del giorno, per poi in un futuro sposarsi e avere una famiglia. Sono però tutte cose che a me non interessano.
E se dico di amarla dovrei perlomeno dimostrarglielo. Farle notare che sta annullando tutti i suoi desideri per colpa mia.
Forse è questo che significa amare.
E poi non ci riesco più a vederla così spenta.
-A me va bene così.- dice piatta.
Nella sua voce non c'è quell'entusiasmo puerile, tipico di quando l'ho conosciuta.
Sembra di sentire me stesso.
Possibile che l'abbia intossicata così tanto?
-Non ti vedo mai. Maledizione, Juliet...come può andarti bene così?-
Mi accovaccio di fronte a lei, è l'unico modo per intercettare i suoi occhi che non ne vogliono sapere di sollevarsi dal pavimento.
-Sei tu che hai deciso fosse così e ora solo perché ho degli amici, la cosa non ti va più bene.-
-Non provare a rigirare le cose a tuo piacimento, piccoletta...non ci provare.-
Le allungo una mano. Lei abbandona la sua nella mia, è così fredda.
-Io... vorrei solo una vita normale.- dice tremando un po'.
E io vorrei solo stare con te, Cristo
Le stringo la mano con entrambi i miei palmi, scaldandola appena, poi abbandono la testa sulle sue ginocchia.
Chiudo gli occhi quando lei prende ad accarezzarmi timidamente i capelli, mentre il suo respiro accelera, forse per via dei singhiozzi che prova a reprimere.
Mi sento a pezzi.
-Io vorrei darti quello che vuoi, Juliet. Ma come faccio, se non ci riesco?-
Siamo ancora qui in camera sua. E io non l'ho ancora baciata. E lei non ha ancora sfiorato i bottoni della mia camicia.
-Juliet.-
-Dimmi Alex.-
Sollevo la testa, stavolta mi sta guardando con quegli occhi che amo da impazzire.
Mi pesa tanto, ma so che devo dirlo. Devo farlo, anche se non voglio.
-Perché non ti prendi del tempo. Anche solo una settimana. Non sopporto di averti così indecisa. E se la cosa ti fa stare così male... Non voglio questo per te.-
- Ma...-
- Non dire di no, perché lo so che non sei più felice.-
E lei non mi abbraccia, né cerca il mio sguardo.
-Sì.- sussurra poi, abbassando la testa.
Da quando l'ho conosciuta l'aveva detto tante volte sì, anche più di quanto avrebbe dovuto. Quando la provocavo, quando la trattavo male, quando le chiedevo di lasciarsi fare cose che mai nessun'altra ragazza avrebbe accettato.
Il sì di Juliet mi aveva sempre reso felice. Ma questo, è il sì più doloroso che io abbia mai sentito.
♥️♥️♥️♥️♥️♥️♥️
♥️ mannaggia.. non ho altro da dire.. parlate voi 🥺
♥️ Juliet non si è svegliata tutto di colpo.. negli ultimi due capitoli Alexander ha forzato la mano e non poco, quindi credo che fosse questo il momento esatto in cui i due arrivassero alla collisione
♥️ Ho già quasi pronto il prossimo, ma voglio aspettare e pubblicare love me love me, prima ♥️
A presto 🦋
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